Della gita a Tuvixeddu vi avevo già detto qualche giorno fa in un post (Tuvixeddu: aspettando il parco, brande e materassi ancora dentro le tombe, il Villino Mulas ridotto ad un rudere. Ecco le foto) abbastanza letto ma non altrettanto commentato: misteri della rete. Sulla sorte di questa importantissima zona della città di Cagliari bisogna però continuare a parlare, ed è per questo che vi propongo l’intervista che Francesco Accardo ha realizzato con il sottoscritto e pubblicata oggi sul sito dell’Urban Center (questo è il link: http://urbancenter.eu/articoli/architettura-e-urbanistica/854-tuvixeddu/11040-tuvixeddu-intervista-a-vito-biolchini).
Questo è in sintesi quello che penso della vicenda Tuvixeddu. A futura memoria e sempre pronto a cambiare idea davanti ad argomentazioni più solide.
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Vito Biolchini, giornalista cagliaritano, può essere considerato a tutti gli effetti uno dei più influenti opinion leader della città e di tutta la Sardegna. Blogger scatenato, nonché scrittore e presentatore, si è occupato fin dagli anni ’90 di Tuvixeddu: in quel periodo, insieme all’associazione Ipogeo e ad altre sigle, ha organizzato delle escursioni per fare conoscere alla collettività l’area e tutti i suoi tesori. È stato inoltre l’ideatore della manifestazione Cagliari Monumenti Aperti, che nella sua prima edizione, nel 1996, aprì la necropoli per la prima volta a migliaia di cagliaritani.
Solamente con la conoscenza approfondita di un luogo è possibile percepirlo e capirlo coscientemente.
Con l’attività che stiamo svolgendo in questi ultimi tempi abbiamo avuto modo di portarlo con noi a visitare Tuvixeddu e di ricevere le sue considerazioni sulla situazione che negli anni si è creata.
A differenza nostra, Vito Biolchini è contrario al Progetto di Riqualificazione e i motivi ci vengono spiegati direttamente da lui in questa breve intervista che abbiamo potuto realizzare.
Quale opinione ti sei fatto negli anni del Progetto di Riqualificazione dei Colli di Sant’Avendrace?
Che non è un progetto di riqualificazione ma di “riqualificazione in cambio di edificazione”, e che non riguarda genericamente i colli di Sant’Avendrace ma l’area archeologica e paesaggistica di Tuvixeddu, la cui importanza è evidente da tutti. Non parlare esplicitamente di Tuvixeddu ma di “colli di Sant’Avendrace” è stato uno dei modi per cercare di eludere il problema di un intervento in un’area così delicata.
Detto questo, ritengo che si tratti di progetto sostanzialmente sbagliato soprattutto perché ha una impostazione molto datata: la filosofia e l’idea sono uguali a quelle che abbiamo visto già alla fine degli anni ’80: molto cemento, poca qualità. Ed è sbagliata la logica attraverso cui i privati hanno voluto portare avanti l’iniziativa.
Quale logica è stata usata a tuo avviso?
È stato preso in ostaggio un bene culturale, è stato lasciato in uno stato di degrado intollerabile ed è stato detto alla comunità “volete che questo bene culturale venga restituito alla città? Se volete questo, dovete farci costruire. Altrimenti resta il degrado”. Questa è stata la logica che, dalla fine degli anni’80 fino ad oggi sostanzialmente i privati hanno portato avanti. Perché c’è un grande equivoco alla base di Tuvixeddu: nella nostra testa un bene culturale è sempre di proprietà dello Stato, in questo caso invece è di proprietà di un privato. Che però lo ha sistematicamente maltrattato.
Da quanto tempo segui le vicende di Tuvixeddu?
Io ho seguito le vicende di Tuvixeddu con maggiore interesse, attenzione e militanza negli anni’90, cioè prima della firma dell’accordo di programma, quando ancora si poteva e si doveva espropriare l’area archeologica a prezzi peraltro già di mercato e questo per consentire appunto che l’intera area archeologica passasse dalla proprietà privata alla proprietà pubblica.
Perché questo non è stato fatto?
Perché il centro-destra che amministrava Cagliari (ma anche i sindacati e buona parte del centrosinistra) riteneva che l’intervento immobiliare-residenziale desse valore a questa zona della città. Questo è stato detto. È questa la cosa più scandalosa: immaginare che un’area di questo genere potesse acquistare valore grazie alla realizzazione e alla costruzione di case e strade.
Poi c’è un’altra questione, ovvero il ruolo del privato. Un’amministrazione pubblica da sola avrebbe prodotto qualcosa di diverso o di migliore in una situazione di difficoltà economica e culturale come quella attuale?
La vicenda di Tuvixeddu è lunga 25 anni e ha attraversato diverse fasi. Gli scenari sono cambiati numerose volte, così come le sensibilità collettive. Se si fosse espropriato negli anni ’90 Tuvixeddu sarebbe diventato un bene pubblico per una manciata di miliardi di lire di allora. Non andò così perché il centrodestra ritenne di risolvere altre questioni di rassetto urbanistico molto onerose per la città (come quella di via Castelli) offrendo ai privati la possibilità di costruire a Tuvixeddu. Una decisione che poi ha condizionato tutte le scelte successive.
I privati poi a Cagliari raramente sono stati all’altezza della situazione. Insieme al progetto di Coimpresa, in quegli anni si realizzò anche quelli de “I fenicotteri” nella ex Cementeria. A cose fatte, possiamo dire che si tratta di un intervento di qualità urbanistica e architettonica? No: le Zunck Towers (e il primo a chiamarle così è stato il sottoscritto, alla radio) hanno devastato il paesaggio. E basta andare a Tuvixeddu per rendersene conto.
Detto questo, a distanza di quasi 25 anni dalla presentazione del primo progetto è evidente che i privati hanno perso. In una maniera evidente, totale: a Tuvixeddu non si costruirà mai. Hanno perso perché hanno perso la battaglia legale ma soprattutto quella culturale: non hanno capito che negli anni la città si è mobilitata sempre di più a difesa di questa zona, a difesa di questo bene, archeologico e anche paesaggistico. Sono nate nuove sensibilità e nuove normative di cui i privati non hanno tenuto conto, anche se negli anni hanno modificato anche il loro progetto, ma solo perché il mercato immobiliare lo richiedeva, non certo per le pressioni dell’opinione pubblica. I privati non sono stati in grado di capire profondamente la città: questo è stato il loro vero limite. Sono stati, se mi posso permettere, anche poco intelligenti: se avessero realizzato il parco archeologico a loro spese, avrebbero potuto in seguito ottenere qualunque cosa, isolando inevitabilmente quella minoranza che avevano contro.
Poi certamente per capire Tuvixeddu dobbiamo anche contestualizzare ogni passaggio. Dobbiamo ricordarci che all’inizio era la FIAT-Impregilo che voleva costruire in questa zona, non erano semplici imprenditori locali. Le associazioni, per intenderci, hanno anche inviato delle lettere a Gianni Agnelli. Questo va ricordato, altrimenti non si capisce anche perché alcune posizioni del movimento civile e ambientalista oggi sembrano estreme: si trattava di una reazione a un atteggiamento che era sprezzante nei confronti della città.
A metà degli anni 90 la posizione delle associazioni era che, prima di ogni decisione sull’area, la soprintendenza effettuasse una seria ricognizione archeologica. Vi sembra una richiesta insensata? E vogliamo ricordare l’opposizione al progetto di viabilità che prevedeva la demolizione di una parte del liceo Siotto? Gli unici estremisti in questa storia sono stati i sostenitori degli interessi privati.
Quale è il tuo giudizio sull’operato delle Soprintendenze?
Anche in questo caso bisogna ricordare che ci sono stati soprintendenti e soprintendenti. Alcuni hanno agito bene altri meno. Di sicuro tutti hanno avuto un’enorme responsabilità. Complessivamente però l’attività di tutela è stata molto carente. Anzi, dirò più: in alcuni anni è stata volutamente carente. Perché non si allargò il vincolo sul viale Sant’Avendrace dopo il ritrovamento (nei primi anni 2000!) di tombe che poi sono state coperte dai palazzoni? E che la figlia di un soprintendente abbia lavorato per l’impresa direttamente impegnata a Tuvixeddu mentre il padre era impegnato per il suo ruolo a tutelare l’area, è oggettivamente, uno scandalo. E il mio è un giudizio morale e nulla di più.
Come pensi si possa uscire dalla situazione che si è creata?
È difficile adesso uscire da questa vicenda che mischia questioni politiche a questioni giuridiche. I privati però devono innanzitutto riconoscere che il loro progetto ormai è irrealizzabile, bloccato dalle nuove leggi, dalle sentenze e dall’opposizione popolare. Senza questo riconoscimento pubblico chi da venticinque anni si batte contro questo progetto non ha paura di contrastarlo anche per i prossimi venticinque. Dopo questa resa simbolica, l’amministrazione pubblica dovrebbe fare un passo avanti verso una possibile soluzione, separando il destino dell’area di Tuvixeddu da quella di Tuvumannu. Sono due comparti completamente diversi, due aree completamente distinte, sui quali si possono e si devono fare ragionamenti differenti. Sarebbe un auspicabile gesto di buona volontà.
Quale è la tua speranza per il futuro?
La mia speranza non è quella che a Tuvixeddu non si costruisca niente: questa è una certezza. Qui non si costruirà mai niente. La mia speranza è che si capisca fino in fondo quali dinamiche hanno portato Cagliari ad una situazione del genere; perché la storia di Tuvixeddu è una storia emblematica di come poteri pubblici e poteri privati abbiano dialogato in maniera maldestra senza ascoltare le ragioni della città. La mia speranza è che quella di Tuvixeddu sia una lezione che la politica assuma per evitare che anche in futuro, davanti a dei beni culturali e paesaggistici, si usi il degrado per favorire una possibile “valorizzazione”. Quello che poteva succedere a Tuvixeddu è successo al Poetto con il ripascimento, e all’Anfiteatro romano con l’incredibile costruzione delle gradinate in legno. Beni naturali e storici lasciati volutamente nel degrado e salvati da progetti faraonici che in realtà facevano l’interesse di pochi e distruggevano le risorse a disposizione. La logica è stata quella, gli anni erano quelli, e anche i protagonisti sono sempre quelli.
Caro Vito, così per curiosità, in base a quali prove sostieni che la Soprintendenza Archeologica non ha agito correttamente nella tutela di Tuvixeddu, hai qualche carta sottomano o parli per deduzione logica?
Per i più renitenti è stata depositata la sentenza che aspettavamo. Il ricorso, l’ennesimo, di Coimpresa è stato rigettato e ora ci sono vari altri punti fermi. Nel dispositivo dei magistrati del Tar ci sono molti punti di grande interesse per l’area e per la sua tutela. I pareri di fantasia continuano a fare capitombolo. Saluti cordiali.
Il TAR ha fatto quello che doveva fare in base alle leggi volute da sappiamo bene chi. Rimane il danno inestimabile per la Città che vede una sua porzione non indifferente di territorio “esclusa” da tutto: asse viario con tanto di tunnel a tuvumannu già fatto, servizi (leggasi parcheggi) per i cittadini e chi usufruisce del polo ingegneristico, decoro urbano per una zona ora nel totale abbandono.
Le tombe non le avrebbe mai toccate nessuno…..ma questa verità è sempre stata ben lontana dall’essere detta…molte, troppe, volte.
Adesso vediamo cosa si farà di tutto quel ben di Dio lasciato alla totale incuria.
Brutta specie gli integralisti…
Che vittoria sarebbe questa? Quella di non attuare l’unico lavoro serio sull’area, l’unico studio che ha veramente approfondito i temi del territorio, e che avrebbe tutelato veramente quello che si deve tutelare?
Ora il tanto vituperato accordo di programma è gambizzato, come da sentenza dei giudici, per cui non potrà essere sviluppato. Nè potranno essere sviluppatre sue varianti, che avrebbero potuto mettere in accordo tutti, con pochi e significativi correttivi innestati su di uno strumento già in attuazione.
Ora c’è il niente, la schiacciante vittoria dei no Tuv produce per la città:
– un parco che il comune di cagliari sta realizzando (stranamente in rispetto del progetto Coimpresa e sulle aree che Coimpresa ha ceduto in sede di accordo di programma…), non senza averlo modificato e rimaneggiato con cervellotiche trovate (nel progetto di partenza c’erano 13 accessi pedonali, ora ce ne rimarranno due o tre, alla faccia della fruizione!), come la pista in calcestruzzo da 500 m2, nel cuore della necropoli. L’aveva notata?
– uno squarcio vergognoso di circa 200 m a Tuvumannu, dove giace l’incompiuta dell’asse viario, profondo 6 m, con l’imbarazzante scatolato di calcestruzzo abbandonato a sè stesso, inutilizzabile e che, in più, acquisce i problemi di degrado urbano di quella zona già di per sè disastrata (provi a parlare con un cittadino di via castelli, lo sa che sono cittadini di cagliari come gli altri?)
– un fronte su via maglias che, parzialmente costruito, non è nè carne nè pesce. unica conseguenza per chi plaude allo stop, è che la bonifica dell’ex sito industriale non è stata completata
Spero che le menti illuminate di chi come lei plaude senza riserve all’ennesima sentenza di eco soriana, partoriscano uno straccio di proposta attuabile per il territorio, ma sono molto scettico in questo senso: conosco troppo bene il territorio in esame nel suo complesso, l’articolazione dei problemi e la loro varietà, l’imperdibilità dei suoi tesori in certe parti e la necessità di rimediare al degrado di altre.
Ma non avverrà nulla. Cagliari e l’attuale giunta tacciono atterriti di fronte all’immensità del problema, che da paesaggistico, archeologico e urbanistico diventerà anche un immenso contenzioso per la retrocessione delle aree ai suoi proprietari ante accordo (sa, se esistono le leggi in materia di tutela ambientale, esistono anche quelle a tutela della proprietà privata, sennò anche la Sua sarebbe in pericolo…). Si perchè l’accordo, bloccato dai ricorsi al tar, è però valido per la giustizia civile e, il suo mancato rispetto, avrà la conseguenza di annullare tutti quei fatti che da esso sono derivati. Come la cessione delle aree, da parte di coimpresa, al comune di cagliari per fare il parco, l’asse viario ecc.: sono aree che all’improvviso dovranno tornare al proprietario originario, per mancato rispetto dei termini dell’accordo.
mi scusi, sono stato un pò prolisso, ma mi chiedo sempre, leggendo commenti come i suoi: a quale vittoria inneggia? qui abbiamo perso tutti, forse questo non le è ancora chiaro…
ci riprovo.
la tuvixeddu di oggi è frutto di decenni di abbandono conclusosi con l’edificabilità dell’area.
Su questo pochi obbietteranno…
o forse Biolchini Ti sei offeso perchè la classe giornalistica alla quale appartieni ha scritto pagliacciate per anni ?
sosteniamo l’unione sarda, videolina (e altri pezzi di apparato dico io), meglio un giornale finanziato coi soldi pubblici che niente, scrivevi in un post precedente. Tanto paghiamo noi cittadini con le nostre imu e i tagli al welfare
Bravo giornalista Biolchini: prima la casta di appartenenza e poi la deontologia professionale o Giuramento d’Ipocrita come definì Travaglio.
Fai pandam con la classe politica che abbiamo
bravo
bravo
Fai pandam?
Ma davvero ti sei dato al Kung Fu, e ai germogli di Bambù o VITOOOO?
Che deeeluuusioneee….
sostanzialmente d’accordo, Vito. Abbiamo portato insieme migliaia di cagliaritani a visitare per la prima volta Tuvixeddu negli anni ’90 del secolo scorso e allora come adesso sono tantissimi a esser affascinati da un luogo unico.
I mattoni non saranno mai il toccasana per il degrado, chiunque se ne faccia una ragione.
Leggi e sentenze hanno messo un punto fermo.
Un modo per giungere a un grande parco archeologico-ambientale c’è e sarebbe un vanto economicamente validissimo per Cagliari.
Per chi volesse approfondire: http://gruppodinterventogiuridicoweb.wordpress.com/2012/02/16/ce-il-modo-per-salvaguardare-tuvixeddu-basta-volerlo/ .
Di sicuro Immobiliaristi e ruote di scorta possono scordarsi altro cemento a Tuvixeddu.
Non passerà mai. Proprio mai.
Stefano Deliperi
Quindi sei d’accordo anche con la separazione di Tuvixeddu e Tuvumannu? Per me il primo passo fondamentale è cercare di fare capire che si tratta di due comparti totalmente separati.
Gentile Accardo, legga la sentenza del CdS e vedrà che cosa si intende per unità paesaggistica nei due colli. Vedrà anche che non si può conformare la realtà ai propri voleri. Saluti cordiali.
Quale delle sentenze in particolare?
Caro Accardo, i suoi “primi passi” non sono contemplati nella sentenza del Tar Sardegna, anzi, le vorrebbe andare in senso contrario. Ma ci sono le sentenze e le regole che qualcuno chiama impropriamente “lacci”. Se si vuole discutere di Tuvixeddu sono inutili i pareri forniti a piacimento. Saluti cordiali.
per poter dire che si tratti di “due comparti totalmente separati”, sarebbe in primo luogo necessario fare un’esaustiva indagine pubblica sul piano archeologico.
L’abbiamo chiesta fin dagli anni ’90 del secolo scorso e han fatto tutti orecchie da mercante.
Avevamo chiesto lo svolgimento della procedura di valutazione di impatto ambientale (e in quella sede avrebbe dovuto esser fatta obbligatoriamente) e in quattro e quattr’otto decisero che la procedura di V.I.A. non s’aveva da fare.
Ricordo poi che durante i lavori dei nuovi edifici della Facoltà di Ingegneria saltarono fuori diverse tombe. E si tratta del lato di Via Is Maglias che va verso Tuvumannu.
A risultanze complete si può dare una risposta sensata.
Certamente la Società immobiliare ha iniziato a costruire a Tuvixeddu, non a Tuvumannu, per cui ora non si può star ad andare tanto per il sottile…
Stefano Deliperi
Tuvixeddu e Tuvumannu, caro Biolchini, non sono scindibili né sulla carta e neppure nella realtà.
Perché?
E una domanda a VB: quale èla linea di separazione tra i due: la traccia di cava o la via is maglias? Il problema è abbastanza complesso.
Davide
Sì, ma da qualche parte bisognerà pur iniziare a dipanare la matassa. Per me il confine è la via Is Maglias.
Mi scusi, caro Tato, ma in cosa consisterebbero gli estremismi ideologici a proposito di Tuvixeddu? L’unica manifestazione di estremismo che ho conosciuto è consistita nell’idea caparbia – e non ancora del tutto sfumata – di costruire ancora a Tuvixeddu e Tuvumannu.
Io, da cittadino che ha visto la bellezza di Tuvixeddu e, mi perdoni, la bruttezza di Tuvumannu, penso che, ma è un’idea personale di certo non decido io, per avere indietro Tuvixeddu sacrificherei Tuvumannu. Di certo non lo “sacriferei” in modo selvaggio.
Innanzi tutto, come suggerisce Deliperi, si verifichi che sotto Tuvumannu non ci siano delle tombe o degli altri importanti siti archeologici, dopo di che si stabilicano delle cubature costruibili, si stabilisca una bella fetta di verde da destinare alla zona e si inizino i lavori.
Inoltre sono dell’idea che costruire davanti a via castelli, magari anche una strada che non renda via castelli un vicolo cieco, possa essere un’occasione per riqualificare quella zona che ora è un vero bronx…
Ovviamente questo discorso è “di massima” e ignoro totalmente se gli aspetti legali della vicenda possano permettere una soluzione di questo tipo.
“abbastanza letto ma non altrettanto commentato: misteri della rete”. Non sono i “misteri della rete” ma la percezione che le persone hanno di un problema. Son le stesse che compongono la “rete”. A quanti cagliaritani è mai importato realmente di Tuvixeddu? Molto pochi. A quanti interessava l’Anfiteatro come bene storico-archeologico? Altrettanto pochi. Si son sollevate molte più polemiche quando son state rimosse le impalcature in legno di quando son state messe. Il poetto è stato uno scandalo. Ma negli anni del ripascimento molti cagliaritani la consideravano già una spiaggia di serie b. Chi può si spostava (e si sposta) ed est verso Villasimius, o ad ovest verso Chia. Ci si è accorti solo dopo di quanto fosse schifosa la sabbia grigia, quando noi tutti (me compreso) saremmo dovuti scendere per strada per protestare contro lo scempio in atto. Le città le fanno i cittadini. Gli amministratori ne sono solo una logica conseguenza. Bisogna prenderne atto se vogliamo cambiare veramente.
“l’amministrazione pubblica dovrebbe fare un passo avanti verso una possibile soluzione, separando il destino dell’area di Tuvixeddu da quella di Tuvumannu”
io penso che questa sia davvero una possibile strada per la soluzione del problema, ovviamente se è possibile seguirla da un punto di vista giuridico (che ignoro), che potrebbe avvicinare le parti a patto che si abbia la maturità di abbandonare estremismi ideologici o esasperati interessi economici dall’una e dall’altra parte…