Che vi piaccia o no, la battaglia in favore della lingua sarda va avanti (ho sempre delle remore ad utilizzare metafore belliche, ma vi posso assicurare che quando si tratta questo argomento le polemiche sono sempre molto feroci, quindi “battaglia” mi sembra il termine più appropriato). Va avanti e fa registrare dei successi inaspettati. Il campo di azione è molto vasto ed ognuno è chiamato a fare il suo. Una cosa però bisogna dirla: che vi piaccia o no, l’impulso che sta dando l’assessore regionale alla Cultura Sergio Milia è straordinario.
È di qualche giorno fa la notizia che dal prossimo anno scolastico le famiglie potranno far scegliere se far insegnare il sardo a scuola ai loro figli. Si tratta evidentemente di un risultato importantissimo. Grazie ad una intesa tra la Regione e la Direzione Scolastica Regionale, l’opzione per l’insegnamento della lingua sarda sarà infatti presente nei moduli di pre-iscrizione per l’anno scolastico 2013-2014.
Si tratta di una possibilità consentita da una legge del 1999 e finora mai attuata. Già lo scorso anno con una circolare ai dirigenti, la Direzione scolastica aveva sollecitato i singoli istituti affinché inserissero la lingua sarda nel piano dell’offerta formativa. Ora il direttore scolastico Enrico Tocco, in qualità di responsabile ministeriale delle scuole in Sardegna, ha inviando una circolare a tutti i capi di istituto nella quale si richiede l’applicazione della normativa statale in materia.
“Ogni scuola, in base al grado di istruzione che è chiamata a gestire, all’organico di cui dispone, alle strutture fisiche, alle risorse finanziarie, strumentali e professionali a cui può fare affidamento – ha scritto Tocco ai dirigenti scolastici – realizza il suo Piano dell’Offerta Formativa. Il curricolo obbligatorio può essere quindi arricchito e integrato da ulteriori proposte formative”.
Ora starà ai singoli dirigenti predisporre il modulo di iscrizione per l’anno 2013-2014 finalizzato anche a permettere la scelta dell’eventuale insegnamento della lingua sarda. E starà ai singoli genitori fare pressioni sulle scuole perché predispongano un’offerta adeguata, oltre che (ovviamente) indicare chiaramente la volontà di far insegnare il sardo ai propri figli.
Ognuno di noi ora può fare la differenza. Bisogna far sapere a tutti che c’è questa opportunità, che già dalle scuole materne i bambini potranno imparare il sardo. Chi crede in questa battaglia ora è chiamato a combatterla, e far girare le informazioni sarà fondamentale per la riuscita del progetto.
Certo, serviranno risorse. Sempre Milia si è pubblicamente impegnato affinché nella prossima legge finanziaria alle politiche linguistiche vengano assegnati sette milioni di euro, di cui due dedicati agli interventi nelle scuole. E Milia ha ragione quando afferma che “ora è necessario vincere tutti quei luoghi comuni e quei pregiudizi che ostacolano ancora l’utilizzo normale della lingua minoritaria a scuola, spesso da parte anche degli stessi dirigenti scolastici e del corpo docente”.
Dirigenti e docenti talvolta ostacolano ciò che la legge nazionale prevede, cioè che una lingua minoritaria come il sardo (ufficialmente riconosciuta tale dallo Stato) venga insegnata a scuola. L’insegnamento del sardo è un nostro diritto. La battaglia va avanti. Che vi piaccia o no.
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Santo cielo quante assurdità qua nei commenti…
Come si fa a dire che non bisogna insegnare il sardo nelle scuole perchè non servirebbe a trovare lavoro? Allora perchè non smettiamo di imparare l’italiano, lingua parlata in una nazione con un’economia che sta crollando? Potremmo parlare solo inglese! Ma dovremmo imparare solo la lingua però, d’altronde cosa ce ne facciamo della letteratura, la mangiamo? Non serve! Cancelliamo tutto ciò che non è “utile”: musica, arte figurativa, poesia, letteratura, mica trovi lavoro con quelle cose!
La scuola non è fatta per insegnare solo le cose utili a “trovare un lavoro” la scuola esiste per dare una cultura, per insegnare ciò che serve anche alla crescita interiore di una persona, non solo a quella del suo portafoglio. Ed il sardo fa parte della nostra cultura.
Cumprendu chi a unu no ndi dd’importit nudda de sa lìngua sarda. Mancai tenit àtera cosa de pensai, no s’est mai postu su problema. No cumprendu perou candu unu si ponit contras! Po cali arrexoni? Ita ddi strobbat? No eis a bolli nai ca strobbat a s’imparu de s’italianu e s’inglesu speru? Deu tèngiu duus fillus e gràtzias a Deus fueddant su sardu, s’italianu e unu pagheddu de inglesu puru, a cantu mi nant is docentis, fintzas mellus de su prus de is cumpàngius.Bastat a castiai is stùdius de studiosus che Antonella Sorace, agatais totu in internet. Po su chi spetat a su trabballu deu connòsciu una pagheddu de genti chi trabballat e bivit gràtzias a su sardu: operadoris de portallitu linguìsticu, docentis… Duncas? Tenei passièntzia ma sa lìngua in calisisiat manera unu biat sa chistioni no podit che essi cunsiderau unu fatu de cultura po is sardus. Insaras poita est chi in is logus de cultura che bibliotecas, archìvius, museus est prenu de operadoris chi cussa lìngua no dda connoscint? Deu nau ca teneus inniorantis (e no po nexi insoru siat craru) in cussus logus de cultura e custu est bregùngia: what a shame! Iant a nai is inglesus.
Saludus
Lo stato italiano non ha mai forzato nessuno ad abbandonare la propria lingua; ha sempre consigliato, ovviamente, di parlare italiano; ognuno poi faceva come credeva. Il monolinguismo italiano, che qualche amico mio definisce isterico, ha radici ben profonde. Nel paese di Dignan, provincia di Udine, negli anni trenta venne affisso un manifesto in cui campeggiava la scritta ATTENZIONE, e seguiva: ” Si proibisce nel modo più assoluto che nei ritrovi pubblici e per le strade di Dignano si canti o si parliin lingua slava. Anche nei negozi di qualsiasi genere deve essere una buona volta adoperata SOLO LA LINGUA ITALIANA. Noi squadristi con metodi persuasivi faremo rispettare il seguente ordine”. Per inciso vorrei anche ricordare che nella sola provincia di Trieste furono italianizzati più di centomila cognomi di origine croata o slovena. Quella politica di genocidio culturale è stata seguita, pur con metodi differenti, nel dopoguerra fino ai giorni nostri e ha dato i suoi frutti. Anche in Sardegna.
Proprio così: frutti avvelenati!
Scemi, certo. All’asilo inglese e cinese (!!) e in casa italiano regionale. Mì che il bambino parla inglese, mì.
Sas positziones rispetu a su sardu de meda pessones chi iscrient: “La sua presenza a scuola sarebbe controproducente”, “Il sardo è una lingua dell’intimità, non deve entrare a scuola”, “In Sardegna bilinguismo si, ma italiano e inglese”,”È un attentato alla limba farla entrare a scuola”, “Premetto che io amo il sardo, ma non deve essere insegnato”, sighint sa matessi istrutura mentale de chie difendet sa eugenesia. S’iscuru narant, est dèbile meda, tocat a l’agiudare, ponimus fine a sas penas suas faghende·lu mòrrere che candela de seu, e gasi no at a patire prus. Custu est su chi cherent sos fartzos amigos e sos inimigos de sa limba sarda.
Visto che il sardo è un paziente in fin di vita, serve solo decidere se farlo tornare a casa, per cercare di rianimarlo in un contesto familiare e accogliente, o lasciarlo nella camera sterile di un freddo nosocomio, in balìa di trasfusioni casuali e di sanguisughe occasionali.
Io non ho dubbi: DEVE tornare a casa.
Per quel che ne so, in generale, le lingue si apprendono facilmente in contesti familiari, a casa. La scuola serve per legittimare, restituire quella legittimazione che essa stessa ha levato (assieme ad altri istituti educativi), per insegnare ad esempio a scriverla, qualche elemento di grammatica e storia. Cumenti est po su stùdiu de calisisiat àtera lìngua.
paziente in fin di vita dove? a Cagliari? nel sud della Sardegna? perchè non ti fai un giro nel vero cuore dell’isola, in Barbabia o nel Logudoro, ti accorgerai che il paziente è vivo e vegeto. Se a Cagliari il Sardo è caduto in disuso è solo a causa della gente che si è fatta piegare dai metodi repressivi attuati nelle scuole italiane a partire dal periodo fascista, e proseguiti fino agli anni 50, che hanno fatto si che i genitori non parlassero il Sardo con i figli perchè lo consideravano “indegno”.
Dalle nostre parti invece questo modo di pensare non ha assolutamente attechito, il Sardo è parlato in quasi tutte le case, e anche fuori; quasi tutti lo parlano, e chi non lo parla lo capisce senza problemi.
La cosa paradossale è che il sud dell’isola pur essendo la parte più popolosa, è quella dove si parla di meno il Sardo, e dove hanno attechito di più i metodi assurdi inculcati dalla scuola italiana; mentre la Barbagia e il Logudoro meno popolosi sono le vere roccaforti della nostra lingua.
Intanto la proposta formativa di un asilo cagliaritano noto per svolgere le attività in inglese, propone una seconda lingua………..il “cinese”!!! Chiamali “scemi”.
Ottima scelta!!! Asilo privato?
Ite làstima totus custa zente chi non cheret respetare sos diritos colletivos de una minoràntzia. In custos post apo agatadu totu s’arrogàntzia e s’innoràntzia de sos medas contra a sos pagos. Sighende sos modos de pensare de custa zente cando si faeddat de minoràntzias e diritos de sas minoràntzias si podet cumprèndere poite s’italia est in sos ùrtimos postos de sa classìfica mondiale de democratzia e proite ancora su fascismu est vivu e intro de sos cherbeddos nostros.
A segnor Biolchini dimando ite nde pensat de fàghere unu post subra de sos diritos de un’àtera minoràntzia. Sos omosessuales. Gai est a beru chi amus a bìere e lègere chie semus.
Pro piaghere no si cufundada su cuccu cun deus…..
come volevasi dimostrare
Assolutamente errato, sono per la parita’ assoluta, ma la lingua sarda a scuola no, grazie.
La penso esattamente allo stesso modo. Ma pare sia un attentato alla limba. 😉
invece e’ proprio il contrario, anche perche’ ho sempre pensato che le materie che si “debbono” studiare non danno molti risultati positivi….meglio studiarle divertendosi 😉
Il problema e’ un altro. Il sardo, seppur lingua antica e bellissima, non aiutera’ i nostri figli a trovare lavoro. Per cui sarebbe meglio che i nostri ragazzi lo imparassero o a casa o ai corsi serali, a scuola dovrebbero invece fare meglio le lingue straniere, perche’ quando mandi un CV non scrivi “parlo benissimo e scrivo correttamente la lingua sarda”, ma parlo perfettamente e scrivo correttamente la lingua inglese. il sardo rimane una cosa “nostra” insegnamolo ai bambini a casa….mandiamoli a vedere le commedie in lingua sarda….ma lasciamolo fuori dalla scuola!
Forse però il ruolo della scuola non dovrebbe essere quello di insegnare esclusivamente ciò che potrebbe tradursi in lavoro futuro sicuro. Personalmente credo ancora in un ruolo più globale, specie parlando di bambini.
Infatti il ruolo della scuola mi sembra abbastanza globale.Ma il sardo, ripeto, rimane una cosa “nostra” da insegnare a casa o in teatro, ma a scuola no, non sono d’accordo.
Beh…. se lei dovesse mandare il curriculum alla mia associazione culturale, che per lavoro si occupa di lingua sarda, a me interessa vedere scritto ” parlo benissimo e scrivo correttamente la lingua sarda”, e mi creda che noi abbiamo spesso difficoltà nel trovare le giuste professionalità in questo settore! Altro che non è un’opportunita di lavoro!
Per vedere ragazzi che tra qualche anno elemosineranno contributi regionali per quello e quell’altro corso?? No grazie. E guardi che non sputo sopra le associazioni culturali, pero’ diciamo che spesso nascono, campano di contributi (e qui le lascio immaginare che cosa succede) e poi muoiono. Rare sono le eccezioni. La sua associazione sarebbe in grado di dare un lavoro a tempo determinato ad un suo collaboratore? Non credo. Purtroppo sono pessimista su queste cose. Amo la lingua sarda e sono certa che bisognerebbe valorizzarla. Ma fuori dalla scuola.
La nostra associazione ha già una trentina di collaboratori inquadrati con contratti, per il momento, a tempo determinato.
Però le garantisco che quello che mi preoccupa di più è che persone che la pensano come lei priveranno i loro ragazzi della bellezza e della ricchezza della cultura e della lingua sarda. Un patrimonio inestimabile che può coesistere benissimo come materia di studio nelle scuole al pari delle altre materie. Ci stiamo nascondendo dietro un dito ……………si sta creando un problema che non esiste!
Io non privo proprio nessuno della bellezza e della ricchezza della lingua sarda. Ma vivo con i piedi per terra. Un patrimonio inestimabile che puo’ coesistere benissimo al di fuori della scuola, gia’ carente di materie abbastanza importanti. Aprite dei laboratori di teatro in limba e sono la prima ad iscrivere miei figli, ma a scuola preferirei facessero altro.
Approvo ciò che scrivi, ma vorrei chiederti perché ti firmi col mio nick, Millamì
????? Susanna, mi scuso, ma non l’avevo mai letta….lo cambio se questo la infastidisce. Sono nuova.
Certo conoscere il cinese sarebbe utile ai nostri giorni, sai magari visto che qui lavoro non ce n’è, ci si potrebbe sempre trasferire in Asia, cioè in Cina….
Quello che non si vuole capire o ascoltare, è che una lingua, non è solo una lingua. E’ uno stile di vita, è parte di un popolo e serve per capire quel popolo, è economia, perchè chi conosce il suo popolo e la propria terra sa anche di cosa ha bisogno.
E’ così difficile da digerire? Quando si parla di soprusi contro i pellerossa, a cui non è rimasta neppure la lingua, o agli aborigeni australiani, cancellati per prima cosa impedendogli di utilizzare lingua e proprie usanze, stiamo parlando di negazione di diritti civili.
E’ chiaro che se Asia non ha conosciuto la lingua sarda e non l’ha vissuta, non ne conosce la letteratura, non sente che le appartenga. Il senso comune dice questo in genere.
Ma di contro ci sono tanti giovani, credimi Asia, che si sentono privati di un qualcosa che sarebbe stato un diritto possedere….
Perchè mi è stata negata la lingua della mia terra? Si chiedono e si chiederanno. Il monolinguismo italiano porta al ragionamento che fa Asia, la quale crede di pensare autonomamente ma in realtà a ciò sia arriva perchè la politca, l’università, la “disinformazione, dico io, ci fanno ragionare così.
Allora sardi, abbiate il coraggio di essere liberi di pensare autonomamente. Vi sembra strano voler conoscerel a nostra lingua, quella che i nostri nonni apprendevano dalla nascita? NOn più padri ma nonni. E fra una o due generazioni i bambini non sentiranno più il sardo neppure per sbaglio. Non si parla di sardo obbligatorio nelle scuole, quindi Asia, se ha figli potrà decidere, nonostante ci sia ora la possibilità, di negare ai suoi figli la NOSTRA LINGUA. Libera di farlo, ma non giudichi chi invece lo desidera e lo domanda con forza e convinzione perchè non solo essere bilingui porta vantaggi cognitivi ma è un DIRITTO quello di voler conoscere la propria. Mi chiedo cosa ci sia di strano…. E’ pazzesco pensare il contrario e l’sempio del nero e del razzismo che ha riportato Davide calza a pennello!
Saludos a totus e a Asia pro su più….
Tutto ciò che è vivo e sano sopravvive senza bisogno di artifici che sanno molto di accanimento terapeutico. Il paziente sta morendo, ma perchè? Perchè applicare sanguisughe dall’esterno invece di rinforzare dall’interno il sistema immunitario? Non è il linguaggio ingessato istituzionale il giusto vaccino. Altrimenti si cade nello stesso errore commesso nei confronti dei citati aborigeni d’America o d’Australia, facendo calare dall’alto una cultura preconfezionata che non ha niente a che fare con quella che si vorrebbe preservare ( che poi non è nemmeno una sola).
Abbiamo citato i nonni, e pensare a loro mi ha fatto subito pensare alla forma più antica di trasmissione della cultura, la tradizione orale.
Cito Wikipedia: “Si definisce tradizione orale il sistema di trasmissione, replicazione e rielaborazione del patrimonio culturale in un gruppo umano esercitato oralmente, senza l’utilizzo della scrittura.
Dalle epoche remote, durante le quali l’uomo cominciò a comunicare attraverso il linguaggio, l’oralità è stata sempre il sistema privilegiato di trasmissione del sapere, essendo il mezzo di comunicazione più diffuso, rapido ed immediato da usare. La tradizione orale comprende quindi forme quali narrazioni, miti (in particolare cosmogonie), canti, frasi, leggende, favole, ecc.”
Che è poi il sistema con cui acquisiamo ogni lingua madre.
Ogni cultura è un fiume, più o meno carico di acque e fecondo. Al suo interno ci sono singoli pesci più o meno prolifici. Che sono la vera ricchezza.
(e introdurre pesci dall’esterno senza valutare le cause di uno spopolamento non necessariamente produce gli effetti sperati).
Forse l’unico vero problema è che non esistono pesci che abbiano qualcosa da dire, in qualunque lingua ritengano più opportuno farlo (vabbè, adesso che dovrebbe pure parlare mi rendo conto ‘sta metafora del pesce comincia a puzzare…).
Sottoscrivo anche le virgole.
E includo anche la metafora ittica. 😀
Io non nego a nessuno la possibilità di imparare il sardo.
Il fatto che io l’abbia imparato da sola, benché in famiglia si parlasse un altro idioma, dimostra la mia apertura mentale e la mia disponibilità al plurilinguismo.
Sono CONTRARIA all’insegnamento scolastico della limba e alla” manipolazione” del parlato da parte degli accademici.
Operazioni costose, stucchevoli e inutili.
Posso pensare in un altro modo o mi devo uniformare al mito?
Carissima Pierina,
il 30% di quello che so l’ho imparato a scuola… il resto in famiglia e dalla vita.
Inclusa la lingua minoritaria che parlo da quand’ero bambina (e non si tratta del sardo)
Gli idiomi dei padri è meglio che restino fuori dal circuito scolastico, per carità di patria.
Lei si avvalga della nuova opportunità, se lo ritiene opportuno… ma lasci perdere i luoghi comuni e i ragionamenti all’ingrosso.
E rispetti chi la pensa diversamente.
Saludos
Asia istimada, si comente iscries: “Gli idiomi dei padri è meglio che restino fuori dal circuito scolastico, per carità di patria”, nara·mi tue in cale limba diant imparare sos pitzinnos toscanos.Si est beru su chi iscries in unu post anteriore chi su sardu dae Casteddu est iscumpartu (a favore de s’italianu, penso), cale limba veicolare tocat a impreare cun custos giòvanos? Sa de sos babbos nono, pro caridade, afirmas; e tando cale? Sa fùria antisarda chi tenes ti nche giughet dereta a iscrìere macarronada che custa. Risponde però a su chi ti pregunto, e non fagas che sos alunnos tuos, e faghes bene a bi l’ammentare, ccando andant foras de su tema.
Pietrina, che risposta posso dare a chi accarezza teorie complottiste e parla addirittura di “furia antisarda”?
L’unica furia antisarda che conosco è quella dei sardi stessi che se da un lato hanno rinnegato il loro idioma non insegnandolo ai figli, dall’altro cercano goffamente di ritoccare ogni traccia di sardità appena si spostano nella penisola.
A parte qualche caso refrattario, tipo Cossiga o la Marini, il 90% dei sardi dopo qualche mese di permanenza in un’altra regione scimmiotta la cadenza e la pronuncia locale e fait morri de s’arrisu.
Arrazz’e bilinguismu!
Fortza paris!
Ma quanto sei ignorante Podda! Se tutto fosse stato ovvio come tu dici avremmo già il sardo a scuola… E invece è stato fatto un grosso passo avanti e se arriveranno davvero i finanziamenti per la formazione degli insegnanti e i corsi “curricolari” nelle scuole sarà veramente una conquista che finora nessuno, e dico nessuno è mai riuscito a raggiungere. Insegnanti veramente preparati ce ne sono davvero pochi, servono quelli e lavorare su una didattica seria.
Saludos a totus
Ma tue Asia in carchi limba deves àere imparadu a lèghere e a iscrìere. O no ses mai intrada in iscola? E totu sas matèrias chi as istudiadu, in cale limba las as istudiadas? In un’iscola? O forsis pro fuire dae sa tendèntzia tìpica de s’iscola italiana a creare normas, distrùere ispontaneidade e passiones e, proponende leturas de mala digestione chi abbassant sa lìbido, as iistudiadu totu in domo tua? Nemos in su mundu narat de istimare una limba e de no la cherrere in iscola; no la cherent in iscola petzi sos chi no la podent bìdere. Tue se una che custos.
Lingua sarda a scuola: inutile.
Corsi/programmi/giornate di storia e cultura della Sardegna nelle scuole: necessario.
Buona giornata a tutti.
Caro Podda, nel suo comunicato ufficiale l’assessore parla di Norme di attuazione dello Statuto la cui approvazione è stata interrotta dalla fine anticipata della legislatura. Segno che la Regione si muove nella direzione giusta indicata dalla sentenza della Corte Costituzionale del 2009 e le illazioni sono solo illazioni.
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L’idea dell’obbligatorietà del sardo a scuola fa rabbrividire e mi meraviglio che qualcuno possa accarezzarla o addirittura coltivarla.
Se solo si ventilasse la possibilità, a Cagliari -dove il sardo è sparito per motivi comprensibili- ci sarebbe una levata di scudi.
Non è questo il modo per salvare un idioma.
Fortunatamente gli amministratori si guardano bene dall’intraprendere percorsi rischiosi, al limite dell’incostituzionalità.
E facciamola finita con la storia della colonizzazione permanente, dell’autorazzismo e della vergogna da subalternità presunta: non ci crede più nessuno.
P.S. A scanso di equivoci, premetto che adoro la Sardegna e amo i suoi numerosi dialetti, che capisco perfettamente.
Essere contrari al sardo a scuola non significa essere contrari al sardo.
E’ così difficile da capire?
Io non ho niente contro i neri ma non voglio che abbiano gli stessi diritti dei bianchi. Essere contrari a che i neri abbiano parità di diritti non significa essere contrari ai neri.
E’ così difficile da capire?
Davide… non ci siamo.
Il tuo esempio è paradossale.
Io sono tra coloro che vogliono tenere il sardo fuori dalla scuola, PER PROTEGGERLO da ogni imbrigliamento e da ogni speculazione.
La tendenza, tipica della scuola italiana, a normare e a prescrivere, distrugge spontaneità e passioni.
Un esempio?
Per un malinteso senso dell’educazione alla lettura spesso si prescrivono ai ragazzi pacchetti indigesti i, con un tot di libri da leggere e da sintetizzare, con tanto di relazione.
Un incubo che fa calare la libìdo.
Circa la speculazione, custa mi parit sceti cos’e dinai.
E’ fatica sprecata cercare di dimostrare ai giovani che il sardo ha la stessa dignità dell’italiano o dell’inglese.
I loro bisogni, in un periodo critico come questo, sono ben altri e più essenziali.
E si orientano altrove, come hanno dimostrato i ragazzi del Dettori, che hanno snobbato l’iniziativa.
Alexandra Porcu ha dimostrato più volte che chi ama il sardo lo può studiare da autodidatta: così ha fatto lei, così ho fatto io. E non era il “nostro” idioma, come ben sai.
Così può fare chiunque sia interessato: basta un click… A COSTO ZERO.
Cumprendiu m’asi? 😉
fortzis no apu cumprendiu beni, innoi si bolit proibiri a fillus nostrus de studiai sa lingua nostra? Apu cumprendiu beni, studiai su sardu in iscola, sa poesia, sa literadura e sa sintassi depit essi proibiu? custu est su chi boleis?
Sì, ha capito male, caro Paulu.
Chi vorrà avvalersi del sardo a scuola sarà LIBERO di farlo in modo facoltativo. Sicuramente molti genitori lo sceglieranno per i loro figli, per cercare di tappare delle falle o per rasserenare la loro coscienza, scavalcando la volontà dei piccoli.
Il bello verrà alle superiori.
Lo abbiamo già sperimentato, qui in città.
Le aule deserte, in istituti di notevole spessore culturale, hanno mandato un segnale inequivocabile, che non ha bisogno di commenti.
L’unico problema che io vedo………è quella di uomini, donne e genitori invasati dai luoghi comuni, che ad oggi non hanno più tempo di esistere perchè il sardo è una lingua normale e naturale e come tale va appresa ed utilizzato. E poi dov’è il problema: il cervello umano non è in grado per caso di ospitare più registri linguistici o è tarato solo per imparare l’italiano e l’inglese. Oggi i luoghi comuni sono stati vinti dalla ricerca scientifica che ha spiegato a chiari lettere quali sono i vantaggi del blinguismo e del plurilinguismo. Liberiamoci dal terrorismo che è stato fatto nei confronti della lingua sarda per decenni ed accresciamo la nostra cultura e dei nostri figli e non facciamogli perdere questa importante opportunità di crescita culturale.
Ais proadu a pònnere in sas àulas de su Dettori, iscola de grandu ispessore culturale, su grecu facultativu, tantu pro nàrrere
Chi si iscrive al liceo classico lo fa perché intende studiare il greco e il latino. Quindi ha già scelto.
Che discorsi sono?
Il sardo è rimasto fuori dalla scuola da quando la frequenza scolastica è obbligatoria. Non mi sembra che questo tipo di protezione abbia funzionato, la lingua che è stata protetta da questo stato di cose è stata l’ ITALIANO. Se a tuo avviso le cose stanno in maniera opposta e ci tieni all’ italiano perchè non profondi lo stesso impegno per propagandare l’ eliminazione dell’ obbligatorietà dell’ istruzione in italiano in favore dell’ inglese? Sarebbe una presa di posizione veramente coerente!
Infine, non c’è nulla di male ad imparare il sardo da autodidatta quando si è in età matura ma ai più giovani va IMPOSTO, così come si fa per ogni altra materia scolastica. Per il momento non è praticabile, questo inizio è propedeutico al raggiungimento dell’ obbiettivo della parificazione della lingua sarda a quella italiana.
E’ ridicolo che si consideri lo Stato italiano come scippatore di identità e la scuola come responsabile della scomparsa del sardo, quando sono state le stesse famiglie SARDE A RIFIUTARLO CONSAPEVOLMENTE ritenendolo un inutile fardello.
Tirate per le orecchie i genitori, organizzando corsi di recupero estemporanei, ma non rompete le zucchine ai ragazzi con questi discorsi fasulli.
Deu ancora m’arregordu ca Mamai e Babbai bonama, mi contànt de is sprutzigadas pinnicadas candu fueddànt in sardu in scola. Bastat fintzas a si ligi su bellu libbru de Cicitu, Frantziscu Masala ” sa limba es s’istoria de su mundu”. E candu is maistas e maistus narant a mamas nostas: “signora suo figlio parla in sardo, non va bene”. O a nosu candu fueddaiaus in sardu: “parla bene!” E insaras mamai si naràt “non parlare in sardo che sei brutto”. Custus fueddus m’est capitau de ddus intendi fintzas pagu tempus a oi. E allora cosa mai avrà prodotto tutto ciò nelle nostre coscienze? Bisognerà interpellare uno psicologo? Ateru che contus, su sardu ddu ant marcau a fogu de bregùngia! S’ant portau a dennegai, rinnegare, sa lìngua nosta: in d-unu tzertu sensu, ddu sciu ca est lègiu su ddu nai e no bollu primai, ofendi a nemus (ca mancai no est nexi insoru), ma chi est contras a sa lìngua nosta a bortas mi benit de pensai chi siat unu “rinnegau” (torru a nai no po nexi sua).
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Non entro nel merito anche se personalmente del sardo a scuola per le mie figlie non me ne faccio niente, ma devo sottolineare che la Preside della scuola media dove manderò la grandetta ci ha precisato che i corsi di sardo saranno fatti solo se arrivano i fondi. Tra il dire e il fare c’è di mezzo il…grano!
Caro Pietro è molto importante che persone come lei acquisiscano informazioni sull’importanza dei risultuati SCIENTIFICI, tra l’altro consultabili sul web, e non da bar o da caminetto, che il bilinguismo produce sugli aspetti neuro-cognitivi dei bambini: tutta una serie di vantaggi, ne cito uno: i bambini bilingui imparano meglio ed in maniera più rapida altri registri linguistici, quindi altre lingue, rispetto ai bambini monolingua.
Ripeto sono stati fatti studi su questi argomenti ed i risultati sono assolutamente certi e scientifici ( in particolare gli studi della Professoressa Sorace presso l’Università di Edimburgo). E’ molto importante che le persone si informino e che si tolgano tutti i luoghi comuni che hanno bloccato la lingua sarda. Io per i miei figli darà assolutamente l’assenso all’insegnamento…………..perchè sono una persona informata sulla materia!.
Tutto giusto. Ma il sardo (che poi trattasi di casteddaiu in questo caso) alle mie figlie glielo insegno io tutti i giorni cercando di introdurre nel lessico quotidiano sempre qualche parolina o frasetta in più e spt cerco di insegnare loro la pronuncia, vero “scoglio” di chi cresce da sempre pensando e parlando solo italiano, perchè è giusto non dimentichino chi sono.
Ma non ritengo neccessario “sprecare” nemmeno 1 h di lezione su una lingua che non ha alcun futuro (forse nemmeno un presente) e che non avrà alcuna utilità in campo lavorativo e sociale in un mondo ormai sempre più “globale”.
Si studi bene, benissimo, l’inglese. Poi, ognuno ha legittimamente diritto di far studiare a scuola ciò che gli pare ai propri figli, se la legge glielo consente.
io rimarcavo però che mancano ancora i soldi per mettere su questi corsi di sardo.
benissimo; considerati i risultati “SCIENTIFICI” allora sarebbe il caso che i giovani studenti divengano bilingue, ma di italiano – INGLESE non certo sardo.
Aumentiamo le ore di inglese e soprattutto aumentiamo la qualità dell’insegnamento.
Sempre che qualcuno abbia a cuore il destino dei giovani
Caro Marco lei sa benissimo che il modo migliore per poter apprendere una lingua e quella, oltre che studiarla, di avere continuamente degli stimoli provenienti dall’ambiente esterno:ora, la lingua inglese va benissimo e si continuerà a studiarla ed a perfezionarla, ma quanti di noi in Sardegna hanno la fortuna di avere continui stimoli in lingua inglese nell’arco della giornata? Probabilmente meno dell’1% della popolazione. Invece abbaimo la fortuna di avere stimoli continui in lingua sarda a costo praticamente zero: un bilinguismo con la lingua sarda produce dal punto di vista neuro cognitivo gli stessi risultati di un bilinguismo con altre lingue, sempre a costo zero! La capacità del bilinguismo stimola l’apprendimento di altre lingue: già questo non sarebbe un buon motivo per introdurre la lingua sarda nelle scuole. E poi il nostro cervello è abilitato a ricevere ed apprendere diverse lingue non solo l’italiano e l’inglese! Quindi mi domando …………dov’è il problema?Anzi le dirò di più…… questa opportunità, oltre che ad accrescere la cultura dei nostri giovani, potrà addirittura rivelarsi un’occasione di lavoro e questo che dico lo testimonia le centinaia di buste paga che lavorano attualmente sopra tutto ciò che è lingua sarda. Meditate, meditate.
D’accordo, non è facile ma ci sono tantissimi docenti con assoluta competenza nella lingua sarda e, nonostante la complessità, in poco tempo sarebbero in grado di predisporre programmi didattici adeguati.
Sugli ostacoli giuridici non hai ragione. In ogni caso la Regione doveva da tempo “pretendere” poteri decisionali in materia, o quanto meno avviare un percorso in tal senso; ma ancora non lo fa.
Demandare alla volontà dei genitori è pura ipocrisia.
1) Non si tratta di competenza linguistica ma di competenza metodologica: non esiste materiale didattico all’ altezza, non esiste un modello di insegnamento condiviso, non esistono formatori ad hoc. Questi problemi si potrebbero risolvere con un piano serio della R.A.S. ma….
2)…la Corte Costituzionale ha sancito, sempre riguardo alla legge friulana (sulla base della quale venne scritta la legge ancora giacente nei cassetti della Regione Sardegna) che non si possa imporre alle direzioni scolastiche l’ obbligo di insegnamento della lingua friulana. Dura lex sed lex.
3) In questo quadro normativo, che non esiterei a definire schifoso, ciò che sta facendo l’ Assessore Milia è l’ unica strada percorribile finché non verranno apportate modifiche sostanziali allo Statuto Speciale. Ti invito pertanto ad informarti meglio, buona lettura:
http://www.gianfrancopintore.net/index.php?option=com_content&view=article&id=143:lingua-friulana-ecco-gli-errori-della-consulta&catid=31:generale&Itemid=46
L’Ass. Milia scatenato: dal prossimo anno il sardo in classe.
Sono letteralmente sobbalzato sulla sedia, alla vista di un tale annuncio in bella evidenza sulla home page del sito regionale. Ma è stato un attimo: memore di altri numerosi e altisonanti annunci del Sesto Moro (il Quinto, ripudiato da Soru, glielo ha soffiato Prato), ho aspettato a stappare lo spumante. Corro al sito di Vito Biolchini, ma non trovo nulla: evidentemente anche lui qualche dubbio ce l’ha. Questo il 24 c.m. mentre oggi eccolo qui, puntuale: che lo abbia chiamato qualcuno dalla Regione? Comunque…
Ricordo le dure accuse del Nostro (Ass.re) rivolte allo “Stato tiranno che nell’ultimo anno ha cercato di ridimensionare in ogni modo la lingua sarda”, e il richiamo accorato alla Giunta e al Consiglio regionale perché “non possiamo chiedere a Roma una tutela della lingua che neppure noi diamo” (si cantat e si sonat); commovente. Questo a dicembre, a conclusione dell’ennesima Cunferèntzia di Aggius, che Milia chiuse con una richiesta forte al Consiglio regionale per un maggiore “sostegno finanziario alle politiche linguistiche”. Poi a gennaio la richiesta di 7 milioni a Cappellacci per la “limba”, per poter proseguire con le distribuzioni secondo il Piano triennale di “cento” voci di spesa; le regionali incombono, senza contare il secondo posto in lista alla camera.
Vado a leggere e, fra le varie amenità e luoghi comuni, trovo che “l’assessore Sergio Milia aveva sollecitato il direttore scolastico Enrico Tocco alla sensibilizzazione dei dirigenti delle autonomie scolastiche all’inserimento dell’opzione per l’insegnamento della lingua sarda nei moduli di pre-iscrizione per l’anno scolastico 2013-2014”.
Mi son cascate le braccia: dunque è questa l’opera di Milia? Ha sollecitato… per sensibilizzare… per l’inserimento dell’opzione? Ancora? Sono circa 20 anni che la Regione “sensibilizza”, ma sono 40 anni che gli intellettuali e gli appassionati cercano di sensibilizzare i politici regionali perché si INTRODUCA L’INSEGNAMENTO OBBLIGATORIO DELLA LINGUA SARDA IN TUTTE LE SCUOLE DELL’ISOLA, come materia curricolare, all’inizio. Qual è dunque la novità?
Proseguo nella lettura e mi imbatto stavolta nelle parole del Direttore scolastico regionale Tocco: “Ogni scuola in base al grado, all’organico, alle strutture fisiche, alle risorse finanziarie, strumentali e professionali … realizza il suo Piano dell’Offerta Formativa. Il curricolo obbligatorio può essere quindi arricchito e integrato da ulteriori proposte formative”. Dunque se tutte le condizioni elencate lo permettessero, il normale curricolo si arricchirebbe con qualche corso di lingua sarda. Ma come, da oltre 15 anni si sono tenuti migliaia di corsi di lingua sarda in tutte le scuole dell’isola. O no?
“Appare opportuno” prosegue Tocco ”che per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione, per il percorso riguardante l’italiano, si prenda in considerazione, tra l’altro, la ricchezza e la varietà delle lingue minoritarie”. Opportuno? Si prenda in considerazione? Tra l’altro? ASSURDO!
Non basta, riprende a parlare l’ass. Milia: “L’obiettivo è raggiungere in cinque anni almeno la maggioranza delle famiglie che optano per il sardo (o le altre lingue presenti in Sardegna) e un’educazione multilingue che non dimentichi l’italiano e le altre lingue straniere”. PAZZESCO! Le famiglie devono optare? Mi pare che ogni popolo DEVE CONOSCERE BENE LA PROPRIA LINGUA, e finora mai è stato vietato di organizzare corsi di lingua sarda su proposta di docenti, alunni o genitori, in tutte le scuole della Sardegna. Dov’è la novità? Forse nella certezza che passeranno almeno cinque anni prima che il sardo entri davvero a scuola? Bella trovata!
Ma ancor più divertente la precisazione “che non dimentichi l’italiano”: siamo già in regime di sovranità o indipendenza? INCREDIBILE! Ma chi è che consiglia il povero Assessore? Nessuno, NESSUNO si sognerà mai di togliere l’italiano dalle nostre scuole, neanche se dovessimo entrare in guerra contro lo Stato italiano! Secondo me sono parole sfuggite, un soffio d’aria, leggero, non intenzionale; o forse sì, ad effetto.
L’articolo è molto divertente anche nelle parole successive: “la Regione si impegnerà… sensibilizzazione… università di prestigio… Edimburgo, Madrid, Padova… le battaglie saranno riprese…
Di tutto, salvo la LEGGE PER L’OBBLIGO DEL SARDO A SCUOLA. Perché? Eppure per la riduzione dei consiglieri si è fatto in tempi brevissimi; perché la lingua no?
Sembra quasi che faccia comodo l’attuale “status quo”, una fase di stallo in cui le miserevoli somme destinate alla “limba” possano costituire una piccola fonte di guadagno per tanti volenterosi operatori (ma anche consistente per alcuni eletti), e soprattutto la possibilità di “manovra” per i massimi responsabili, l’Assessore e il Direttore dell’Ufficio Lingua Sarda. Ma non credo.
“Togliere l’italiano da scuola”?
ma quando mai… la nostra non è una battaglia contro l’italiano. l’italiano è importante così come l’inglese e le altre lingue straniere.
A che pro?
Insegnare il sardo a scuola non è una passeggiata e te lo dice uno che lo vorrebbe parificato in tutto e per tutto con l’ italiano. Oltre ai problemi economici ce ne sono altri riguardanti innanzitutto metodo e formazione degli insegnanti. L’ obbligatorietà al momento non è praticabile dato che la Corte Costituzionale ha già sancito l’ incostituzionalità del principio del silenzio-assenso della legge per la salvaguardia del friulano.
Ottimo!