Secondo i sindacati è già tutto scritto: perfino l’arrivo in qualità di direttore artistico della Fondazione Teatro Lirico di Cagliari di Umberto Fanni. “Sarebbe solo la naturale conclusione di una vicenda che appare inverosimile e grottesca”, dicono i rappresentanti del lavoratori in una nota (che riportiamo integralmente alla fine del post), perché Fanni (definito “il discusso maestro”) “è stato recente protagonista di una procedura di accertamento da parte della Fondazione Arena di Verona per “possibile violazione di contratto di esclusiva e concorrenza sleale”, che ha comportato il venir meno del “rapporto di fiducia” fra lui e la fondazione, rapporto cessato infatti il 28 febbraio 2012”.
Il quadro che si delinea è dunque che dietro la nomina di Marcella Crivellenti a soprintendente del Teatro Lirico di Cagliari ci sia una pesantissima influenza del ministero, nella persona del dirigente responsabile del settore lirico, Salvatore Nastasi. Il quale sull’Unione Sarda è andato in brodo di giuggiole per la nomina del nuovo soprintendente cagliaritano. E che se riuscisse a piazzare anche Umberto Fanni darebbe il suggello definitivo a questa operazione.
Così, giusto per dire, vi ricordate il profilo che il nostro agente Odabella (in tempi non sospetti, visto che era lo scorso 25 giugno) aveva fatto del maestro Fanni? No? Allora vi rinfresco le idee.
Direttore artistico del Teatro Grande di Brescia, ex Direttore artistico del Teatro Verdi di Trieste, ex direttore artistico dell’Arena di Verona. Non ha mai ricoperto incarichi di sovrintendenza ma nell’ambiente lo si conosce come uomo di fiducia di Salvatore Nastasi, il dirigente responsabile del MIBAC per il settore beni culturali lirico. Valutazione complessiva: troppo legato al ministero.
Appunto. Anche perché ciò che sta emergendo con chiarezza in queste ore è che a Roma il nome della Crivellenti come possibile sovrintendente a Cagliari circolava addirittura già nel mese di maggio! Di sicuro a giugno (ma prima dell’apertura dei termini per la presentazione delle manifestazioni di interesse) lo stesso sindaco Zedda ebbe modo di chiedere in città dei pareri sulla Crivellenti quale possibile guida del teatro di via Sant’Alenixedda.
In realtà, il nome non fu preso sul serio da nessuno perché bastava affidarsi a Google per capire che l’organizzatrice teatrale non aveva alcuna esperienza nel settore della lirica. E se volete la controprova, confrontate il curriculum della Crivellenti con quelli di alcuni candidati che il blog dei lavoratori del Lirico “Non zittite l’arte!” sta pubblicando in queste ore.
La nomina della Crivellenti sarebbe dunque stata caldamente “sollecitata” dal ministero. Ma Zedda perché avrebbe accettato? Intanto per garantirsi un trattamento di favore da parte degli uffici romani, che in tempo di crisi non guasta. In questo modo poi avrebbe solo un referente con il quale confrontarsi (Nastasi), tagliando fuori la Regione, i sindacati e i partiti. E la Crivellenti avrebbe con Zedda un rapporto di assoluta subordinazione, come se fosse una sorte di “assessore al Teatro Lirico”.
Poi certo, c’è anche la lettura data dalla Nuova Sardegna nel pezzo “Lirico, accordi politici dietro la nomina”: la Crivellenti (molto vicina al centrodestra) diventa soprintendente, e in cambio Cappellacci e Oppi stabilizzano i precari di Molentargius, facendo un enorme favore a Sel.
Oggi i lavoratori si riuniranno in assemblea: c’è aria di mobilitazione.
***
COMUNICATO STAMPA
La RSU, organo che rappresenta tutti i Lavoratori, sente la necessità di chiarire al Presidente e al C.d.A. che il nostro Teatro è a tutti gli effetti una Fondazione Lirico Sinfonica regolata da uno Statuto e numerose leggi nazionali che indicano una “mission” ben precisa. Nessuna guerra preventiva ma il grido di rabbia e di delusione dei dipendenti che sono forza lavoro e prodotto finale del loro Teatro. Lavoratori che hanno pagato sulla loro pelle le precedenti gestioni, sono rimasti inascoltati.
Il Presidente afferma in conferenza stampa: “si è tenuto il C.d.A. che all’unanimità ha deciso di nominare Marcella Crivellenti“. Nella seduta di ratifica di nomina che dovrà avvenire, vedremo nero su bianco l’epilogo della vicenda e fino a che punto i consiglieri di amministrazione sosterranno “ la mia idea di Teatro “. Per i Lavoratori è chiarissimo che è lontanissima dalla loro.
La Scrivente, in previsione della presentazione della squadra della Signora Crivellenti, preferisce appellarsi alla “Veggente Norma“ piuttosto che all’”intuitu personae”: la scelta di Umberto Fanni come nuovo direttore artistico, come pare si prospetti, sarebbe solo la naturale conclusione di una vicenda che appare inverosimile e grottesca.
Il discusso “maestro”, infatti, è stato recente protagonista di una procedura di accertamento da parte della Fondazione Arena di Verona per “possibile violazione di contratto di esclusiva e concorrenza sleale”, che ha comportato il venir meno del “rapporto di fiducia” fra lui e la fondazione, rapporto cessato infatti il 28 febbraio 2012.
I lavoratori hanno atteso tanto e sopportato disagi (anche economici e che ancora continuano) per arrivare finalmente a una soluzione e una rinascita che invece sembra il riproporsi delle vecchie politiche.
Cagliari, 04-10-2012
La lotta dei lavoratori del teatro Lirico di Cagliari avrà un esito inatteso. I consiglieri di amministrazione della Fondazione Lirico di Cagliari sembra abbiano trovato un accordo sul nome che sarà il vero sovrintendente all’uscita dalla disputa. Mauro Meli sarà il nuovo sovrintendente con Massimo Biscardi direttore artistico e Giancarlo Liuzzi responsabile marketing. Il team del maestro Meli, uscito male dalla gestione del Regio di Parma, cacciato dai dipendenti della Scala, sarà quello vincente. Torna quindi a Cagliari colui che tutto cominciò. Si vocifera anche la non opposizione del sindaco (“Non avete voluto la bicicletta? Ora pedalate con questa così vi divertite”) e la felicità di molti dipendenti, prima fra tutti l’orchestra.
Entro 15 giorni Mauro Meli sarà il nuovo Sovrintendente con grande appoggio di PD, UDC, Ministero e cda.
Spero che questo sia uno scherzo …
Certo che sarebbe un notevole colpo di scena…
No davvero, allora meglio la Crivellenti e subiamo pure il suo apprendistato, purché ci sia uno staff competente ….
diamo a cesare quel che è di cesare.
Tá lastima!
Quindi? che soluzione si prospetta?
Poniamo che otteniate la revoca della Crivellenti (e Zedda si sputtana così?) che scenari si aprono? Ho la sensazione che l’unica soluzione in questo caso sia il commissariamento….o pensate ad una nuova nomina?
Quindi forse conviene stare all’erta, ma farla lavorare con la squadra che riterrà di nominare. Al primo errore verso i lavoratori (ma deve essere qualcosa che minaccia i lavoratori, non il fatto che decida di fare Bizet al posto di Verdi) si inizia la lotta.
I sovrintendenti (come i direttori artistici, amministrativi, d’orchestra, etc) non li scelgono i lavoratori…con buona pace loro.
Meli alla Scala e Tutino a Bologna sono stati defenestrati dai lavoratori nonostante avessero Sovrintendenti appoggiati e blindati dai rispettivi sindaci. Eppure non è successo nulla di che, i sindaci e i cda hanno preso atto e ciccia.
Una buona soluzione sarebbe scegliere il miglior curriculum o la figura che meglio garantisce una gestione efficace fra quelli pervenuti. Sarebbe vera trasparenza e sarebbe una soluzione.
caro Simplicius, sei mente semplice e la fai semplice…Meli e Tutino (come forse ora lo sarà Cognata) sono stati defenestrati dai sindacati dopo aver ampiamente lavorato in teatro…il primo come direttore della divisione Scala, il secondo come sovrintendete e presidente dell’Anfols. Contestare la Crivellenti solo sulla base dei requisiti è ridicolo…se cade la Crivellenti deve cadere un mucchio di gente che sta alla guida delle fondazioni lirico-sinfoniche nonchè di molte partecipate statali (ricordate tutti che le fondazioni sono enti di diritto privato…..) a cominciare dall’attuale sovrintendete di Verona e attuale presidente dell’Anfols che quando fu nominato non aveva mai neppure messo piede in un’istituzione teatralale e che è in possesso del solo diloma di perito agrario, ma che in compenso è ex assessore leghista del sindaco tosi…punto di forza del suo cv…Perchè per coerenza non protestate contro costui che è il principlae responsabile delle disavventure del vostro CCNL? Se invece lui va bene….beh…la Crivellenti va benissimo!
“Il mio CCNL”? Mah…
C’è chi dice o pensa: “Dato quel che ha combinato Meli, ben venga la Crivellenti”. No, casomai il filo logico del discorso sarebbe: riprendetevi Pietrantonio. Che almeno era uno che di musica ne capiva, solo che era troppo ligio alle direttive politiche dei Tremonti e dei Bondi, spesso in sinergia col suo amico Nastasi. E il buco provocato da Meli hanno comunque finito per pagarlo i lavoratori, sempre loro, come da copione neoliberista. La Crivellenti è un altro discorso. Non penso che Massimo Zedda sia così ingenuo dall’aver scientemente fatto cadere la sua scelta su una persona del tutto priva di un curriculum adatto alla gestione, artistica e non, di un Teatro Lirico; casomai “la sua idea di teatro” considera evidentemente secondaria, o comunque non determinante e vincolante, la “mission” di un teatro lirico, e forse in questo contesto si comprende la scelta di un’organizzatrice con un profilo che forse, ma sottolineo forse perché temo che anche su questo terreno vi fossero persone più qualificate sulla piazza, si presta maggiormente alla gestione di un teatro polivalente, magari pronto anche ad ospitare Vasco. Questo, però, è un problema politico. Nonostante i continui tagli dei fondi FUS e di ogni altra risorsa pubblica ad essi destinabili, i Teatri Lirici continuano ad avere una specifica “mission”, definita dalla legge. Ainis ha citato la Scala: lì le risorse mancanti le hanno messe i poteri economici milanesi, berlusconiani e non. Qui da noi, forse Cualbu, quando era ancora in sinergia con Soru, avrebbe potuto/voluto fare qualcosa, capitando a fagiolo l’integrazione anche di location tra Lirico, Parco della Musica e T-Hotel. Non a caso, tramontato l’idillio Soru-Cualbu e l’eventualità di coinvolgimento dell’ingegnere fonnese oltre il mero ruolo di componente del CdA, lo stesso Parco della Musica è venuto su come una triste incompiuta inaugurata in fretta e furia in campagna elettorale, in parte bruttissima copia del Serpentine di Hyde Park, in parte cattedrale nel deserto. Comunque, in Sardegna non c’è una lira per mantenere viva uno straccio di attività industriale, Alcoa non si sa che fine farà, Keller se la stanno prendendo gli austriaci, figuriamoci se ci sono risorse private per il Teatro Lirico, dato che la crisi manda ampiamente a farsi benedire anche il discorso dell’indotto, su cui forse Meli e chi lo appoggiava puntava. Ciò detto, il problema resta politico. Di massima (lavoratori del lirico in ascolto, leggete tutto prima di commentare, non vorrei essere frainteso) non ce lo ordina il dottore di avere una Fondazione Lirica con annesso teatro “monouso”, solo una decina di città, poco più, ne hanno una, mentre tante altre città si arrangiano con Teatri Stabili o con soluzioni ancor più precarie. Forse il Sindaco pensa che Cagliari in fondo non abbia tutto sto bisogno di una Fondazione Lirica, e che la lirica, o quel che ne rimane (dopo perle come la profanazione di Marco Carta) possa essere gestita come attività secondaria o comunque non prioritaria, usando il Lirico anche ad altri scopi. Bisogna però comprendere che questa soluzione importerebbe un sicuro sacrificio di posti di lavoro e la dispersione di un patrimonio di competenze accumulatosi in anni di esperienza, e, forse, una scelta che non sono così sicuro sia condivisa dalla città. Non credo neanche che sia condivisa e desiderata dagli operatori teatrali: molti di essi si sarebbero accontentati di mantenere i loro spazi (compreso chi, come il Crogiuolo, l’ha perso), o magari di poter fruire di quelli ancora da destinare, come l’ex Manifattura. In definitiva: tutti devono fare i conti coi bilanci, ma c’è un qualcosa di “non detto” nelle scelte del Sindaco che non può risolversi così banalmente sull'”intuitu personae”, e i cui sviluppi possono essere cruciali per la sua città, per il destino lavorativo di una delle sue residue “industrie” e per la sua stessa immagine, per il suo prestigio. Dopo gli effimeri fasti del passato, a cui forse ha concorso anche il Lirico dell’era Meli, Cagliari si capisce che non sarà mai la capitale del Mediterraneo, ma sta prendendo sempre più le fattezze di un ambiente “de bidda”, di città dimessa, ripiegata su sé stessa. Non credo che la perdita di un Teatro Lirico propriamente utilizzato in base alle previsioni di legge contribuirebbe a rilanciarne il prestigio: casomai lo deprimerebbe ulteriormente. Quella che prima era l’Istituzione dei Concerti ha sopravvissuto per decenni nella perenne precarietà dovuta alle passate condizioni del Teatro Massimo, all’uso solo parziale dell’Anfiteatro, alla forzosa ospitalità presso i locali del Conservatorio. Spero, e penso, che Massimo Zedda non voglia passare alla storia come colui che darà inizio alla fine di una grande tradizione che concorre a formare il volto di questa città. Ma se non è così, allora la nomina della Crivellenti non ci azzecca proprio. Ci sono sovrintendenti che senza essere Mauro Meli né Pietrantonio potranno magari far quadrare i bilanci con un’offerta ben calibrata tra qualità e prezzi, e soprattutto non tentando nemmeno di far pagare, secondo ricette neoliberiste, la crisi ai lavoratori.
Gentile Zunkbuster,
riassumiamo:
1) Finalmente mi sono accorto che la cultura ha bisogno di avere alle spalle una società che genera ricchezza;
2) Quindi dovrei citare la SARAS (che i soldi li dà alla Scala, mica al Lirico!) ma se lo faccio Ainis mi piglia per il culo; allora cito l’ALCOA (che c’entra pochino) e la Keller, che neppure so cosa produca ma non fa nulla; tanto mica Ainis è così bastardo da farmelo notare, è un uomo di mondo, lui, perché ha fatto tre anni di militare a Cuneo;
3) Ho anche capito che effettivamente la gestione allegra del Lirico è stata condivisa da un sacco di gente che adesso tuona contro Meli; però lo dico sottovoce; di citare Floris non se ne parla, tanto ci pensa quel disgraziato di Ainis;
4) Potrei anche cominciare a capire che Meli potrebbe anche essere stato un sintomo, non la malattia, però questo è più difficile; per ora sono soddisfatto di essere arrivato a questo punto; lo dice anche quello scemo di Ainis che ciò che bisogna considerare è la «tendenza», no?
5) Che faccio, cito Kundera? Ma no, ci penserà Zurru, magari in latino e poi citare uno scrittore defunto non serve a nulla: mica Kundera conosceva la SARAS! E il mainstream?
Ma chi è Adbuster?
Cordialmente,
Se un anonimo non utilizza gli insulti, caro Biolchini, non infrange la legge. Se si fa un’analisi della nostra comunità neppure. Non è un insulto affermare e poi sostenere in giudizio che la signora Crivellenti non possiede i titoli per fare la Sovrintendente. Però quella faccenda degli “studi giuridici” utilizzati come titolo di studio scoraggia anche il suo più energico e saldo sostenitore. Cordiali saluti e buona discussione. Bene, molto bene che si sollevi anche in questo blog il problema. Un incoraggiamento sincero.
Il signor Zunkbuster ha riassunto correttamente le vicende della Scala e di Meli. Nella storia dei teatri di tutto il pianeta quando l’orchestra si mette di traverso il Direttore, indipendentemente dal calibro, salta. E oltretutto Fontana non è uno silurabile senza dolore. Chi non conosce i fatti dovrebbe esercitarsi, ma è difficile, nell’arte del silenzio e delle pause.
Un teatro è la proiezione della sua città. Insomma, il teatro rappresenta l’intera comunità. Chi non è mai andato a Bari, Venezia, Milano, Dresda, Berlino, Parigi, Stoccarda, Napoli, Palermo, Vienna, Chicago, Mosca, Pietroburgo e mille altre città sa, magari, che là c’è un teatro celebre oppure ha visto qualche spettacolo in tv o in un dvd. Città colte hanno un’attività teatrale corrispondente.
Il teatro di Cagliari ha una storia nobile nell’Ottocento (le grandi opere di repertorio arrivavano qua, in periferia, anche solo un anno dopo la prima), poi ha una flessione nel Novecento, ma regge sino alla guerra. Poi è cancellato dalle bombe e, molto dopo, ci sono voluti quarant’anni per erigere la bruttissima costruzione dell’attuale lirico. Poi solo qualche sprazzo, qualche luce, poi gli anni di amministrazione alla Sardanapalo che lascia una stecca di 25 milioni di euro (vera origine dei guai di oggi), poi, inevitabilmente, conduzioni anonime e produzioni mediocri. C’è stato anche, a onor del vero, qualche debole tentativo di risanamento economico e musicale, ma non è stato certo sufficiente.
In tutti i casi il teatro è stato lo specchio della città che appariva, come in uno spaccato, nel teatro, nella sua conduzione e nel suo pubblico. Distratti, poco alfabetizzati musicalmente, traumatizzati se in cartellone appare qualcosa che esula dal repertorio di routine (indimenticabili gli sbadigli per la 106 di Pollini – qualcuno era convinto che la 106 fosse una Peugeot – e chissà cosa sarebbe successo se Pollini avesse suonato Stockhausen). Interessati solo ai nomi e alle nomine. Della musica non importa un fico secco a “quasi” nessuno. Un inverosimile Consiglio d’Amministrazione privo di competenze musicali. E’ la nostra città.
Un teatro brutto, soffocato dal cemento, in un brutto quartiere, un teatro dependance di un albergo che lo sovrasta. Una specie di cataplasma di cemento, un conglomerato senza forma di parcheggi, piazzette, uno squallore deprimente.
A questa insopportabile bruttezza – che non è casuale e a sua volta rappresenta la “nuova” Cagliari – si sarebbe potuto opporre lo sforzo di ricercare una qualità artistica che riscattasse le pessime condizioni ambientali e sociali, idee, una stagione di concerti, una stagione d’opera austera, ma ravvivate dall’intelligenza e dal talento.
Non è accaduto perché non ne siamo capaci né per cultura, né per capacità organizzative e amministrative. La nomina di qualche giorno fa lo dimostra incontestabilmente e corrisponde a quello che c’è intorno al teatro.
Cagliari ha il teatro che si merita e, evidentemente, anche il sovrintendente che la raffigura. Se fossimo migliori avremmo un sovrintendente migliore. Se fossimo migliori non avremmo una scuola civica di musica nelle sconsolanti condizioni attuali. Si salva il Conservatorio, ma chissà per quanto.
Però tutto questo non interessa chi ha la responsabilità del teatro e della scuola civica. E neppure interessa la “gente” che discute, invece, dei soliti grovigli che hanno portato a un’irreparabile mediocrità per la quale chi vorrà sentire musica vera, interpreti veri dovrà farsi qualche viaggetto in città più civilizzate, musicalmente e non solo, della nostra.
Questo siamo.
Gentile Anonimo,
no, guardi, l’orchestra caccia via il direttore se ce n’è un altro più spalleggiato del precedente, non facciamo finta di cadere dal pero.
Sullo stato miserando della cultura musicale a CA, ha ragione. L’ho anche detto e nessuno ha battuto ciglio (ovviamente, perché è un discorso scomodo, meglio parlare di limba, di politici cattivoni e di continentali che ci vogliono colonizzare).
Adesso si chieda di chi è la responsabilità: dei cattivi politici o degli intellettuali che saltano in aria quando non ci sono i quattrini e scrivono nel proprio blog che l’importante è finire in pareggio a fine anno?
Mi citi uno di costoro che lotta perché a Cagliari il pentagramma non sia il nome di Yahwé scritto tre volte sul cancello di Villa Clara (che non c’è più, ma è per questo che lo scrivo).
Per favore, va benissimo lamentarsi, anche quando si scrivono ovvietà, però un poco, pochissimo di onestà intellettuale non guasterebbe: nel novero dei nessuno che se ne sbattono le palle ci metta anche gran parte di coloro che non dovrebbero, al di là della politica (che non ascolta, certo: ma dove sono le grida di dolore? Quelle degli Anonimi?).
Cordialmente,
PS – Che lei sia anonimo o meno non importa, interessa ciò che dice, ma gli anonimi di rado ottengono qualche risultato. Tanto più nella spinosa questione dell’alfabetizzazione musicale.
O piccioccus, a quanto pare questo tag ha messo alla luce nervi scoperti, con gente che si offende e altra che vuole sbertire. Ma ricomponetevi e datevi una calmata, che il problema è che forse ora non si discute pour parler di massimi sistemi, ma di cosa ha fatto il Sindigo e di quanto difficile sia trovare giustificazioni all’immensa cazzata che ha fatto.
Non sono d’accordo…il problema è quanto sia difficile trovare una soluzione che non crei disastri.
Alla fine dei conti qui facciamo accademia e potremo discutere all’infinito se il sindaco abbia agito bene o male (fatta salva la regolarità della scelta, ma se ci saranno i paventati ricorsi si verificherà). Resta il punto che c’è un conflitto fortissimo in atto e non mi pare di vedere soluzioni che non siano una prova di forza dagli esiti imperscrutabili e potenzialmente molto pericolosi. Molto pericolosi per il Lirico e per i suoi lavoratori. Alla fine della fiera, la valutazione del sindaco si farà su quello che avrà fatto negli anni del mandato e questa vicenda sarà una fra tante, magari quella col segno meno, ma non è detto che la somma non sia positiva. Invece è in questi giorni che si decide la sorte futura del Lirico. forse una riflessione su questo punto sarebbe più interessante.
Gentile Sovjet,
il guaio non è che il gentile Peppino si interessi della “cazzata” di Zedda, ma che i lavoratori del Lirico siano tafazzianamente intenti a darsele sulle palle. Come se davvero un’altra agitazione sindacale (per di più nel settore culturale, difficilissimo da capire in tempi come i nostri) potesse interessare qualcuno! Che i vari Al, Capone, Newton e Galilei si divertano sulla pelle altrui, posso capirlo; capisco meno il masochismo dei lavoratori del Lirico. Va bene che va di moda il bondage…
Cordialmente,
Caro Ainis,
io ne do una spiegazione più psicologica che politica all’azione dei sindacati (cosa che non modificherà per nulla gli effetti infausti di questa vicenda): lavoratori e sindacati del Lirico sono ormai abituati a lottare col coltello fra i denti e quindi hanno difficoltà a modulare i comportamenti. Come il reduce della guerra che in lite col vicino pensa bene di sparargli come prima opzione…
Gentile Sovjet,
lo capisco. Ma se il vicino ha un carro armato e il reduce una pistola ad acqua? Il punto vero, di cui pochi vedono l’importanza, è che prima si faceva casino per spartire la torta, mentre adesso c’è da spartire un croissant. Per cui, scegliere una parte politica scommettendo sull’esito di un litigio è una fesseria. Mancanza di lucidità, dice lei? Per me è altro: abitudine ad un contesto che non c’è più (la torta); trovo molto pertinente la metafora del tacchino, ecco. A parte il fatto che coloro che sbandierano le epiche lotte, dovrebbero prima capire bene cosa siano le RSU del Lirico e cosa abbiano fatto in passato (ottenere una fettina meno snella).
Cordialmente,
Sovjet, ma la conosci la storia recente e anche non recente del Lirico? I lavoratori, nonostante i decennali tentativi di indebolirne la funzione e i diritti da parte di tanti soggetti che volevano gestire il teatro come “cosa loro”, non hanno mai perso una battaglia. I sindaci di turno, in particolare Floris, non hanno certo mai perso il posto o indebolito la loro posizione nella difesa di sovrintendenti indifendibili. Ti ricorda nulla la vicenda Pietrantonio? Chi perde sono sempre i sovrintendenti, che passano facilmente dalla posizione di sospetti beneficati dalla politica politicante a quella di capri espiatori. Vedasi Meli, alla Scala: è stato imposto dal vero padrone del teatro, tale Riccardo Muti, alla fine Muti e Meli hanno perso insieme il posto. Non l’ha perso certo l’allora sindaco Albertini, il quale, pur essendosi da perfetto uomo di destra liberista esposto contro i sindacati della Scala al punto da rimediare querele per diffamazione, ha dovuto prendere atto della situazione. Massimo Zedda di sicuro non perderà il posto per questa vicenda, quello di sindaco intendo, e ci mancherebbe altro: è eletto dai cittadini, se c’è un rapporto fiduciario che vale è quello col Consiglio comunale, non certo col CdA della Fondazione del Lirico e neppure coi sindacalisti. Ma il sindaco deve stare attento alle implicazioni di un’eventuale atteggiamento del tipo “mi spezzo ma non mi piego”, dato che nessun sindaco, al cospetto di conflitti riguardanti l’andazzo delle Fondazioni Liriche di cui sono presidenti ex lege, ha mai ritenuto di porre in discussione la propria posizione, la propria autorevolezza e la propria credibilità in beghe di questo genere. La Crivellenti rinunci e rimanga ad occuparsi di teatro, se proprio le si vuole dare un ruolo la Puggioni la assuma come consulente. Mi sembra l’unica soluzione realistica, di immediato (preferibilmente), breve o medio termine che sia.
Gentile Zunkbuster,
non scelga esempi privi di senso per il contesto del Lirico.
1) secondo lei i lavoratori avrebbero “vinto” contribuendo a creare (come hanno fatto) il buco enorme che ha reso il Lirico un carrozzone nefando agli occhi dei cittadini?
2) non confronti il Lirico di CA con la Scala; prima, almeno, dia un’occhiata ai bilanci e veda un po’ come vive l’uno e come l’altra.
Cordialmente,
1) i lavoratori hanno il solo dovere di fare al meglio il proprio lavoro, le politiche di bilancio non competono loro. Il suo discorso è molto simile a quelle insopportabili menate liberiste di destra – o, nella versione 2012, magari “renziane” – che tendono a far pagare sempre e comunque la crisi ai lavoratori, indipendentemente da chi l’ha creata. Il signor Meli ha praticato la politica dello spendere e spandere, ed è stato in questo lautamente sostentato dai soci politici del Lirico, in particolare Comune, Regione e MIBAC. Ricordo in particolare un ex governatore sempre molto protettivo nei confronti di Meli, che, finché non ci ha litigato su Tuvixeddu, era abbondantemente in amorosi sensi con Cualbu, anche quanto alla progettazione di sinergie tra il nascente T-Hotel, in zona strategica, il Teatro e l’incompiuta Parcheggio … ops Parco della Musica;
2) che diamine c’entrano i bilanci? Ciò che conta è che alla Scala la “rivolta degli orchestrali” ha fatto saltare perfino un intoccabile come Riccardo Muti. Fu lui, non Albertini, a volere il siluramento di Carlo Fontana, oggi chiamato da Pizzarotti al Regio di Parma, e a volere, volere, fortissimamente volere Meli. Mi sa che sulla reale forza dei lavoratori dei Teatri Lirici e delle relative RSU ci si stanno facendo molti film, ma si sa, il problema è che Zedda non pensa alla Saras 😀
Gentile Zunkbuster,
per la SARAS ha solo da aspettare e neppure tanto, poi ne riparliamo (anche se nei blog la memoria storica è un optional). Quanto a Zedda, adesso la faccio svenire: alla SARAS ci sta pensando! (Ajò che non se l’aspettava; a parte gli scherzi, l’amico è tutt’altro che scemo, mi creda, come si accorgeranno le sardine, sottolio, che pretendono di sedersi a tavola con gli squali).
Che i lavoratori della Scala abbiano fatto fuori Muti è una menata (sinceramente da lei non me l’aspettavo: Muti è stato fatto fuori da chi alla Scala comanda davvero e non sono né le maschere né i professori d’orchestra). E in ogni caso non risponde a ciò che le dico: Lirico e Scala sono due ambiti inconfrontabili (se occhieggia il bilancio, vede che i soldini non sono tutti pubblici, ad esempio. le dice nulla?). Potrebbe chiedere a Floris, ad esempio, che è addentro alle segrete cose.
Io di destra? Come no, aggiunga anche fascista e soprattutto razzista. Guardi che, assi semplicemente, crtico chi crede di essere un’orca assassina ed è una sardina, altro che Massimi sistemi…
Cordialmente,
O Ainis… ma puru dei bilanci della Scala ‘ndi scisi? Ma non c’è proprio un argomento chi no di scisi nudda? Tocca… fa’ ‘na cosa: …….
Zunk tu la conosci la storia del tacchino prima del Giorno del Ringraziamento che Taleb racconta ne “Il cigno nero”?
“Pensate a un tacchino a cui viene dato da mangiare tutti i giorni. A ogni pasto si consolida la sua convinzione che una regola generale della vita sia quella di essere sfamati quotidianamente da membri amichevoli della razza umana che «pensano solo al suo interesse», come direbbe un politico. Poi però, il pomeriggio del mercoledì che precede il giorno del Ringraziamento, al tacchino succede una cosa imprevista, che lo spinge a rivedere le sue idee.”
Il tacchino chi se lo mangia? Questo interessa sapere. Da questo punto di vista il sindaco ci risultava vegetariano …
Gentile Zunkbuster,
chieda al tacchino se è importante saperlo oppure non essere mangiato.
E non faccia finta di non aver capito la metafora proposta da Sovjet, prego.
Cordialmente,
Quindi adesso tenetevi la Crivellenti per punizione. Mi sembra il senso del discorso di Peppino.
PERFETTO ! …. In estrema sintesi .
Ottimo, estremamente realistico nel contesto de Lirico.
Maròòò …. Vito, ho pubblicato nella posizione sbagliata … L’ultimo mio post.
Voleva essere dopo il post di Sovjet …. La citazione sul tacchino.
Grazie se lo sposti
Quando si arriva all’agitazione sindacale, il disastro è già bello e creato. Prima hai ipotizzato due soluzioni in contrasto; l’una esclude l’altra. Ti chiedi se sia possibile evitare prove di forza, da entrambi i lati ? Come si fa ? Il Sindaco è stato il primo a usare la forza, se gli altri reagiscono lo fanno per legittima difesa.
Quello che mi domando io è: “perché ha voluto/dovuto usare la forza?” (abbiamo un maestro Jedi come Sindaco?) (…).
Visto che i lavoratori del Lirico sono il cuore pulsante della struttura, ma anche la parte più fragile, non si poteva fare un sondaggio interno, una volta presentati i curricula, per valutare il gradimento interno verso i diversi candidati ? E poi tenerne conto, visto che il rapporto Sovrintendente-lavoratori è vitale per la produttività e la qualità del lavoro ?
Gentile Ale Sestu,
perché, come faceva notare un Lavoratore del Lirico, si tratta prima di tutto di politica, quindi di gestione dei rapporti di forza tra le parti in gioco. Zedda si è trovato nella condizione di dover operare una scelta di comportamento da una posizione di debolezza (CdA e sindacati di parte politica avversa). Per cui, debole per debole, ha rilanciato. Non le dice nulla la reazione delle RSU?
Cordialmente,
Alex, a volte mi fai tenerezza…io non conosco i retroscena, ma dubito fortemente che l’alternativa fosse tra il candidato del sindaco e il candidato dei lavoratori!
Lo so… sono un tenerone…
A me invece fa paura la tua tenerezza, perché sottintende un marciume diffuso, che si da per scontato, ma che dovrebbe essere combattuto fino alla morte, invece che accettato passivamente.
Non è marciume, è la realtà delle cose. E non si combatte per morire – che il mito della bella morte non è tradizione mia e della mia parte – ma per modificare lo stato delle cose, non col velleitarismo, ma valutando l’entità e la dinamica delle forze in campo. La saggezza popolare ci insegna che la via per l’inferno è lastricata di buone intenzioni. Qualche volta ci azzecca.
Gentile Ale Sestu,
guardi che non è una questione di tenerezza, c’è qualcosa di diverso. In due parole:
1) il Lirico vive con i soldi pubblici? Sì
2) dev’essere gestito dalla politica? Sì
3) come si fa a far sì che una gestione politica (cioè pubblica) sia efficace?
Sì, fa bene ad indignarsi, ma poi è necessario capire in che situazione si sono trovati gli attori di questa vicenda. E, a parte tutto, se l’azione delle RSU sia davvero utile (a chi, poi?).
Inoltre: lei è davvero sicuro che i “lavoratori” (che poi bisognerebbe definire, attenzione) siano davvero in grado di scegliersi il Sopr.? E con quali meccanismi?
Ad esempio: costituiamo una commissione di “saggi”? Io sarei dell’idea, ma poi, se guardo ai concorsi universitari (che funzionano così) vedo casini ancora peggiori.
Senza andare fuori tema: lo sa che negli USA per avere una cattedra non si fanno concorsi? Si viene cooptati!
Cordialmente,
Gentile Ainis,
alle prime due domande ha risposto lei; alla terza devo rispondere io ? Mi lascia sempre le domande più difficili…
Secondo me una gestione politica efficiente deve avere come presupposto, appunto, il coinvolgimento pubblico. In questo caso particolare i lavoratori (tutti) del Lirico. Nel pubblico l’efficacia non può essere ricercata a scapito della democraticità. Ogni volta che sui piatti della bilancia, si aggiungono pesetti con scritto “equilibrio politico”, “favore da restituire”, “tizio da piazzare”, “compromesso tra partiti della coalizione”, “un posto a me e uno a te” ecc… la politica non è più considerabile come “pubblica”, ma diventa “privata”; partitica appunto. Chi ci guadagna ? Il partito. Non il pubblico.
Poi io sono sicuro che i lavoratori siano in grado di scegliersi il Sovrintendente (e la sua domanda mi stupisce parecchio), e anche se non fossero in grado hanno comunque diritto di parola (come hanno diritto di parola i cittadini che vanno ad eleggere un Sindaco). Qui si parla di ente pubblico, quindi il rispetto per la democrazia è imprescindibile.
Sul metodo, che ci vuole ? Basta una votazione, o al massimo due, senza “saggi”.
Poi comunque non sono i lavoratori che scelgono il Soprintendente; è il CDA che lo sceglie. Però c’è modo e modo. Per me il modo migliore è scegliere avendo come parametro il merito, la competenza, e prendendo come punto di partenza il suggerimento dato dai lavoratori.
Cordialmente,
Se riuscite a spiegarmi perché questo metodo è sbagliato (senza dirmi cose tipo “è più complicato di così”, oppure che “faccio tenerezza”), accetto e valuto se cambiare opinione o meno.
Gentile Ale Sestu,
come disse il santone di Quelo: “La risposta è dentro di te… ma e sbagliata!”
Se per lei il modo è quello di scegliere per “competenza” e “dietro suggerimento dei lavoratori” bisognerebbe capire come definire la “competenza” e poi stabilire norme per tener conto dei giudizi dei lavoratori (ad esempio una maschera del Lirico, che di certo potrebbe dare pareri informati, ha lo stesso peso di un professore che suona l’oboe?)
Le dico un’ultima cosetta, poi la smetto: passare dall’ovvio alla pratica (“mettiamoci il più bravo”) è tutt’altro che semplice. Ma non l’annoio oltre.
Cordialmente,
Guarda Ale, che in fin dei conti non ci vorrebbe neppure molto…basta mettere in Statuto che il sovrintendente, direttore artistico e direttore musicale devono avere il placet della RSU del Teatro (perché è eletta da tutti i lavoratori) oppure che i lavoratori eleggono un componente del CdA. Si chiama “cogestione”…ma a quel punto ci sarebbe anche una responsabilità diretta dei lavoratori.
Però sono rappresentati nel CdA i soggetti che finanziano l’Ente Lirico e anche a ripianare gli eventuali debiti, al netto dei contributi pubblici e che possono variare (è il fenomeno della trasformazione della torta in croissant). Quindi si dovrebbe trovare una formula di co-partecipazione.
Sono cresciuto in tempi in cui si iniziava a leggere “L’Uomo Ragno”: da grandi poteri, grandi responsabilità…
Gentile Sovjet,
dimentica un piccolo particolare. Cogestire significa anche assumersi una parte dei rischi. Traduco: decido al 50%? Ci metto il 50% dei quattrini per ripianare se le cose non vanno bene. Non è che sia un dettaglio trascurabile, no? Ma detto questo: non si tratta allora di gestione privata? Per la serie: cerchiamo di definire bene i confini del problema, perchè il linea di principio Ale Sestu non dice mica scemenze, ma è la traduzione pratica che ha qualche risvolto poco simpatico. Allo stato attuale, tutti vogliono decidere su ciò che debba essere fatto con i soldi pubblici, dimenticando il piccolo particolare che non ce li mettono né il CdA né i lavoratori…
Cordialmente,
ma che siamo matti? far scegliere un AD (xche questo è un sovrintendente) ai lavoratori? Eccesso di democrazia che è demagogia. came on!
Ci sono sempre commenti che puntualizzano il concetto “la cultura porta ricchezza” (intendendo “ricchezza economica”).
Io resto sempre un poco dubbioso: anche se non ho fatto studi in campo economico, penso di poter applicare la logica matematica del “2+2=4” anche nel seguente ragionamento.
Se poi sbaglio, accetto di buon grado la correzione ed il voto negativo.
Prima di tutto poniamo come punto fermo il concetto di ricchezza economica:
se ieri avevo in tasca 10 € e oggi ne ho 15, mi sono arricchito (qualcuno mi ha dato 5 €).
Ora applichiamo lo stesso ragionamento, espandendolo al settore cultura in Italia.
L’Italia ieri aveva X € derivati dal settore cultura. Per arricchirsi, oggi ne deve avere X+Y.
Da dove arriva l’Y ? Per forza da fuori Italia. Perché se arriva da dentro, i soldi X erano e X rimangono. Quindi la cultura può essere fonte di ricchezza per l’Italia, soltanto se sposta capitali dal Mondo verso l’Italia.
Stesso discorso se parliamo di Sardegna: se la cultura è fonte di ricchezza, significa che i soldi arrivano da fuori Sardegna, e qui rimangono e circolano. Se i soldi partono dalla Sardegna e stanno in Sardegna, non c’è nessun agente foriero di ricchezza; c’è solo ricircolo interno.
Quindi il concetto è relativo. Relativo al punto di osservazione. State parlando di Sardegna ? Di Italia ? Di Cagliari ? A voi sta bene che Cagliari si arricchisca a scapito del resto della Sardegna, o dell’hinterland ?
Parlare di cultura che porta ricchezza, così, in modo vago, è sbagliato. Lo si può accettare se il concetto di ricchezza viene esteso o elevato all’ambito dello spirito.
Però, in tempi di povertà economica, è del vil denaro che serve ragionare.
E il modo più rapido e facile per spostare vil denaro, è produrre cose, e venderle ad altri… se te le comprano…
Scusi la domanda ingenua: se un sistema è “chiuso” (cioè non scambia con l’esterno, economicamente parlando), può produrre nuova “ricchezza”? Secondo il suo ragionamento, no: la “ricchezza” deve arrivare da fuori.
Non le pare una frescaccia, tenendo conto che l’umanità è, nel suo insieme, un sistema chiuso?
Va bene che siamo sbarcati su Marte…
Gentile Campus,
piccoli economisti crescono
Cordialmente,
Non mi pare una frescaccia. Pensavo di mettere anche quell’argomentazione ma poi ho pensato di non allungare troppo il discorso.
Ora la esplicito.
Se la ricchezza dipende dall’aumento “Y” di capitale, parlare di ricchezza a livello mondiale, è insensato. Perché a livello mondiale i soldi quelli sono (X= 80 trilioni di euro), e aumentano solo se gli stati decidono arbitrariamente che dal domani, il pil sarà più alto.
Infatti non si parla mai di pil mondiale, perché non ha oscillazioni.
Si parla di pil italiano: il pil sale e scende in rapporto all’andamento delle attività produttive (soprattutto); quindi se il pil italiano scende, è perché qualche altro pil sta salendo.
Alex è un pochino più complicato, perché il denaro in giro, tra economia reale, economia finanziaria ufficiale ed economia finanziaria ombra è molto di più…
Vengono scambiati titoli (compresi quelli spazzatura) per una cifra dieci volte superiore a quella reale (circa 750 trilioni di euro), lo so. Però qui il ragionamento è focalizzato su un aspetto particolare, per cui inserirci la variabile della speculazione finanziaria, non serve.
E’ comunque un tema interessante, nel senso che è interessante valutare come partiti “di sinistra” approccino il problema, e quali soluzioni propongono.
Gentile Sovjet,
in realtà – ed in soldoni – Ale Sestu ha ragione (ma soprattutto Tiziano T). Il problema è che dobbiamo decidere su quale scala valutare il beneficio della cultura (che c’è). In parole povere, il Lirico, se funziona, contribuisce ad un maggior benessere dei cittadini che ci vanno. Ma i soldi arrivano largamente dall’esterno (non da Cagliari). Così come l’alluminio prodotto a minor costo in Islanda favorisce il benessere dei cittadini Islandesi (che producono) a scapito degli operai dell’ALCOA che restano senza stipendio. Un beneficio c’è in entrambi i casi. A questo punto, chi lo spiega agli operai dell’ALCOA e ai cittadini italiani che vivono nelle regioni che ricevono dallo stato meno di quanto versano (mentre la Sardegna ne ha di più)?
Quindi, stabilito un ambito geografico ragionevole, ciascuno spende ciò che produce per stare meglio. Facendo un esempio stupido, una tribù che vive coltivando grano, ha i soldi per pagare un poeta (e vivere meglio ascoltando le poesie) se ha la capacità di generare un surplus di grano tale da far sì che il poeta possa comporre poesie senza andare a lavorare nei campi.
In questo senso, la tribù sta meglio perchè mangia “e” ascolta poesie. Il problema si pone quando il surplus non c’è, e allora chi va a coltivare i campi si domanda se abbia senso dare del grano ad uno che non partecipa alla produzione. Il problema è ancora più serio se c’è un’altra tribù che ha il surplus e lo deve dare a quella che non ce l’ha.
(Aggiungo, per evitare polemiche, che sono convintissimo del fatto che una tribù dotata di poeta produce più grano, ma mi domando se non avendo grano da mangiare potrebbero ragionevolmente decidere di pagare il poeta e fare la fame, rischiando un investimento, mentre si muore di fame e il poeta mangia senza andare nei campi)
Detto in soldoni, insomma…
Cordialmente,
Ale.Sestu, scusi se glielo dico. Avrà anche fatto studi di economia però dimostra di essere indietro almeno di un secolo. Se un sistema chiuso genera entropia e quindi scambi quegli scambi anche se non monetizzati sono ricchezza. In particolare sono ricchezza se si riflettono sulla vitalità e sul benessere delle persone. Faccio un esempio: un sistema di volontariato particolarmente efficiente e partecipato influisce moltissimo nelle attività di scambio e la qualità di vita di un popolo, anche in assenza totale di moneta. Stesso dicasi per la cultura o per qualsiasi altra attività, anche immateriale, che il sistema volge e che si caratterizza per lo scambio di un servizio ma, secondo me, anche di mera informazione.
Gentile Tiziano T,
ha ragione (salvo un piccolo particolare, ma per carità non sottilizziamo)! Adesso potrebbe provare a spiegarlo a coloro che pensano come i soldi dati al Lirico generino ritorni economici doppi? Inoltre, provi a trarre le conseguenze di ciò che dice sul piano pratico, ad esempio per il Lirico, così, magari, coloro che cercano i link, non li capiscono e continuano a sparare colossali sciocchezze (in latino però, intendiamoci e dopo svariati anni a Cuneo) potrebbero, per una volta, far finta di capire.
Voto 7+
Cordialmente,
Tiziano T, scusi se glielo dico. Non ha letto bene il mio ragionamento. Prima di tutto ho scritto che non ho fatto studi economici (studio medicina), poi ho detto che si parla di scambi monetizzati. Se lei elimina il perno del ragionamento, e lo sostituisce con altro, crolla la discussione.
Poi, per seguire il suo ragionamento: “entropia” (ἐν “dentro”, e τροπή “trasformazione”). Se il sistema è chiuso e ci sono scambi interni, si può parlare di ricchezza soltanto in riferimento a soggetti interni.
Esempio: Marina Cafè Noir produce ricchezza.
Domanda: Per chi ?
Eventuali risposte:
1. per il barista di piazza Savoia ? Sono d’accordo.
2. per tutti ? Non sono d’accordo: se io vado a MNC, mi impoverisco economicamente, in cambio di ricchezza spirituale (e sono ben felice dello scambio, che ritengo vantaggioso, per me). Però c’è chi non può permettersi di impoverirsi economicamente, in cambio di cultura, anche se la spesa riguarda il solo spostamento. In questo secondo caso, quale ricchezza è stata prodotta ? Nessuna.
Il succo è che la nomina è illegittima. Deciderà il TAR dove non giudicano in base ai blog. Saluti cordiali.
Appena appreso di essere un troll. Ricevuta la scomunica secondo le tanto declamate regole della web democracy, si invita a non considerare le opinioni di Al troll. Azz…. Complimenti! Certo che e’ difficile scordarsi delle buone pratiche alla Kamenev e Zinovev ( taccio sui più famosi.. ).. Nel cul de Sac si può anche non scivolare, ma se si entra a volte sparisce il Sac e rimane altro
Dev’esserci un equivoco. Il termine “troll” l’ho usato io riferendomi a Occasionale, che evidentemente vuole farsi passare per un supporter del sindaco.
Scusami, spero che Vito non mi censuri, ma te lo posso dire che non capisci un cazzo!
Frase: Al, (virgola) è un troll..”. Mi sto rivolgendo a te indicandoti il troll, non tu, lui, “Occasionale”! Come infatti lo,individua Zunkbuster.
Ma perché sei così prevenuto? Ma castia ta bella scena!
Ignoscas precor 🙂
Apologia accipitur (tradotto con google, non vorrei essere scambiato per un intellettualoide di provincia mentre sono un semplice dipendente regionale 🙂 )
Al, sarò tarda di comprendonio, ma io avevo capito che si riferissero a Occasionale…
Boh, Al, sai che a me pare che si riferissero ad Occasionale?
C’è chi conosce poco CHIAGLIARI, e pensa ingenuamente che mostrarsi “cumbintu” più che convincente, adoperare metodi autoritari, adottare in solitudine decisioni importanti e controverse senza un supporto di competenza e partecipazione dietro le spalle sia un metodo di governo che desta ammirazione e condivisione. Invece, i cagliaritani sono cattivi, “ti poninti gocciusu”, ti rendono oggetto di barzellette. Magari non ti combattono apertamente, ma ti lasciano scivolare via nella totale indifferenza. E’ già capitato a SORU, e per giunta ad opera non solo della città di Cagliari, che pure gli aveva dato ampio riscontro nel 2004, ma dell’intera Sardegna, piena di gente che si prende “troppo sul serio”, ma evidentemente meno di questi prototipi politici. Chi è ancora in tempo per riflettere, rifletta …
Zunk, mi sa che Massimo Zedda conosca Cagliari un po’ meglio di Soru e la conosca bene almeno quanto te e molto meglio di me, che resto un sanlurese trapiantato.
Stato di agitazione al Teatro Lirico. Lo ha deciso ieri l’assemblea dei lavoratori.
http://www.youtube.com/watch?v=k826u3Z6ydk&feature=player_embedded#!
uhhhhh come sono agitati! …..quando il Lirico verrà chiuso (perchè verrà chiuso e ridotto a teatro comunale come l’ente sassarese..senza masse artistiche interne) capiranno che la loro lotta non serve a nulla. La Crivellenti non c’entra niente. Nessun altro sovrintendetne avrebbe potuto evitare un processo irreversibile e che coinvolge tutta la nazione. Tutti gli economisti (destra, sinistra, sopra, sotto) sono d’accordo: le masse artistiche vanno esternalizzate. E così sarà.
Quali economisti, quelli che negli ultimi anni non ne hanno azzeccata una neanche in croce? Piantiamola di spacciare il liberismo ideologico come una ricetta universalmente valida, è un modello fallito!!! L’eccellenza oggi, in Europa, è di chi è andato controcorrente: delle industrie tedesche che hanno optato insieme ai sindacati per la linea dei contratti di solidarietà mantenendo una produttività elevata e di qualità e non riducendo i posti di lavoro di una sola unità. Lei si sta facendo dei film: esca dal cinema e guardi la realtà, insieme a tutti gli altri neoliberisti “de noantri”. Spero piuttosto che Massimo Zedda dica chiaramente che NON la pensa così, altrimenti saremmo dinnanzi all’ennesima “mutazione genetica” a sinistra (sulla previsione di questo germe letale, non tanto quanto al fatto che dovessimo continuare a chiamarci PCI, quanto rispetto all’abbandono di una visione della società e dell’economia che le vicende recenti hanno dimostrato essere tutt’altro che sorpassata, purtroppo aveva ragione Armando Cossutta, anche se non è mai stato tra i miei politici preferiti).
Per adesso le ricette neoliberiste le vota in Parlamento il PD.
Non puoi pensare, Zunk, che il sindaco abbia da smentire ogni cosa cosa che tu credi possa essere verosimile. Non credi?
non ci sono soldi neanche per loro, la cultura è una cosa, i debiti sono un’altra cosa, e i debiti vanno pagati.
Le chiacchiere stanno a zero. Massimo Zedda è stato votato dal sessanta per cento dei cagliaritani. I cagliaritani (è la storia a dirlo) sono tradizionalmente di destra e filofascisti in maggioranza. Zedda piace con il suo decisionismo maschio e potente e anche il suo atteggiamento verso il Lirico piace, così come è piaciuto il suo tirare fuori gli attributi contro Cellino. Contro i lavoratori, contro i sindacati, contro le estenuanti richieste di “democrazia” da parte dei suoi alleati. Questo hanno chiesto i cagliaritani quando lo hanno votato. Ha quindi ragione Sovjet quando argomenta “lasciatelo lavorare”. Ne ha la giustificazione politica. Personalmente poi ho molto apprezzato il suo concedere il parco delle rimembranze alla manifestazione per i caduti della RSI. Massimo Zedda è il sindaco di tutti i cagliaritani e sono lieto che non se lo dimentichi. I cagliaritani non sono in maggioranza di sinistra. Zedda lo sa.
Ma perché citarmi sempre a sproposito? Cos’è, un virus?
Beh, ad un lettore attento di questo blog non deve essere sfuggita la tua ripetuta esortazione a lasciare lavorare il sindaco. Ricordo anche una tua citazione “è il tempo della semina, il raccolto verrà dopo”. Forse occasionale si riferisce all'”ampio gesto del seminatore” che Massimo adotta. 🙂
Certo, lo dicevo consigliando di leggere per intero il resoconto del lavoro fatto in quest’anno e rilevarne la linea di tendenza. Cosa che, a dire il vero, non mi pare tu abbia fatto. Non so quanto tu ti intenda di lavori agricoli, ma il significato della frase non era: “non disturbare il conduttore”, ma valutare il lavoro per la fase in cui è: se stai seminando devi valutare il lavoro del seminare, non lamentarti perché il raccolto ancora non c’è. Non mi pare un concetto troppo complesso.
Resta un punto, che poi diciamo che è il tuo marchio di fabbrica già dalla scelta del nick, il tentativo si semplificare i ragionamenti fino alla banalizzazione.
Non so se te ne sei accorto, Simplicius, ma il mondo è un luogo complicato.
Che ci vuoi fare compagno Sovjet? Reciti eccellentemente la parte del “poliziotto buono”, purtroppo i “poliziotti cattivi” e lo stesso “capo della polizia” stanno smarronando parecchio, e alla lunga una cattiva fama affligge l’intera “polizia”. Al punto da esporvi, Massimo Zedda e tu, alle menate di un troll che, dando l’aria di ridere e scherzare, vi da dei fascisti.
Ma no, non credo che la metafora adatta sia quella del poliziotto buono e poliziotto cattivo. Ruoli che tu sai benissimo si recitano durante un interrogatorio per superare le resistenze dell’interrogato. Io cerco solo di capire e di essere onesto.
Quand’ero giovane sono capitato in mezzo a qualche rissa e ho scoperto che anche in quelle situazioni riuscivo a non perdere la testa. Cerco di usare questa mia caratteristica anche nelle discussioni. Naturalmente, come nelle risse, tra darle e prenderle preferisco darle.
Capo della polizia e poliziotti cattivi smarronano? Qui mi sa che stanno smarronando tutti perché si sta perdendo di vista l’elemento essenziale: quale sarà il punto di caduta di tutto questo casino?
Ipotizziamo qualche scenario: tutti si irrigidiscono, i sindacati scendono in sciopero, Massimo non fa nessun passo indietro, la sovrintendente forma lo staff e predispone il piano industriale e gli dà attuazione. Cosa succede? Si fa saltare tutto (con un prestito vincolato ad un piano industriale serio) e si chiude il Lirico? Oppure, alla fine la spunta Massimo, con un devastante impatto sulle organizzazioni sindacali che non conteranno più nulla?
Altro senario: vincono i sindacati, passo indietro del sovrintendente che si dimette, chi si sceglie? Certo, ci sono diversi candidati che hanno un curriculum coerente, però non c’è l’assunzione di responsabilità del sindaco (che su questa invece si è speso e pure troppo), che ha perso la battaglia del Lirico. Siamo sicuri che questa sia un’opzione desiderabile? A questo punto le sorti del Lirico non sarebbero più attribuibili al sindaco, che non ha scelto e sbagliato; ma ha scelto, è stato combattuto e sconfitto…credo di non aver bisogno di descriverti l’evoluzione di questo scenario.
Quindi siamo in un cul de sac di cui gran parte dei commentatori di questo blog, impegnatissimi nel definire chi ha torto e chi ha ragione, è assolutamente inconsapevole. Compresi i lavoratori del Lirico, che saranno coloro che poi ne subiranno le conseguenze. Non io, né te, né Ainis e neppure Biolchini o Massimo Zedda.
Riguardo all’esposizione mia e di Massimo, credo che la realtà sia un po’ più ampia rispetto al blog di Vito, che è solo un pezzettino della realtà cagliaritana.
Poi, un cazzone può anche darmi del fascista su un blog, cosa ci posso fare? D’altra parte non è che sia peggio di un Semplicius che cerca di marcarmi a uomo (ma, sarò presuntuoso, non è all’altezza) o un Thomas Newton, che scrive e non se lo caga nessuno, scrive in latino e non se lo caga nessuno, allora posta la traduzione e continua a non cagarselo nessuno (dimenticando che anche google traduce il latino…). Finché non attacca Ainis con lo sfogo di Fantozzi per la Corazzata Potëmkin e finalmente qualche ragionier Filini gli dà ascolto. Dimenticando che Fantozzi è Fantozzi, Ėjzenštejn è Ėjzenštejn….
Che fare? L’ho già scritto, disinnescare il prima possibile questa situazione, sempre che non si sia già giunti ad un punto di non ritorno
Caro Sovjet, ognuno deve assumersi le proprie responsabilità, punto. Il sindaco non ha voluto condividere le sue scelte con un cazzo di nessuno, adesso non si attenda salvagenti di sorta magari sulla base della “mozione del cuore”. Se la deve sbrogliare lui. Da solo. Sa cosa lo attende.
La fai troppo semplice Zunk e lui non è quello che ha più da perdere… Sul fatto che ognuno debba assumersi le sue responsabilità ti do ragione. Che ognuno lo faccia davvero è però un’altra storia.
A volte può essere anche un bene che ci sia gente prudente, e paziente, rispetto alle assunzioni di responsabilità. Che sono, prima di tutto, verso l’elettorato di centrosinistra e verso la città. Se il metodo di governo del sindaco resta “fuori linea” rispetto alle tradizioni del centrosinistra, il primo rischio è quello della disaffezione dell’elettorato, indipendentemente da cosa combinino in Consiglio comunale il PD o altri. Sbaglia di grosso chi pensa di poter contrapporre la città ai lavoratori del Lirico. La città è attaccata al suo Teatro, e anche nei momenti più aspri, anche sotto i colpi della gragnuola di scioperi che determinò le dimissioni di Pietrantonio (un sovrintendente che aveva le spalle ben più coperte della Crivellenti), ha sempre mostrato comprensione e, sia pure nella maniera felpata tipica dei cagliaritani, solidarietà. Stiamo parlando di una delle ultime industrie della città, un’industria che se ben condotta è capace di produrre anche utili. Stiamo parlando di un gruppo di lavoratori che conserva un’ammirevole “coscienza di classe” e che da tempo, benché sempre sotto attacco, nessuno riesce a piegare. Insomma, se Zedda ha scelto come terreno di scontro il Lirico, dovrebbe capire che lo attendono tempi molto duri e contrastati. E difficilmente in questa battaglia sbagliata e fondamentalmente di destra troverebbe solidarietà in molte componenti del Consiglio comunale e in quello che era, e dovrebbe ancora essere, il suo elettorato. Meglio chiudere l’infelice pagina Crivellenti e andare avanti, ci sono una marea di soggetti più qualificati e più neutri politicamente (poco importa anche se non sono riconducibili al centrosinistra, purché non smaccatamente schierati dall’altra parte).
Non sono così sicuro della tua lettura della realtà cagliaritana, perché la vedi come immutabile nei secoli. Come quel professore noto in città che richiamandosi all’indole “fenicia” dei cagliaritani dava per impossibile la vittoria di Massimo. In verità i tempi cambiano e la crisi erode convinzioni che parevano indistruttibili. Ci sono ricerche che dimostrano come i giovani di 20anni rispetto al futuro abbiano paura…ma tu ti ricordi di quando avevi 20anni? Ma quando mai abbiamo avuto paura del futuro noi?
Quando mai un potentissimo ministro dell’economia avrebbe potuto dire “la Divina Commedia non si può mangiare” senza essere sbeffeggiato da tutti, quando avevamo 20anni? The times they are a changin’…e non in meglio!
Quindi io non sarei così sicuro di una marcia indietro repentina del sindaco, anche perché non è charissimo (e questa è una nota dolente, lo ammetto) il motivo che l’abbia portato ad operare una scelta che avrebbe prodotto di sicuro qualche attrito, sposandola in modo così determinato, piuttosto anomalo per il suo modus operandi, in genere piuttosto prudente. Massimo non è un sindaco garibaldino, più volte è stato accusato di moderatismo. Non è un decisionista, né uno che ama “mostrare i muscoli”. Se l’ha fatto avrà di certo avuto le sue ragioni, perché – e me ne darai atto – non è uno stupido. Poi, avendo avuto anche tu esperienze politiche sai bene che ci sono tempi e modi per dirle le cose.
A me pare che, se guerra si voleva dichiarare, si doveva aspettare almeno di conoscere i piano di battaglia (il piano industriale) e l’esercito (direttore artistico, direttore musicale e staff) dell’avversario. Ma forse io sono troppo influenzato dalla lettura di Sun Tzu (l’unica cosa che ho in comune con D’alema… 🙂 )
La replica è a Sovjet causa esaurimento limite albero commenti. Comunque, la cazzata sparata da Tremonti, ad uso e consumo dell’elettorato pidiellino sensibile ai richiami del populismo e della demagogia – elettorato con cui noi di sinistra dobbiamo “parlare”, ma con la pazienza di cercare di “spiegare”, mai assecondandone la “pancia” ma cercando di stuzzicare il “cervello”, che non in tutti è assente – è pressoché contemporanea alla “cacciata” di Pietrantonio dopo la gragnuola di scioperi che gli furono indetti contro. Qualcuno può riferire di rivolte dei “melomani” in città contro i lavoratori? Sto cazzo. I sovrintendenti vanno e vengono, i politici pure (anche se prima solo nell’ambito del centrodestra), che la città sia affezionata al suo teatro è un dato di fatto, e il suo teatro, per la città, è innanzitutto chi ci lavora, che nella continuità gli da identità. I demagoghi cialtroni non mancavano certo nel centrodestra che sosteneva Floris. Hai forse visto mai qualcuno andare a fare casino a San Michele anziché a Sant’Elia cercando “carne da corteo” per organizzare contromanifestazioni, o cose simili?
No credimi, Sovjet. Sai bene quanto i cagliaritani siano restii a esporsi, a schierarsi, ma credo di essere ben poco lontano dal vero se affermo che la questione Lirico, nella globalità della cittadinanza – quella che non appartiene alle schiere dei melomani, che non lavora al Lirico o non vi ha parenti, che non è in alcun modo legata ai vari sottoboschi politici di destra e di sinistra che hanno interesse a “murigare” sulle nomine – al massimo suscita indifferenza. Qualcuno potrà pur fare demagogia e dire che i soldi del Lirico è meglio dargli ai disoccupati, peccato che la legislazione non preveda che fondi FUS ed emolumenti simili possano direttamente investirsi, per dire, in progetti occupazionali per i giovani di San Michele, che pure ne avrebbero un dannato bisogno. La stessa obiezione che, mi pare, è stata fatta a chi contestava i troppi soldi spesi per l’Arena concerti a Sant’Elia. La partita, quindi, si gioca su un altro piano. Se il sindaco vuole continuare per questa strada, potrà anche vincere alla lunga, ma la sua amministrazione perderà, e definitivamente, l’impronta di centrosinistra. E neanche il discorso di “condividere” il lirico con altre manifestazioni culturali regge: in primo luogo perché ce ne sono tanti, in città di spazi per cui c’è ancora da progettare un futuro, dall’Anfiteatro all’ex Manifattura, in secondo luogo perché la “destinazione d’uso” dei teatri Lirici è regolata da specifiche disposizioni di legge, della cui precisa conoscenza si trova scarsa traccia nella “linea Crivellenti”. Il Lirico può, a scopo di lucro, affittare i suoi spazi per ospitare altre manifestazioni – fu fatto perfino per l’inaugurazione dell’Anno Giudiziario, in un’occasione in cui l’aula magna del palazzo di giustizia era chiusa per ristrutturazioni, e non senza contestazioni, anche interne alla magistratura, sull’ingente ammontare dei costi sostenuti – ma molto “oltre” non si può andare.
Gentile Zunkbuster,
tutto si potrà dire di Zedda ma non che sia un politico da quattro soldi. Battute epiche tipo “sa cosa lo attende” sono sciocchezze! L’attende un posto in parlamento e non sarà la vicenda del Lirico a cambiare le cose, né i pochi contributi alla cultura o Arthemalle che minaccia di votare chi non ne parla (di cultura)! sa che paura!
Almeno cerchiamo di tenere i piedi per terra.
Domandiamoci, piuttosto, che fine rischiano di fare i lavoratori del lirico, altro che Zedda! E non dico il Lirico, dico i lavoratori!
Cordialmente,
e no, così non ci sto. Censurarmi anche per una normale replica al Dio sovjet lo trovo sleale. Avremo spero altre occasioni per confrontarci. Ma la mia storia è troppo importante per accettare e la censura e l’irrisione di un qualunque intellettualloide di provincia ossessionato dalla lunghezza del suo fallo. A si biri (Forse) anche se non me ne fega un cazzo.
Non era una replica normale. E comunque tutti sappiamo chi è soviet, ma non sappiamo chi sei tu. Quando si alza il livello dello contro, bisogna giocarsela ad armi pari. E comunque certi atteggiamenti e certi toni qui non sono accettati. Tutte le argomentazioni invece sì.
Sono un archeologo con tre lauree, sett’antanni di vita di cui due vissuti a Mosca, e interessato all’argomento per fraterna amicizia con orchestrale che in oltre vent’anni di sodalità mi ha datto conoscere il mondo della musica e del teatro lirico. Mi scuso per il post precedente. nel quale ho dato l’impressione di voler combattere con le armi del machismo, ma da buon libertario odio con tutto me stesso i parolai e i tromboni . gli illusi e i burocrati del pensiero. Fattevi una risata perchè, come dice il poeta, “nu potendo arrimedià cor firmamento, resta a casa es ‘accarezza lo strumento”. Bon voyage et adieu. A proposito, il mio nome è quello che Walter Tevis scelse per significare l’innocenza.
Gentile Thomas Newton,
con un curriculum come il suo avrebbe potuto aspirare alla vetta del Lirico (mitici i due anni a Mosca)! E ha pure dimenticato i tre anni di militare a Cuneo!
Cordialmente,
Chissà se Biolchini la passa…
Caro Vito, avresti potuto tranquillamente fargli passare la replica, tanto che differenza fa.
Comunque, egregio Thomas non sono un intellettualoide ma un umile funzionario regionale e non ho avuto mai problemi con la lunghezza del mio fallo, che è della misura giusta. Di lauree ne ho una sola e me la faccio bastare.
Certo, fossi un archeologo di sett’anni (con due vissuti a Mosca) e con tre lauree avrei risposto con più misura. Ma evidentemente è riuscito a fare con scienza e costanza quel che consiglia Francesco Guccini (abbia pazienza, le mie citazioni sono terra terra, certo non Fedro in latino!)
Ho solo risposto al signor Biolchini che mi diceva “non so chi sei” e ora lo sa (ma penso già lo sapesse). Dato che hai iniziato tu (mi permetto la confidenza) ad irridermi perchè ho toccato i tuoi compagni di giochi (e tutto questo è un gioco e tu lo sai bene) ti sei preso la risposta che al momento ti meritavi. Punto. Se vuoi continuare a fare l’offeso affari tuoi: Se vuoi riprendere le argomentazioni in modo meno rodomontiano (da parte di enrambi lo ammetto) sarebbe certamente meglio.
Vede Thomas, se lei rilegge quanto ho scritto capirà che la sua reazione prima (ma anche la seconda, a ben vedere) era talmente sopra le righe da aver portato Biolchini a censurla. E come può leggere, di cose ne fa passare…
E cosa avrei fatto di tanto grave? Ho segnalato – forse con toni e formule un po’ pittoresche – che lei è stato ignorato finché non se l’è presa con Gabriele Ainis, con uno sfogo (perché dovrà pur ammettere che dai toni che usa di sfogo si tratta) degno del Fantozzi di “La corazzata Potëmkin è una cagata pazzesca”. Insomma, non ha scritto Ainis dice balle per questo motivo o quest’altro, cosa che avrebbe potuto fare visto che ne ha gli strumenti. Invece si è limitato a “Ainis è uno stronzo e ci ha rotto le balle”.
La web democracy ha delle regole strane: vali per quello che scrivi. In rete c’è poco rispetto, quando non si è d’accordo lo si scrive. Lei forse paga il fatto di essere un “neofita” di questo blog, mentre io, Ainis, Zunkbuster e gli altri che vede con frequenza commentare su queste pagine ne siamo ormai cittadini. Tanto cittadini da aver organizzato, onore a Su Presidenti, un incontro pubblico, passando dal virtuale al reale.
Quindi non se la prenda, ci saranno tempi e argomenti dove potrà avere maggior riscontro.
Per parte mia, aldilà dello scambio vivace che c’è stato, voglio semplicemente dirle benvenuto su questo blog. Vedrà che avrà occasione di divertirsi! 🙂
Hai visto soviet? gli sei simpatico.
Beh, io di persona poi non sono così antipatico… (Oh, neppure un mostro di simpatia a dire il vero!) 🙂
Compagni, amici, e anche nemici: non alimentiamo i troll suvvia …
Le consiglio vivamente la lettura (ammesso che sappia leggere, in Italia l’ editore e’ Adelphi). E’ anche un testo spassoso.. Racconta della fondamentale condizione di mutevolezza e capacita’ di apprendimento e trasformazione di quello che si avviava a diventare il genere umano. Vale lo stesso per i cagliaritani: la loro appartenenza politica “a destra” e’ storicamente provata dall’esito delle diverse tornate elettorali ma, almeno questa volta, hanno scelto diversamente.. Ciò pone chi governa in condizioni di responsabilità e visibilità altissima, fuori da ogni precedente.. E’ il prezzo che la sinistra deve giustamente pagare per aver vinto in questi contesti abituati a ben altro… Ma questo e’ sicuramente un argomento al di fuori delle sue possibilita’/ argomenti.
Ps1. Sulla vicenda Parco delle Rimembranze e’ in corso un’ inchiesta della Magistratura.
Ps2. Se anche i fasci incominciano a citarti ed apprezzare gli “slanci eroici dell’uomo cazzuto al governo”, comincerei seriamente a preoccuparmi Soviet.. 🙂
http://it.wikipedia.org/wiki/Il_più_grande_uomo_scimmia_del_Pleistocene
Al, è un troll, ha ragione Zunkbuster, inutile dargli più importanza di quello che ha.
Però Io non apprezzo “gli slanci eroici”, tantomeno “gli uomini cazzuti”. Ma apprezzo chi si prende le responsabilità delle proprie azioni e si mette nelle condizioni di pagarne le conseguenze. Questo ha fatto Massimo. Non è detto che esca vincitore da tutta questa vicenda, ma gli va dato atto di non essersi nascosto dietro un dito.
Io apprezzo la coerenza Soviet. Quella ricercata dai lavoratori che hanno sentito Massimo Zedda nel loro spazio di lavoro discutere di certi orizzonti per poi negarli nel momento delle decisioni importanti. Se uomini di sinistra non riescono a capire l’importanza della distanza emotiva che si crea con il proprio elettorato a seguito di atti incoerenti solo per barricarsi nella difesa di una linea che a molti, troppi ( ma soprattutto ai lavoratori stessi del lirico) appare una stupidaggine, allora siamo messi male.
Ps. Grazie del nomignolo, d’ora in poi (dopo questo post) mi firmerò così!
A scanso di equivoci A: “intellettualoide di provincia” è l’appellativo che Thomas Newton ha dedicato a me. Quindi se pensavi a quello di nomignolo, sappi che il copiràit è di Newton! 🙂
Come si fa a non sentirsi in brodo di giuggiole quando i cani da guardia, una volta sciolti, si azzannano a vicenda?
Quanto “pesa” il settore culturale in una economia. Per chi ha voglia di togliersi qualche sassolino dalle scarpe e metterlo in bocca a chi pensa che la cultura non produca ricchezza. Soprattutto per quelle bocche abituate a valutare la ricchezza umana solo in termini strettamente economici/finanziari … (Any resemblance to Mr. Gentile/Cordialmente is purely Coincidental, of course…)
Non e’ recentissimo ma neanche tanto datato:
http://www.keanet.eu/ecoculture/economia_della_cultura.pdf
Adesso Ainis ci spiegerà (gli serviranno almeno 16mila caratteri) perché questo articolo dice stupidaggini. Poi il suo adepto Sovjet lo rinforzerà perché è l’unico argomento a sostegno di Zedda.
Mmmm, invece questo tuo commento è utile e intelligente. Come sempre, per altro…
Dimenticavo, dal momento che io in genere approfondisco i temi e il documento linkato da Al conta 369, non credo d poter intervenire a supporto di Ainis. Rispetto al quale c’è da dire che è pure capace di leggersi tutte le 369 pagine, cosa che tu non mi pare sia stato capace di fare. Perché se fossi arrivato almeno fino a pagina 4 avresti capito che il settore di cui tratta è un pochino più ampio di quello di cui generalmente si tratta in questo blog ultimamente, ovvero allestimenti musicali e attività delle associazioni culturali. Te lo riasumo brevemente, così ti evito anche la fatica – preso atto che leggerti ciò di cui parli non è arte tua. Settore Culturale&Creativo, un “cuore” e tre “cerchi”: “Cuore delle arti” (settori: arti visive, arti dello spettacolo e patrimonio); 1mo cerchio “industrie culturali” (settori: film e video, televisione e radio, videogiochi ecc.); 2ndo cerchio “industrie e attività creative” (settori: design, archiettettura, pubblicità); 3rzo cerchio “industrie connesse” (settori: produttori di computer, mp3, telefonia mobile ecc.).
Un costruzione piuttosto complessa quindi, forse di comprensione difficile per le menti simplicius.
Vedi, Al per lo meno sa leggere e scrivere, e si vede ne nalla sua vita qualcosa ha studiato e non ha bisogno di andare a traino. Anche se questa volta ha citato un documento a sproposito, a dire il vero. In una economia il settore culturale pesa, ma il settore inteso come lo intende il documento citato, non la semplice produzione di opere liriche o manifestazioni varie.
Per essere precisissimi (mi sono fatto fare un disegnino per meglio capire) il documento citato è una analisi europea della situazione del comparto cultura in senso ampio, di quanto impatta sul territorio, di quanto incidono le economie legate al settore su un territorio. Sostenere, come hai fatto tu, che vista la crisi sarda “non ci possiamo permettere un teatro lirico” è una bestialità assoluta in termini di civiltà, di razionalità, di cura del territorio. la ricostruzione e l’analisi aggregata dei dati di quel lavoro (di dieci anni fa peraltro) ha prodotto i fondi europei con i quali abbiamo ristrutturato i centri d’arte della nostra città e che adesso la tua giunta sta dando ai privati con i soldi (a quando i bandi?). Quello studio europeo ha codificato materialmente che il comparto cultura vale complessivamente dal due al cinque per cento del PIL (a seconda degli stati). Certo che è un lavoro complesso, perché una struttura come quella che voi volete smantellare (il Lirico) ha un impatto complesso sul territorio, fatto di economie dirette e di altre indirette. Esistono anche altri studi sul settore e tutti (ma proprio tutti) danno torto marcio a te e ad Ainis. Mi rendo conto che per te argomentare a favore del disprezzo assoluto verso il mondo della cultura (gli “intellettuali” li chiama il tuo sodale) che dimostra la giunta Zedda, sia difficile e arduo. Vedo infatti che già adotti il linguaggio scomposto (“per menti simplicius”) perché iniziano a mancarti gli argomenti. Questo Ainis lo fa da tempo, ma è una novità che anche tu adesso usi quel linguaggio.
Non so se esista un proverbio sulla falsa riga di “dire e fare” che possa comprendere anche “leggere e capire”.
Intanto, nel caso non te ne fossi accorto, in dieci anni fa il mondo è parecchio cambiato. Nel 2008, scusa se ti informo ma purtroppo è successo, è iniziata una crisi mondiale che ha investito pesantemente la Sardegna. Tutti gli indicatori economici segnalano situazioni di gravità mai vista. L’unica nota che a prima vista potrebbe sembrare positiva è l’aumento dell’occupazione femminile. Ma se vai a vedere, si distruggono posti di lavoro specializzati nell’industria (generalmente maschili) e aumentano quelli domestici e di cura alla persona femminili. La Finanziaria regionale di quest’anno avrà un taglio di 500milioni di euro; il bilancio del comune ha avuto entrato per 40milioni di euro in meno.
Dici che il cittadino medio cagliaritano o sardo non possa arrivare a pensare che il Lirico è un lusso che non possiamo permetterci? Quindi tu confondi, prima pensavo semplicemente che non ti applicassi, invece evidentemente non è così, una mia valutazione del rischio che la cultura in genere possa essere ritenuta un lusso col ritenerla io stesso un lusso…ti sbagli, io penso che con la Divina Commedia si possa pure mangiare, ma serve anche altro attorno.
Linguaggio scomposto perché ti do del Simplicius? E che, te lo scelto io il nick? La verità è che banalizzi e cerchi di riportare a tuo uso e consumo ogni ragionamento che si fa.
Così fai anche questa volta, confondendo un settore complesso, che comprende anche la produzione di manufatti (perché un telefono cellulare è un manufatto), con la sola produzione di opere artistiche (il “Cuore delle arti”, come lo definisce il documento).
L’economia, semplificata all’eccesso, prevede una domanda e un’offerta, venditori e compratori. Se i compratori non hanno denari, o si abbassano i prezzi o la domanda si riduce. La propensione al consumo pone alla base i beni che soddisfano bisogni essenziali, poi, via via, quelli superiori, tra cui quelli che soddisfa la cultura. Non so in che mondo vivi tu, io in questo. Ora questo si può vedere o non vedere, ma il fatto che noi non lo si veda non significa che non sia così (come l’auto che ci investe mentre noi guardiamo dall’altro lato).
Quindi io direi il Lirico va ben amministrato (lo dice anche il mio amico Gianluca Floris qui http://costruiresumacerie.org/2012/06/10/come-affogare-nei-debiti-una-fondazione-lirico-sinfonica-italiana/) e che il suo valore non sta nel suo valore economico, ma in quello culturale. Perché se la misurazione la si fa esclusivamente dal punto di vista economico, allora bisognerà valutare in quel modo e ogni organizzazione culturale sarà misurata come fosse qualsiasi altra impresa.
E questo, ti assicuro, non è auspicabile…
Od Sovjet, vedo che hai citato un mio articolo. Purtroppo quello che dici è vero. È necessario ben amministrare una Fondazione Lirico Sinfonica, così come è necessario riformare le leggi pessime che le hanno normate (colpa di Veltroni e della Melandri, per onore di cronaca).
Devo dire che ormai, data l’attenzione verso la gestione del Lirico da qualche anno a questa parte, non credo che a Cagliari sarà più possibile assistere a simili esempi di colpevole malagestione della Fondazione. Siamo tutti con gli occhi più aperti. E questo è senz’altro un bene.
Tuttavia mi corre l’obbligo di specificare ulteriormente il mio pensiero che non è quello di chi pensa “i teatri sono gestiti male: chiudiamoli”. Io pongo fra i bisogni primari anche quello della cultura. Secondo me la spesa del settore pubblico sulla cultura è importante quanto la spesa per il welfare. Questo fa parte della mia convinta idealità. “La cultura È essa stessa welfare” come dice giustamente Alessandro Hinna, figlio dell’economista inventore del “bilancio sociale”.
Ma devo dire che ci sono anche dei dati che me lo confermano. Non cito le analisi dello Studio Ambrosetti che ormai tutti conoscono. Non citerò il caso della Norvegia (ho fatto una regia lì il mese scorso) dove questi studi economici hanno condizionato le loro politiche di investimento della cultura utilizzando una percentuale enorme del bilancio statale (parlo di percentuale e non di numeri assoluti. Sono più ricchi perché hanno il petrolio) per costruire teatri, scuole e campus universitari in ogni dove.
Cito invece uno studio del dipartimento di economia dell’Università di Urbino “Carlo Bo”.
IL ROSSINI OPERA FESTIVAL
NELL’ECONOMIA PESARESE
Una valutazione per l’anno 2011
http://www.rossinioperafestival.it/intra/upload/news/file/studioindotto2011.pdf
Lo studio analizza l’impatto del Festival Rossini nel territorio di Pesaro dal punto di vista dell’economia “spicciola” e concreta.
Diciamo che con questo lavoro si è provato come la ricaduta della stagione lirica del festival in una città pur piccola (95mila abitanti), è per nulla trascurabile e che i soldi pubblici spesi per la Lirica ricadono nelle tasche di tutti gli abitanti.
È mia convinzione che anche il Lirico di Cagliari rappresenterebbe una opportunità per il nostro disastrato territorio, opportunamente guidato, come mi auguro succederà da ora in poi al teatro della nostra città (e come credo si augurino tutti).
La Comunità Europea, lo Stato Italiano e le Amministrazioni Locali, infatti, finanziano le Fondazioni Liriche così come finanziano Pompei o i Musei pubblici, proprio per mantenere in vita il “Patrimonio Culturale”. Perché non approfittare delle risorse che si hanno a disposizione per il nostro patrimonio immateriale (l’Opera e la Musica) per far sì che diventino davvero volano di sviluppo?
La mia indignazione che mi ha fatto pubblicare lo scritto che tu citi sta proprio nella rabbia di aver visto negli anni buttare al vento fior di vecchi miliardi (oggi milioni) nelle gestioni inadeguate di uno dei nostri patrimoni più spendibili in tutto il mondo.
Sono convinto che avere in Sardegna il Lirico e il Teatro di Sassari sia un’occasione di sviluppo da non perdere, e non un inutile orpello.
Ma che te lo dico a fa’? Tanto lo sai bene come la penso 🙂
Ma infatti io sono d’accordo anche sulla tua idea di rilancio del Lirico e sulle proposte di politica culturale cittadina. Ritengo che la cultura, anche dal punto di vista economico, sia importante e necessaria, ma non sufficiente. Certamente va fatto sulla cultura un grosso investimento, anzi su cultura e creatività, come suggerito dal (poco compreso) documento linkato da Al.
Poi, Vendola presenta la sua candidatura ad Ercolano per una ragione precisa: partire dalla cultura. E non si può dire che in Puglia non si sia puntato sulla cultura.
La vicenda cagliaritana sta assumendo toni e dimensioni che potrebbero portare ad esiti imprevisti e poco piacevoli e mi pare che pochi ne siano consapevoli. Anche quelli, vedi Zunkbuster, che in genere sanno cosa c’è dopo il duepiùdue…
Chissà perchè questo tono mi ricorda le antiche e pallosissime riunioni del PCdI(ml) in aula 7 di magistero, quando si era convinti che a furia di sviscerare, e citare, e parlare e parlare e parlare, alla fine si sarebbe svelata la verità, e con questa in una mano e con la face della libertà nell’altra avremmo condotto la classe operaia e le masse popolari verso la redenzione. Ma che senso ha ridursi in fazione per riuscire a eccitare, forse impercettibilmente smuovere un singolo granellino di quel coacervo di sabbie e sabbioni che il mondo nostro oramai sono? Detto francamente fra voi due preferisco Simplicius, anche per via delle simpatiche parole con cui hai pensato di definirlo.
O Thomas, me ne farò una ragione… 😀
La smentita di Oppi sulla Nuova Sardegna
http://www.consregsardegna.it/rassegnastampa/pdf/62129_Oppi_Con_me_nessun_accordo_politico.pdf
Toh c’era anche una cagliaritana, che vanta non saltuarie collaborazioni con Abbado …
http://nonzittitelarte.blog.tiscali.it/2012/10/05/il-cv-di-luisa-sclocchis/
Non scherziamo, questo è un curriculum specifico, un curriculum vero. Come si può pensare che possa servire a qualcosa? Questi sono curriculum di secchioni che disturbano chi con innocenza dichiara tra i titoli di studio: “studi giuridici” così come chi scrive potrebbe scrivere “studi filosofici” oppure ha collaborato, chissà a che titolo, con la Banda Osiris. Insomma, non è cortese inviare un curriculum serio. Si disturbano le operazioni e basta.
N’altra? Ma pietrantonio che faceva ? ..coltivava futuri sovrintendenti?
Arridatece Floris e Meli
La Petrollirica rende sempre ….$$$$$$……..@ bolognesu
Sapevo che il commento non mi sarebbe stato pubblicato e del resto Vito sa che io so, e convengo, che quando non pubblica c’è sempre un motivo. Faccio comunque un invito a chi sa usare Google: fate una ricerchina sul nome di “Salvatore Nastasi” (per centrare meglio aggiungete parole chiave come “Mibac”, se avete pazienza i siti di rilievo verranno fuori da sé). Scoprirete cose interessanti. Non risulta niente circa legami con la Crivellenti: se ci sono, evidentemente, sono cose note agli “addetti ai lavori”, oppure non ci sono. Open verdict.
Mm, interessantissimo: una ricerca Google che NON ESCLUDE il di sopra vaneggio.
Provate a dare uno sguardo a questa simpatica ricerca google.
https://www.google.com/search?q=Nastasi%2BBalducci&oq=Nastasi%2BBalducci&sugexp=chrome,mod=17&sourceid=chrome&ie=UTF-8
Quele dei risultati bisogna aprire?
Ora fanno anche i processi alle intenzioni? Dopo aver attaccato un nome e solo un nome, adesso attaccano un non-nome, visto che Fanni non è stato ancora nominato ne é probabile che lo sia.
Quanta malafede i sindacati del lirico, non sorprende quanto poco contino e quanto male siano considerati all’interno della cgil.
A differenza di certa Cgil che è intenta soprattutto a produrre deputati, consiglieri regionali e varie pedine dei sottogoverni nazionali e locali, i sindacalisti del lirico fanno i sindacalisti, non fanno politica. Il politico di razza rispetta questi ultimi, non quegli altri. Infatti sappiamo bene che nel PD ormai la Cgil se la fila solo Fassina: Bersani tira dritto per la sua strada, Renzi manco parlarne.
Caro Zunk, non trovi che ci sia una contraddizione tra premessa: “la Cgil è intenta (essendone capace visto che elegge…) a produrre deputati, consiglieri regionali e varie pedine ecc.” e la conclusione, “nel Pd ormai la Cgil se la fila solo Fassina”? Dimostrerebbe solo che Bersani e ancor più Renzi non capiscono un cazzo. Per la semplice ragion che la Cgil è molto più forte del Pd dal punto di vista organizzativo. E anche politico direi, visto che se Berlusconi non è riuscito a straripare è merito della Cgil, non certo dell’opposizione Pd!
Stai evidenziando una situazione che esiste in tutto il mondo. L’AFL-CIO, pur con tutti i limiti del sindacalismo statunitense, è molto più forte dei Democrats. La IG-Metall è molto più forte della SPD. I “gremios” argentini sono molto più forti del partito di Cristina Kirchner, che esiste soprattutto a livello di organizzazioni giovanili. Gli ambiti però sono diversi. Temo che chi critica i sindacalisti del Lirico perché mantengono ben distinti gli ambiti non l’abbia capito.
Quindi, dal momento che la situazione esiste in tutto il mondo, concordi sul fatto che se ignorano la Cgil Renzi e Bersani non capiscono un cazzo?
Io personalmente non critico i sindacalisti del lirico, mi domando solo – da esterno, ma da RSU della mia struttura – se metterla giù così dura da subito è utile per i lavoratori che rappresentano. Per due ragioni: si porta lo scontro ad un livello dove non ci può essere mediazione; qualsiasi piano industriale si produca, sarà sempre valutato con pregiudizio.
Io avrei deplorato il metodo, fatto gli auguri al nuovo sovrintendente e poi – nel caso fosse stato inadeguato – ne avrei demolito il piano industriale evidenziandone là l’inadeguatezza.
In uno scontro di questo tipo, poi, chi ne farà le spese saranno i lavoratori. Io, semplicemente, vedo una reazione rabbiosa (e non entro nel merito neppure sul fatto che sia giustificata o no) ma non una strategia negoziale con un risultato. Che è sempre un punto di mediazione. Capisco le reazioni dei lavoratori, ma il sindacato dovrebbe rispondere in modo più strutturato.
Ma se hanno fatto così evidentemente hanno numeri e forza e una strategia che io non riesco a vedere. Il limite, mi rendo conto, può essere anche mio.
Non saprei Sovjet, sai com’è, anche a seguire la linea incoerente di un Landini oppure gli stop and go della Camusso non è che un partito politico che a un certo punto vive di piattaforme da proporre agli elettori a scadenza fissa più che di momenti di lotta aziendali, di settore o generali – magari in coincidenza delle scadenze contrattuali, coi rinnovi che avvengono sempre molto oltre le scadenze – possa sempre appendersi all’evoluzione della dialettica sindacale. Vale per la CGIL, come vale per CISL e UIL con le loro intempestive aperture di credito a Marchionne. E’ un po’ lo stesso discorso di Di Pietro: un giorno vagheggia su strade centriste, poi azzanna il Capo dello Stato che manco Grillo, oggi cerca di mantenere qualche ponticello verso il centrosinistra che non si sa mai, forse non è tanto più convinto di poter inseguire Grillo non guadagnandoci elettoralmente. Come fai a tenere dietro a uno così? Sindacalismo e politica comunque è giusto marcino su strade separate. Il caso del Lirico mi sembra molto vicino a quanto accaduto in Argentina, dove il sindacato peronista CGT – da quelle parti i peronisti hanno da sempre il quasi monopolio di “partito dei lavoratori”, il che toglie spazio alla sinistra propriamente detta – ha appoggiato incondizionatamente la presidenta Kirchner, cominciando a divergere dalla sua strada, improntata al tradizionale assistenzialismo in salsa Evita Peron e contraria alle cogestioni richieste dal sindacato, quando i lavoratori hanno dovuto fare i conti con la realtà, col fatto che le stime sull’inflazione erano palesemente truccate, e altre amenità. E oggi in Argentina ci sono di nuovo i cacerolazos, si torna a pronunciare la parola “huelga” che si pensava impossibile sotto governo peronista. Quanto al Lirico, i sindacati aziendali potranno forse essere visti come un tantino corporativi, ma hanno un pregio raro di questi tempi, sconosciuto ad altri capi e capetti della CGIL e di altri sindacati sempre pronti a mediazioni che si ritraducono in svendita, magari dopo aver gasato i lavoratori sull’art. 18 come ha fatto la Camusso: schiena dritta, e difesa del lavoro come unico orizzonte. Se mettessero un commercialista a capo del tribunale civile, penso che avremmo un virulento sciopero dei magistrati, e non dovremmo dar loro ragione? Purtroppo un dato è inconfutabile: non dico che il curriculum della Crivellenti sia proprio “alla Lorefice”, ma al cospetto di quelli che stanno pubblicando su “non zittite l’arte” non ci si sta facendo una bella figura. Il sindaco davvero non aveva modo di far valere la sua autonomia conciliandola con la scelta di una persona più adeguata e competente? Davvero un misero risultato, costato il deterioramento dei rapporti col partito di maggioranza relativa.
P.S.: Pare che Chicco Porcu appoggi Renzi. In genere per fare la cosa buona e giusta basta fare l’esatto contrario. Forza Bersani!!!
Gentile Zunkbuster,
non ci si metta anche! Le RSU hanno deciso di sfruttare il momento di casino per sedersi al tavolo (politico) della zuffa, questa è la (molto prosaica) realtà. Da cui il corollario che nelle zuffe si può uscire vincitori ma anche vinti e, nel caso in oggetto, si sono seduti allo stesso tavolo di veri e propri squali. Ciò è esattamente quello che le Accabadore varie non registrano (neppure Biolchini, però!). Inoltre, nelle zuffe spesso si esce malconci anche quando si crede di aver ottenuto chissà quali vittorie. Tenuto conto anche del piccolo particolare che gli squali, se prendono una smurrata, nuotano in altri mari. Le sardine in scatola, al contrario, stanno sempre nello stesso posto… sottolio.
Per cui, cerchiamo di capire che non parliamo dei massimi sistemi, per favore, magari riflettiamo sul fatto che i lavoratori del Lirico – posto che davvero abbia senso raccoglierli tutti in una categoria, poiché hanno interessi assai variegati – potrebbero doversi preparare ad una stagione difficilotta se le RSU (come non è improbabile) prendono una sonora musata. Avranno fatto le loro valutazioni, si spera, ma forse sarebbe opportuno che si rendessero conto come in periodi di pochi soldi (come i nostri) potrebbero finire col sedere a bagno. Chissà se ci pensano: i Floris di certo no (e le Accabadore neppure).
A proposito di dito&luna per l’appunto.
Cordialmente,
la vedo molto informato. Specialmente sul fatto che il Lirico abbia pochi soldi a disposizione. Complimenti sinceri.
Catilina, il problema non è che il Lirico abbia o meno in questo momento pochi soldi, ma che ci siano pochi soldi in giro, a meno che lei non voglia negare la crisi che investe pesantemente la Sardegna. Il problema è che ad un certo punto i soldi dati all’Ente potrebbero sembrare davvero troppi e l’Ente stesso un lusso che viste le condizioni economiche dell’isola non ci si può permettere. Immaginare che l’opinione pubblica possa arrivare a pensarla in questo modo non è fantascienza, perché quando si è alla fame si fanno pochi distinguo e noi, casomai non lo si fosse capito, siamo economicamente alla fame e al momento senza alcuna via d’uscita immaginabile.
Sfilare la situazione del Lirico dalla più generale situazione economica e sociale sarda rischia di riservare sorprese amare.
Quindi, io fossi in lei, non direi troppo forte che il Lirico ha tutti questi soldi (posto che sia così).
E tutti i milioni sprecati (nelle condizioni economiche dell’isola) in iniziative folli e velleitarie nella sola prospettiva dell’assistenzialismo (e quindi nel consolidamento del potere)?
Sì, vabbé, e le foibe!
Gentile Catilina,
vedo che ci ha pensato Sovjet a tradurre (correttamente). Aggiungo che lei è un buon esempio di persona che non riesce a capire dove stanno gli avversari (forse come le RSU del Lirico, chissà!). Guardi se almeno capisce questo.
Cordialmente,
Caro Ainis, lei non ci capisce una cippa. In questa come in tante altre cose. Le sue dissertazioni autocompiacenti hanno ormai preso a noja. Nessuno ancora le ha (finalmente) detto in faccia la verità vera? Gli è che lei è nojoso, pseudo-saccente e pone il suo (credo) smisurato ego al posto di realtà e verità. Di vita, esperenze, studi, letture, militanza ne abbiamo tutti a josa, e le pontificherie sue le centellini che solo a dosi omeopatiche ormai si sopportan.
Bravo,Thomas. Era ora.
Condivido in pieno!!!! Accà nisciuno è fesso!
Meglio la malafede di oggi che la connivenza di 15 anni fa. Avranno fatto esperienza…
Meglio prevenire che curare, caro Dino.
A questo blog ormai mancano solo i necrologi, il grande formato (e i lettori) per essere esattamente come l’unione sarda.
Peccato che l’Ugnone, seguendo le sue migliori tradizioni, abbia censurato i comunicati della RSU del Lirico (di cui La Nuova Sardegna, Casteddu Online e CagliariPad hanno dato debitamente conto).
Chiudere il baraccone del Teatro Lirico. E’ un pozzo senza fondo che inghiotte danaro senza sosta, mentre di culturale non ha un cazzo. I cosidetti lavoratori (tutti accozzati dalla politica) a zappare ravanelli a Sestu.
Sei un pirla! Dai un nome e cognome al tuo nick anonimo e vieni a dire le stesse cose stasera in assemblea…
un ANONIMO che da del pirla ad un ANONIMO e incredibile e roba da ricovero!
Traduzione per il servizio d’ordine: Le cose non sono sempre tali quali si mostrano; il loro primo aspetto inganna molti; solo poche menti scoprono ciò che è nascosto nell’intimo di esse.
E’, per chi non la conoscesse, la favola della donnola che si finse morta per mangiarsi i topi.
Notizie false e tendenziose, il nuovo direttore artistico del Lirico sara’ Massimo Cellino.
E la cifra astronomica concordata con Di Benedetto per andarsene? Chi ne ha responsabilità?
Due settimane fa Umberto Fanni è stato visto in quel del Thotel. Da me.
Da grande voglio fare il Sopraintendente all’Ente Livido.
“Non semper ea sunt, quae videntur; decipit
frons prima multos: rara mens intelligit
quod interiore condidit cura angulo”
(Fedro, IV, 1)
dubito fortemente che il nome di Marcella Crivellenti sia arrivato dal Ministero. Mi sembra che si stia dando a questa vicenda molti più risvolti di quelli che evidentemente ci sono. E’ invece molto probabile che il nome della Direzione Artistica venga “suggerita” dal Ministero.