Se gli italiani sono tutti allenatori della nazionale, i sardi sono tutti esperti di politica linguistica. Io, nel mio piccolo, mi vorrei distinguere, lasciando la politica linguistica agli esperti e ai politici, e a me stesso un compito diverso, più consono alle mie forze e ai tempi che viviamo.
Scrivo in italiano, perché questa è la lingua che ho imparato a scuola (anche bene, peraltro). Ma mi ricordo che quand’ero bambino, tornando a casa dopo ore e ore di giochi per strada (negli anni ’70 a Cagliari si giocava per strada) se mi scappava una parola o una frase in casteddaio sentita dai miei amici, mia madre mi correggeva. Così il sardo ho imparato a capirlo ma non a parlarlo.
La mia storia è evidentemente la storia di tanti. Perché il sardo era la lingua della povertà e l’italiano quella del benessere, il sardo era la lingua dell’esclusione e l’italiano quella dell’ascesa sociale. Non bastava imparare bene l’italiano, era importante anche che del sardo non restasse traccia. Nelle parole, nella pronuncia: non dovevamo farci riconoscere. Dovevamo costruirci una nuova identità. Ai pentiti di mafia in cambio di protezione vengono dati nome e cognome nuovi. Anche a noi la scuola italiana ci ha dato protezione e sicurezza, e in cambio ci è stato chiesto più semplicemente di non parlare una lingua.
La missione è stata in gran in parte compiuta. Mia mamma è orgogliosa di me, io addirittura con l’italiano ci campo, le parole (lette, dette e scritte) sono il mio onesto lavoro. Ringrazio mia mamma, ringrazio, la scuola, ringrazio tutti. Capisco che tutto è stato fatto per il mio bene, che forse non c’era alternativa allora quando ci venne chiesto di dimenticare il sardo. Io oggi sono una persona conosciuta e rispettata. Non sono riuscito a laurearmi però la gente mi conosce, parlo tutti i giorni alla radio e ogni tanto vado perfino in televisione. Va tutto bene, l’ascensore sociale ha funzionato. Però io adesso rivoglio quella parte di me che mi è stata tolta. Io rivoglio quella lingua che parlavo da bambino.
La voglio perché ho fatto il mio dovere di bravo italiano che parla perfettamente la lingua italiana. La voglio perché adesso il mondo è cambiato e si è capito che una lingua non ne esclude un’altra, così come invece ci avevano fatto credere. La voglio perché il sardo mi serve per capire la realtà in cui vivo, per capire questa città. La voglio quella lingua perché sento che è mia, sento che mi appartiene. La voglio perché quella lingua mi manca.
Qualcuno può impedirmi adesso di riprendermi dopo tanto tempo una cosa che è mia? Direi di no.
Ieri alla Fondazione Sardinia una trentina di persone si sono incontrate per parlare in sardo e per parlare del futuro della lingua sarda. Non in Sardegna, ma nelle nostre vite. Come spesso capita in questi casi, ci si è dilungati, il semplice punto all’ordine del giorno si è dilatato in delle lunghe analisi sulla politica linguistica e sull’uso della lingua sarda in vari contesti. È stato un punto di partenza molto partecipato, che ha visto assieme persone anche molto diverse fra loro. Per questo è stato interessante.
Cagliari è una città aperta e ricca di esperienze, dove negli ultimi vent’anni, anche nei momenti più difficili, ogni istanza (anche la più minoritaria) ha visto riconosciuto il suo legittimo margine di manovra. E questo è un bene: perché il futuro della lingua sarda si deciderà a Cagliari, non altrove. La sfida finale è qui. Se il sardo viene dimenticato a Cagliari, nel resto dell’isola sparirà lentamente; se il sardo troverà legittimazione a Cagliari nel resto dell’isola chi si batte per la nostra lingua troverà ancora più forza.
La strada da compiere è molto lunga, ma forse un tratto senza rendercene conto lo abbiamo già compiuto.
L’idea è molto semplice: lasciamo le politiche linguistiche a chi di dovere e noi facciamo il nostro, di dovere. In altri contesti lavoreremo perché, attraverso una dinamica che parte dall’alto, la lingua sarda venga preservata attraverso strumenti legislativi adeguati e iniziative necessarie. Anche a me piacerebbe che il sardo venisse utilizzato per insegnare in tutte le scuole, ma purtroppo è una decisione che attiene alla politica, non a me. Io posso fare pressione, ma niente di più.
Io invece posso direttamente fare qualcosa di più semplice: parlare in sardo.
L’iniziativa sulla quale stiamo lavorando è quella di organizzare dei flash mob linguistici a Cagliari. Cosa significa? Che in più punti della città si parlerà in sardo su temi vari e “normali”, per coinvolgere le persone che il sardo lo parlano ancora o che vorrebbero riprendere a parlarlo.
Il prossimo incontro organizzativo è stato fissato per giovedì 20 dicembre (e non mercoledì, come precedentemente annunciato) alle 17.30, sempre nella sede della Fondazione Sardinia, in piazza San Sepolcro 5 (quartiere Marina) a Cagliari.
Come ogni mobilitazione che parte dal basso non vogliamo né possiamo darci limiti. Il gruppo che si sta creando grazie alle sollecitazioni lanciate su questo blog e al lavoro portato avanti da anni dalla Fondazione Sardinia, è aperto ad ogni proposta.
Ripeto: non vogliamo né dobbiamo riscrivere la politica linguistica della Regione. Dobbiamo invece spingere perché la lingua sarda e il casteddaio a Cagliari tornino ad avere un ruolo e una nobiltà. Perché il casteddaio è la lingua di questa città, perché il sardo è la nostra lingua. Come l’italiano, è chiaro. Ma non meno dell’italiano.
So che qualche mio amico guarda con stupore a questa mia “campagna” a favore della lingua sarda. Forse non sa che Radio Press, l’emittente nella quale ho lavorato e che ho diretto per anni, è sempre stata all’avanguardia nella produzione di programmi e notiziari in sardo, a partire addirittura dalla fine degli anni ’90.
E in ogni caso, questo per me è un passo ulteriore in un percorso che ho iniziato tanto tempo fa. A metà degli anni ’90 con un gruppo di amici decidemmo di fare del volontariato culturale, aprendo ai cittadini monumenti chiusi da anni. Personalmente avevo capito che la città aveva bisogno di rispecchiarsi nella sua storia per trovare la direzione verso cui andare, e la valorizzazione dei beni culturali era funzionale a questo obiettivo. Ora la città ha bisogno di riscoprire la sua lingua.
Certo, che dei ragazzi di vent’anni ogni domenica regalassero delle visite guidate era una cosa un po’ strana, uno a vent’anni la domenica si sveglia tardi perché il giorno prima è andato a ballare oppure d’estate se ne va al mare.
Sì, forse anche allora qualcuno ha guardato storto quel gruppo di giovani un po’ fissati. Però da quella esperienza è nato “Cagliari Monumenti Aperti”, una manifestazione che poi si è diffusa in tutta la Sardegna.
Ecco, io ieri ho sentito lo stesso spirito, la stessa voglia di mettersi in gioco e di guardare lontano. Forse per troppo tempo abbiamo creduto che il futuro della lingua sarda non dipendesse anche da noi. E in questo modo abbiamo perso fin troppo tempo. Mettiamoci alla prova: il momento è questo.
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Arrò du go!!! “CI SEU” quando sarà il prossimo incontro?? poita me partu de intendi custu mengianu a sa radiu ca c’antessi atrusu incontrusu su cenabara in casteddu ma no appu cumprendiu beni poita fueddanta in itaglianu!!! ahahahahha
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CI SEU
Ci seu!
C’è un flash moscio e un flash mob.
Non tutti sono in grado di riempire le piazze.
http://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=7KspHrGkW6s#!
Chi sa cosa abarrat acorrada in un’atòbiu lampeluxi, berus est ca serbit a pagu e a nudda!
Tocat a cada unu de is chini ndi pigant parti a poni in pràtiga su chi narant…
deu contzillu, po chi no est avesu, a incummentzai a pregontai o pediri cosa in logu de centru cummerciali, de ufìtzius o ambulatòrius, o sinuncas a imperai cussas frasis totu sardas a tipu “atras bortas mellus”, “a si biri cun saludi!” intamis de ddu nai in italianu (non si naru cantu mi fait feli a intendi cuddu predi chi, a sa torrada de Sant’Efis a Casteddu, serrat sa missa narendi in italianu “altre volte meglio”: putzi putzi, ita cosa lègia!!!!); e chi unu est in cumpangia a chistionai impari in sardu in mesu a sa genti… is àterus depint intendi!
Totu est a si dda crunnotai e a s’arramangai!
Nci est pagu de nai: su sardu, chi boleus a ddu fai campai, ddu depeus fueddai in cali si siat logu!
Anna
anna tenit arrexoni, su sardu, pro no du perdi, tocat a du chistionai. labai chi totus du cumprendit, mancai nerint ‘nooooo, io non lo parlo il dialetto’ a pustis ponint unu muntoni de prepositzionis innui no serbint o usant su gerundiu candu no depint. est a nai…da boleus acabai de ndi bogai ‘chedè’ e de chistionai unu italianu chi pareus extracomunitarius e unu sardu chi pareus turistas de a foras?
SU ATOBIU LAMPELUXI è sicuramente una bella l’iniziativa ma, a pensarci bene, mi pare autoreferenziale.
Che senso ha trovarsi in trenta o quaranta per parlare in limba di limba?
Resta un circuito chiuso, per sardofoni e per addetti ai lavori.
Chi veicolerà il sardo all’esterno del club di reduci e con quali modalità?
seu cuntentu chi si fezzada calincunacosa po su sardu
Come avrebbe detto Fisieto, il personaggio del fumetto cagliaritano,arrò du go, pitticca s’iniziativa ajò a fueddai in sadru.Deu ci seu, fortza parisi.
Sa limba sarda ormai est sperdendisi’, custu no sceti in is citadis ma fintzas n’ is biddas, is pippius no ddu kistionanta prus,si no po naj calicncunu fueddu,ma sa cosa prus strangia ki appu potziu bii,poita cha fatzu un traballu ki mi onada sa possibilitadi de abarraj accanta de is anzianus, est cha is primus a istrupiaj e italianizaj su sardu funt propiu is anzianus e cussus ki no scinti kistionaj beni s’italianu; custus candu kistionanta su sardu ci ponint fueddus italianus o sardus italianizaus po faj bii cha issus’ uru funt emancipaus,no sciendi kistionaj s’italianu cumpensanta ponendi fueddus italianus in sa limaba sarda.Totu custu mostrada cantu est importanti su bilinguismu,si unu kistionada beni s’italianu no c’est abisungiu de ci ponni fueddus italianus candu kistionada in sardu et viceversa.Si a un pippiu ddu nanta de piticcu cha sa mesa in sardu si narara sa mesa et in italianu si narara il tavolo,issu candu aressi mannu,dificilmenti ara naj, su tavulu o la mesa. Apu jai intendiu anzianus de 90 annus narendi, lamentu e no kescia,finestra e no ventana,sudau e no intzorau,stancu e no fariau,veloci e no lestru, pesanti e no graj, ecc. Speraus ki assumancus po fillus nostus arrinescieus a allogaj custa limba aicci pretziosa po totu nosu, Deus s’agiudit……..
Davide… capisco il tuo commento. Ma mi chiedo, se uno scrivesse: “Facebook in sardo” e questo Facebook in sardo sarebbe nello standard di Lepori… quali sarebbero le razioni? Oggigiorno non puoi neanche fare un corso chiamandolo: “Corso di sardo campidanese”… perché? Perché poi saresti “nemico” della “lingua sarda”. Ma con la LSC che taglia fuori la metà dei parlanti del sardo, tutto ok… non mi pare giusto. capsci quello che voglio dire?
Ps. a Frantz Sanna… su nomine miu est de aberu AleXandra…est deaici in su passaportu miu. In tedescu si pronuntziat /ks/… no ddu sciu ita depu fai si una dii esistit sa Repubrica de sa Sardinnia… fortzis mi mudant su nomine in Alescianda in su passaportu sardu???
chiudo qui. comunque Frantz ti posso calmare. In questi giorni pubblicherò notizie (scientifiche) nel mio facebook per come vedo la LSC e il suo sviluppo negli ultimi anni. Chi lo vuole leggere è invitato di farlo. E dopo non dirò mai niente più sul “vostro sardo”, ne nel blog qui, neanche su Bolognsu…da nessuna parte. Ma, il mondo futuro deve sapere la verità e che non tutti erano d’accordo con le scelte della Comissione. Buona giornata.
E mi scusi sign. B dell’abuso del suo spazio, Grazie.
@ Alexandra La GSA di per sè stessa non è uno standard univoco, prescrive soltanto una diversa corrispondenza tra fonema e grafema ma nel caso di pronunce differenti della stessa parola NON SCEGLIE, tant’ è che, volendo, la si potrebbe adattare alla LSC. Per il resto, SO perfettamente ciò che vuoi dire, mi sono sorbito anni di discussioni online in tema. Ti dovrebbe far comunque riflettere il fatto che il principale promotore dell’ iniziativa (Massimeddu Cireddu) sia di Teulada…
Davide, hai ragione. Grazie!
1. La LSC. L’idea di base non è male, è solo la sua realizzazione che è terribile.
2. Mi fa molto riflettere che Massimeddu sia di Teulada.
Allora si può chiedere a Massimeddu perché non ha scritto nell’annuncio (presumo che l’abbia scritto lui?), usando la LSC, “innoi”, invece di “inoghe”? La LSC, grazie a Bolognesi, non impedisce l’uso del lessico di tutto il sardo.
Massimeddu scrive: “Is amigos” invece di “Is amigus”, la LSC non impedisce la concordanza di grammemi.
“Praxi”, invece di “Praghet”? La LSC propaga l’uso dei grafemi più “rappresentativi” e proclama l’importanza della la “distintività” del sardo. Cioè se si segue la LSC in quel punto, si dovrebbe usare la -x-, che è molto più diffusa e rappresentativa del nesso consonantico -gh-.
Perché il nostro caro Massimeddu di Teulada non scrive “ndi” invece di “nde”? La LSC non impedisce l’uso di i finali.
“Teneus” invece di “Tenimus”, sarebbe più adatto se vieni da Teulada… i verbi anche lì si coniugano così come nel resto del meridione, come a Cagliari, o no?
Infatti, la LSC sarebbe una cosa buona se la gente se la leggesse bene e la realizzerebbe bene. Ma siccome tutti la interpretano male, si dovrebbe emendare e aggiustare.
Buona giornata. AleXandra
signor anonimo, la LSC per il momento è l’unica valida alternativa adottata dalla regione Sardegna per favorire l’uso del sardo scritto. ognuno di noi continuerà a parlare il suo sardo visto che scrittura e parlata sono due cose diverse. chiunque vuol dire la sua, tutti sono divenuti linguisti e specialisti della lingua. invece di lamentarci perchè non appoggiamo le poche iniziative a favore della lingua sarda? l’uomo della strada non scrive neanche in italiano e lo ha imparato a scuola, pensi cosa gliene può fregare della LSC come standard di scrittura.
la scrittura (qualunque scrittura) è già di per sè artificiale, dunque le lamentele mosse alla
LSC nascondono a mio avviso una reticenza al parlare, scrivere e leggere in sardo.
tutti i paesi o territori in cui la lingua rischiava di scomparire hanno DOVUTO adottare uno standard e normalizzarlo, questo ha favorito il prestigio e la diffusione della lingua stessa sia scritta che parlata. oggi come oggi in tanti scrivono in sardo così come loro viene in testa (ha presente i bambini di 5 anni che imparano da soli a scrivere?) e il risultato in alcuni casi è divertente in altri incomprensibile.
Juanna, nde semus istracos e istracas de lu nàrrere: sa LSC est s’ùnica alternativa vàlida pro pòdere iscrìere in sardu e pro pòdere difundire su sardu. E si nono chi abbàident, totu custos linguistas de sa domìniga sero, sa grafia impreada in totu sos libros chi si pùblicant in sardu: est sa grafia de sa LSC. Tue lu naras ladinu, chie non cheret nen lèghere e ne iscrìere in sardu sighende unas normas, (ca sa magiore parte su chi no aguantat sunt sas normas pro su sardu, mentres chi pro sa limba chi ant imparadu a iscrìere las ant atzetadas a sa muda) su chi non cheret est a lèghere e iscrìere in sardu. Ello e pro ite, narant, si b’est s’italianu, mi’.
Giulia Sanna, stimada depit sciri fustei ca de unus cantus annus sa Meria de Casteddu imperat un atera norma. At gei aprobau dediora un atera norma. Botada a totomini me su cunsigiu provintziale, mi.
Ti do a ischire Alexandra istimada, chi esistit finas una LSM, o Limba sarda de su Meilogu, cun sas règulas suas, chi nudda tenent a bìdere cun sa LSC nen cun sas règulas de sa Meria de Casteddu. In intro però a sas règulas de sa LSM , si distinghent sas RB, o règulas banaresas. Tocat a nàrrere chi non totu sos de Bànari ant atzetadu custas règulas, ca discrìminant sos chi istant in su guturinu de su mulinu. Custos ant fatu unu referendum de abrogatzione de sas RB e ant istèrridu sas RBGM, o règulas banaresas de su guturinu de su mulinu, in contra de s’impositzione de sa Comuna de Bànari de sas RB. Nemmancu in sa bidda de Sìligo ant atzetadu sas règulas de sa LSM, ca sunt ditadas dae sa prepotèntzia de sos Thiesi, e ant fatu , a pustis de 144 reuniones cun totu sa bidda, sas règulas connotas comente RS de sa LSM, o règulas silighesas de sa LSM. In unu referendum populare però s’est dada sa surpresa chi sos bighinos de sa Santa Rughe ant votadu in contra, ca issos cherent sa variante SR de sa RE de sa LSM.
Custu pro ti tènnere informada Alexandra.
E se quelli di Banari vogliono decidere come scrivere, donzi unu in domo sua, Giulia Sanna o chi sei veramente, che pugnalata te ne viene a essere? L’importante non è che si usi il sardo? E allora lascia fare e godi della vitalità del sardo, con ogni quartiere di ogni bidda che vuole creare il suo modo di scrivere, anzi che mettere crepo e fare il vigile urbano della lingua. O non è che sei di quelli che con la LSC ci campano?
Sai che potresti avere ragione?
L’idea del vigile urbano rende perfettamente l’idea del folle tentativo di imbrigliare il sardo, a tavolino… con codici, norme e dialettometri.
Insegnare il sardo ad un sardofono equivale ad insegnare alla propria madre a fare figli.
Giulia Corongiu-Corraine-Serra, stimada… deu so informada mellus de sa majoridadi de is sardus… pensu ca su sennore (Antonio) tenit arrexioni… fustei depit essi in intru de sa LSC… poita no nci est nisciunu ca dda scriet beni de aici comenti fustei… nci est pagu genti ca scriet beni in sardu… e fustei connoscit puru is atzentus… ajò…? Ca fustei torrit torrit in s’ufitziu de sa limba cosa sua…poita is nemigus de sa lingua sarda funt arribendi.
Alexandra, mi paret chi giai unas cantas dies a como unu letore de custu blog ti l’at naradu: ses leada da una forma bastante grave de mania persecutòria. Bides inimigos in onni logu, arrivas a lis dare nùmene de pessones reales e ti acumpàngias cun pessones comente Asia, s’iscura, chi s’idea prus brillante chi tenet est: “Insegnare il sardo ad un sardofono equivale ad insegnare alla propria madre a fare figli”, comente chi non si podant dare letziones de frantzesu, pro esempru, a sos pitzinnos chi faeddant frantzesu. O Antonio, un’àteru insensadu, finas isse corpadu dae una genia de disòrdine de sas ideas, male pensadas e peus iscritas. Su chi non m’isetaia, Alexandra, fiat a ti bìdere cuada a in segus de unu “Anonimo” cale si siat, paris cun sos àteros chi non tenent s’atza de si presentare, cando sa maladia si manifestat totu in una.
Gentile Giulia… se il movimento linguistico chiede fondi regionali “a manu prena” per salvare il sardo PARLATO, perché caspita dovrebbe farlo morire sui banchi di scuola, snaturandone l’essenza?
Pensa che la parlata fluente e spontanea di tzia Mariedda possa essere mortificata da un ipercorrettismo strumentale?
O pensa che ai pochi ragazzi sardofoni superstiti interessi ritoccare anaptissi ed epèntesi?
Ma lasciateli in pace, cribbio!
E non paragoni il sardo al francese… per carità di patria.
Cara bodyguard de is Baronis de sa Limba Sarda. Deu no so cuada. A dolu mannu vivo in Berliu. Custa est s’unica fortuna de is amigus bellus ca tenit fustei. E ddu scimus ca fustei no est una femina ca si tzerriat Giulia Sanna. O bellu, AJÒ semperi su matessi jogu? Sa prossima borta candu seu in Casteddu nos bieus… Podeus cumbidai puru su meri de custu giassu. Mischinu ca si depit ligi totu su machimini nostru. Po dda serrai: Asia comenti atera genti tenit arrexonu puru. Su problema est ca is Baronis ant acabau de ascurtai sa genti poita funt totus tzurpus de sa luxi de su dinai ca sa RAS donat po sa limba…mi!
Quello che mi sembra è che il sardo lo state ammazzando voi… in modo scientifico mi! Io mi ascolto le registrazioni delle gare poetiche, mi leggo i poeti, sento nonno e vedo un altro sardo, un’altra lingua, e non è cosa di come lo scrivete o non lo scrivete. Quello che parlate e scrivete voi è italiano con la u in fondo alle parole. Bella fine che state facendo fare al sardo: ammisturadu con l’italiano, per farlo crepare prima! Ecco perché questo sardo lo capiscono tutti, perché è italiano travestito. Il giorno che la finirete con gli sportellini e le lezioncine pagate da noi e gli esperti fai da te no alpitùr questa cosa si sgonfierà come un palloncino bucato e rimarranno solo quelli che il sardo lo hanno sempre parlato perché lo volevano parlare. Questo sardo lo avete creato a vostro uso e consumo. Ajo!
Antonio istimadu, su chi mi dispraghet meda, e ti lu naro dae su coro, leghende sa lìtera tua, est custu: tue pensas in sardu, comente t’ant pesadu mama tua e babbu tuo; dae mangianu a sero tue pensas in sardu, ma ses obligadu a iscrìere in un’àtera limba. Eja, ses obligadu, non t’arràbies, ca totus nois semus istados obligados. A primu a la faeddare, ca si non sa mastra si nde riiat e nos poniat a befe in classe, cando non fiat un’isfuetada a manos, a pustis nos ant obligadu a iscrìere in cussa àtera limba, limba chi tenet unas règulas, firmas, chi non si discutint, s’atzetant e boh (comente in totu sas limbas); e a ùrtimu nos ant postu in conca chi sa nostra non fiat limba, chi fiat mègius a si l’ismentigare. Giai chi tue leghes sos poetas nostros, nara·mi Antoni cando in iscola nos ant lèghidu una poesia de Montanaru, de Remundu Piras, de Pepinu Mereu o de giaju tuo. Mai. Nos ant fatu istudiare a memòria, in mesu a poetas de valore universale, àteros chi non giuaiant a nudda, chi no ant trasmitidu perunu sentimentu, chi non los connoschet nemos a in foras de sas àulas de iscola.
” Il giorno che la finirete con gli sportellini e le lezioncine pagate da noi …” E chie at pagadu, e sighit paghende, s’iscola in italianu pro nos nche furare su sardu? Issos emmo chi l’ant cumpresu bene: si una limba no intrat in iscola no esistit, morit; si s’italianu non fiat intradu in sas iscolas, nara·mi tue chie lu diat àere istudiadu in Sardigna. Si su sardu no intrat in sas iscolas, oe in su sèculu XXI no in su 1800 cando pro campare bastaiant milli paràulas, non bi nd’at bastante pro chi fìgios nostros l’imparent bene, a leghere e a iscrìere, e si nch’at a mòrrere che candela de seu. Saludos corales. Giulia Sanna
Antò, hai troppo ragione…per quanto riguarda i soldi e il modo di imporre la lingua e ormai lo sanno tutti. Tutti conoscono la verità. Non solo per l’articolo scandaloso della signora Bitti nella Nouva, ma perché la mafietta è ovvia. Chi non la pensa come loro viene escluso. Il sardo infatti è pieno di testi scritti in sardo, non ci dobbiamo inventare un bel niente e soprattutto non quel sardo porcellino con le tz di mezzo e u finali. È troppo vero signor Antonio. Giulia (visto che ormai ci diamo del tu)… Se vuoi usare bene la LSC, la parola: “Milli” diventa “Migia”. Che vecchia abitudine tua, forse ti suona per il libro di tziu bepu, una limba cun milli limbagios…ma guarda, se lavori con la LSC, fai attenzione. “migia”, una cosa che prima era la “calza”, è diventato “mille”. Proprio esperti l’hanno fatta. Alexandra (ora mi firmo sempre, così non succede più che mi segnala ammonimo).
a mimi no m’arresultat chi milli si siat furrìau ‘migias’ e pro ti nai sa beridadi de candu tengu regulas pro scriri m’agatu mellus meda. no tocat a tenni pregiuditzius, sa LSC est una cosa importanti in su caminu po torrai a chistionai in sardu. e arregodadì chi est sceti pro scriri, chistionendi sigheus a chistionai donniunu sa fueddada sua. sceti umerendidda una lìmba est bia est crescit cun sa genti, desinuncas abbaraus cun is primus milli fueddus chi as nau tui.
“si una limba no intrat in iscola no esistit, morit”
Questa è una bestemmia.
Nulla è più inutile, vacuo e dispendioso di una lingua insegnata a scuola.
Pensiamo al nostro inglese scolastico, che -dopo 5 anni di studio- ha la consistenza di un pugno di mosche.
Basta invece proiettarsi per qualche mese in un contesto dove domina il PARLATO spontaneo, per diventarne padroni.
Alla faccia della grammatica normativa, centellinata per anni come fosse nettare divino.
Il sardo è agonizzante e morirà se diventa prigioniero del business.
LIBERIAMOLO!
Alessandra, fai attenzione. Anche l’insigne Blasco Ferrer è caduto con Corongiu per questa affermazione su “mìgia”. L’uomo è tosto e conosce bene i dialetti del sardo….prudenza o farai anche tu figuracce
Sono sdraiata sulla tua linea di pensiero.
E’ quello che ho cercato di dire anch’io ma mi hanno insultato e zittito!
http://vitobiolchini.wordpress.com/2012/12/04/incredibile-ad-aggius-se-un-cagliaritano-e-un-ozierese-parlano-tra-di-loro-in-sardo-si-capiscono-senza-traduttore-simultaneo-bilinguismo-subito/#comment-45765
è vero !!! 50 anni fa se parlavi in cagliaritano ti arrivava il ceffone di papà o mamma !!!
ma questo è accaduto in tutta la Sardegna
sono un ottimista ” nato ” , quindi credo che questa iniziativa possa servire a smuovere le acque , perchè purtroppo ormai a Cagliari il campidanese , con suoni e parole cagliaritane , non si parla più , ormai la nostra lingua è parlata solo in ambito familiare o tra amici , il cagliaritano non si sente più nelle strade , negli uffici , nei negozi , tutti parlano l’italiano , e non può essere diversamente se si considera che giornali e tv scrivono e parlano solo in italiano , è quasi 100 anni che dal continente fanno di tutto per farci dimenticare la nostra lingua che ormai è destinata a morire , e sì amici cari , se una lingua non viene parlata dai bambini
Frantziscu. Ita est su problema cun tegus? So nascia e pascia in unu mundu innue potzu nai ita pensu e ita bollu nai. E ap’ a essi in donnia blog e in donnia allega ca mi praxit poita custu est unu mundu liberu. Cumprendiu? Tennis un arrespusta a is preguntas linguisticas mias? Si eja, narra mi ddas, si no, sighis a fairi ita bollis fairi… perou acabadda tui de segai is patatas a mimi. So innoi… e abarro innoi, poita candu no b’at giustitzia, no b’at armonia. Lacana? S’unica lacana innoi, est in conca tua. Ita ses tui? Una persona ca no bollit biri ca nci est un atera persona ca dda pensat de atera manera, una femina comenti a mei ca no tenit su timore de andai a sa sola contras a totus? No so maca, so sceti sarrabesa, e ancora prus mali, so puru tedesca. Tui no ses unu scimpru, antzis, pensu ca ses una persona bona po fai unu arrexonu. E insandus, deu so innoi. Perou pensu ca est mellus de ddu fai in facebook, poita no est una cosa bella de ddu fai in su blog de su sign. B! Cordiali saluti da Berlino.
Esattamente…sono una tua (relativamente) vecchia conoscenza…FUS, GDS. FPS etc. Quanto al resto a me va comunque benissimo Flash Mob.
Ci seu, e cumenti puru!
Mi paret de abberu una pensada meda bona; de custos atobios bi nde diat cherrere atteros in logos prus mesanos de sardigna. Fortza o sardos totu cantos paris.
Salude Vito, iscusa si non mi firmo, su nùmene meu no importat. Su chi importat est chi “Ci seu”. Mancu deo so unu linguista, tèngio un’àtera professione; ma so parte de sos Sardos chi istimant sa limba issoro e chi no la cherent bìdere mòrrere, antzis la cherent bìdere vìvere in onni logu in ue siat possìbile: in domo in antis de totu, in sas iscolas, in onni logu de faina, manuale o intelletuale chi siat. Forsis est beru chi carchi cosa de importu mannu s’est isvilupende si sos fìgios de sos chi ant traballadu totu sa vida issoro pro los fàghere istudiare, sos fìgios chi semus nois, vera classe dirigente intelletuale sarda, nos semus movende pro chi non nos irrobent su sonu de sas primas paràulas chi nos ant naradu cun amore. Totu est a bi crèere e a lu chèrrere.
Deu puru appu imparau a du cumprendiri ma du chistionu pagu, poitta babbu e mamma bolianta a imparai beni s’italianu, ma intra ‘e intzoru chistionanta in seulesu, ca assimbuillada meda a su casteddaiu, ma esti prusu durci e cantilenau: paridi ca cun dogna fueddu si pongianta domandasa. Sa scusa fudi ca aicci podiausu imparai beni s’italianu, po comunicai cun prus meda genti, e tottusu in famiglia, finzasa e isi iaiusu, a mei e a fradi miu no si deppianta chistionai in italianu. Ma sigummenti tottusu is parentis miusu intra e issusu chistionanta in sardu, deu du chistionu a limba lada, ma du cumprendu meda beni. Cussusu ca anta perdiri sa limba ant’essiri fillus miusu poitta deu e su babbu chistionausu in italianu ( issu esti sardu ma esti nasciu e adi biviu a Torino po prusu de dexi annusu) e is amigus nostrusu chistionanta tottusu in italianu. Is pippiusu intendinti chistionai in sardu fetti candu s’agattanta cun is nonnusu e cun is parentisi anzianusu, e sa cosa mi dispraxidi meda. Non seu de accordiu a du fairi a iscola, poitta anta imparai una limba ca no esti sa intzoru, ma m’ada praxiri ci imparanta a du cumprendiri beni e a narai chelencunu fueddu in sardu ascurtendu is nonnusu e is atrus parentis. M’es praxiu meda candu a iscola d’is anti pedìu de domandai a is nonnusu commenti issusu intzerrianta is cosasa in domu e su nomini de is cosas de pappai. Deu provu a chistionai su sardu candu torru in bidda, ma tra trabballu e iscola de is pippiusu non du e andu prusu meda commenti faia candu fui prus giovana.
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Deu ia a proponi: “atòbius a lampeluxi” o “atòbius a lampu de luxi”,
o sinuncas: ddui torrat “unu lampu de luxi de atòbius”?
Nàscia, crèscia e pesada in sardu! (est a nai: “èssiri/criadura chi megat de s’isperdi”)
Noraboras a s’initziativa!
Anna.
Grande! Anna! Cool!
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Se gli italiani sono tutti allenatori della nazionale, i sardi sono tutti esperti di politica linguistica. Io, nel mio piccolo, mi vorrei distinguere, lasciando la politica linguistica agli esperti e ai politici, e a me stesso un compito diverso, più consono alle mie forze e ai tempi che viviamo.
Bella meda sa bidea.Deu puru seu circhendi de ddu imparai sendi chi seu nasciu e cresciu in continenti.Chi ci dda fatzu apu a benniri merculis.Saludi a totus
Est istada una bella arresonada. Pro chi esseret sa prima, cun tanta gente chi non si connoschiat de persona, est normale chi s’arrèsonu siat istadu pagu pagu istorradu dae su chi fiat su tema printzipale. Ma mi paret chi amus a su nessi postu in s’ordine sas ideas de fundamentu. Pro mèrculis chi benit prus petza in cardiga (prus impostas pràtigas), e prus gente.
Ci seu.
Grazie a tutti per l’aiuto.
Il termine ATOBIU ci sta, e mi pare perfetto.
L’aggettivo LAMPADU proposto da Davide rende bene evocativamente l’idea di flash ma, Rubattu alla mano, mi pare poco pertinente; trovo infatti:” lampadu”= buttato, demolito, gettato, lanciato, sbalzato, scagliato., oppure un campidanese “lampau” con l’accezione di “fulminato”. Fulminato non è fulmineo.
Per FULMINEO il Nostro mi dice: lestru che lampu, subitanu (it. ant. subitano), improvvisu (L), lestru che lampu, improvvisu (N), subitanu, arrepentinu (C), lesthru che àscia di ràiu, ripintinu (S), lestru che ràiu, ripenti, impruisu (G) // fàghere a brincu e a terra (L) “essere f., rapido nel fare qualcosa”; a frùndia (S) “fulmineamente”.
Non ci siamo.
LESTRU, per indicare la rapidità del percorso, mi pare decisamente più pertinente.
Quindi sarei decisamente per ATOBIU LESTRU.
Scritu Apustis: Davide… ma sei tu, quello di B.?
Se così fosse, sarei al settimo cielo.
Ho un debole per i giovani che cercano e coltivano la limba, perché il percorso richiede fatica.
Per gli adulti è una competenza passiva che spesso degenera in ipercorrettismo normativo.
Lo stesso che si rimprovera alla scuola ITALIANA.
mhhh… capisco… molto interessante, ma se si mette: “atobiu lestru” mi piace molto…ma non c’entra più niente con le due parole originali… e il “mob” è proprio scomparso. Il “mob” c’è per indicare: un gruppo, una cosa che si muove, il popolo ecc… “truma lestra” 🙂 bho… tocca… lassaus scoberai su meri de su blog.
Salude Vito,
si boles nos podes agiudare a fàghere connòschere custa initziativa pro fàghere Facebook in Sardu. Nos serbint 50.000 firmas!
http://facebookinsardu.progeturepublica.net/
Unu saludu a totu su blog.
Facebook in LSC… volevi dire!
Nono, Alexandra, boliat nàrrere Facebook in Sardu aici comente apo iscritu.
E itt’ est àrabu sa LSC?
Davide, la LSC per me è una proposta ortografica di sardo, non è IL SARDO
Massimeddu. Ci sarà la scescia? la -x-?
Infatti la LSC è uno dei tanti sardi possibili, nè migliore nè peggiore degli altri, solo CONVENZIONALE. Non credo che abbia molto senso correggere qualcuno che parla di lingua inglese dicendogli: <>
Alessà, faghe una cosa: crea su grupu NoPoBiLSC (non podimus bìdere sa LSC) e gasi podes iscrìere in cue totu su chi ti benit a conca sena rùmpere sa matza in totu sos blogs chi, pessighida comente ses dae una monomania, chircas che disisperada pro dare a connòschere sa cultura linguìstica sena làcanas chi possedis.
Frantziscu Sanna, paràulas santas…arratza de ossessione mentres non s’abigiat de ite est capitende de bonui
http://www.youtube.com/watch?v=oyBkiAkP8i0
Siamo o non siamo una squadra?!, tutti in CC….please! S:)
Pensavo… non passi inosservata la scelta di riportare il sardo ad una dimensione del parlato dal basso, proprio a Cagliari, la Capitale, l’agorà linguistica dove la lingua dei nostri padri è stata per troppo celata dal potere e dallo snobbismo culturale di una sinistra ostile al bilinguismo e al sardo. Sì, proprio quell’ex Pci (oggi impersonato dal sindaco Zedda), che negli ultimi decenni ha costruito barricate contro il sardo. Oggi da che parte vorrà schierarsi?
Gentile Vito, sono una donna pragmatica e di solito -quando piove- apro l’ombrello invece di studiare il fenomeno dell’evaporazione.
Sto studiando il sardo da autodidatta, senza imprecare inutilmente contro i colonizzatori di turno o i genitori insensibili, e cercavo di tradurre quell’orribile “flash mob” in ATOBIU IMPROVISU.
Che ne dice?
Ciao Asia, flash = ingr. lampo / mob = lat. mobilis, insandus: “lampu moidu?” perou mi praxit s’idea de ponni su fueddu: “atobiu”… “improvisu” pagu… fortzis: “atobiu moidu” 😉
deo dia nárrere “atóbiu (a) lestru” o puru “atóbiu de botu”
Sa paràula giusta est ‘lampadu’, tando si diat nàrrere ‘Atòbiu lampadu’.
A ci Seu
A bi Seu
A bi soe
ci seu vito e mi dispraxit ca non seu pozzu benni ariseu.. ma seus organizzandi su festival DonkeyShouts e seu currendi de una parti a s’atra.. perou in su festival c’esti logu puru po sa lingua nostra, tresi de is ottu disi de festival funti fueddarasa in sardu..
ayo tottus impari ca custa esti s’orta bona.. saludi e trigu a tottus..
Salude…sign. B. custa cosa est de importu mannu. Fortzis est sa primu borta ca so diaderus cuntenta de ligi unu articuleddu subra ‘e sa lingua de unu no-linguista.
Eja, imoi tocat a su populu sardu de fairi calincuna cosa. Depit essi sa genti a fai sa lingua e no is politicus e nimancu is linguistas. Inghitzendi deaici, su sardu podit cresci de manera naturali e de basciu.
S’unica cosa ca bisongiat est unu pagu de coragiu e boluntadi. Deu, su sardu, dd’apu imparau de manna, no beni meda perou unu pagu. So filla de disterraus e nascia in Germania. Pensu chi si ddu apu fatu deu, is sardus ddu podint fai totus… e mellus ancora de mei.
Tenide-bos-contu e gratzia meda de custu testu.
Dèu ci sèu
Dèu ci sèu
Vito su periodista de casteddu online est unu pagu confundiu ….iscriet dialetto medas bortas atras iscriet lingua sarda , tue as a nai ca seus incuntentabilis perou unu pagu de pretzisione in prus ……especialmenti in custu momentu de importu mannu !!!!!
Ammentaisi’ est una lingua no unu dialettu po periodistas o nono
Ci sarò… Bravo Vito.
Iniziativa di grande spinta sociale. Che restituisce al sardo il valore della base, della gente. Speriamo che ora, anche i salotti progressisti con la puzza sotto il naso per l’odore intenso del sardo (quello parlato), scendano sulla strada per impararlo davvero il sardo. Insomma, c’è sempre tempo per recuperare gli errori di certe famiglie che hanno cresciuto generazioni di intelletuali timorosi delle proprie origini linguistiche.
Ringrazio i mei per avermi dato, fin da piccolo, l’opportunità di parlare, ascoltare e pensare in sardo (campidanese).
Il tuo percorso è un esempio di grande evoluzione culturale Vito. Soprattutto, un’autentica messa in discussione di una certa impostazione educativa che ti ha costruito.
Mente aperta, lingua mobile….
Mi ci ritrovo in pieno. Quando una madre si accorge di capire il sardo e di non essere in grado di trasmetterlo ai figli, scatta l’urgenza dell’autoeducazione. E non è facile, ma si cercano le occasioni giuste. Questa lo è! Vito, ci seu! http://www.youtube.com/watch?v=u_NwwsTdbXw
Si parla di noi:
http://www.castedduonline.it/kistionamus-sardu-dialetto-casteddaio-da-insegnare-bambini
“Mamma mi dai una zizzigra di uva”.
“No! Se glielo dici in italiano a mamma, te ne dà anche un purdone”.
ci seu!
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deo bi seo!
http://www.youtube.com/watch?v=Hxlw_csrZro
Insaras cumentzaus imparendi s’alfabetu:
Ascurta custas rimas a chilometrus zeru
Acentus e variantis innoi est totu beru
BIddas e citadis, BIxinau e pratza
CIrca beni beni nCI nd’est de dònnia arratza
DInnidadi uguali tenit donniuna
E funt totus cantus una lìngua comuna
E FAit a si cumprendi Surcis e Logudoru
E FAit a chistionai donniunu a modu insoru
GI mi praxit pagu custu GIogu portu ainnantis
GIogu cun is fueddus, vocalis e cunsonantis
ACA est in mesu o a s’acabu de is fueddus
A CA scint fai s’hip hop in sardu is piciocheddus
A Bi Ci Di E! ita parrit? ita nc’est?
Ella Emma Enna O Pi! in dònnia logu e in dònnia dii
impera su sardu alfabetu, ca ti fait profetu, rimas versus e mutetu
cussus chi ti nant ca est unu dialetu, narant “su fungu” invecis ca bulletu
Internatzionali fueddendi campidanesu
Ingresu, italianu, spanniolu… e unu pagu ‘e olandesu!
(J)O ‘TA cosa bella frisca est una lìngua bia
E(L) LAstima ca calincunu dd’iat proibia
EM’ A bolli biri bilinguismu in sa citadi mia
E(N) NAi potecaria E(N) NAi ofelleria
Oindii mi parrit perOu de biri ancora
is chi PIstànt sa manu a is PIpius me in s’iscola
A Bi Ci Di E! ita parrit? ita nc’est?
Ella Emma Enna O Pi! in dònnia logu e in dònnia dii
impera su sardu alfabetu, ca ti fait profetu, rimas versus e mutetu
cussus chi ti nant ca est unu dialetu, narant “petardu” invecis ca cuetu
E(S) SA chistioni dda cumprendis prus a fundu
TI pentzas ca su sardu est studiau in mesu mundu
Universidadis in Germània e in Tokio
VoUlez vous parler avec moi sardo?
X est imperada sceti in mesu ‘e su fueddu
X duus candu giogat in foras su Casteddu
ZEru is chilometrus ca at fatu custa rima
ZETA invecis est sa de bintiduus lìteras
A Bi Ci Di E! ita parrit? ita nc’est?
Ella Emma Enna O Pi! in dònnia logu e in dònnia dii
impera su sardu alfabetu, ca ti fait profetu, rimas versus e mutetu
cussus chi ti nant ca est unu dialetu, narant “dritu” invecis ca deretu
A Bi Ci Di E! ita parrit? ita nc’est?
Ella Emma Enna O Pi! in dònnia logu e in dònnia dii
impera su sardu alfabetu, ca ti fait profetu, rimas versus e mutetu
cussus chi ti nant ca est unu dialetu, narant “dritu” invecis ca deretu
su dotori e sa crc posse sempri is prus bravus.
ci seu!!!!!!
condivido Vito la tua analisi e condivido iltuo percorso che è anche il mio, e oggi il mio rammarico è di non saper parlare il barbaricino che considero di una musicalità eccezionale, mi consolo perchè lo capisco. ci seu
Se volete, vi posso raccontare qualche barzelletta in sardo…
‘Ta lástima a no nci porri essi!
Ma su flashmob ddu fatzu su propiu, mancai disterrau! donnya dí, cun fillu miu, po ddi donai sa posibilidadi ka a su mancu impárit su sonu ‘e su sardu.
E imoi cun prus gana puru, grátzias a sa Fondazione Sardinia. E imoi cun sa sperántzia ka, candu eus a torrai, eus podi ascurtai genti meda kistionendi in sardu in Casteddu nosta…
A si biri cun saludi e fueddendi in sardu!
Mi ritrovo in pieno. Stessa storia a casa mia. Mia madre, cagliaritanissima, ci ha imposto l’italiano trasmettendoci la sensazione che parlare sardo fosse sinonimo di suburra o subcultura. Sicuramente suo malgrado Ma i suoi genitori, cagliaritanissimi, hanno sempre comunicato, tra loro in cagliaritano e con noi nipoti e con i figli in italiano. Dalla nonna paterna ho avuto la fortuna di sentire sempre e solo l’esotico logudorese quando parlava con il figlio, mio padre, il quale però anche lui si è sempre rivolto a noi solo in italiano. Quindi io il sardo l’ho sempre sentito e ormai lo capisco quasi dappertutto in Sardegna. Ma non oso parlarlo. Parlo altre lingue e affronto abbastanza tranquillamente il rischio di sbagliare un verbo, una parola o una costruzione della frase. E’ normale quando si parla una lingua straniera. Ma non accetto di considerare il sardo tale, eppure se dovessi provare sarebbe inevitabile. Ma mi sembrerebbe di offendere la lingua della mia terra. Non è lingua straniera, non è lingua madre. Cosa è dunque? Semplicemente la lingua che appartiene al suolo dove vivo e dove sono nata. Magari questa iniziativa può aiutare anche me. CI SEU.
Bello! Quasi quasi ci seu!
Io parlavo casteddaio per strada e poco, ma senza essere corretto, a casa.
Mio padre e mia madre ogni tanto, specie se per parlar male di qualcuno o qualcosa e quasi mai per discussioni “normali”, attaccavano col sardo e allora strappavano qualche parole anche a me.
Sennò mi adeguavo all’italiano usato da tutti. Fino a considerare il sardo un po’ come la lingua del cazzeggio, delle serate perse nel quartiere, delle cose poco serie e dei frastimmi. 🙂
eh eh, broz, ti tengo in allenamento io 😉
Ottima iniziativa. Anch’io “vittima” come tanti della nostra generazione in una scuola italiofona. Recentemente ho incontrato un giovane curdo (presenterò un libro che parla della sua storia e di quella del suo paese al prossimo Festival Letterario San Bartolomeo) che dice: “se perdi l’uso e la conoscenza della tua lingua, cessi di essere popolo”. Lì per lì ho sorriso pensando che potessero essere altri i segni distintivi di un popolo tipo costumi e tradizioni, un secondo dopo ho realizzato che questi ultimi restano vivi proprio grazie all’uso quotidiano della lingua! Politicamente poi, tutti quelli che hanno studiato un minimo di diritto sanno che, popolo territorio e governo sono i tre requisiti che formano uno Stato. Chiediamoci a che punto stiamo se perdendo la lingua siamo meno popolo, circa il territorio sappiamo in che condizioni ci troviamo e per quanto riguarda il governo… ma vaffanculo, va! 😉 Un PdS particolarmente ispirato (vista l’ora tarda)
Ita bolis a ti nai, o Vito? Gràtzias mi parit pagu. Chi si cumentzant a movi personas comenti a tui, intzandus bolit nai chi est tretu de sutzedi calincuna cosa manna diaderus. A su mancu est su chi m’intendu deu immoi. Làstima po su 19, deu torru in Sardigna sa dii a pustis, sa giustitzia mala! A si biri mellus.
io il casteddaio lo parlo poco e male, e mi spiace molto…trovo che sia una bellissima iniziativa, ma mi chiedo se sia sufficiente per imparare..o anche semplicemente migliorare un minimo!
O Vendemmia, bastat a si ponni a ddu fueddai! Sa grammatica de s’italianu chi fueddant is sardus est casi totu grammatica sarda. Bastat a imparai is fueddus e sa pronuncia. Fortza!