Inizia a riscuotere un certo successo la nostra rubrica “Turismo in Sardegna, ovvero cosa c’entrano i prezzi dei traghetti con il crollo delle presenze?”. Dopo L’Asinara e Terralba (protagoniste del racconto propostoci da Elio Turno Arthemalle), oggi andiamo a Gavoi e all’Isola di San Pietro. Ricordo a tutti sono ammessi solo racconti di questa estate 2012. Grazie a Regina Madry per questa testimonianza (e fate un salto nel suo blog, che ne vale la pena). Buone vacanze a tutti!
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Gavoi, luglio 2012: vorremmo trascorrere due o tre giorni in paese in occasione del Festival “L’Isola delle Storie”. Non ci sono più posti nei B&B, alberghi o affittacamere e così ci affidiamo al passaparola di amici che sono già stati là l’anno scorso. La nostra amica si interessa per noi, sembra quasi che abbia trovato posto dalla signora gavoese che vende pecorino ma le affitta anche la stanza ma purtroppo…. “non vogliamo bambini”. Come? In che senso? In questo senso: i bambini non sono ospiti graditi, e quindi, siccome noi ne abbiamo ben due, cambiamo destinazione e ce ne andiamo da un’altra parte, possibilmente baby-friendly.
Isola di San Pietro, sabato 7 luglio 2012, h.21.30. Andiamo a mangiare una pizza in un locale consigliatoci da persone del luogo. Al telefono specifichiamo che siamo in quattordici, e dall’altro capo del filo ci rispondono, in sequenza: A che il locale è pieno; B che però ci sarebbe un tavolo da 8; C che a ben vedere si possono unire due tavoli e allora ci staremo in 14, tranquilli eh.
Un po’ divertiti, arriviamo in pizzeria; effettivamente il tavolo c’è, e a parte gli antipasti risicatissimi la pizza è buona. Nel menu sono disponibili 8 tipi di pizza e 2 vini, e basta. Quando chiediamo il caffè ci rispondono che loro non lo fanno, il caffè. Gli amici belgi che sono con noi sono un po’ stupiti, e lo sconcerto aumenta quando la signora della pizzeria ci presenta, senza battere ciglio, due pezzi di carta: uno è il conto vero, di 165 euro, e l’altro è la ricevuta fiscale di 115.
La prossima volta, farinata anche a cena… e vi risparmio certi prezzi spenna-turisti in zona Santa Margherita, per carità di patria!
Regina Madry
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Daniele: riguardo a Gavoi, non è stata una questione di arrangiarsi o meno, quanto di incappare in quel curioso fenomeno per cui i bambini sono poco tollerati (almeno, in questo caso è stato detto chiaramente). Il mio stupore riguarda la decisione di escludere una fetta di mercato appetibile come quello delle famiglie, che mi sembra, tra l’altro, potenzialmente molto fidelizzabile: cioè, ci siamo trovati bene quest’anno, torneremo poi e magari ti faremo anche da passaparola. Certo qualcuno mi potrebbe dire che escludere un certo tipo di cliente ne attira un altro, quello appunto che non vuole bambini tra i piedi: ma a parte le mie considerazioni personali su questo approccio irrealistico al mondo (che nulla c’entrano con l’oggetto del post), ricordo che eravamo in un contesto diverso da quello, che so, di un resort extralusso che offre questo tipo di servizio specifico. Insomma, che dirti? rimango sempre basita da queste cose! O_O
Però, ora, una cosa è parlare del malfunzionamento di strutture ricettive accreditate; un’altra tirare in ballo accomodazioni di emergenza trovate con il passaparola. In quel caso uno o si accontenta di quel che trova o rinuncia.
Semi-truffa inclusa?
Semi-truffa esclusa. Parlavo della sistemazione a Gavoi.
Vorrei approfittare della presenza di tanti esperti del settore, per vagliare un’idea che ho, su quello che dovrebbe essere il sistema turistico in Sardegna.
Parto dall’evidenza che la Sardegna è bella perché è varia: dietro ogni curva il paesaggio cambia, abbiamo attrattive uniche (il deserto più grande d’Europa, la quercia più grande d’Europa, la gola di Gorropu, la valle della luna, il mare più bello, ecc…). Il turista che viene in Sardegna può costruirsi la sua vacanza perfetta, non una, ma dieci volte, e mai una uguale all’altra.
L’idea di base è quella di proporre al turista un pacchetto turistico personalizzabile, a seconda dei suoi gusti. Quindi è lo stesso turista che si costruisce la sua vacanza ideale, indicando quali sono i suoi interessi tematici (esistono tanti tipi di turismo), quanto vuole spendere e quanti giorni vuole rimanere. Immagino la costruzione di un portale web che gestisce tutte le info utili per il turista. Il turista entra nel portale e filtra il database con indicazioni particolari riguardo i suoi gusti, e ottiene una lista di pacchetti turistici che rispondono alle sue esigenze. Ottiene anche tutti i contatti utili (telefono e web) per prenotare nei luoghi dove andrà.
Questo sistema punta a incentivare un turismo che non sia solo costiero, ma diffuso su tutto il territorio, e non solo estivo, ma esteso, per lo meno, dalla primavera all’autunno.
Quindi, oltre al turismo costiero, che non ha bisogno di incentivi, è importante valorizzare gli alti tipi di turismo.
Turismo sportivo (barca a vela, mountain bike, trekking, cavalli, ecc…)
Turismo culturale (siti archeologici, tradizioni popolari, ecc…)
Turismo eno-gastronomico
Turismo congressuale
Turismo scientifico/ambientale (il 30% degli endemismi botanici presenti nel Mediterraneo sono sul Gennargentu; la pro-loco del mio paesino ha portato sul Gennargentu, in 20 anni, 75 Università da tutto il mondo).
Perché questo sistema sia operativo è necessario un grande lavoro di preparazione, che deve coinvolgere le istituzioni (assessorato al turismo, comuni), i privati (imprese che operano nel settore, dagli albergatori al noleggio delle biciclette) e le associazioni che operano nel settore turistico e locale (pro-loco, associazioni culturali, ecc…). Tutto deve essere coordinato, messo a sistema e fatto lavorate all’unisono.
E’ necessario fare un censimento di tutte le risorse turistiche presenti nell’isola (dagli alloggi, alla gastronomia, ai siti naturalistici, agli eventi particolari ecc… Completata la prima fase si carica tutto sul portale costruendo un database che possa essere filtrato sulla base di parametri impostati dal turista. Si preparano anche pacchetti turistici preconfezionati che rispondano ai diversi interessi e a diverse possibilità economiche.
Esempio:
Un turista russo vuole fare una vacanza in Sardegna. Gli piace fare un po’ di mare, però vuole anche fare un po’ di trekking, mangiare qualcosa di tipico, vedere un nuraghe e andare in discoteca la notte. Vuole spendere 1000 euro e starci 15 giorni. Il turista entra nel sito e spunta sulle caselle di suo interesse e fa partire la ricerca. Il portale elabora i pacchetti disponibili con quelle caratteristiche, e affianco tutti i contatti utili per le prenotazioni (compresi anche i mezzi di trasporto pubblico e a noleggio). Il turista sceglie il suo pacchetto, lo prenota e si stampa il suo percorso di viaggio con tutti i dettagli previsti.
Il portale deve essere pubblicizzato, soprattutto negli stati più interessati al turismo nel mediterraneo (nord Europa, Germania, Russia, ecc…)
P.S. Ho usato molti ecc. Abbiate pazienza, è tardi e sono assonnato.
Alessandro su questo tema è praticamente imbattibile. Attendo reazioni…
Caro @AleSestu… non sai quante cose avrei da scrivere di commento al tuo post… ti posso altersì dire che non solo la penso come te, ma che ci ho tentato, mettendoci un sacco di soldi sopra, e il risultato è stato quello che viene volgarmente definito “Epic Fail”. Il pay off della mia azienda, che si chiama Sardegne non a caso, era “Esperienze Turistiche Locali”… quello che facevamo era, più o meno, quello che scrivi tu 🙂 come mai non è andata bene? Non saprei da dove cominciare, mettiamola così.. potrei dare la colpa a un sacco di persone, fisiche e giuridiche, trovare un sacco di responsabili, addebitare a terzi la causa del nostro misero fallimento… la verità è che abbiamo sbagliato noi e nessun altro, io a dire il vero più di altri, perchè ci siamo affezionati a un racconto e invece gli stipendi si pagano con gli sporchi danè. La Sardegna come destinazione non è banalmente pronta a quel tipo di discorso.
Posso dire di avere avuto, in quella situazione, una conferma piuttosto importante di non essere per niente affezionato alle mie idee, che è lo sbaglio che un sacco di persone commettono facendosi male nel 90% dei casi, e abbiamo cambiato strategia in 6 mesi 6. Ora siamo in piedi, e direi ache benino, ma siamo pronti a ricambiare tutto domani mattina stesso. Saluti.
Gentile alessandroalfonso,
mi scusi se mi intrometto, ma finalmente vedo qualcuno che ha le palle per dire che le attività imprenditoriali non si fanno con le belle idee ma con quelle che danno profitto! (Traduco: la realtà non è un libro giallo, venduto il quale si tuona contro Zedda perché vuole cementificare Tuvixeddu! La realtà è che la questione di Tuvixeddu è un casino incancrenito che si risolve con gli avvocati – veri – non quelli dei noir!).
Se i cittadini la piantassero di pensare che la realtà è un bel racconto (e magari ci fosse un qualche intellettuale che ce lo ricorda) forse avremmo una via d’uscita.
Nel frattempo ci affidiamo agli intellettuali “a tipo” mainstream (e applaudiamo coloro che vogliono diventare ricchi con i nuraghi e sa limba!!).
Cordialmente,
Quando qualcuno dice il contrario ci sono due opzioni: a) c’è qualcuno che paga per lui/lei, magari a sua insaputa, per farlo/a giocare al piccolo imprenditore… b) Non ha mai fatto impresa in vita sua ed è meglio che eviti accuratamente di sperimentarlo. Riguardo agli intellettuali mainstream, a quelli che vogliono diventare ricchi con i nuraghi (di cui peraltro credo che il 90% dei sardi pensi quello che ebbe il coraggio di dirmi un amministratore della Trexenta, “funti quattrus perdasa”) e sa limba, ci sta, basta non ascoltarli troppo… d’altronde i nuraghi ammetterai che sembrano fatti apposta per chi ha tempo da perdere… non si sa cosa siano per certo, ce ne sono un casino, sono solo in Sardegna… è quasi una provocazione… alla questione della limba ti devo dire che per un breve periodo della mia vita ho dedicato un bel po di tempo… ovviamente mai pensato che ci si potesse cavare soldi, ma mi interessava proprio come argomento… mi sono arreso incondizionatamente quando, entrando nei meccanismi “accademici” con nomi e cognomi di riferimento, ho capito che c’era gente pronta a sssssfidare a duello per un “sos” sostituito da un “is”. E mi feci l’idea che l’unico modo per risolvere il problema era farla alla “Soru”, d’imperio… chi ri praxiri esti diaicci, chi no ri praxiri esti diaicci su propriu 🙂
Gentile Ainis, come volevasi dimostrare: Giorgio Todde e Italia Nostra, sorretti da un solido parere giuridico e da una conoscenza analitica dei fatti, avevano ragione sulla delibera del Comune di Cagliari, quella che avrebbe permesso di rifarsi al PUC e all’Accordo di Programma consentendo all’impresa di costruire a Tuvixeddu. La delibera è stata ritirata dal Comune. E se nessuno avesse sollevato il problema quella delibera sarebbe oggi valida e Coimpresa costruirebbe. Ma peccato che in mezzo ci fosse la sentenza del Consiglio di Stato che salva Tuvixeddu in base all’articolo 49 del PPR e prevede, sì, un nuovo accordo ma sancisce l’inedificabilità del colle per almento 50 ettari e nuove possibilità nella grande area del vincolo paesaggistico intorno, quello ampio di 120 ettari. Lei può argomentare come preferisce, spaccare, visto che ha il tempo, il capello in quattro, ma non ce la fa a produrre un discorso fondato e logico su Tuvixeddu.
Gentile Anonimo (uno dei tanti),
sulla figuraccia di Todde ho scritto il mio parere a questo link:
http://exxworks.wordpress.com/2012/02/16/tuvixeddu-la-risposta-di-massimo-zedda-2/
Da allora, Todde (non certo per il mio post, ma per ben altre preoccupazioni) ha acquistato un container di ombrelli cinesi e guarda spesso il cielo con preoccupazione.
Cordialmente,
Il signor Ainis è anonimo quanto ogni altro anonimo.
Gentile Anonimo (uno dei tanti),
cosa avrei dovuto scrivere? Un nick (uno qualunque) aiuta semplicemente a capire con chi si interloquisce. Come la maggior parte delle persone (non personaggi pubblici) sono felicemente anonimo (con l’iniziale minuscola).
Cordialmente,
Si deve partire dalla politica, don dai privati. I soldi ce li deve mettere soprattutto la RAS. E’ impossibile che un privato possa sostenere questo sistema da solo. Il carico maggiore deve pesare sull’assessorato al turismo regionale. Credo che a Crisponi, questo sistema piacerebbe (a Su Cologone hanno costruito un microsistema che gli somiglia). Però, se anche il progetto partisse adesso, la legislatura finirebbe a metà lavoro, e dopo sarebbe necessario un altro assessore che abbia l’intelligenza di continuare un lavoro iniziato da “quelli di destra”. E tra “quelli di sinistra” questo tipo di intelligenza scarseggia.
Le competenze come la sua, dovrebbero prendere parte alla progettazione ed alla gestione amministrativa. Ma il lavoro di base, sul territorio, ed anche il lavoro di preparazione, devono affidarsi ai gruppi locali. Io conosco le pro-loco, in Sardegna hanno circa 35000 iscritti e sono presenti in quasi tutti i Comuni (circa 350 su 380). Sono una risorsa enorme, e sono state sempre maltrattate dalla politica. Bisogna sostenere tutte le forze che abbiamo, sennò si fa un buco nell’acqua.
Non conosco la sua situazione, però da quel che ha scritto, penso che non sia andata bene per questo motivo.
@AleSestu ma vivi e lavori in Sardegna? Scusa la domanda, non vuole essere provocatoria… però se la risposta è no, capisco, se la risposta è si, un po’ meno… fare lavorare insieme i sardi, imprese, PA, pro loco, associazioni, etc, parafrasando Montanelli, non è difficile, è inutile… all against all, ognuno pro domo sua. Ho visto un numero spropositato di volte situazioni in cui c’era gente che non avendo avuto un’opportunità o raggiunto un obiettivo, usava tutto il proprio tempo per buttare giù chi quell’opportunità e quell’obiettivo l’aveva raggiunto… non ce l’ho io ma non ce l’avrai manco tu, fosse l’ultima cosa che faccio… il modello collaborativo, al contrario di quello che pensi, fu già sperimentato, proprio dalla giunta Soru… l’allora assessore alla programmazione, Pigliaru, con cui ebbi modo di parlare approfonditamente dell’argomento, era un periodo in cui ancora di credevo, attraverso quella che fu definita Progettazione Integrata, addirittura vincolò l’opportunità di avere finanziamenti per le proprie iniziative al fatto di collaborare con altre aziende nel territorio attraverso progetti appunto integrati tra loro… Cosa successe di quella progettazione integrata lo sappiamo, altro Epic Fail… e poco dopo Pigliaru tornò all’università, sfanculandosi con Soru…
Vivo e studio in Sardegna. E mi piacciono le sfide impegnative. E sarò anche l’ultimo umanista sulla Terra, ma nella collaborazione tra le persone ci credo, e continuerò a crederci.
Il modello collaborativo elaborato dalla giunta Soru ha fallito perché non mirava a creare un sistema di gestione globale. Semplicemente incentivava la collaborazione tra privati. Quindi (per rispondere anche a ZORRO), quello che dico non è mai stato sperimentato, da nessuna parte. Ricorda un po’ il “Toyota Production System”, ma è un altro ambito.
Modelli sperimentali ne abbiamo tutti! Per esempio tu sai cos’è “la rete del silenzio”? No, non lo sai perchè è un modello da me elaborato, che ben si applica per i paesi montani a forte rischio spopolamento dell’Italia centro-settentrionale e che lì ora funziona egregiamente. In Sardegna allo stato attuale per esempio non è ancora proponibile. Soru ha fallito con il Turismo? Per lui parlano le 16 milioni di presenze del 2008-2009. Nonostante avesse un Assessore al Turismo che comunque non tanto competente! Il Turismo è da cambiare? Certo d’accordo, ma prima bisogna cambiare i Sardi!
C’è una barzelletta molto bellina sui tortoliesi:
Un tortoliese trova una lampada magica, la sfrega ed esce il genio della lampada !
Il genio gli fa “Posso esaudire un solo desiderio, e puoi chiedermi quello che vuoi ! Però tieni conto che al tuo vicino sarà dato il doppio di quello che riceverai. Vuoi 1 milione di € ? Al tuo vicino andranno 2 milioni. Vuoi una villa megagalattica ? Al tuo vicino 2 ville. Hai fino a domani mattina per decidere.”
Il tortoliese non riesce a dormire neanche un pochino… pensava: “Cosa gli chiedo? Se gli chiedo una bassa e dinnai a mio vicino va il doppio… cussu burriccu… non se li merita…”
La mattina seguente il tortoliese si presenta dal genio, lo sguardo fermo e risoluto, e gli fa “Ho deciso: bogamindi un’ogru”.
Morale della favola: questa è solo una barzelletta.
Ale Sestu ha una qualità rara: propone soluzioni e sulle soluzioni poi si può discutere. Anche quando l’esperienza poi mette in guardia, come fa ottimamente Alessandro Alfonso, sulla differenza sostanziale fra teoria e prassi.
Io credo però, che alla fine, la direzione non possa che essere quella indicata da Ale Sestu e che, tutto sommato, le esperienze che nascono in Sardegna stanno sedimentando un diverso modo di intendere il turismo. Non si è ancora arrivati alla massa critica, quella che porta ad un cambiamento qualitativo con soluzione di continuità, ma la direzione è quella. Con tutti i limiti, negli ultimi dieci anni la qualità della ricezione e della proposta turistica in Sardegna è molto migliorata. Certo, c’è forse i giro un po’ di ingenuità di chi pensa – Gabriele Ainis lo chiarisce – che si possa vivere tutti di solo turismo. Non è così, ma certo è un settore che ancora non ha esaurito le sue reali potenzialità e soprattutto dove molto si può ancora fare per elevare la qualità del sistema.
Ma i giovani che si stanno lanciando in attività turistiche o comunque ad esse connesse, sono mediamente più istruiti e consapevoli di quelli della generazione precedente e formano, a mio avviso, struttura e carburante per il cambiamento in meglio.
Quando il terreno sarà fertile abbastanza, qualcosa ci crescerà di sicuro.
Faccio un esempio: all’inizio della mia attività nella pubblica amministrazione mi occupai di piano straordinario per il lavoro. C’era nella legge regionale che attuò il piano un articolo famoso per gli amministratori sardi, l’art. 19. Permetteva ai comuni di progettare, anche in consorzio, a partire dalle proprie risorse. C’era, nel materiale prodotto dalla regione, anche un approccio metodologico per favorire la partecipazione dei cittadini (stiamo parlando di una legge del 1998). Il problema fu, oltre al fatto del sconfitta elettorale del centrosinistra e quindi una gestione “da destra” del piano, la mancanza di un gruppo di animatori locali che sostenessero le comunità nelle fasi di progettazione. Già con Soru e con la programmazione integrata di Salvatore Orlando si fece un passo avanti: l’esperienza nei programmi Leader e l’azione dei Gal aveva formato una generazione di operatori, forse un po’ acerbi, ma comunque dotati di buona volontà e competenze. La programmazione integrata fu una grande scommessa, ma – forse perché l’origine di Soru non è contadina, ma commerciale – si lavorò molto per “dissodare il terreno” e per seminare, ma senza la pazienza di attendere che desse i frutti… (oltre al fatto che gli animatori territoriali, al pari degli operatori dei servizi per il lavoro, devono essere inseriti stabilmente nella P.A. se si vuole realizzare un progetto di medio e lungo periodo). Credo che oggi ci siano molte più competenze per sviluppare dal livello comunale e dall’unione di comuni progetti di sviluppo locale. L’art. 19 proposto oggi avrebbe un altro impatto, rispetto a quello avuto a fine anni ’90.
Per concludere, Ainis mette il dito su una piaga: le case vacanza affittate in nero, che sottraggono risorse al sistema, caricano le strutture e i servizi pubblici e rendono ancora più complicata la programmazione. Sono un problema ostico perché toccarle, in alcune aree della Sardegna più che in altre, significa giocarsi il consenso. Ma se si vuole intervenire sul settore bisognerà farlo per forza.
Tutto bello, tutto interessante, ma purtroppo già sperimentato. Sono d’accordo che comunque occorre investire in Innovazione Turistica (se il termine fosse in inglese sarebbe sicuramente accattivante!) e soprattutto obbligare le tante società che lavorano in Sardegna con le nostre risorse (archeologiche, monumentali ed ambientali) a pagare le tasse qui in Sardegna e non a Milano come spesso accade. Ci vuole una legge ad hoc per istituire la Partita Iva Sarda ed un agenzia territoriale delle entrate che si occuppi esclusivamente di questi operatori-prenditori!
Scusa, ma non credo che cambierebbe molto, confezionare le “risorse turistiche” della Sardegna a pacchetti secondo il gusto dei clienti. Quello che manca in Sardegna è una pianificazione tipo “QUALI turisti vogliamo mandare DOVE?” accompagnato da un management del territorio degno di questo nome. Lasciate all’Emiro quello che è del Emiro, ma guardate a non rovinare il resto. Purtroppo, in Sardegna grazie a una ignoranza universale del mondo fuori dell’isola non si è riuscito (per esempio) a capire quanto interesse aveva suscitato la legge salvacoste all’estero, quanto avrebbe suscitato un Parco del Gennargentu, ecc. ma non si è riuscito nemmeno a livello comunale di avanzare una pianificazione adeguata come il Progetto Baunei degli anni 1980 (con il risultato di una DE-valorizzazione turistica-ambientale continua di questi territori). Non parlo della destruzione di gioielli paesaggistici come il Sinis o di valli deliziosi del Meilogu o della cementificazione diffusa dei paesaggi con costruzioni di gusto tanto cattivo che per una persona di cultura sarebbe assolutamente irremissibile di applicarne la qualifica di “stile” o “architettura”.
Insomma, non vedo nessuna ragione di accontentarsi con un’affermazione sbagliata “La Sardegna è sicuramente, mediamente meglio delle altre zone turistiche del Mediterraneo.”
E non vedo la necessità di un marketing più perfezionato di quello che c’è (o meglio rimasto) in Sardegna, ma piuttosto l’urgenza di un piano organico di svilluppo del territorio a seconda di aspetti turistici (= culturali, paesaggistici ed ambientali). È assurdo di ingannare il turista con l’immagine illusoria di una natura incontaminata, di aquile reali, di muffloni o di nuraghi e chiese campestri solitari sparsi in paesaggi incantevoli ed allo stesso tempo di rimettere all’arbitrio dei soliti imbecilli di fare quello che vogliono – sia la costruzione di una casa che deturperebbe la visione paesaggistica di una giara, di un tipico scorcio della Marmilla, di uno dei taccus ogliastrini, di uno dei volcanetti spenti dell’Alvernia Sarda ecc, ecc., sia l’assalto sfrenato dei fuoristrada e mountain bike su tutte le carrareccie e sentieri del Gennargentu e dei Supramontes. Ma si dovrebbe anche capire che la natura incontaminata, i paesaggi indeturpati ed anche il silenzio (!) hanno und valore (e non solo per i turisti!) e perciò anche un prezzo: I comuni che conservano questi valori paesaggistici ambientali meritano una sovvenzione adeguata, come per esempio Orgosolo col suo lecceto unico.
E se lei non ci crede, cosa vuole che le dica ? Abbiamo conosciuto turisti diversi, io e lei. A proposto: ma lei ne ha mai conosciuto turisti ?
Il sunto del suo commento è spettacolare:
lei vuole un “management del territorio degno di questo nome” (vanno bene 4 o 5 politici trombati come management?);
poi bisogna fare il parco del Gennargentu, perché suscita un casìno di interesse all’estero (e poi, visto che ci siamo, ci mettiamo a dirigerlo un altro management di politici trombati);
poi c’è l’urgenza di un “piano organico di svilluppo del territorio a seconda di aspetti turistici” (cioè ? ma uno di quei piani brematurati con scappellamento a destra/sinistra ??)
poi per finire in bellezza diamo soldi ai comuni che mantengono il paesaggio incontaminato (senza gente che ci passi neanche vicino) e silenzioso, così il turista è incentivato a venire a vederlo (da lontano però, perché non ci può passare neanche vicino).
Facciamo tutto subito e il turismo è salvo !
La solita risposta “alla sarda”. Altrove funziona esattamente cosí a vantaggio dei turisti e degli “aborigines”. Basterebbe viaggiare, studiare gli esempi positivi e negativi, …. ed imparare. Se in Sardegna si crede che il management territoriale si fa con 4 o 5 politici trombati è un problema tutto sardo; se si crede che una riserva o parco naturale significa automaticamente “senza gente che ci passi neanche vicino” …. ecc., ecc. … e alla fine si finisce nella trappola intellettuale di un antagonismo supposto tra interessi sardi e turistici.
Forse ha ragione Alfonso quando scrive della diversa percezione del luogo, ovviamente noi che viviamo in Sardegna ne vediamo impietosamente i difetti, e spesso ci arrabbiamo perchè ci sembrano cose banali, ovvie, scontate, che un pò rovinano quanto c’è di ottimo (l’ambiente, il mare, la montagna, le atmosfere, eccetera). mi spiego meglio: cosa c’è di strano nell’aspettarsi la gentilezza/correttezza/o anche “il saperci fare”- da parte di chi dovrebbe accoglierti (a pagamento, si intende!), piuttosto che la faccia storta? cioè, quale è il meccanismo suicida per cui in un ristorante mi rispondono serafici “non lo facciamo, il caffè”? ma dove mai lo si è sentito? e perchè? Eravamo in 14, di cui 7 bambini,per cui abbiamo ordinato forse 5 pizze e visto il posto, ci mancava solo che spendessimo di più: almeno in questo il rapporto qualità- prezzo è stato rispettato.
quale è la logica, mi chiedo? e molti, sono certa, se lo chiedono, non riuscendo peraltro a spiegarsi come in un paese in cui si svolge un festival letterario che dedica spazio anche ai bambini, si ricevano risposte come quella che abbiamo ricevuto noi. Non sono una esperta del settore, ma veramente c’è qualcosa che non va nella nostra cultura turistica, imprenditoriale, non saprei come definirla, se l’atteggiamento di molti (non tutti) è questo. e mi innervosisce molto questa sciatteria, quando non arroganza, proprio perchè è la mia terra; delle altre, francamente, posso anche fregarmene proprio perchè ci vado, eventualmente, per un periodo limitato.
intanto, io che da trent’anni frequento tutto l’anno la zona di S.Margherita e dunque non sono più semplicemente una turista, in certi locali con prezzi da rapina e scortesia da vendere semplicemente non vado più (e questo vale per diverse attività commerciali di Cagliari, a dimostrazione che il problema è vario e distribuito ovunque).
Gentile Biolchini,
in genere non amo particolarmente i racconti «a tipo» il suo amico Elio, li trovo fuorvianti (ma divertenti quando si scherza con gli amici) mentre le statistiche serie sulla soddisfazione dei clienti, quelle che nei posti «turistici» vengono stilate dalle organizzazioni di categoria e dagli organi istituzionali, sono assai più rappresentative (in Sardegna chi le fa, a parte le organizzazioni del turismo industriale che gestiscono i «villaggi vacanze»)?
Però colgo l’occasione per uno strappo alla regola, perché questa storia del «turismo in Sardegna» è seria, visto che «soldi veri» (non quelli spesi dal continuo ricircolo dei soldi statali) ne arrivano pochi (e di quei pochi, la maggior parte è benzina raffinata a Sarroch!) quindi, sebbene di solo turismo non si viva, in momenti di vacche magrissime (e con poche prospettive per il futuro) non sarebbe male prendere coscienza di quanto accade.
Ho visto parecchi commenti sensati. Ad esempio : «I cani dell’ospitalità, così bene descritti da Elio, ci sono in tutto il mondo» e «Formazione, training on the job (imparare facendo), formazione, training on the job, formazione, training on the job» di alessandroalfonso, ma anche «Sinceramente io ogni tanto viaggio, ma non mi e` mai capitato di essere trattata a pesci in faccia da altre parti come mi e` capitato in Sardegna» di Monica (ma chissà se è andata in Corsica, potrebbe ricredersi!). Potrebbero apparire in contrasto, ma in realtà non è così.
Se posso aggiungere un parere, credo che sia necessario separare due ambiti: da una parte il viaggio, dall’altra la vacanza (sono due cose fondamentalmente differenti).
Per il primo, la Sardegna è ancora un luogo europeo (uno dei pochi) che lo consente (ad esempio, assieme al Portogallo settentrionale), proprio per la poca «propensione al turismo» e per le cose belle (davvero) che può offrire. In questo caso, chi ama viaggiare è preparato alle situazioni surreali (paradossalmente si potrebbe dire che ne va in cerca) e non si stupisce di quanto accaduto ad Arthemalle (e agli altri).
Per la seconda, basta semplicemente limitarsi ai luoghi attrezzati (in Sardegna ve ne sono di ottimi) pattuendo i prezzi prima di partire. La vacanza sarà senza sorprese e probabilmente bellissima.
Naturalmente, la Sardegna «non è» attrezzata tutta quanta come Rimini (né lo sarà mai per oggettive difficoltà logistiche e orografiche, molto semplicemente non è adatta). In altri termini non ci si può attendere di andare a Is Arutas e trovare la pensioncina tre stelle di fronte al mare coma a Rimini.
Esaurite le banalità, inviterei invece a riflettere su un problemino più interessante: il turismo può darci da mangiare?
La risposta è no: il turismo può dare da mangiare a poca gente ben attrezzata culturalmente (i professionisti) in grado di offrire un pacchetto appetibile in termini di rapporto qualità/prezzo (mentre il viaggio non è in grado di assicurare un reddito, perché il viaggiatore, e in Sardegna ne arrivano, si vede poco e – in media – lascia pochi soldi dietro di sé).
Morale: un po’ di turismo ben fatto potrebbe farci comodo (senza pretendere di diventare «turistici» perché è una solenne fesseria) ma senza un impegno collettivo (leggi R.A.S., cioè tutti noi) c’è poco da fare, perché non ci si improvvisa albergatori o ristoratori: o lo si sa fare e c’è un ambiente che lo permette, oppure è meglio lasciar perdere. Butto là una domanda stupida: ho visto tante volte alcune campagne per la protezione delle spiagge (intendiamoci, campagne sacrosante, ben vengano!). Quante campagne sono state lanciate per la protezione dei turisti? La seconda (non accaddozziamo la spiaggia «anche » perché dobbiamo proteggere il turismo) potrebbe comprendere la prima (non accaddozzimao la spiaggia «e basta»). In sintesi, si tratta di capire se i cittadini sardi (quelli che votano) vogliono un po’ di turismo (che sarebbe utile) o no.
Insomma: Arthemalle ha ragione… ma ha anche torto (ma era in vacanza o stava viaggiando?). Non credo che si sconvolga per l’apparente ossimoro.
Nota finale: attenzione, perché nei numerosi commenti non ne ho visto neppure uno che metta il ditino mignolo su un problemaccio: e le case affittate in nero? Ci rendiamo conto che sono (tanti) soldi levati alla collettività con i quali si potrebbe incrementare la qualità dell’accoglienza?
Ecco, questo sarebbe davvero un bel tema (scomodo, quindi nessuno ne parla!) perché questo tipo di vacanzieri (e sono tanti) incide pesantemente sul territorio, non lascia soldi in tasse e promuove la costruzione di un sacco di case che uccidono il paesaggio (e non servono a un cazzo se non a pagare le riparazioni e generare nuove case: un evoluzionista potrebbe arguire come le case sarde abbiano elaborato un metodo ingegnoso per moltiplicarsi: l’affitto in nero!) mentre i tromboni intellettuali se la prendono con Cappellacci e l’emiro (che stanno facendo un gioco sporco ed è un bene farlo notare, ma i problemi veri stanno altrove).
Visto che ci sono, e mi pare che nessuno abbia ancora parlato di archeoloGGia, segnalo un post che ho scritto più di un anno fa (che però voleva porre l’accento sul fatto che con l’archeoloGGia non si campa) e mi è valso una valanga di insulti (non pubblicati):
«url»http://exxworks.wordpress.com/2011/06/10/barumini-antipatica-dalle-guide-all%e2%80%99acqua-minerale/«/url>
Cordialmente,
PS – Ho visto che un Anonimo si è lamentato per la mia assenza: aicci imparada!
Posto che a gabbare il fisco ci rimettiamo tutti e che a riguardo c’e’ bisogno di certezza del diritto, ma – più che mai – della pena, i 165 euro per 14 persone (11 euro e rotti a testa!) direi che e’ un ottimo prezzo.
Regina Madry, Mamma Tigre… avete raccontato due esperienze diverse, che sarebbero potute capitarvi in ogni latitudine del mondo. L’unico posto dove effettivamente ho trovato un sistema organizzato in maniera quasi imbarazzante, da quanto era efficiente, è Rimini… ecco li sono rimasto impressionato anche io… Poi mi sono detto, tra me e me, che Rimini fa talmente tanto schifo che se non fossero così bravi non ci sarebbe speranza!
Però Alessandro, a te che sei un esperto di turismo, pongo questa considerazione. Delle due l’una: o la Sardegna è mediamente peggio delle altre realtà che ciascuno di noi prende in considerazione, oppure abbiamo una percezione distorta della realtà nella quale viviamo. E allora questa distorsione è un problema serissimo sul quale dovremmo lavorare!
Vito, dipende dalle “altre realtà”. Un paio di considerazioni. Quando vai in vacanza in un posto, magari nuovo, è quasi sempre, a meno di catastrofi, bello. C’è sempre qualcosa di affascinante, e magari non lo è ma è solo diverso da quello che vedi tutti i giorni, un paesaggio, un locale, un modo di vivere, una compagnia inaspettata, anche solo una sensazione, che quasi sempre ti mette nelle condizioni di considerare quel breve periodo come uno dei migliori dell’anno. E quasi sempre lo è. Se invece in quei posti vai a viverci, cominci a vederne i difetti, e ti relazioni con il posto e le persone come uno stanziale e non più come un turista. E’ in questo modo che noi vediamo la Sardegna. Con gli occhi di quelli che ci vivono… questo è il presupposto. Poi… lo dicevo prima… se vai a Rimini, in generale in riviera romagnola… non si può fare a meno di notare che li c’è qualcosa che funziona un pò meglio che in altri posti, Sardegna inclusa ovviamente… diciamo che in questi anni, girando un pò e guardando un con occhi un pò diversi rispetto a prima, mi viene da dire che non siamo peggio o meglio di altri, su certe cose siamo migliori e su altre peggiori, in un contesto eterogeneo, e in situazioni particolari invece credo che manteniamo una qualità più alta rispetto alla media. Ci sembra di no ma l’ambiente in Sardegna è ancora, tutto sommato, salvo. Ce la stiamo mettendo tutta per mangiarcelo, ma non ci siamo riusciti. In altri posti c’e’ il disastro. In Spagna, di cui si parla tanto come grande modello per il turismo, hanno fatto porcherie irreparabili. Per finire ti posso citare un dato, non del tutto insignificante… noi vendiamo Sicilia e Puglia, oltre alla Sardegna, e la qualità media delle strutture ricettive, e relativi commenti dei nostri clienti, non stiamo parlando di piccoli numeri, è decisamente migliore in Sardegna. Poi la Sicilia e la Puglia sono più conosciute, non c’è dubbio, ma questo è tutto un altro problema…
La Sardegna è sicuramente, mediamente meglio delle altre zone turistiche del Mediterraneo.
Ho avuto la fortuna, più di una volta, di scambiare quattro chiacchiere con Luca Goldoni. Una volta mi chiedeva quale fosse il mio grado di attaccamento alla mia terra, se sentissi il bisogno di andare a vedere il mondo. (lui me lo ha chiesto con una scelta lessicale molto migliore)
Gli ho risposto di si, ma tutte le volte che sono andato via dalla Sardegna, mi sono accorto che il mondo al di la del mare è più monotono. Capita di viaggiare per ore e vedere sempre lo stesso paesaggio fuori dal finestrino. In Sardegna se si viaggia per 3 ore si vede mare, pianura, montagna, colline, strade mozzafiato, sole, pioggia, neve, nebbia, di nuovo sole.
Quindi gli ho detto che andare fuori mi piace, ma a piccole dosi.
Lui mi ha risposto subito che invece la Sardegna va presa a grandi, grandissime dosi. e non se ne è mai sazi.
Dobbiamo rendercene conto anche noi.
Invece io ho sempre avuto la percezione che la Sardegna sia mediamente peggio, per come è stata trattata. Mucchi di immondezza ai lati delle strade, come se fare 20 km di notte per buttare l’immondezza per strada sia meno faticoso del fare la differenziata o di fare una telefonata per far venire a prendere a domicilio le cose più ingombranti. Strade da panico, mezzi pubblici da mettersi le mani nei capelli, prezzi da strozzo e assenza di servizi. I nostri paesini sono per la maggior parte un coacervo di costruzioni brutte, incomplete, con lo schema classico del primo piano fininito e in mattoni, secondo senza intonaco e fatto in blicchetti, terzo quarto e quinto senza nemmeno gli infissi, il tutto magari per sole due persone. La sardegna è il classico posto che sarebbe bellissimo se non fosse in mano a chi ci abita. Le seconde case hanno deturpato il paesaggio in maniera irrimediabile ( non posso fare a meno di pensare all’obbrobrio di Torre delle Stelle, o a paesini come Villasimius che sono cresciuti come baraccopoli di lusso, ma in generale all’abusivismo edilizio che da noi è la norma). Dovunque io sia andata, soprattutto fuori dall’Italia e solo raramente anche in Italia, viaggiando in treno o in macchina ho visto panorami bellissimi e soprattutto, rispettati. Anche nei paesini delle Alpi Francesi, per esempio, è quasi impossibile vedere cartacce o immondezza per terra come invece si vede dalle nostre parti, e le case sono costruite in maniera armonica tra loro e con il paesaggio circostante. Le buste appese agli alberi cariche di immondezza, o i sanitari, le lavatrici, le automobili scaricati anche nelle calette più belle sono una cosa ormai facente parte del panorama nostrano. Sono andata a Rodi l’anno scorso e , a fronte di un mare e calette che nulla hanno da invidiare ai nostri, hanno paesini meglio tenuti e un attenzione per le esigenze del turista che noi nemmeno immaginiamo, per prezzi che da noi paga una famiglia per andare in ristorante una volta, se mangia a prezzo turistico(45 euro tre notti in quadrupla in albergo con piscina, 5 minuti dal centro di Rodi ) e le acropoli, i paesaggi incontaminati si sprecano. Non è la Sardegna a essere sbagliata, è un’isola meravigliosa che meriterebbe di essere meglio valorizzata. Siamo noi Sardi che la viviamo come se fosse una cosa scontata della quale possiamo fare quello che ci pare, perchè “a casa mia mi comporto come voglio”.
speravo in una esperienza come la tua, Mamma Tigre! grazie, l’anno prossimo mi rivolgerò direttamente alla signora Speranza 🙂
Spero vi troviate bene come noi, non garantisco sulle variabili soggettive 😉
Un caro saluto!
L’agriturismo della Signora Speranza è uno dei migliori -il migliore che conosco- a Gavoi. Il passaparola ha fatto il suo corso e infatti nei giorni “caldi” -come per il festival Isola delle Storie- non si trova posto, direi giustamente.
Esperienza di amici due o tre anni fa: prendono la decisione di andare al Festival solo qualche settimana prima, non si trova posto in paese, alla fine spunta un “agriturismo” ai confini dell’abitato, fuori dalla zona che resta pedonale per tutta la durata della manifestazione, ma decidono, con due bambine, di andare lo stesso.
Gli viene offerta “in amicizia” una stanza da due “che però con due lettini…” e si accordano senza pattuire il prezzo per via telefonica.
La stanza non ha bagno annesso -lo divide sul piano con altre due- è angusta, con i lettini aggiunti quasi non si sta in piedi, ci sono armadi chiusi a chiave dai proprietari, con roba loro, e quindi i bagagli devono stare tra l’auto e le valige posate su due sedie.
La colazione inclusa prevede latte a lunga conservazione e savoiardi di supermercato -e meno male che il marito fa il pastore- e i letti, brande metalliche da protezione civile, hanno materassi e reti che gridano pietà.
Alla fine il conto: 30 euro testa a notte, bambini o no “perché ci siamo messi tutti d’accordo in paese”, anche se la stanza era a malapena possibile per due, e per due spartani, con il totale per due notti di 240 euro, ovviamente senza ricevuta.
Risultato: i miei amici che non amano rimostrare o contrattare hanno pagato senza fiatare, ma hanno detto che sì, il festival, l’atmosfera, tutto molto bello ma, almeno a queste condizioni, mai più!
Gavoi, gennaio 2012.
Anni fa qualcuno mi parlò di un agriturismo e di una certa signora Speranza. Cerco in rete, trovo i riferimenti e chiamo. Mi risponde una signora dalla voce flemmatica; chiedo scusa per il poco preavviso, ma fra due giorni saliremo a Fonni a vedere la neve e a Mamoiada per il carnevale e il museo delle maschere. “Vorremmo fermarci da voi a pranzo, è possibile?”. “Va bene, quanti siete?”… Viste le usanze culinarie della zona, azzardo “Senta, ci sarebbe un’altra cosa, due di noi sono vegetariani e abbiamo anche dei bambini” “Nessun problema, noi siamo qui per tutti”. “Ok, arriveremo intorno alle 13”. Una volta a Fonni, un pò presi dai giochi sulla neve, un pò perchè abbiamo sbagliato la strada per scendere a Gavoi, siamo in notevole ritardo per il pranzo, cerchiamo di chiamare ma la linea cade e non riusciamo a dire a signora Speranza che saremo lì intorno alle 14. Arriviamo, da fuori quasi non si capisce che si tratta di un agriturismo rispetto alle nostre aspettative estetiche… Ma dietro quella porticina si è aperto un altro mondo. Entriamo, ci scusiamo per il ritardo, i clienti erano già tutti via, tranne una coppia che sorseggiava il caffè. Imbarazzo iniziale ma poi rompiamo il ghiaccio grazie all’ospitalità di signora Speranza che di esperienza con i clienti – e di vita, vedova da poco – ne ha e ci accoglie come una mamma/nonna che sa tenere pure a bada i bambini curiosi di esplorare e toccare tutto, parlano a voce alta intorno al caminetto e il fuoco che scoppietta sull’arrosto. Pranzo ottimo per tutti, di produzione propria, compresi i dolci e i fatti fritti caldi caldi. E sul prezzo concordato per telefono ci fa pure lo sconto, nonostante le abbiamo dovuto dire “Tutto ottimo ma…Basta, non si offenda, abbiamo mangiato troppo, non ce la facciamo più…”
Errata corrige, febbraio 2012, non gennaio 2012.