Vi ricordate Enrico Pau? Da regista, in piena campagna elettorale, ci regalò la fantastica clip “La città dei Floris”. Questa è la sua riflessione sul tema dei rapporti tra cultura e politica nella Cagliari governata dal sindaco Zedda, soprattutto dopo la delibera che distribuisce meno di 400 mila euro a 90 tra associazioni e gruppi di cultura e spettacolo.
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Quando sono in bicicletta e attraverso una pista ciclabile, provo l’ebbrezza di trovarmi nella città che ho sognato. Ma poi la pista ciclabile finisce e mi trovo di nuovo in mezzo al traffico. Ecco, il tema di questi giorni è “la città sognata, la città reale”.
È un tema spietato, nessuna poesia. I numeri non hanno poesia. Lo dimostrano le cifre dei finanziamenti alla cultura. Vedere gruppi storici cagliaritani, figure che hanno scritto la storia culturale di questa città relegate dentro la categoria a cui dovrebbero bastare duemila euro, ma anche quattromila, ma anche diecimila, fa male al cuore.
Fasce ABC, forse non c’è soluzione, forse è così, le manovre del governo ci hanno affamato è vero, ma fa male lo stesso. Assume un valore persino simbolico perché riguarda la cultura.
Un episodio ne sono sicuro, solo transitorio, dall’anno prossimo tutto cambierà ci saranno più risorse, più attenzione, ma ora a guardare quella classifica viene un dolore, a leggere quei nomi, quella confusione di generi, di stili, di attività, la fredda computazione matematica viene un po’ di malinconia, perché la città sognata era diversa. Ma forse non si può più sognare, anche i sogni costano. Nel fondo, a parte i simbolismi che forse lasciano il tempo che trovano, resta la sorpresa.
Sabato scorso ero, da ascoltatore, in mezzo al pubblico, al dibattito organizzato dal Partito Democratico sulla cultura, e non c’era nessuno del mondo culturale cittadino, di quelli che la cultura la fanno ogni giorno, quelli che questa città hanno contribuito a renderla più viva, più bella, più ricca, più europea. C’erano i politici, qualche sindacalista, persone degnissime e importanti per la città, però la sensazione che mi rimane, anche dopo la delibera, è che sia successo qualcosa che ci divide, senza ragione, noi, quelli che fanno la cultura ogni giorno e quelli che ci governano.
Questi ultimi, beati loro, hanno sempre una soluzione e, mi sembra, neanche un dubbio, vivono con entusiasmo la loro stagione di attenzione pubblica. Ho sentito un assessore su internet che diceva che il primo anno della giunta è stato fantastico. A pensarci bene è come se un attore uscisse dallo spettacolo e andasse a casa a scriversi la recensione: “Oggi sono stato bravissimo, dovete venire a vedermi, il mio è grande teatro!”.
La verità è che in questo primo anno, abbiamo visto cose molto importanti accadere, molti assessori e il sindaco si sono impegnati allo spasimo, è innegabile, atti che promettono bene per il futuro, una discontinuità di governo innegabile, che però non è continua, come le piste ciclabili che ogni tanto si interrompono. Ecco la metafora di questo primo anno.
La città sognata non corrisponde. I sogni forse erano diversi, mi ero immaginato orti urbani felici dovunque e cultura a “gogò”, nuovi spazi, anche non convenzionali, aperti al teatro, alla musica, alla danza, alle realtà più interessanti, quelle più europee della nostra città, e non sono poche.
Gli spazi, magari anche con meno soldi, ma con qualche idea in più, restano ancora una promessa, brillano come sempre, come negli anni passati, le platee per i grandi eventi, anch’essi necessari a dire il vero, questi non conoscono mai la crisi, e si nutrono di risorse ingenti e spesso dei sogni di tutti gli altri.
Enrico Pau
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la mia era una provocazione ironica…il suolo pubblico lo pago e quest’anno non ho potuto avere la concessione per fare cultura con soldi MIEI…cmq vi appoggio la cultura e’ fonte di reddito per il turismo…solo che se non hanno soldi come fare? provate a fare cose nei locali e i soldi li mettiamo noi…puo’ essere una idea? no?
No, gentile Sandro Mascia, non è una soluzione. “Fare cose” nei locali? Quel “fare cose” è perfino comico, surreale. Cosa facciamo? Be’, facciamo cose. Credo che qua si parlasse d’altro.Tuttavia è vero che se fondi non ce n’è bisogna ingegnarsi. E a cosa serve la cultura se non a stimolare l’ingegno? E le famose fabbriche della creatività? Il San Giovanni di Dio? La Manifattura tabacchi? Solo parole. Al San Giovanni resteranno varie funzioni attuali che è logico restino in città, lo ha dichiarato di recente anche chi lo amministra. La Manifattura costa troppo. E il Teatro Lirico? Immobile e tragica allegoria della differenza tra dire e fare. Qualcuno ha perfino evocato il fantasma di Meli – cacciato dalla Scala e ora travolto a Parma dal destino del sindaco di quella città. Si avvicina l’autunno e il teatro dovrebbe essere in fervore, invece è in agonia. Nessuna decisione. Forse ha ragionelei, gentile Mascia, facciamo cose, proviamo.
Immaginiamo un autore, un attore, un regista un ballerino, uno scrittore, un poeta… . Bene, nel momento in cui ognuno di questi artisti vuole rendere partecipe la propria arte al mondo, cosa fa? Crea un progetto espositivo, subito dopo cerca le le migliori professionalità adatta al suo scopo, quindi e, solo in ultima analisi, mette il suo progetto in luce.
Ora, se pensiamo che, la politica, è, e deve essere ben più una rappresentazione della propria idea della propria visione del mondo, delle persone, e della realta, è ovvio pensare che, se lo fa l’artista, a maggior ragione dovrebbe farlo la politica: avvalersi delle professionalità specifiche per ogni settore!
Questo fino ad ora è ed è stato un grosso errore della giunta Zedda.
Persone giuste al posto giusto, antica regola ma sempre valida, unica soluzione per far funzionare bene le cose.
Poi, politica è appunto politica, e la razionalità spesso non ci azzecca, ma se consideriamo il fatto della incredibile vittoria elettorale della nuova amministrazione comunale, mi pare di capire che, a distanza di piu di un anno, nessuno si sia preso al briga di analizzare seriamente il perchè di questa vittoria.
Nessuno ha letto l’ultimo censimento demografico di cagliari http://www.comune.cagliari.it/portale/it/newsview.page?contentId=NWS16518 una lettura attenta rivela parecchie cose…ad esempio il fatto che non è corretto che i giovani hanno fatto la differenza, non è vero che la generazione di Zedda e dintorni ha fatto la differenza, non è vero che la generazione dei senza lavoro ha fatto la differenza.
Una sola cosa è vera. Zedda ha vinto, nei grandi numeri solo grazie al fatto che, i genitori di questi giovani, i fratelli piu grandi, e comunque tutta la generazione precedente, ha creduto in lui.
Ora, con una semplice analisi sociologica, si capisce bene che, i suoi veri elettori, si aspettano altro e tuttaltro, e sopratutto, si aspettano di essere coinvolti, a titolo ovviamente disinteressato vista l’età e viste le diverse scelte di vita, in informazioni, cultura evolutiva, azioni e suggerimenti.
Del resto, una cosa eclatante che nessuno ha colto, in questo blog tutti parliamo, tutti suggeriamo, tutti critichiamo, ma, vi faccio notare, quanti tra questi sono i cosidetti giovani elettori di zedda? Nessuno!
Questo ci fa capire che, se la via di mezzo ha creduto nella svolta, la stessa via di mezzo, è l’unica che segue, si affanna, e sopratutto ragiona sulle cose in maniera disinteressata, perchè la sua vita l’ha gia realizzata e no chiede altro, ma ha ancora la voglia e la capacità di fare e, aiutare a fare, le cose bene, in maniera disinteressata, non fosse altro per lasciarla in eridità ai propri figli.
Dimenticavo la cosa più importante, se Zedda fallisce, il 40% e oltre degli elettori non andranno mai più a votare, semplicemente perchè era l’ultima risorsa a disposizione a cui si è data fiducia dopo 20anni di rabbia silente, finito lui, finito l’interesse e le capacità umane di…dare una mano.
Se Zedda fallisce il prossimo sindaco di Cagliari sarà Antonello Gregorini. Preferirei si facesse di tutto perché Zedda non fallisca. Però anche lui deve dare, darci, darsi una mano …
Si intitola “Il libro del riso e dell’oblio” e il suo autore è Milan Kundera. Sono passati tanti anni da quelle letture, ma difficilmente si dimentica una penna fantastica come quella di Kundera, quella incredibile capacità di restituire in poche pagine sedimentazioni decennali di gioie, aspettative tradite e sofferenze di un popolo intero e, dentro il popolo, di intimità uniche. Il libro inizia raccontando l’ingegnosa e trucida macchina burocratica della “propaganda” dei regimi dell’ex URSS che, in presenza di personaggi di pubblico rilievo sgraditi all’élite politica, si ingegna per cancellarli dalla Storia: discorsi, presenze a comizi documentate fotograficamente, tessere di appartenenze, produzioni letterarie e politiche e così via.. tutto doveva dissolversi nella cancellazione, nel silenzio, nell’assenza, nella sicura, indiscutibile e certificata mai nata esistenza dell’infame di turno. Il poveraccio in questione si chiamava Clementis e, dopo essere caduto in disgrazia, subì la triste sorte: di lui rimase, in una foto famosa, il personale colbacco in testa a un altro oratore la cui fortuna continuò a lungo. Tutto il resto della sua esistenza evaporò a seguito di una decisione politica.
Quel brano mi è tornato in mente leggendo la delusione di Elio Turno Arthemalle e le motivazioni sulle sue future intenzioni di voto. Me l’ha ricordato per un semplice e banale motivo, una festa cui ho partecipato personalmente: la sera del comizio di Zedda e Vendola in piazza del Carmine. Sul palco a presentare la serata, con un’indiscutibile presa di posizione politica in quel momento, c’era Arthemalle e, insieme a lui – nel percorso politico che portò al successo il sindaco cagliaritano – tanti operatori culturali che in questi ultimi mesi hanno acceso una luce di critica (quasi sempre costruttiva) verso l’operato della giunta di Massimo Zedda. Questa amarezza, questo rifiutare quella che giustamente si ritiene poco più che un’elemosina (Origo), mi ha fatto pensare alla storia di Clementis ma al contrario… Qui non c’è nessuna autorità politica che provvede alla cancellazione della indesiderata presenza; qui sono gli stessi protagonisti che pian pianino si stanno allontanando, cancellando: è una consapevole auto-epurazione.
Ci sono, evidentemente, enormi differenze tra quel mondo e la nostra contingenza cagliaritana; tra quel sistema politico e il nostro; tra lo slancio libertario di quegli intellettuali e le richieste dei nostri. Enormi differenze e distanze. Ma resta un dato: il potere politico rimane più solo, più distante da energie creative, critiche costruttive-distruttive-costruttive (direbbe Schumpeter) in ogni caso, a mio avviso, da energie indispensabili.
Questo mi sembra il dato importante: un gruppo consistente di intellettuali, operatori culturali e sociali, dopo aver gioito, pazientato, criticato, si sta allontanando. I motivi di questa distanza sono stati documentati grazie al vivace e serio lavoro del blogger che ci ospita e non ci voglio tornare in questo momento. Vorrei solo soffermarmi sinteticamente su alcuni (tra i tanti) elementi chiamati a difesa dell’operato della giunta e usati come “arma” – mi si passi il termine – contro gli slanci critici.
Il primo argomento è quello banalmente proposto da secoli di storia politica: la contingenza avversa (c’è la crisi e le responsabilità non sono nostre; nostra solo la fatica e l’onere di affrontare i tagli economici e il gigantismo dei problemi urbani laddove gli altri – a destra – hanno chiosato in passato e, sicuramente, fallirebbero in questo frangente storico). Il secondo argomento sposta la discussione sull’operato della macchina burocratica: la politica è presente ma le responsabilità dei ritardi sono dell’inettitudine, della poca pro-attività, puntualità e, al limite, dell’avversità di quello che si configura come un vero e proprio “ceto burocratico”. Il terzo argomento è più ingenuo: abbiamo espresso una giunta di tecnici, giovani entusiasti ma inesperti della macchina comunale: tradotto in soldoni, ci vuole tempo per vedere i frutti del lavoro (il mio amico Soviet declina questa vicenda secondo i tempi dell’agricoltura e chiede di pazientare nell’attesa del sicuro momento della raccolta). Il quarto argomento richiama quello dell’ignoranza: “non avete esattamente presente cosa si è fatto in questi mesi, non sapete e dunque documentatevi; ci sono le 81 pagine del Report a portata di mano”. E così via..
Ora, possiamo continuare a lungo su questo sentiero elencando altri motivi portati a difesa dell’operato della giunta, le cui ragioni non sono evidentemente solo e strettamente di “ufficio”, ma alimentate dalla convinzione che si sta operando bene e che la strada intrapresa sia quella giusta, sia politicamente nel senso più ampio che si può dare al termine sia nelle relazioni con la macchina burocratica. Per alcuni ci vuole tempo, per altri il tempo sta per scadere e per altri ancora il tempo è già scaduto. Quello che mi sembra importante in questa vicenda che la lettera di Enrico Pau richiama è che una fetta di entusiasti operatori intellettuali entusiasti non lo sono più e, al contrario, si stanno allontanando. Questo mi sembra un “fatto” ma anche un fatto con enormi rilievi simbolici. E su questo fatto, sulle sue possibili conseguenze, a mio avviso, la classe politica che governa Cagliari dovrebbe seriamente ragionare.
Qualcuno, in altri post, ha detto, a mio avviso abbastanza ingenerosamente, che i gggiovani che animano questa amministrazione, in quanto figli dell’era berlusconiana, sarebbero in qualche modo schiavi delle stesse logiche, benché di sinistra. A parte il fatto che quando Berlusconi divenne per la prima volta capo del Governo, Massimo Zedda aveva 18 anni, e presumo che del mondo che lo circondava ne capisse già ben più di qualcosa – mentre Enrica Puggioni, pur avendone 15, era già sicuramente una ragazzina intelligente, altrimenti non ci si fa un tale curriculum in Germania – non credo sia questo il problema. Temo piuttosto che sia subentrato una sorta di panico per aver forse dato l’impressione di aver promesso troppo, unitamente al timore, che avrei anch’io al loro posto, di non saper adeguatamente distinguere tra chi ha contribuito disinteressatamente alla vittoria elettorale, e sarebbe disposto a continuare a collaborare altrettanto disinteressatamente (perché no, anche con una critica costruttiva) e chi semplicemente vorrebbe profittare della situazione per avere incarichi o magari sempre più ardue da affidarsi consulenze, e conseguentemente potrebbe essere in malafede. La logica che ne risulta, umanamente comprensibile, è di fidarsi delle sole persone di cui ci si è sempre fidati, de “is amighixeddusu”. Ma mica tutti quelli che fanno qualche critica sono in cerca di incarichi però. Incarichi assessorili sicuramente no, che rendono anche poco, consulenze lo sappiamo che Zedda è contrario, giustamente, tanto da averne negata una forse necessaria sulla raccolta differenziata all’assessore Leo. E allora un sommesso consiglio a Massimo Zedda: se proprio non ti piacciono le persone, o hai dubbi sulla loro buona fede, cerca almeno di ponderare e valutare le idee che esprimono, che non sono necessariamente stroncature a prescindersi. Vedrai che gli invidiosi o quelli che “vogliono cosa” si staranno zitti, magari, anzi, li troverai pronti a leccarti i piedi, mentre chi ci tiene a che tu passi alla storia come il miglior sindaco di Cagliari, cosa per cui hai le potenzialità, continuerà ad assisterti col consenso necessario, ma anche con le critiche costruttive. Fai almeno una prova, Massimo, e lascia perdere quel che ti suggeriscono nel fortino di Sel. Comunque, è inutile che ci giriamo intorno, se ci sono assessori che non hanno una sufficiente competenza giuridico-amministrativa sui settori di cui ci si deve occupare, dall’essere dipendenti dai burocrati non si scappa. Nella giunta ce ne sono di questi, da Gabor Pinna a Luisa Sassu, da Paola Piras a Luisanna Marras. Ma, almeno per quanto riguarda la cultura, non sono al posto giusto.
Zunkbuster è il nuovo Mongili! 😀
Esaggerau … mì che ti cerco le pizzette eh … 😉
esattamente cosi! concordo!!!
Penso a tutti quei sprovveduti che in questi anni hanno fatto “Cultura” senza mai vedere neanche un euro di finanziamento pubblico. Nonostante tutto.
Scusa Enrico, mi meraviglio di te, ma cosa ti aspettavi che la città cambiasse con un po di vernicetta blu per fare delle pseudo piste ciclabili?ma chi volete prendere per il culo? ma le hai mai viste le vere piste ciclabili in germania? Se vuoi trovare un po di cultura in citta prova a guardare dentro i tombini delle fogne.
Per far guarure questa città non basterebbe una bomba atomica( in senso lato naturalmente)
Il segreto sta nello sgominare quelle 4 famiglie del cazzo che la reggono e contro cui quel poverino di Zedda nulla puo fare..Una volte che utopicamente si riuscira a fere cio, cioè destituire dal gire queste persone che effettivamnte tutto si sblocherà d ‘incanto
Le 4 famiglie del cazzo conterebbero meno se a Cagliari esistesse una società civile. Di fatto non è mai esistita, e fisiologicamente chi governa non ha alcun interesse a che esista. Mi riferisco a chi ha governato prima di Zedda.
Bicicletta. Per riprendersi dallo shock comunale di elemosine e mance culturali, si può far conto sulla BICICLETTA NURAGICA: una parte di liquore di mirto e tre parti di fileferru.
Per questo tipo di bici non esistono in città corsie preferenziali. Saluti.
Grazie per la solidarietà e per la stima, che ricambio di cuore. Francesco Origo
(:::) come negli anni passati, le platee per i grandi eventi, anch’essi necessari a dire il vero, questi non conoscono mai la crisi, e si nutrono di risorse ingenti e spesso dei sogni di tutti gli altri. (…)
Purtroppo è vero Caro Enrico. Portiamo ancora un po’ di pazienza, vediamo cosa ci porta La Befana. Se è vero che il buon giorno si vede al mattino… Probabilmente c’era un po’ di foschia.
Forse.
Buon proseguimento amico mio!
la bicicletta sulla quale Enrico circola sulla pista ciclabile, sarà sempre quella mia bici da corsa, poi modificata, che gli regalai tanti anni fa in uno slancio di generosità? CAB
No CAB molte biciclette sono passate sotto i ponti, il tempo fugge e le biciclette anche.
Non so voi, ma a me ciò che lascia più perplesso è la distanza che corre i pensatoi di cultura cittadina, i centri decisionali politici (Comune, ma anche Regione) e il popolo…
Si, quel popolo che riaffiora come sentimento e radice comune quando ci capita di andare “fuori”, e che ci fa cogliere le differenze e tratti comuni.
Quel popolo che un tempo era luogo comune e riferimento (strumentale) per qualsiasi discorso sulla democrazia…
Ecco, da qualsiasi parte lo si guardi questo tempo, questa distanza tra popolo e centro decisionale politico mi sembra marchi bene una paura ed una incapacità a stare a livello della strada dei comuni mortali, quelli che fanno la cultura ogni giorno, e che portano a casa il pane per se e per la propria famiglia.
Finché non si tornerà a servire il popolo attraverso un ideale chiaro di bene comune, con sincerità, lealtà e fantasia, avremmo sempre due categorie di politici: quelli che se la cantano e quelli che se la suonano 🙂
E’ così che si separano inesorabilmente le piste ciclabili da poter percorrere insieme.
Cagliari città turistica? Secondo quale logica? Quali sarebbero le attrazioni che dovrebbero renderla tale?
La Necropoli di Tuvixeddu è chiusa; l’anfiteatro romano è finito nel dimenticatoio; il teatro lirico è ancora senza guida; l’arena concerti non si sa bene a cosa sia servita; i monumenti quali le torri sono visitabili a “c**o” (scusate il termine, ma considerando orari e giorni di apertura per chi li vuole visitare risulta essere peggio di un terno al lotto); i grandi eventi rischiano la chiusura (vedi Marina Café Noir); i medio/piccoli con i risicati finanziamenti rischiano l’estinzione; le tanto citate piste ciclabili sono semplici strisce tracciate per strada che espongono i cicloamatori a svariati rischi (es.: Incrocio via Sonnino-via Lanusei: finisce la pista ciclabile, le macchine tagliano per poter girare senza possibilità per l’automobilista di vedere se sopraggiunge un ciclista e viceversa, più un passaggio pedonale in cui la visuale è ridotta causa spostamento dei parcheggi…); negozi chiusi negli orari in cui un turista è solito passeggiare per le vie della città visitata…
Ma un turista, a Cagliari, cosa viene a fare? Bersi un caffè nei bar (unici esercizi aperti senza soluzione di continuità) o a mangiare in un ristorante all’aperto fra “fauna” locale e sporcizia?
Questo lo può fare tranquillamente a casa sua!
Conoscendo di persona il nostro sindaco, da molti anni, comunque mi viene da pensare che se c’è da attribuirgli una colpa è sicuramente quella di fidarsi troppo di alcune persone, nella fattispecie di alcuni assessori, che con tutto l’impegno che gli si può riconoscere non sono assolutamente in grado (per incompetenza o incapacità) di svolgere le mansioni a cui sono stati preposti.
Replico a questo intervento, ma avrei potuto rispondere ad altri, alziamo il livello, interventi come quest’ultimo sono ingiusti e fanno di tutta l’erba un fascio, non raccontano la realtà vera, io proponevo una discussione su temi un pò più alti, legati alla cultura e ai suoi rapporti con la politica, nella ricerca di uno scatto in avanti, di una soluzione che si può e si deve trovare. Capisco il disappunto di questo momento, ma il ritratto della città che propone bimbo rosso, o chi per lui, è ingeneroso e vagamente nichilista, quando c’è da criticare in modo costruttivo è giusto farlo, ma distruggere tutto non ha senso perché come ho scritto più sopra è necessario sottolineare anche le cose positive, che ci sono…
Il problema è che quello da me esposto è il ritratto reale della città per quanto riguarda il lato culturale (in senso ampio). Non discuto che le colpe siano da ricercarsi nel passato, ma è anche indubbio che personalità presenti in giunta non siano in grado di risolvere neanche piccoli problemi. Volevo mettere in luce questo. Le criticità si possono risolvere se entrambe le parti sono pronte al dialogo, se nella giunta ci sono “soggetti” che dipingono Cagliari come il paese delle meraviglie (leggere interviste recenti), che rapporto si può ottenere? Io critico il fatto che in questa giunta non si riesca a dire “ho sbagliato”, ma che si giustifichi tutto con lo “stiamo provando”, Quando inizierò a sentire queste parole, inizierò a credere che qualcosa stia davvero cambiando.
E’ l’insanabile divario tra rappresentanza e rappresentati.
Uno occulto principio secondo cui e grazie al quale non sussiste più alcun “vincolo” certo tra promesse/aspettative e azione politica che, con grande frequenza, cancella le ragioni del consenso ricevuto.
Tempo fa, quando ancora imperversava con grande stima della maggioranza degli elettori, il ministro Tremonti disse, giustificando i tagli al settore, che la cultura non si mangia. Potrebbe sembrare un ragionamento pragmatico: cinico, ma corretto. In realtà in Italia il problema non sta nella produzione di generi alimentari. E’ vero viviamo una crisi economica profonda, ma non siamo nel primo dopoguerra in cui c’era “fame” perché trovare un uovo era cosa rara. Ora il problema semmai è ribaltato: ci troviamo in una situazione di saturazione di beni e di conseguente mancanza di lavoro. Il ragionamento banale è questo: perché un imprenditore dovrebbe assumere un lavoratore se non c’è chi acquista il suo prodotto? In sostanza quello che voglio dire è che in Italia e in Sardegna non mancano ne uova ne case, quindi i beni di prima necessità sono assolutamente più che sufficienti per dare da mangiare e riparo a tutti, anche ai disoccupati. Qualcuno particolarmente “sveglio” potrebbe obiettare che il ministro Tremonti non intendeva “mangiare” nel senso stretto del termine, ma che con quella parola intendesse lavoro, vivere una vita dignitosa con la possibilità di mettere su una famiglia. Tutto ruota intorno alla parola lavoro e alla necessità di riattivare il circolo di denaro che si è fermato. Dato che l’investire in edilizia e in agricoltura intensiva pare non avere futuro, occorre trovare un settore su cui puntare. Ed ecco tutti a parlare di tecnologia, di servizi, di cose che già in altri paesi fanno con molto maggior competenza e predisposizione culturale che in Italia. C’è un servizio però che in Italia e in Sardegna sappiamo fare meglio di qualsiasi altro paese al mondo e questo è proprio la cultura. Siamo detentori del più grande patrimonio artistico mondiale. Siamo primi in una cosa! E non una cosetta tipo la medaglia olimpica di bigliardino. La cultura non è cibo? E’ cibo per il cervello e per l’anima ed è ciò che sta venendo a mancare anche nel nostro paese che ne è la culla. La cultura può rilanciare l’economia? Si, se si riesce a vedere l’acquisto di un biglietto per uno spettacolo allo stesso livello di pizza e birra. Per carità, ci stanno anche quelli, non me ne vogliano i Pizzaioli però onestamente quante persone conosciamo disposte a spendere 20 euro per uno spettacolo? Pochissime. E quanti ne conosciamo disposti a spenderne altrettanti per pizza e birra? Tutti! Il problema è che in Italia lo svilimento culturale, volutamente attuato dal potere degli ultimi 20 anni, ha condotto a inaridire un settore produttivo che avrebbe potuto dare ossigeno all’economia anche in questo periodo di crisi. La cultura dovrebbe essere vista come risorsa economica: un ramo produttivo capace di attuare un ricircolo di denaro ed in grado di creare le risorse con cui sostenersi. Sarebbe auspicabile l’intervento di imprenditori coraggiosi con la voglia di scommettere in questo settore. I finanziamenti pubblici e comunali diventano a questo proposito fondamentali per risvegliare l’appetito che si è spento. Se si vuole scommettere nell’industria della cultura, bisogna avviare il processo e questo lo può fare solo la politica con risorse pubbliche. Il motore, fermo da troppo tempo, ha bisogno di una spintarella. Se la politica non si impegna a portare avanti questa rivoluzione di valori, allora avrà comunque fallito, anche se le aiuole saranno pulite, i marciapiedi integri e l’illuminazione funzionante.
E’ vero che non “biveusu de poesia”, però sono convinto che con la poesia si possa vivere.
Chiedo scusa per la banalità dei concetti espressi.
Cordiali saluti
Zio Rufus.
ecco la cultura circhendi contus e batte cassa. mettetevi in fila
Non conosco le risorse effettive della giunta, i tagli della cultura, sono anche i tagli del sociale, tutte le amministrazioni approfittano del momento storico per tentare di correggere i bilanci frutto di mala amministrazione passata.
Vedo registi, promotori culturali, attori che si lamentano del poco ricevuto. Da ormai venti anni usufruisco dell’offerta culturale cagliaritana, e lavoro, saltuariamente come operatore sociale.
E’ chiaro che non è più sostenibile portare avanti delle attività completamente sponsorizzate dagli Enti locali, questo sia in ambito culturale che sociale. Occorre trovare soluzioni alternative, come sostiene Antonello Pabis condividere, progettare insieme alla popolazione ai portatori di interesse.
Immagino che chi abbia goduto di convenzioni per decenni si trovi spiazzato, ma questo è il futuro.
Il panorama teatrale cagliaritano nell’ultimo ventennio è vertiginosamente crollato, delle esperienze del teatro degli anni 70/80/90 restano i rimasugli frammentati di compagnie presuntuose che non sono più scuole innovative, ma laboratori naif che sbarcano il lunario. Quando mi chiedono con chi fare un laboratorio, suggerisco due o tre nomi, alcuni dei quali vedo quassù, ma sottolineo che sono di livello medio, medio basso, e non perchè non siano la storia nostra, ma perchè oramai non si innova, si resta fermi su i 20 trentanni di storia che si hanno alle spalle. Non vogliatemene, conosco l’onestà di voi lavoratori di teatro, conosco la vostra dedizione, le vostre cantine o sotterranei in cui sudate coi vostri allievi, ma in questo momento bisogna rinnovarsi, andare oltre. Alcuni ci stanno provando, complicatissimo riuscire a resistere col botteghino, forse impossibile, ma siamo sicuri che questi tagli non possano essere un punto di partenza?
E allora, senza soldi, chiediamo consulte, tavoli tematici, democrazia partecipata, ma smettiamo di piangerci addosso, smettiamo di pensare che si possa continuare a sostenere un sistema che dona milioni di euro a compagnie che lasciano i teatri vuoti o li riempiono con i biglietti regalati a mille lire. Le mie parole sono un po’ dure, ma vogliono dare un contributo alla discussione alla ricerca di alternative, o vogliamo occupare aeroporti, porti e stazioni?
Le alternative sono nella nostra creatività nella capacità di rinnovarsi e portare la gente a teatro, ma non quelli che vengono a sonnecchiare con le loro pellicce, ma quelli che non sanno cosa siano le sale di teatro, che non conoscono la forza di un corpo che parla direttamente alle nostre pance…
Chi dice pochi soldi a tutti, chi dice molti soldi a certi, chi parla di altre priorità, chi in ogni caso è scontento. Una soluzione, in tempi di magra, che accontenti tutti, che al contempo riesca a far emergere la cultura “valida” senza elargire nessun finanziamento a nessuno, potrebbe essere questa:
Mettere a dispozione per lo stesso numero di giorni per ognuno, nell’arco dell’anno e gratuitamente, le varie strutture comunali. Questo comporterebbe tutta una serie di eventi: nessuno avrebbe più di un altro, i contributi verrebbero accantonati nel fondo cultura in modo poi da poter essere utilizzati magari l’anno successivo quando lo stato delle arti si sara fatto piu chiaro sia per la politica che per l’arte stessa, ed inoltre, partendo da una situazione comune a tutti, ogni associazione/artista, avra a quel punto la responsabilità della sua arte nel senso che, chi merita emergerà e raccoglierà pubblico e consensi e incassi, e chi invece no, vuol dire che magari non lo meritava. Io credo che un anno cosi potrebbe chiarire tante cose a tante persone e sopratutto eliminare ogni malumore per i futuri contributi in denaro.
Ps. So beniissimo che l’arte non ha solo bisogno di luoghi ma necessita di tantissimi altri e svariati mezzi, ma la mia vuole essere un idea solo per un anno, anzi per il primo anno post elezioni e post sbornia della vittoria.
Costringerebbe le due parti, arte/politica a meditare meglio sul futuro.
La Cagliari sognata non corrisponde a quella reale.
Ogni tanto ho la stessa sensazione, però vi si sovrappone subito un momento di lucida freddezza intellettuale, e mi rendo conto che c’è ancora tanto tempo per arrivarci. Passo dopo passo.
Quello che possiamo fare è spingere l’amministrazione, perché faccia ogni tanto un passo un po’ più lungo degli altri (stando attenti a non pretendere che il passo sia più lungo della gamba, sennò si cade).
Secondo me, oltre al difetto di programmazione e gestione del settore culturale, c’è da migliorare molto sul piano comunicativo.
Alle persone devono arrivare le notizie di quello che il Comune sta facendo. Non bisogna discolparsi dicendo che ci sono i siti e gli incontri, e se uno vuole informarsi lo può fare. Ci sono molte persone che non hanno voglia di informarsi. L’informazione deve arrivare anche a loro.
Se il comune sta lavorando per risparmiare soldi, ed evitare quindi tagli ai servizi, lo devono sapere tutti. Però non a fine anno, da una conferenza stampa e un libretto di 80 pagine: lo devono sapere subito.
Potrebbe andare bene un video settimanale caricato su youtube, dove il sindaco spiega cosa si è fatto durante la settimana. Può andare bene un foglio spedito a casa delle persone, dove si riepiloga il lavoro fatto, scritto in modo semplice, diretto (come quello per la raccolta differenziata).
Visto che in Comune si lavora duramente ogni giorno, le persone devono saperlo; si calmerebbero un po’ gli animi e ci sarebbe anche più consenso.
La comunicazione è fondamentale. Se fai dieci cose, ma nessuno sa che le hai fatte, sembrerà che tu non abbia fatto niente. Se ne fai due ma tutti sanno che le hai fatte, non ci sarà nessuno che potrà dire che in Comune dormono.
cosa devo sentire: un commerciante che fa i soldi alla marina grazie alla concessione di suolo pubblico. un avvocato che ci suggerisce di lavorare gratis (e certo, stavo aspettando lei per farlo) e una compagna di Sel che ci dice che la cultura non è prioritaria.
questa è cagliari e certe teste non basta una elezione per cambiarle.
Spero che tu non ti riferisca a me Su presidenti perchè non è affatto ciò che penso, anzi io penso che il teatro e lo spettacolo siano l’anima di una città. L’ho sempre pensato, e mi piace molto il teatro.
Ma vi invito a leggere il bilancio del comune, una lettura interessante, confrontarlo con quello dell’anno precedente, e poi decidere in base a quale criterio dobbiamo decidere che qualcosa deve essere privilegiato rispetto a qualcos’altro, e soprattutto chiederci se la giunta dopo avere fatto già vari regolamenti (ne hanno fatto 3, e un consigliere mi ha detto che normalmente ce ne vuole un anno per farne uno) deve fare anche il numero 4 su un argomento delicato come questo. E non significa dire che la cultura non è prioritaria.
cara marybonny, prendo atto della tua precisazione e me ne compiaccio. Il problema ahinoi però rimane tale e quale. Questa situazione causa disaffezione e scoramento tra tanti di noi. Si può provare a capirne il perchè e ragionarci su oppure affrontare la situazione come fa il compagno broz che a volte non capisce che c’è un tempo per ridere e scherzare tutti assieme ma c’è anche il tempo di discutere seriamente delle questioni senza nascondere la testa sotto la sabbia. bonu fine xida a tottus.
La cultura è sviluppo.
marciapiedi rotti, strade a pezzi, asili nido che soddisfano meno del 50% delle richieste, ecc. ecc. Diamo tutti quanti una mano a questa città: chi organizza gli eventi culturali lo faccia gratis e cerchiamo di coprire i costi con sponsor e biglietti per assistere agli eventi. Come ha detto un mio compaesano “s’ogliu ‘e procu es’ finiu” Renato
Ottima idea.
Avvocato, lei faccia le cause gratis, vedrà che migliorerà la situazione dell’accessibilità della giustizia per i cittadini, molto prima di quella della cultura …
Immagino che sia una provocazione (non avrebbe senso altrimenti) e ben vengano le provocazioni se ci permettono di capir meglio la situazione. Lo sviluppo naturale e logico della provocazione sarebbe che lo stesso principio dovrebbe valere per tutti i servizi resi al pubblico: la costruzione dei marciapiedi, come la gestione degli asili nido, la fornitura della cancelleria come la pulizia delle strade ecc. ecc. Sarebbe un modo per risolvere ogni problema economico della città, certo poi chi è così generoso da aiutare la città avrebbe qualche difficoltà a sbarcare il lunario ma cosa vuoi che sia in confronto al bene della città.
Le cose cambiano se uscendo dalla provocazione e dal paradosso, dalla superficialità di certe affermazioni – giustificate e legittime in un blog – si facesse un discorso un po’ più serio. Allora bisognerebbe considerare per esempio che il settore della cultura è l’unico che attualmente in Italia ha una prospettiva di crescita, bisognerebbe considerare che da quando l’Italia ha smesso di investire in cultura, formazione e ricerca (ossia da circa una ventina d’anni) ha iniziato a sprofondare progressivamente nella crisi drammatica in cui ora si trova (cosa che non è capitato agli altri big del mondo che hanno continuato a investire in questi settori), bisognerebbe notare che i grandi paesi hanno la maggoranza della forza professionale impegnata nel campo della conoscenza (negli USA già agli inizi del 2000 quasi il 50 % della popolazione lavorava nel settore della conoscenza) e si potrebbe continuare a lungo.
Il fatto è che la spesa nel settore della cultura, nel mondo moderno, è sempre occasione di crescita per la colletività e non solo perché il rapporto investimento/risultato è ampiamente positivo, ma anche perché l’investimento nella cultura è nutrimento del cervello senza il quale tutto va a rotoli.
Ma c’è un’altra cosa di dire: il comparto cultura, come ogni altro settore dell’economia moderna (sì, dell’economia, perché l’industria culturale, come ben sanno in America e come noi, nonostante la nostra storia, non riusciamo a comprendere, è uno dei tasselli fondamentali dell’economia moderna) per funzionare richiede competenze e capacità che non arrivano per ispirazione divina o per scienza infusa. Richiedono studio, esperienza, impegno pluriennale. Come nessuno affiderebbe la gestione di un’industria automobilistica a uno di passaggio così deve accadere per quanto riguarda l’industria culturale. E invece qui siamo tutti esperti. François Truffaut, nell’introduzione a un suo libro, scriveva che a Hollywood tutti hanno due mestieri, il proprio e quello di critici cinematografici. Così da noi tutti quelli che sono andati un giorno al cinema o a teatro si sentono esperti e sanno dare consigli e addirittura si propongono per competenti. Sarà che lo spirito italiota porta tutti a sentirsi santi, navigatori, poeti, economisti, allenatori della nazionale di calcio e, ovviamente, operatori culturali.
Gentile Antioco Floris,
intendiamoci, si potrebbe anche condividere ciò che dice in merito all’importanza della cultura e della conoscenza ed al suo ruolo strategico…
…se però definiamo l’oggetto di cui si parla, perché in questo post si parla della consistenza e ripartizione delle risorse per lo «spettacolo» a Cagliari!
Per cui, magari, veda un po’ lei, è un po’ diverso dagli investimenti in cultura dei paesi avanzati (lei cita l’America e immagino che ci sia stato e la conosca, quindi spero non vorrà dire che una lite di questo tipo potrebbe scoppiare a Salem o Concord e non le dico NYC perché il paragone sarebbe impietoso).
Diciamo le cose come stanno: gli operatori dello spettacolo di CA sono incazzati perché, avendo sostenuto Zedda, si aspettavano qualcosa di meglio da lui. Non stiamo parlando né di investimenti strategici, né di motori economici o di economie da sostenere con investimenti in «conoscenza», ma di ben altro.
Per cui, va bene sostenere che forse si è trattato di una provocazione o forse è qualunquismo, ma la sua riposta è del tutto fuori luogo e molto poco pertinente. Vuol parlare di America e spettacolo che genera posti di lavoro? Parli di Hollywood, in cui il regime è del tutto privatistico salvo i film di propaganda: cose come la delibera per la spartizione del granello di zucchero (mi pare brutto parlare di torta avendo appena nominato Hollywood) negli USA non ci sono (mentre in conoscenza investono moltissimo sia dal pubblico che dal privato; conoscenza, però, come dire scienza di base, applicata, tecnologia: i film e le rappresentazioni teatrali se li pagano i privati rischiando i propri quattrini, oppure sono grandi spettacoli per intrattenere la popolazione e nessuno sostiene che siano un investimento: sono un costo secco, esattamente come i soldi di cui si parla in questo blog e li trova dove se li possono permettere, altrimenti no)!
Tanto per essere chiari, a Milano c’è la Scala perché hanno i soldi per sostenerla, non perché genera ricchezza, o indotto o posti di lavoro! Con i discorsi come i suoi, che pretendono di giustificare il Lirico (tanto perch fare un esempio) perché «conviene» non si fa altro che porre ottime armi nelle mani di coloro che di spettacolo e «cultura», come la chiama lei, sovvenzionate dal pubblico ne farebbero volentieri a meno!
Tralascio il «nutrimento per il cervello» perché dovrei commentare ciò che vedo scritto e non ho intenzione di litigare, ma le suggerisco di leggere un po’ di commenti prima di parlare di «cervello».
Cordialmente,
A Milano l’anno scorso, quando ho fatto un’opera lirica, ho visto il neoeletto Pisapia al Bar con Lissner e Moratti. A Milano sì che si occupano della SARAS, altro che Zedda!
Gentile gianlucafloris,
esatto: lei va a Milano a “fare un’opera lirica” perché se lo possono permettere e, al momento, non hanno bisogno di preoccuparsidella SARAS.
Finalmente qualcuno che ragiona!
Cordialmente,
Giusto per completezza, la SARAS è uno dei maggiori soci privati della Scala di Milano. Cordialità.
Gentile gianlucafloris,
ho visto solo ora il suo commento.
Esatto: e allora? Se la SARAS chiude, la famiglia Moratti darà i soldi tramite un’altra società, oppure entrerà un’altra famiglia con i quattrini, come è sempre avvenuto. A Cagliari, al contrario, un’altra SARAS non c’è. Possibile che lei non si renda conto della differenza?
Sa una cosa? Lei è uno di quegli intellettuali che mostra in modo eclatante come certa intellettualità sia completamente scollata dalla realtà. Ma lei si è mai domandato quali meccanismi le consentano di svolgere il suo lavoro? Quando pretende i soldi della comunità, si domanda ogni tanto come vengano generati o crede che caschino dal pero (convinzione condivisa da molti altri, a quanto pare)?
Cordialmente,
E’ finita la pacchia, non ci sono piu’ soldi…a lavorare! senza soldi pubblici…
Gentile Sig. Mascia,
visto che lei è un privato imprenditore che ha tratto profitto dalle attività di Chourmo e del Marina Cafè Noir, sarebbe cosi cortese da comunicarci quali sono stati i suoi contributi privati alle varie iniziative che hanno generato profitto per la sua attività?
Un semplice elenco con la cifra anno per anno andrà più che bene, grazie.
e già che c’è ci dica anche quanto paga di suolo PUBBLICO (pubblico si, come i contributi alle associazioni). perche a fare l’imprenditore con le risorse degli altri come fa lei sono capaci tutti. magari a scrivere un libro no, ma a stappare scioppini senz’altro.
Io ho dato una mano durante la campagna elettorale di Massimo e sono iscritta a Sinistra ecologia e libertà, quindi il mio parere è fazioso, ma credo di avere sentito qualche cifra in più sul bilancio comunale.
Io credo che voi abbiate ragione, ma come voi hanno ragione centinaia di persone con un sacco di problemi diversi: da chi ha bisogno di assistenza per i libri della scuola, a chi ha bisogno di qualunque altro tipo di servizio, che il comune è tenuto ad assicurare a tutti i cittadini, nonostante i tagli e nonostante l’appartenenza politica. Voi vi lamentate di piccole elemosine, ma allora cosa devono dire categorie che neanche esistono come i precari con la partita iva o i precari e basta come me? Per molte categorie, non è disponibile neanche 1 centesimo. Io credo che i passi fatti sono stati notevoli, in moltissimi sensi, soprattutto in quelli dove è stato possibile intervenire senza grandi rivoluzioni ed è passato solo un anno. Il comune aveva non una patata, ma una mensa intera piena di patate bollenti. E il settore culturale richiede un’analisi molto attenta e ponderata. Date tempo e fiducia alla giunta che avete votato.
Marybonny, chi è un minimo informato conosce le ristrettezze di bilancio che il Comune deve fronteggiare. Per quanto mi riguarda, da “freelance” della campagna elettorale, avvisavo prudentemente coloro a cui chiedevo di votare per Massimo Zedda che non si facessero facili illusioni sul fatto che così si sarebbero creati posti di lavoro a pioggia. Eppure nel mio piccolo i risultati sono arrivati. Il problema è un altro, è quello della partecipazione sulle scelte, e prima ancora quello della comunicazione sulle stesse. Credo che nel giro della “curtura” casteddaia non ci sarebbe malcontento se si fosse saputo ex ante che di soldi ce n’erano pochi (questo già si sapeva) ma che vi sarebbero stati criteri certi e prontamente pubblicizzati per la distribuzione di quel poco. Magari, come ha detto qualcuno, anche riducendo la platea dei destinatari, ma erogando contributi veri e non prebende simboliche con cui di un evento con la E maiuscola non si riescono a coprire neanche le spese amministrative. Ad esempio: LucidoSottile per quel che ricordo aveva ottenuto un contributo di 15.000 euro dalla Provincia per la realizzazione di The Holy Creep Show (mi scuso se il nome è sbagliato), questo per chi dice che Francesco Siciliano non è stato un buon assessore alla cultura. Con 2000 euro, che ci fa? Meglio sarebbe stato dire non possiamo darvi niente, ci sono progetti prioritari, come MCN ed altri. Purtroppo in quel di Sel avete tanto entusiasmo, e sicuramente tanta buona volontà, ma lo smalto della campagna elettorale è stato perso. Tendete troppo a parlarvi solo tra di voi pensando di essere un campione rappresentativo dell’intera cittadinanza, e il risultato è che quando vi rivolgete verso l’esterno vi parlate addosso, antichissimo e deleterio vizio della sinistra. Il fatto che tu abbia rimandato Biolchini alla partecipazione ad incontri con gli amministratori che si tengono “nel circolo di via Puccini” è la dimostrazione più lampante di questa mentalità. Certo, Biolchini non è magari un iscritto al PD o a qualche altro partito della maggioranza, o magari perfino un simpatizzante del centrodestra, che non potrebbe sopportare di andare al circolo di Sel, è un giornalista (che peraltro oggi come oggi non mi risulta lavori per quotidiani, neanche online, ma scrive liberamente su questo blog), ma comprenderai che costringere un giornalista a prender parte a un’assemblea di militanti anziché a una rituale conferenza stampa già trasmette una pessima impressione. Primum Sel, e dopo la cittadinanza. Non è carino. Ai tempi del vecchio PCI, se c’era una cosa che ci faceva infuriare come giovani militanti, era la chiusura militare che il Partito dimostrava nell’approccio alla società civile, a quello che “stava intorno”, una cosa che a volte ci costringeva perfino a giustificarci quando ci presentavamo come “comunisti”. Temo che un bel po’ di quella mentalità sia sopravvissuto, e onestamente, da come si è vista Sel in campagna elettorale, pensavo che le cose fossero ben diverse. Stendiamo un velo pietoso sulla comunicazione istituzionale del sindaco e della giunta: ogni morte di papa qualche noterella sulla pagina FB del sindaco, quasi sempre firmata [staff]. Fa molto di più uno come Matteo Lecis Cocco Ortu, che è un semplice consigliere comunale ed è del PD. Come diamine può la cittadinanza avere tutti gli elementi per giudicare quando il sindaco, specialmente quando ci sono grossi problemi (vedasi ROM), si rende praticamente invisibile con la sua strategia del silenzio che non sempre è producente, specie quando dall’altra parte c’è l’Unione Sarda che spara cannonate, e dalla parte opposta Antonello Pabis che non dovrebbe certo essere un naturale oppositore della giunta Zedda, ma pure lui fatica a trovare risposte? Quindi per favore, le cose che sapete fatele sapere più efficacemente anche a noi, che non sempre abbiamo il tempo di andare alle riunioni di Sel, ammesso che vogliamo andarci, per informarci. Sulla partecipazione, purtroppo come ho già detto sindaco e giunta si trovano a fronteggiare una drammatica carenza di interlocutori legittimati. Forse in un certo senso è comprensibile che gli amministratori preferiscano rapportarsi con Sel, dato che se guardiamo al PD ad esempio le iniziative delle “Serate delle idee” al Ghetto, per quanto l’idea fosse valida, hanno dato un risultato di partecipazione abbastanza sconfortante, a parte la sala piena il giorno di apertura, e prima ancora che da parte della cittadinanza da parte di iscritti e militanti del PD. Coi partiti c’è poco da fare, ma in città c’è tutto un tessuto associativo, i cui titoli di legittimazione andranno magari verificati caso per caso, ma intanto c’è, dal quale si può partire perché l’amministrazione possa rapportarsi stabilmente, e non sulla base di momenti sporadici di incontro, con “l’utenza”. Stabiliamo qualche meccanismo di consultazione permanente. Dopodiché, ovviamente, l’amministrazione avrà diritto di non abdicare a favore della democrazia assembleare e di tener fermo sulle sue scelte politiche. Ma almeno nessuno potrà e dovrà dire di non essere stato consultato.
quoto in toto il commento di Zunkbuster, soprattutto in merito all’autoreferenzialità. Qualcuno spieghi ai militanti di sel che ne’ il mondo ne’ tanto meno Cagliari ruotano attorno a Via Puccini, anche perché, le poche volte che mi è capitato di entrarci, sono stato trattato con tale indifferenza e ho assistito a tali scene di chiusura settaria che sinceramente mi è passata la voglia. Ora tocca a noi, ma a noi chi?
E’ sicuramente questo il motivo che spinge tanta gente a venire a partecipare, ascoltare, socializzare: l’indifferenza e la chiusura settaria.
ok, allora sono stato sfortunato io, continuiamo così.
Dacci un’altra possibilità.
Dai non penso che c’entri che sono di Sel. E’ solo una certa mentalità casteddaia molto classista e “de cricca” per cui se non sei dei nostri ti facciamo l’esame del sangue cento volte prima di rivolgerti la parola. Anche alle assemblee del PD quelli che non conosci non è che caghino molto, infatti anche nel PD classe operaia e popolare cind’e meda pagu.
@ Matteo:Io non ero amica di nessuno quando ci sono andata la prima volta, e ci sono andata da sola, per sentire, per vedere come era l’ambiente. Io a dire la verità a Cagliari non voto, perchè non ci abito;ci lavoravo e basta (ora sono disoccupata), ebbene pur non votando a Cagliari ho deciso di andarci perchè volevo fare qualcosa dal vivo e non solo a parole. Prima di dire una parola in pubblico ci ho messo più di un anno ed è stato molto difficile per me superare la mia timidezza. Adesso che è passato un pò di tempo posso dire che ho qualche amico in più ma sicuramente ho tanti compagni che condividono con me molte molte idee, e vorrei davvero sentire quando ti è capitato di assistere a scene di chiusura settaria. Spiegati meglio.
Caro zunkbuster, in realtà non si tratta di assemblee di militanti ma di assemblee pubbliche aperte alla cittadinanza.
Si ok, ma perché per sapere devo andare alla sede di Sel (e varrebbe lo stesso discorso se partecipassero a iniziative in una sede del PD)? Ben venga se Sel offre così un servizio alla cittadinanza, ma anche tenere più frequenti conferenze stampa ufficiali con esiti adeguatamente pubblicizzati non sarebbe male. Magari l’Unione Sarda sarebbe meno libera di scrivere callonarasa, e anche noi qui quando ci capita.
Una compagna ha invitato Vito a partecipare quando vuole. Invito che condivido.
A te nessuno ha detto che devi venire alla sede di Sel per sapere le cose. Stai montando una questione sul nulla.
Allora Caro Signor ZunkBuster: le spiego perchè organizziamo gli incontri con gli assessori in via Puccini e non altrove. L’affitto di via Puccini, lo paghiamo noi volontari, ogni mese, quotandoci, ed è quello il nostro spazio. L’incontro si svolge in modo informale, e chiunque viene può porre domande e avere risposte (questo non sempre è possibile in luoghi formali), ho invitato Vito Biolchini li e non solo lui, perchè penso che sia maggiormente produttivo uno scambio diretto della cittadinanza con gli amministratori, e non capisco proprio perchè non dovrei, dato che tutto quello che noi facciamo in genere è pubblico, soprattutto in un caso del genere.
Non capisco da dove le sia nata l’idea, che qualcuno pensasse che Massimo Zedda potesse distribuire posti di lavoro a pioggia. Guardi che non si chiama Silvio Berlusconi. Nessuno ci ha mai neanche pensato, lei seriamente pensava che potesse farlo? guardi che molte delle persone di via Puccini che sono vicine al sindaco sono precari come me, o addirittura disoccupati.
Capisco che le piace molto scrivere: anche io amo scrivere, ma inizio a capire l’idea del nostro segretario di partito che preferisce la partecipazione attiva a quella virtuale. Ci rifletta e la prossima volta all’incontro mensile con gli amministratori venga pure lei a fare domande e ricevere risposte
Saluti
MaryB
“Per quanto mi riguarda, da “freelance” della campagna elettorale, avvisavo prudentemente coloro a cui chiedevo di votare per Massimo Zedda che non si facessero facili illusioni sul fatto che così si sarebbero creati posti di lavoro a pioggia.”. Questo è quello che ho scritto. Dove legge quello che mi attribuisce?
In un periodo di grandi ristrettezze è stata un’ottima idea dare 370mila euro alle attività culturali e settecentomila per l’arena grandi eventi a S.Elia
ottima proprio. se ne sentiva il bisogno
In una città del tutto priva di problemi era ovvio che si facessero le umane e le divine cose per garantire l’imperdibile concerto di Tiziano Ferro.
Cara MaryB hai certamente ragione. Purtroppo in questo periodo storico le persone ad avere problemi sono davvero tante e appartenenti alle sfere più diverse.
Voglio solo invitarti a riflettere su un aspetto, che peraltro ha tratteggiato molto meglio di me Antioco Floris su questo Blog e tanti altri, Zunkbuster compreso (ormai il mio preferito).
Il problema della cultura non riguarda gli operatori culturali ma i cittadini. Sono loro ad avere diritto all’accesso alla cultura, siamo noi artisti, guitti, scrittori, autori e quant’altro, ad avere il dovere e il privilegio di fare i messaggeri di questa indispensabile fruizione.
I cittadini hanno il diritto ad avere una sanità, per stare sani; hanno il diritto ad avere una scuola, per essere istruiti; hanno il diritto ad avere dei trasporti pubblici, per spostarsi sul territorio.
E i cittadini hanno parimenti il diritto di avere accesso alla cultura, a saper leggere testi, a confrontarsi con letture teatrali le più diverse, a capire e a fruire di tutta la musica che ha accompagnato la nostra civiltà, ecc.
E i cittadini hanno questo diritto per poter essere cittadini migliori e più consapevoli, ché solo chi è abituato a fruire la cultura sarà domani un cittadino responsabile.
La cultura è un diritto primario come e quanto la sanità, la scuola e i trasporti o i servizi sociali. Di questo siamo convinti noi operatori del settori che ci lamentiamo quando vediamo le cose fatte male.
Ecco perché abbiamo la presunzione di rompere le scatole quando vediamo il nostro comparto trattato non all’altezza della situazione.
L’accesso alla cultura non è una ciliegina sulla torta da fruire solo se sono appagate e soddisfatte tutte le esigenze primarie; la cultura è assolutamente un diritto primario ed è uno dei doveri primari di ogni amministrazione pubblica. È suo compito promuoverne la diffusione.
E la diffusione della cultura la possono fare solo coloro che ne hanno fatto una professione, siano essi gestori di strutture museali, o attori, o musicisti o cantanti, o registi o anche solo giocolieri o clown.
Noi guitti e operatori tutti siamo gli unici a dover fare da veicolo per distribuire ai cittadini arte, cultura e lettura complessa dei testi, quindi dell’eterno presente.
Tutto questo, però, senza l’intervento del pubblico non è possibile, a meno di non voler tornare a prima del settecento quando la cultura era appannaggio della classe dominante coi teatri di corte. (Shakespeare era per questo un grande rivoluzionario, politicamente parlando)
Detto questo, volevo anche dirti che la crisi morde in tutto il resto del mondo, ma solo in Italia abbiamo in venti anni tagliato risorse al comparto. Proprio la cultura che è l’unica cosa nella quale l’Italia potrebbe essere ancora competitiva sul pianeta.
Quindi la mia esortazione è: facciamo di tutto per tornare in sella e per tornare a crescere e facciamolo innanzitutto a Cagliari che fra le prime ha voluto rompere con il passato per affacciarsi al futuro con grande entusiasmo.
Vi prego di non pensare MAI che i contributi pubblici alle attività culturali siano soldi elargiti agli operatori: sono soldi che vengono dati AI CITTADINI tutti, perché è giusto che tutti possano fruire della cultura.
Vedere un grande artista come Francesco Origo o una grande tradizione come quella dei Figli d’arte Medas umiliati con delle elargizioni da festa delle medie è impoverente per tutti i cittadini. Vediamo di metterci una pezza.
Un abbraccio
D’accordissimo sul concetto di diritto alla cultura.
Io a questo diritto accompagno quello alla spesa giusta. La circoscrizione di Sant’Avendrace organizzava con circa 10.000 euro di fondi per attività culturali una sagra del pesce e, a conti fatti, pagava il pesce più di quando l’avrebbe pagato il singolo cittadino al mercato.
Comunque, riprendendo un commento ad un post precedente, è vero che non conosco a fondo il mondo della cultura cittadina e come funzionano le cose nell’ambiente delle attività culturali e delle richieste di contributo.
Ma è anche vero che molto difficile stare al passo della discussione se Vito comincia con una generica critica ai criteri (normati da un regolamento) e a una presunta discrezionalità dell’amministrazione, e prosegue con i pareri discrezionali su chi ha preso troppo poco perché secondo lui è bravo.
E allora mi permetto di lanciare una provocazione: cerchiamo di sapere quali siano le manifestazioni proposte dagli operatori, i programmi e relazioni tecnico-artistiche, i preventivi finanziari.
Allora anche uno come me, fuori dal mondo degli operatori culturali e di spettacolo, potrà farsi un’idea precisa su quanto sia stata giusta la spesa. E magari convincersi delle ragioni altrui.
Partecipare a questo confronto mi imbarazza un poco, dato che ultimamente non sono stato tenero con la Giunta Zedda. Ma posso sottrarmi se, oltre al mio impegno con l’Associazione contro l’emarginazione, mi occupo anche di teatro e di cultura? No, non è possibile, devo dire la mia e inevitabilmente tornare alle questioni della democrazia partecipata. Perchè essa riguarda anche la cultura come ogni altro settore dell’amministrazione dei beni comuni.
In questo caso i fatti sono stati ben descritti e a poco serve (o dovrebbe servire) ripetere che, tanto più in periodo di vacche magre, per superare la crisi (economica, morale, etica, delle relazioni), occorre anche un progetto culturale e investire in conoscenza. Ci siamo già detti in altro luogo che se la cultura ha un costo, l’incultura ne ha uno molto più alto. Se ci sono problemi dobbiamo farci i conti e non trovare giustificazioni alla Medioevista che non ci servono a risolverli. C’è bisogno invece di spiegazioni.
Abbiamo già appurato che “un pugno di persone entusiaste ma con poca esperienza di amministrazione” ha dovuto fare i conti con i problemi di una città che sono effettivamente altra cosa rispetto a quelli di un piccolo condominio. Ebbene, cosa fa una persona che ha poca esperienza? Chiede informazioni, cerca aiuto nell’analisi della situazione e per lo studio di possibili soluzioni, impegna la cittadinanza attiva a ricercare (gratis, non a pagamento) una via d’uscita? Anche in questo campo le persone non mancano e tra i primi proprio Enrico Pau, Antioco Floris, Francesco Origo, Elio Turno Arthemalle, assieme a tanti altri. Nemmeno gli strumenti mancherebbero, si tratta di avere meno presunzione e più umiltà democratica. Consulte permanenti, tavoli di partecipazione democratica, di lavoro e di concertazione popolare, tavoli tecnici dei cittadini attivi e volontari? Ma chiamateli come volete. Si tratta di capire che nell’insieme della cittadinanza si possono trovare tutte le competenze, le esperienze, le professioni, le intelligenze necessarie e che sono comunque ben superiori a quelle che possono contenere una Giunta o un Consiglio Comunale a cui resta comunque il potere decisionale. Ciò servirebbe anche a segnare un inversione di tendenza del tradizionale rapporto fra cittadini-utenti e amministratori, fra elettori e Partiti la cui crisi è ormai a vette altissime. Invece no, gli autoreferenziali sono anche autosufficienti, “hanno sempre una soluzione e, mi sembra, neanche un dubbio, vivono con entusiasmo la loro stagione di attenzione pubblica”. E vanno avanti senza ascoltare (non basta un’Assemblea ogni tanto per dire che si ascolta). Abbiamo parlato di democrazia partecipativa in campagna elettorale, ci siamo intesi male o siamo in ritardo? Non lo so ma, facciamo che la presunzione non diventi anche arroganza. Anch’io dico che la discontinuità è evidente e anche a me non basta l’essere meglio di Floris.
Scusa, non intendevo affatto giustificare. Dicevo che Il modo di pensare (e quindi di operare) quando si arriva in cabina di regia è sempre lo stesso.
E purtroppo non basteranno i nostri tavoli di confronto e tutto il resto, perché chi governa viaggia automaticamente su binari diversi da quelli sui quali viaggiava per potere avere l voto.
Non per cattiveria o per meschinità ma proprio perché “automaticamente” si entra davvero su altri binari.
Poi la crisi, le vacche magre e tutto il resto completano il quadro.
Senza voler io giustificare nessuno.
“Consulte permanenti, tavoli di partecipazione democratica, di lavoro e di concertazione popolare, tavoli tecnici dei cittadini attivi e volontari”…
CON TUTTI QUESTI TAVOLI DOVE TROVERANNO IL POSTO PER LE SEDIE?
Al solito uno scimproriu! Per ridere un poco, è chiaro. Ma, se ci fosse qualcuno preoccupato sul serio, direi che le sedie non parlano, nemmeno per dire cazzate!
C’è così tanto bisogno di soldi per la cultura che manco si coglie la citazione cinefila del mio commento. Subito soldi per rivedere i classici della cinematografia colta e ironica! E pabis in ginocchio sui ceci a vedere l’immortale capolavoro(occhio che anche questa è citazione)
Chi non lavora nello spettacolo difficilmente riesce a capire cosa significhi ideare e pianificare un progetto, fare tutto secondo le regole e secondo i tempi, e poi dover subire la grossolana superficialità di delibere come quella di cui si discute qui. Per non parlare di tutti gli altri, millecinquecento euro a Origo, con quello che è riuscito a regalarci in tanti anni e con il suo alto profilo d’artista, fa provare vergogna.
Qualcosa si è dato a tutti, però. Sarebbe questa la buona notizia per la nostra città. Sono curioso di sapere come andrà a finire con i bandi per gli spazi. In una città che “sostiene” l’attività di una novantina di compagnie non dovrebbero mancare i candidati. Chissà la ressa.
Al mio amico Enrico Pau, con cui ho più volte diviso le speranze sull’aria nuova che avremmo respirato a Cagliari, voglio confessare che a tutte le prossime tornate elettorali voterò la formazione il cui programma citi meno di tutte le altre la cultura come settore strategico.
Francamente ne ho piene le scatole di tutti quelli che si accorgono di considerare il lavoro culturale trascurabile e parassitario solo dopo la loro elezione.
Preferisco qualcuno che se ne fotta dall’inizio, e mi spieghi su cosa invece vuole puntare. Si risparmierebbe tanto tempo.
Caro Enrico,
come sai io sono uno di quelli che non può andare in bicicletta: il medico mi dice che la mia spina dorsale non può permetterselo. Ma non sono l’unico, ovviamente, nella mia situazione ci sono tanti altri a cui le piste ciclabili proprio non servono. Ma penso che una città moderna le debba avere perché sono un passo verso la civiltà. Ed è bello che la Giunta Zedda sia riuscita a farle in pochissimo tempo. Ma le piste ciclabili proprio per la loro bellezza anche burocratica, nel loro risplendere evidenziano ancor di più quanto tu dici: in quanto sono la prova tangibile che quando si vuole ottenere qualcosa la si ottiene, e anche subito. Perché per la cultura non è così? Potrebbe essere che per questa amministrazione è una cosa di secondo piano (tant’è che siamo messi peggio di quando era sindaco il mio omonimo). O magari interessa ma non si è in grado di gestire gli interventi… Non so cosa sia peggio. Certo che il problema non sono solo lo stanziamento complessivo e una ripartizione che assegna a dei professionisti qualche soldo per comprare le caramelle (come se chi lavora nella cultura vivesse d’aria – è la vicenda emblematica del Comune di Quartucciu di cui questo blog ha già parlato – e non facesse la spesa, pagasse le bollette, desse da mangiare ai figli…) ma lo è soprattutto il fatto che la delibera arrivi a settembre con tutto ciò che questo implica nella programmazione annuale delle attività.
A questo punto, proprio perché non sento nostalgia per chi c’era prima, auspicherei meno autorecensioni positive e più autocritica: se la cultura non interessa che lo si dica, se ne prende atto; se invece, come dice Corrado il medievista nel suo post, si è degli entusiasti ma con poca esperienza che si sostituiscano gli entusiasti con dei tecnici esperti forse le cose possono andare meglio.
Dopo 35 anni di teatro, di cui 16 in Sardegna e dopo 10 anni di volontario rifiuto di richiesta di contributi ad un Assessorato presieduto da un simpatizzante di Forza Nuova, sono ammutoilito nel vedere la mia Compagnia relegata da questa nuova amministrazione all’ultimo posto della CATEGORIA C, con un contributo di 1500 euro.Complimenti e grazie. Francesco Origo
non ho mai avuto occasione di complimentarmi con te per il tuo intervento a Laboratorio 5. Aggiungo anche i complimenti per esserti rifiutato di far valutare il tuo lavoro dall’arbitrio di un fascista. Scelta che ho condiviso con te negli anni scorsi. A si biri.
quindi che fare.. rivotarre il centro destra? il problema di cagliari è la testa di certi cagliaritani, la loro teoria castedducentrica e la presunzione che altro non sono che pigrizia mentale nel mettere bene la testa fuori dal sacco. quando poi un cagliaritano sìffatto..arriva a ricprire un ruolo istituzionale pubblico pure un posto di potere.. puo’ succedere di tutto. parlo di destra sinistra centro su e giù.il probleme è la mente. penso che acaglari continuino a comandare determinati poteri molto forti che tutto sommato evidenntemente fanno comodo a molti, se sono ancora la. dopodichè il problema è è troppo da poco pratici pensare che ogni amministratore abbia la bacchetta magica per risplvere i problemi di una città, il resto è guerra mediatica per accapparrarsi i consensi della popolazione. qualcosa è migliorato, poco, è forse solo un po d’aria che si respira, ma è abbastanza. per il resto c’è tempo, e ce ne vorrà per vedere i risultati.speriamo bene. che giusppe farris vi perseguiti!
Ciao Enrico
Purtroppo amministrare una città di 200.000 abitanti, con un’area urbana grande il doppio non è uno scherzo. A sinistra siamo prima di tutto dei sognatori. Ma i sognatori nel mondo sono sempre stati pochi.
Il resto è quotidianità. Che non dobbiamo vedere come “la mediocre quotidianità”, almeno se non vogliamo essere visti come persone fuori della realtà, dei sognatori e basta e quindi perpetuare la secolare dicotomia fra intellettuali (snob o meno) e il volgo.
Questo per dire che la giunta Zedda ha da subito dovuto fare i conti con la guida di una macchina pubblica di ingenti proporzioni, complessa e piena di pulsanti e controindicazioni.
Un pugno di persone entusiaste ma con poca esperienza di amministrazione concreta ha dovuto subito fare i conti con questa realtà, per accorgersi che, come dici tu, la realtà era diversa da come ce la eravamo immaginata.
Purtroppo non si vive di sola cultura o di sole unioni civili o di solo sostegno all’omosessualità e lotta contro l’omofobia. Tutte cause giuste, sacrosante.
C’è però una stragrande maggioranza di gente comune che bussa alla porta, che non ha un lavoro, che vuole servizi da questa città che per anni glieli ha negati.
E’ una questione di proporzioni demografiche e la cultura, purtroppo, paga più di altri settori i tempi allucinanti che stiamo vivendo.
E io ho paura di somigliare a quei ragazzi vagamente sinistrorsi radical chic del film “Ovo Sodo”, di Virzì. Quelli che parlavano di rivoluzione mentre la domestica gli puliva la stanza piena di cicche e altre schifezze.
Un caro saluto.
Corrado
“Quelli che parlavano di rivoluzione mentre la domestica gli puliva la stanza piena di cicche e altre schifezze.” – hai centrato il problema, inizio a pensare di aver eletto proprio quelli!
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