La mia amica Alessandra mi ha scritto questa bella mail. Vorrei condividerla con voi perché pone uno dei problemi più sentiti a Cagliari e dintorni in questi giorni (il destino dei rom che hanno lasciato il campo sulla 554) in maniera sincera e non banale. E che merita una risposta da parte ci ciascuno di noi.
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Caro Vito,
vorrei condividere con te alcune perplessità, per quello che sto sentendo in giro. Grazie alle vicende di questi giorni, con al vicenda dei rom provenienti dal campo nomadi di Cagliari rifiutati da parte dei residenti di San Sperate, sto cercando di capire come sono messa nei confronti del razzismo per poter dare un’impronta ai miei figli, non voglio che vengano assimilati certi comportamenti dettati spesso dall’ignoranza.
Ma prima devo lavorare seriamente su di me.
Mi sono accorta, sentendo anche gli sms degli ascoltatori della tua trasmissione “Buongiorno Cagliari”, di quanti retaggi culturali ho subìto inconsciamente da bambina: gli zingari rubano i bambini, sono delinquenti, sono ladri, sono sporchi e portano malattie, e tutte le cose che conosciamo.
Anni fa, durante i tre anni di tirocinio ospedaliero, sono venuta a contatto con varie famiglie rom perché cominciavano a partorire in ospedale. Una donna in particolare ha lasciato un segno, si chiamava Vesna, ci siamo fatte simpatia da subito. Lei voleva partorire al campo, il marito insistette affinché andasse all’ospedale.
Mi disse che se volevo mi poteva procurare la pillola anticoncezionale perché a lei gliele passavano gratis: “Se tu vuole, io procura”. Non lo dimenticherò mai, ci abbiamo riso un sacco. Nacque un figlio maschio, il marito tirò fuori 50 mila lire dal portafogli e me li porse affinché comprassi le paste per tutti e facessimo festa. Io rifiutai, lui rimase molto male. Io non potevo accettare soldi, ma lui era mosso dal grande entusiasmo. Il commento di qualcuno fu “Però! Chiedono l’elemosina e ha 50 mila lire da regalare a noi”. Devo dire che allora quel commento lo condividevo.
Fecero una grande festa, come era nella loro tradizione, al campo di via San Paolo. Arrostirono cinque pecore, mi invitarono e furono tristi perché non ci andai, ci tenevano. Mi dissero che gli assistenti sociali ci andarono.
Perché non ci andai? Ecco. Mi sa che quel retaggio culturale era lì nascosto nascosto, anche se volevo loro un gran bene.
Qualche anno fa nella nostra zona ruotava una famiglia di rom. Cinque figli, due dei quali coetanei dei miei. Ci si incontrava fuori dal supermercato, a volte compravo del cibo per loro, a volte portavo indumenti o altro che poteva servire.
La mamma aveva una brutta epatite, il figlio più grande era cardiopatico e di tanto in tanto dovevano partire a Roma per i controlli. Lei mi diceva che avrebbe voluto fare un’altra vita ma che non si può, che si nasce zingari e si muore zingari. Molto scaltra, sapeva come far breccia sulle persone sensibili e ottenere ciò che voleva. Però aveva il difetto di lamentarsi troppo di tutte le cose che non avevano e alla fine la gente passava dritta. E sono spariti.
Avevano un camper parcheggiato vicino al mare: un pomeriggio sono andata a trovarli, volutamente con i bambini, che hanno giocato con loro. Figurati, i miei sono più zingari di loro, sempre scalzi e nella terra del giardino! È stato bellissimo. Un episodio isolato ma indimenticabile…
Ecco Vito, di fronte a chi mi dice che qui rubano il rame – ed è vero, non posso negarlo, è successo anche nel nostro condominio e 250 case sono rimaste senz’acqua per una giornata intera per guasto ala pompa del pozzo condominale – e che prima bisogna pensare ai nostri problemi, è difficile ribattere che sono dei fratelli che vanno sostenuti e che un Paese civile non è di conseguenza razzista…
Sto cercando la chiave per focalizzare il concetto ed imparare a trasmetterlo. Aiutami, perché a me sembra che tu abbia le idee molto più chiare delle mie…
Grazie amico mio!
Alessandra
Che belli i Balentia sul palco del Festival Cuncambias, a San Sperate, con le magliette “Siamo tutti Rom”… 🙂
Grazie Vito, cuore! So che sei stato li anche per me, che non sono potuta venire. Ma stavolta per problemi logistici familiari e non, come quella volta, per retaggio culturale.
http://vitobiolchini.wordpress.com/2012/07/14/rom-a-cagliari-la-questione-e-politica-ed-e-molto-semplice-cosa-sta-facendo-la-giunta-zedda-per-i-poveri-e-come-sta-combattendo-le-disuguaglianze/
http://vitobiolchini.wordpress.com/2012/07/10/siamo-tutti-rom-venerdi-13-al-centro-asce-di-monserrato-una-festa-per-dire-no-al-razzismo-e-alle-discriminazioni-ci-venite/
Zingari brutti, sporchi e puzzolenti, denti scadenti e cariati, buttati qua e là alla rinfusa su gengive retrive di maledizioni antiche, belle fiche in vendita nella roulotte, culottes sospette, interdette, da levare per dubbia pulizia, razzia di bambini piccolini e indifesi di pochi mesi rubati dalle carrozzine, forcine infilzate nella mazzina paurosa, ritrosa la zingara sputa sull’euro lucente, gente cattiva, furtiva arriva la sera, si spera l’ultima vicino al campo dei delinquenti, denti scadenti e svogliati, lasciati sulle gengive per scommessa persa, diversa, lontana, alla gitana.
http://giosuecardulinu.wordpress.com/2012/07/10/zingari/
io sono razzista ma: non capisco perchè vogliamo integrare chi non desidera essere integrato.
io sono razzista ma: non capisco perchè intere etnie che spesso e volentieri vivono ‘di espedienti’ non posono essere perseguite come da leggi italiane
io sono razzista ma: non riesco a tollerare che alcune tribù o clan o come cavolo li vogliamo chiamare utilizzino benie servizi pubblici ‘ a scrocco’, quasi che in Italia ci possiamo permettere di erogare gratuitamente e all’infinito alcuni servizi
io sono razzista ma: non capisco perchè se ho una lampadina spenta, se non ho fatto la revisione alla macchina, se guido senza assicurazione mi becco la multa, e il ritiro del mezzo, ma gli sgangherati furgoni degli zingari da decenni viaggino senza problemi.
io sono razzista ma: mi chiedo come sia possibile che gli zingari venbdao ogni domenica nei mercatini interi pacchi di biscotti, sughi, e genri alimentari intoni e non scaduti ad un decimo del loro valore di mercato. occasionalmente vendono anche interi furgoni di ferri da stiro, frullatori e robe del genere a 5 euro.
io sono razzista se mi chiedo: è possibile che le leggi in Italia siano applicate con tanta discrezione che se obbligo mia figlia o mia moglie incinta o mia nonna invalida a mendicare al semaforo mi becco una denuncia, ma se fossi rom potrei farlo?
io sono razzista e dico: se decidessi di vivere in una grotta senza luce nè acqua nè servizi igenici degni di questo nome, e di farci vivere la mia famiglia, alla seconda segnalazione ai servizi sociali mi leverebbero la patria potestà. stesa cosa se mandassi mia figlia sporca e puzzolente a scuola.
PS: vi ho semplificato il lavoro di dirmi ‘ma sei razzista!’ ora qualcuno può spiegarmi per quali altre ‘categorie’ e/o etnie e/o clan (politici esclusi) così tante leggi in italia non vengano applicate?
Gentile Il Giullare,
c’è un libricino piuttosto carino che i ragazzini delle scuole medie dovrebbero leggere:
G. Barbujani, P. Cheli – Sono razzista ma sto cercando di smettere – Laterza (2008)
Talvolta accade che alle medie non lo si legga (ad esempio lei non l’ha letto) e allora si scrive «Sono razzista…».
Siccome non l’ho letto neppure io (alle medie) perché ancora non era stato pubblicato, ho scritto un post (nel 2010, quindi molto prima di lei) intitolato proprio «Sono Razzista…».
Ciò conferma evidentemente la mia tesi (ma soprattutto quella di Barbujani): siamo razzisti ma possiamo cercare di smettere: provi anche lei.
E guardi un po’ com’è bizzarro il mondo, le pare?
http://exxworks.wordpress.com/2012/02/04/lerrore-della-razza/
https://exxworks.wordpress.com/2010/07/18/sono-razzista%E2%80%A6/
Cordialmente,
PS – pare che ci siano anche i cerotti ma i test di efficacia sono contradditori. Il libro è meglio!
Accetto volentieri il consiglio di smettere, ma non grazie all’uso corroborante della lettura,al quale preferisco volentieri un contraddittorio. La domanda è davvero semplice: perchè alcuni clan che decidano di violare ripetutamente svariate leggi italiane sono all’attenzione della magistratura (leggi Casalesi, Corleone etc) nonchè della normativa in fatto di carcere duro, mentre ad altri clan, che, per carità, sono assai meno pericolosi ma non meno socialmente estranei al vivere civile, dobbiamo accettare che violino palesemente svariate (altre) leggi? In altre parole, perchè il controllore del pulmann a me mise la multa perchè senza biglietto, mentre non fece altrettanto nè coi Rom nè coi ‘marocchini’ presenti sul medesimo bus ma li fece scendere sapendo che li avrebbe ri-incontrati domani e domani dopo? perchè chiedere il rispetto del vivere civile sia considerato razzismo se il destinatario è ‘diverso da me’, mentre è ‘educazione civica’ se è uguale a me? perchè noi dobbiamo ‘fare spazio’ sennò siamo i cattivi, ma quello stesso spazio che faticosamente liberiamo è disdegnato da coloro che vorremmo lo occupassero? badate che qua non si tratta più di dire ‘ a scuola, sui bus, negli ospedali NON LI VOGLIAMO’…siamo oltre! i rom vanno a scuola, usano i pubblici servizi, vengono curati in ospedale e amorevolmente accuditi (a volte) nelle patrie galere. Questo è tutto bello e molto giusto e mi sta bene. Però, purtroppo, questi servizi costano! ripulire un campo nomadi costa. casa, luce ed acqua, in genere costa. Chi si assume questo costo? Il punto sta tutto qui, e purtroppo non è questione di razzismo, dato che riguarda tantissimi italioti doc che vivono di espedienti al pari dei rom. Questa società è, purtroppo, formulata sulla base di una sostenibilità economica e chi non è lavorativamente attivo è fuori. Lo si vede bene in questo periodo di crisi. Allora la mia domanda è: ce lo possiamo permettere? Per non sentirci razzisti e intolleranti dobbiamo necessariamente chiudere non uno ma entrambi gli occhi? O cambiamo le regole economiche o cambiamo la società. Ma in entrambi i casi, la legge sia uguale per tutti, compresi coloro che acquistando palesemente sottobanco dei frullatori o dei biscotti del mulino bianco dai rom, siano incriminati per incauto acquisto o ricettazione. L’integrazione, sepsso si dimentica, passa dal rispetto condiviso delel regole da parte di tutti, compreso il divieto di mendicare, di rubare, di mantenere la prole in stato di semi-cavernità.
Presi come ebook i libri consigliati costano solo 10,80! L’ignoranza è una delle poche malattie gravissime curabili con facilità… 😀
Il problema non è che tu sia razzista, in fondo – almeno secondo me a leggere il mio commento al post – lo siamo un po’ tutti. Il problema è che, parole tue, “non capisci”. Né ti sforzi di capire.
Ma se tu non ti sforzi di capire, per quale motivo qualcuno dovrebbe prendersi la briga di spiegartelo, perdendo il suo prezioso tempo?
Per buon cuore! Quindi ringrazia Ainis, leggitti il libretto che ti ha suggerito (e ti assicuro che i libri che suggerisce Ainis meritano sempre di essere letti) e poi vediamo. Magari scriverai un nuovo commento con differente anafora: “sono razzista, ma capisco che…”
Quale altra categoria, ti chiedi? Tutti coloro che che vivono nelle medesime condizioni, nelle zone popolari e sottoproletarie delle nostre grandi città.
Nessuno dice che i Rom non debbano rispettare la legge, ma come italiani e come sardi, in questo campo dovremmo veramente evitare di dare lezioni a chicchessia.
A meno che tu sia svizzero o tedesco…
Giullare, a me piace il tuo discorso perché nella provocazione dici cose vere. Mi spiace che nelle risposte non ci sia traccia di contraddittorio, perché dal tuo discorso si poteva iniziare a costruire qualcosa. Io non credo sia razzista per ciò che dici, stai solo evidenziando l’ipocrisia generale. E’ evidente, infatti, che se da un giorno all’altro si applicassero le leggi italiane nei confronti delle comunità rom scoppierebbe una specie di guerra civile; sono troppi i reati per cui gli zingari andrebbero perseguiti. Questo vuol dire che il problema da affrontare è prima di tutto di carattere culturale e sociale. Non si può e, secondo me, non sarebbe neanche giusto, applicare la legislazione italiana vigente ex abrupto, perché si tratta di due tipi di società molto diversi. E’ una situazione che è frutto della storia, e la storia, fra l’altro, l’abbiamo fatta anche noi insieme a loro. Quindi, oh Sovjet, la tua idea di applicare il principio della responsabilità individuale è ingenua. Non è possibile, ancora, omologare i reati compiuti dagli zingari a quelli della malavita comune nostrana e chi lo fa presente non è razzista, anzi, cerca di segnare un punto di partenza per un processo di mediazione culturale fra noi e loro che porti a migliorare le condizioni di vita di entrambi. Ben vengano i mediatori culturali, perché c’è bisogno di confronto e non di polemiche fini a se stesse fra razzisti e non razzisti. Forse, iniziando così, un giorno non troppo lontano si potranno applicare le leggi, come dici tu, secondo il principio della responsabilità personale. Quel giorno, magari, le leggi saranno un po’ cambiate e saranno anche le leggi degli zingari.
Gentile Concu Pissenti,
la butto là: scommetto che neppure lei (alle medie) ha letto il libro.
Cordialmente,
No, infatti. Avevo già visto il tuo link e dato uno sguardo su internet. Interessante. Ti ringrazio per il consiglio.
caro soviet, l’ultimo libro che mi hanno proposto come depositario dell’unica Verità è la Bibbia, pare che ‘sono razzista..’ sia allo stesso livello…lo comprerò e lo leggerò. d’altra parte però permettimi di confutare alcune delle tue tesi, ovvero che nelle zone popolari e sottoproletarie delle nostre grandi città vivano interi clan familiari che: vivono in condizioni precarie igenico sanitarie con bambini e anziani; vivano tutti di espedienti che vanno dal mendicare, al furto con destrezza, al furto di rame al…(bho, mai conosciuto un rom che facesse…bho, il commerciante, l’operaio, il contadino, l’allevatore); usufruiscano di tanti servizi pubblici e privati a fronte di una totale assenza dal panorama contributivo…al contrario conosco diverse realtà (sarà che vivo in zona popolare e sottoproletaria) in cui alcune famiglie hanno diverse mele marce, che entrano ed escono dal carcere, che restano sotto lo sguardo vigile di assitenti sociali e forze dell’ordine, in cui magari il patto sociale di sopravvivenza e convivenza civile passa attraverso una bancarella sena autorizzazionie e che non fa scontrini, basta che l’individuo non rubi e non spacci. Ma so per certo che un babbo in carcere e una madre senza reddito spesso porta all’allontanamento dei figli dal nucleo familiare, all’affido, cosa che MAI avviene coi Rom. In casi di scarsa igiene le maestre sono tenute a segnalare la cosa agli assitenti sociali che se rilevano condizioni di degrado possono prendere provvedimenti anche gravi coi genitori, e so che nel caso di famiglie ‘popolari e sottoproletarie’ la cosa si fa e anche rapidamente in certi contesti. coi Rom no…saremmo razzisti. conosco un figlio ‘popolare e sottoproletario’ che ha collezionato un centinaio di multe del ctm, arrivando ad essere protestato e con un debito di diverse migliaia di euro, perchè (persona semplice) dava sempre il suo nome e cognome e il suo indirizzo al controllore quando andava a scuola (e in famiglia non c’erano soldi per il biglietto). quanti rom esistono nelel medesime condizioni? Io sarò razzista, ma ripeto, se non vuoi far parte di questa società, liberissimo di farlo, di andare a vivere nei boschi dei sette fratelli e poi spostarti nel bosco di Laconi e in quello di burgos con camper e roulotte, non dico di andar via dalla mia terra..la terra è mia quanto tua. ma l’ospedale io lo pago, così come la scuola, il bus e tutto il resto. La cosa ti interessa? sali a bordo, sei il benvenuto (e,lo dico senza ironia, quanto mi sono piaciute le storie vere di persone smentite nei loro e nei miei pregiudizi sui rom), sei ‘depositario’ di una cultura che affascina e ha di che insegnare!!ma se a bordo non ci vuoi salire, allora vai a piedi, o prendi una vettura che sia in ordine cone le regole del codice della strada. il (con)vivere civile si basa su regole condivise e valide per tutti, non solo per chi è uguale agli altri. (ps: tutti i giorni vedo lo scuolabus che va a prendere i bambini dal campo-nomadi e li porta a scuolae poi li riporta al campo, autista + assitente per 6 o 7 bimbi…servizio meritorio e doveroso…ma se io non mando mio figlio minorenne a scuola e se così fa anche mio fratello e mia sorella, il comune non mi manda lo scuolabus, mi manda un ducato della polizia penitenziaria!)
Gentile Sovjet,
ha ragione, è tempo perso. Però, tanto per cazzeggiare, proviamo a leggere tutti questo link: hai visto mai?
http://www.corriere.it/cronache/07_ottobre_11/violenza_sardo_fidanzata.shtml
E’ un po’ come smettere di fumare: quando ti prende la voglia di una sigaretta: basta guardare l’immagine di un tumore metastatico ai polmoni di un fumatore.
Però c’è anche chi, di fronte al tumore, accende comunque una Marlboro.
Cordialmente,
A parte il cazzeggio e le scemenze di certi giudici che, in questo caso creano confusione, il rischio per quanto riguarda gli zingari è che, per un malinteso senso di egualitarismo, non si riconosca e non si rispetti la loro specificità. Se noi non riconosciamo che gli zingari hanno una propria cultura, una propria organizzazione sociale e un proprio ordinamento giuridico, seppur non scritto, stiamo sbagliando in partenza. Sono già abbastanza gli errori commessi dagli stati nazionali nei confronti di minoranze, fottendosene di capire le differenze culturali. Ci manca solo che ora li si faccia in nome della tolleranza. Se pensiamo, ad esempio, all’istituto del matrimonio le differenze fra i due sistemi saltano subito all’occhio. Gli zingari si sposano appena raggiungono la pubertà, che le ragazze raggiungono naturalmente prima dei ragazzi, in un’età che per la legge italiana potrebbe significare sino a dieci anni di galera se la differenza fra i due è più di 3 anni. Il matrimonio avviene per compravendita. La ragazza viene valutata, spesso, oltre che per le doti fisiche (verginità compresa) anche per la sua abilità nel rubare. Anche la questua è una tradizione che si tramanda di generazione in generazione e in Italia si possono prendere 6 mesi di galera per mendicare simulando infermità o per bussare al finestrino al semaforo per lavare i vetri. Gli zingari attuano certi comportamenti per necessità e lo stato di necessità in cui versano è dovuto anche a colpe nostre, passate e presenti. Se non possono più andare in giro liberamente, se i loro mestieri stanno scomparendo, se esistono i campi nomadi ghetto la responsabilità è in gran parte della nostra società, quella dominante, e non della loro. Poiché noi non abbiamo la verità e la giustizia in tasca, sarebbe il caso, invece di imporre come al solito il nostro modello, di cercare una mediazione culturale. Questo può evitare inutili conflitti, offrire alternative a loro e a noi, insomma arricchire gli uni e gli altri.
ragazzi, che bello! sono giorni che leggo bestialità.
questo blog mi ha riconciliato con la mia città.
ho letto qui cose che mi hanno commosso e fatto pensare, non cjiedo di più.
Grazie Vito per avermi concesso questo spazio e e grazie a tutti voi per i preziosi e non banali contributi, dai quali ho preso spunto per le mie riflessioni. Concordo che la questione dei Rom sia un banco di prova, per questo in poche righe ho voluto espormi personalmente per testare sino a che punto davvero, come dice Soviet, siamo in grado di amare il nostro prossimo come noi stessi. Un’amica tedesca, che frequentò una scuola Waldorf, mi ha raccontato che da bambina le fecero un gioco: tutti gli alunni furono portati in giardino dove le maestre avevano sistemato dei bellissimi fiori. Ogni bambino doveva scegliere un fiore. E tutti a scegliere quello che ritenevano più bello per se. La seconda parte del gioco consisteva nel donare quel fiore ad un altro bambino…
C’è una parabola sufi, ma la si trova raccontata in molte altre versioni, che racconta di un uomo molto buono che, una volta morto, espresse all’angelo che lo prese in custodia il desiderio di vedere inferno e paradiso.
Non c’era differenza, entrambi altro non erano che una sala immensa con una tavola riccamente bandita e mestoli lunghi un metro per portare il cibo alla bocca.
Però…in paradiso i commensali si imboccavano fra loro, all’inferno tentavano invano di mangiare da soli.
Alla fine è tutto qui.
Naturalmente la tavola era “imbantita”… 😀
“Io non sono razzista, ma…” Quante volte, all’inizio, in mezzo o alla fine di un discorso abbiamo sentito queste parole? Per carità, dette con assoluta convinzione e forse pure con sincerità. E quante volte noi “antirazzisti” ci siamo lamentati del fatto che quel “ma” fosse varamente una congiunzione avversativa.
Forse si dovrebbe fare come per gli alcolisti anonimi: regola prima, ammettere il problema.
A leggere qualcosa di etologia si scopre che gli atti ostili nei confronti di chi è diverso non sono solo prerogativa umana, mi pare succeda fra le grandi scimmie e fra altri animali sociali.
D’altra parte c’è un imperativo genetico che ci impone di sopravvivere e per questa ragione ogni cosa che in qualche modo cambi il nostro quotidiano è visto come una minaccia alla quale reagire con la fuga o con la lotta. Se ci viene lanciata addosso un corda ci spaventiamo come fosse un serpente…pur sapendo razionalemente che serpenti in Sardegna non ce ne sono. Sono “pensieri veloci”, quelle euristiche che ci hanno aiutato a sopravvivere da scimmia nuda e che però permangono anche quando non sono più giustificabili.
Quindi il punto da cui partire dovrebbe essere “io sono razzista ma…” Ma usando l’intelletto mi rendo conto che siamo tutti uguali e che non è la categoria generale a dettare il comportamento, ma l’indole personale e soprattutto le scelte che ciascuno fa. Io sono razzista ma…ad uno stimolo che mi porta a generalizzare perché magari sono stato danneggiato da qualcuno, non lancio una maledizione su tutti – rom, africani, tedeschi o sardi che siano – ma me la prendo con chi mi ha fatto male. L’euristica, la reazione semplificata, predilige il gruppo: vedo il rom e reagisco di conseguenza. È tutto più rapido. Ma profondamente ingiusto e non necessario alla nostra sopravvivenza in questa società. In alti tempi, più primitivi e ostili di questo, riconoscere una minaccia era questione di vita o di morte. Ma oggi non ci sono grandi predatori in giro (e se ci sono, hanno giacca e cravatta e ci mettono persino in soggezione…) e queste reazioni sono relitti del passato, ma che possono essere disinnescate solo con il ragionamento e la cultura.
Quindi, il primo punto è ammettere che siamo tutti un po’ razzisti, riconoscere questa parte oscura che si agita dentro di noi e tenerla a bada col nostro intelletto. Senza sensi di colpa perché è un istinto che ci ha aiutato a sopravvivere, ma è un istinto e si puô controllare. D’altra parte abbiamo imparato anche a trattenere altri istinti.
Per quanto riguarda i Rom, naturalmente in uno stato di diritto le leggi devono essere rispettate e il relativismo culturale vale fino ad un certo punto: la vita reale impone adattamenti a tutti, se si vuole convivere, Rom inclusi. Non è che un campo roma possa essere una specie di parco zoo dove si è inseriti “nel proprio contesto naturale”.
I Rom, anzi “gli zingari” così usciamo dall’eufemismo, sono il vero banco di prova su cui controllare il nostro razzismo perché entrano direttamente in contatto con noi con tutta la loro diversità: aspetto, odore, l’invadenza di chi non ha problemi a chiedere e la disinvoltura di chi davvero passa per la terra leggero. Ma basta leggere la loro storia per riconoscergli una sorta di wild card planetaria: sono l’unico popolo – lo so anche questa è una generalizzazione – a non avere le mani grondanti di sangue. Noi italiani, durante la guerra d’Africa, nelle rappresaglie abbiamo usato un rapporto di 1 a 100 con gli africani che lottavano per la loro terra; i tedeschi con noi di 1 a 10. Tutti i paesi della civile Europa, durante il colonialismo hanno spezzato intere culture; gli Usa, patria della libertà, si sono macchiate di genocidio nei confronti delle popolazioni autoctone (e lasciamo perdere le responsabilità nei confronti del “giardino di casa”…). Gli zingari sono invece un popolo innocente: sono sempre stato vittime e mai carnefici. Se mai esistesse un dio, basterebbe dimostrare di essere un zingaro per accedere al regno dei cieli!
Splendido intervento che sottoscrivo virgole comprese. Andrebbe diffuso capillarmente e non sto scherzando.
Sempre in buona fede, c’era una volta uno al quale sfuggì l’espressione: “…io, i razzisti, li ammazzerei tutti!…”
Il problema non sta nell’avere un prossimo – topologicamente parlando – ma nell’amarlo come se stessi – filosoficamente parlando – anche se si percepisce diverso e, perfino, “nemico”.
Mica facile, ma ineludibile.
Se andiamo a vedere, altro non è che la saggezza sovraumana del motto evangelico “ama il prossimo tuo come te stesso” o di quella popolare del detto “spazza davanti al tuo uscio e tutta la strada sarà pulita”…
E bravo Sovjet. Risparmio di ripetere il senso quanto hai scritto qui e di quello che abbiamo ripetutamente scritto in altre pagine del blog tempo fa, sottolineo solo un aspetto: la tolleranza costa fatica, impegno e una decisione a sopportare questa fatica.
L’intolleranza è molto più facile, basta assecondare il proprio istinto, il proprio “cervello rettiliano”.
Tutti o quasi poi siamo diventati tollerantissimi -a parte qualche irriducibile fasciorazzista- soprattutto con le persone integratissime, educatissime, perbene e a modino.
Ricordate il famoso film “Indovina chi viene a cena?” Ma trovarne, di Sidney Poitier/John Prentice intelligenti e bravi, funzionari dell’ONU e bellissimi, come mariti per le figlie, chi mai chiuderebbe la porta?
Il fatto è che la gente nella realtà non è come il personaggio di un film, e la tolleranza si deve applicare proprio a chi -per abitudini, distanze culturali e/o sociali- è diverso. Sennò cosa mai si dovrebbe “tollerare”? Il paradosso è che spesso non basta mai, e a chi è etichettato come “diverso” si richiedono qualità non pari ma superiori alla media -se esiste una media- delle nostre. E poi, in fondo, tornando ai Rom e al caso in questione, neppure si tratta di includerli nelle nostre timorate -o timorose- famiglie, ma di accettare, senza fare obiezioni inconsistenti e illegali, che liberamente dei residenti e cittadini italiani prendano in affitto una casa nel nostro paesello, o nel vicinato. Enzà de ‘tta bugginu seus chistionendi?
http://www.youtube.com/watch?v=xIoREgXDDwo
Vero e sono interessanti anche le considerazioni che fa Patrick Timsit, “Michou”, del film francese “La crisi!”
http://m.youtube.com/watch?v=LqJvcrxYrYY
caro Vito,
penso non da oggi che la vicenda del campo nomadi e di tutto quello che n’è venuto fuori sia piuttosto complessa. E’ necessario voltare definitivamente pagina: uguali diritti e doveri per i rom: http://gruppodinterventogiuridicoweb.wordpress.com/2012/07/08/cari-rom-un-briciolo-di-autocritica-non-guasta-e-niente-razzismo/ .
A presto.
Stefano Deliperi
Il vero Rom non vuole una casa vera, per cui i discorsi secondo cui il comune debba sforzarsi di assegnare delle case non regge ! Non le vogliono, se sono veri Rom. Lavoro? Non lo vogliono ! Loro, quelli autentici, vivono chiedendo l’elemosina ! Io non sono razzista ma sinceramente non sopporto le persone che mi disturbano al semaforo ogni santo giorno, che mi importunano alle uscite dai negozi, posta, banche, e magari ti gettano una valanga di maledizioni (che a me fanno ridere e basta) se non gli dai qualcosa. Sono molto seccata, e questo non è razzismo, semplicemente mi riesce difficile accettare persone che non vogliono integrarsi con la società in cui si trovano e stanno là a disturbare gli altri pretendendo comprensione. Qui a Londra i Rom non esistono, mai visti, Cagliari è sommersa!
Io non sono razzista ma….
Così inizia praticamente ogni discorso razzista, nella Cagliari del XXI secolo.
Appunto …. e io non ho iniziato in questo modo .. poi fai te ! 😉
“Lavoro? Non lo vogliono ! Loro, quelli autentici, vivono chiedendo l’elemosina !”
Questo sono frasi intrise di pregiudizio etnico.
Andrea Pirlo -per dire- è un Rom Sinti, e non chiede l’elemosina. Per te non è un Rom?
Ma cosa ne sai?
Andrea Pirlo comunque ha negato di essere un rom, è una leggenda metropolitana
Pensavo fosse volutamente ironico… forse no! Ma provo a considerarlo cosi’! Perche’ e’ troppo… quando esprimete giudizi spiegate di cosa si tratta! Cos’e’, ad esempio, l’ autenticita’?
@Monica: Temo che la bella serie di luoghi comuni “antizingari” collezionata e proposta dall’amica “nel mondo” non fosse ironica. Dato che però mi è già capitato di confondere e non riconoscere qualche commento che voleva essere ironico, spero che tu abbia ragione.
Mi sa che c’è un problema di comunicazione … qualcuno ha mai avuto contatti diretti con i Rom? Io si, e mi hanno spiegato per bene che case di mattoni per intenderci, non ne vogliono, vogliono vivere da nomadi e vogliono spazi aperti per vivere in questo modo e basta. Spero di essere stata chiara 🙂
E questo lo sappiamo tutti, a parte la Presidenza del Consiglio che ha dettato linee guida sull’integrazione dei “nomadi” che dimostrano semplicemente l’ignoranza del complesso fenomeno “nomadi” in Italia e anche le profonde diversità di origine, di tempo di radicamento e di relazioni con la collettività che contraddistinguono le diverse comunità “nomadi”. Che poi “nomadi” non sono da tempo, perché dal momento che la stupenda Inquisizione ha giudicato empie le attività circensi (a proposito, lo sapevate che anche Moira Orfei è di origine Sinti?) e spettacolari degli “zingari”, non diversamente dagli “ariani” indiani che ne provocarono due millenni or sono l’espulsione dalle terre di origine, sono stati costretti ad essere “stanziali”, e lo sono comunque diventati. Non vedo che diamine c’entri comunque con la sfilza di luoghi comuni che hai infilato. Non dappertutto, e non tutti gli “zingari” neppure nello stesso posto, si dedicano esclusivamente alle attività che gli attribuisci. Allo stesso modo in cui non tutti i sardi emigrati nel “Continente” si dedicavano ai sequestri di persona a scopo di estorsione. A tale proposito: qualcuno ricorda la sconcertante proposta di tale Patuelli, deputato liberale emiliano, che propose la schedatura dei Sardi residenti in Emilia? Io si, perché sono “vecchio” (grosso modo quanto Sovjet oddio, non esageriamo …) e noto che più passa il tempo più l’ignoranza madre di tutti i razzismi e di tutte le discriminazioni (insieme alla malafede dei ceti abbienti) avanza anziché arretrare.
Vito dai, facci sapere anche il tuo punto di vista.
Se tutti danno il proprio contributo, questo diventa il post più bello di sempre.
Noi non conosciamo i rom. Forse li conoscevamo meglio prima, e ci sono almeno due decenni di gap da recuperare. Siamo passati per l’era dell’utilitarismo, del liberismo ideologico e selvaggio, ciò ha diminuito la capacità di comprensione di un popolo come quello dei nomadi (o più popoli: rom o sinti?) che per il suo modo di vivere sfugge ampiamente ai meccanismi della civiltà dei consumi. Sforziamoci di tornare a conoscerli al di là degli stereotipi, magari sperando che sia possibile anche a loro farsi conoscere meglio, perché è molto probabile che come avviene in altre realtà in certi frangenti sia pure una minoranza deteriore e criminale a incutere paura alla maggioranza “silenziosa” e a spingerla a non abbandonare quelle pratiche e quegli atteggiamenti che destano maggiore difficoltà di comprensione. Si dice che i rom rubano il rame, ma perché costituisce la materia prima delle loro attività artigianali, e con ciò non intendo certo giustificare il furto, solo che non sono solo i rom (alcuni rom, meglio) a rubare per “mangiare” talora. Si dice che non sanno fare molto altro rispetto a questo, a parte chiedere l’elemosina, ma non ricordiamo le colpe dell’Inquisizione nello stroncare come stregoneria o pratiche empie tutte le cose, dall’arte della divinazione allo stesso modo di vita girovago, in cui gli “zingari” eccellevano.
@ MaryBonny: ti capisco perché ho gli stessi problemi con gli amici di estrazione fortemente cattolica quando si parla dei diritti dei gay … anche se qualche progresso, nella consapevolezza che anche alle coppie gay spettino almeno alcuni diritti delle coppie etero, emerge anche in aree conservatrici, la convinzione che si tratti sempre e comunque di pratiche “contro natura” tendenzialmente da condannare è ancora molto radicata presso taluni. La cosa che da speranze è che ho notato un sensibile decadimento di una certa omofobia da bar sport proprio presso ceti più “popolari”. (chiedo scusa per l’off topic).
Secondo me bisognerebbe smettere di parlare del problema dei Rom in termini di razzismo si – razzismo no. Molte persone che non sopportano i Rom lo fanno esclusivamente perché non condividono il loro stile di vita e non per questioni etniche o di razza. Parlare di razzismo serve solo a sviare l’attenzione dalla ricerca di una soluzione pragmatica accettabile. Soluzione che secondo me dovrebbe contenere almeno questi elementi:
1) Nessuno deve vivere in un campo: non deve assolutamente essere permesso che si venga a formare un campo come quello sulla 554. Per decenni a Mulinu Becciu abbiamo respirato aria piena di diossina per via dei roghi quasi giornalieri del campo e i vigili del fuoco quando chiamati non intervenivano mai. Ovviamente i cittadini non sopportavano più la situazione e non certo per “sentito dire”, “voci sugli zingari”, “razzismo” o altre amenità di questo tipo, ma perché si era venuta a creare una situazione oggettivamente insostenibile. Oltretutto anni di inquinamento dell’aria avranno sicuramente aumentato l’incidenza di tumori nella zona in un modo difficile da quantificare. Quindi c’è un problema concreto che non si risolve certo accusando chi si lamenta di razzismo e intolleranza.
A chi sostiene invece che è giusto che vivano nei campi per rispetto della loro cultura chiedo se sia giusto che dei bambini vivano in quelle condizioni solo perché lo vogliono i genitori. E chiedo inoltre come si comporterebbero se arrivasse un gruppo di persone da qualche paesino dell’Africa che pratica l’infibulazione. Permetterebbero la prassi anche qui perché bisogna rispettare la cultura? E se arriva una famiglia da Kandahar che ha il pallino del burqa alle donne che si fa? Burqa per tutte e schiaffoni a chi non lo accetta? Ritengo che prima viene il rispetto della legge e dopo la cultura, sopratutto quando di mezzo ci sono dei minori.
2) Alle famiglie Rom devono essere assegnate delle case che garantiscano una vita dignitosa. Le obiezioni che sostengono “prima le case ai Sardi e poi ai Rom” sono fuori luogo, essendo i Rom della 554 nati in Sardegna e avendo gli stessi diritti degli altri cittadini. Inoltre il problema della scarsità di case a prezzi accettabili ha origine dalla politica decennale del comune di Cagliari che ha puntato sulla costruzione di case di lusso per favorire gli amici del sindaco, e non mi pare che nessun sardo si sia mai lamentato di tale condotta e abbia gridato “le case ai sardi e non ai signori”.
3) Inserimento lavorativo: penso che i servizi sociali siano più che attrezzati per trovare lavoro a 30-40 famiglie Rom con percorsi di apprendistato e inserimento lavorativo.
4) Rispetto delle regole: le regole devono essere rispettate da tutti. Se qualche famiglia vuole tornare a fare la vita del campo benissimo, ma non gli deve essere permesso di farlo con i minori al seguito. Così come se un cittadino sardo non è in grado di badare ai suoi figli intervengono gli assistenti sociali, così deve accadere per le famiglie Rom. Parità di diritti quindi ma anche di doveri. La legge deve essere uguale per tutti.
Commento che sottoscrivo in toto, virgole comprese 🙂
nick78 . semplicemente perfetto!!
Basta con sta bufala del razzismo, se anche fossero cagliaritano DOC, andrebbero trattati alla stessa maniera; a meno che a qualcuno non stia bene quello che hanno combinato nel campo presso Mulinu Becciu, perchè se è così, basta dirlo e ve li si manda tutti nel cortiletto di casa vostra. E’ tutto molto semplice, esistono delle regole che vanno rispettate da tutti, fossero anche marziani.
Mi interrogo anche io su che risposta dare a persone a me molto vicine ma purtroppo molto razziste, e piene di problemi; un giorno davanti ad un tossicodipendente, un’amica mi ha detto che lo avrebbe volentieri ammazzato, perchè lo stato Italiano per lei non fa nulla. Queste sono le parole che ha usato. La mia risposta è sempre una: alimentare l’odio verso i più deboli è una tecnica per distogliere le energie da chi veramente ci crea questi problemi e anche se noi questi poveracci li spedissimo sulla luna, non cambierebbe una virgola della nostra situazione, perchè i mali della società italiana non vengono certo da loro.
Basta con la guerra tra i poveri.
Ricordo – e non ci vuole molto a ricordarlo – che nostro Signore Gesù Cristo dava scandalo, facendo una cosa molto semplice: non facendo differenza. Una cosa dura da accettare, se ti senti migliore.
Vero, Professore, verissimo. E infatti a dare scandalo è la Caritas, che trova le case da affitare a San Sperate, mentre i rappresentati in quel comune di partiti “molto attenti alle tradizioni cristiane” berciano scomposte contumelie all’indirizzo di chiunque si sia “permesso” di fare avere una casa a due famiglie in stato di necessità.
Pochi giorni fa mi sono avventurato in una discussione simile, sul blog di Bolognesi. Non mi sento in grado di dare consigli, però posso raccontare il mio punto di vista. Diciamo che non è una idea definitiva, la mia, ma è piuttosto in fase di critica. Per questo mi piace confrontarla con altre posizioni.
Ho iniziato a pensarci chiedendomi, prima di tutto, cosa sono io, o chi sono io. Quindi per me il nodo centrale è l’idea di identità. Mi sono subito reso conto che non ho mai avuto una particolare spinta identitaria. Crescendo mi sono reso sempre più conto, che il concetto di identità per me non esiste, e dove esiste lo vedo come un limite. Un limite di tipo culturale. Una costruzione che si concentra sulle divergenze. Io quando osservo il mondo, tendo a concentrarmi sulle convergenze, non sulle divergenze.
Quando parlo di identità mi riferisco al concetto sociologico, che la descrive come la percezione di se, rispetto all’altro (gruppi sociali: nazione, classe sociale, livello culturale, etnia, genere, professione, e così via). Quello che io indico come limite è proprio la percezione di se rispetto ad un altro. Se invece si percepisce se stessi come parte dell’altro (invece che rispetto all’altro), sparisce il concetto stesso di identità.
Io non percepisco me stesso in relazione a diversi gruppi sociali. Mi percepisco in quanto essere pensante (il caro vecchio “cogito ergo sum”) che è parte del tutto; maturato e cresciuto con idee che hanno formato una personalità, non un’identità.
Mi hanno descritto come uno che disprezza se stesso e la propria storia. Non hanno capito niente. La mia storia è stata fondamentale proprio per maturare queste idee. Faccio due esempi veloci.
* Mio nonno materno era un pastore. La sua vita è stata un esempio di virtù, legata al sacrificio personale, in favore dei propri figli. La sua vita ruotava intorno alla terra del Gennargentu: per lui la terra era sacra, e con essa il lavoro che ne dipendeva. Sono due cose sacre anche per me. Quando sento notizie che descrivono situazioni che calpestano questi valori, provo automaticamente empatia per la parte lesa (per esempio gli espropri nella Val di Susa, o il tentativo di esproprio per il parco del Gennargentu).
* Mio nonno paterno ha vissuto una vita molto romanzesca: ha fatto la guerra al fronte ed in Africa, ha fatto anche l’agente segreto (per un paio d’anni), ma soprattutto ha scelto di fare il partigiano e di combattere il fascismo. Il fascismo affonda parte delle sue radici nell’idea di gruppo, inteso come popolo, contrapposto ad un altro popolo.
Quindi: voglio dire che esistono idee universali rispetto alle quali il concetto di identità è superato. Questo intendo quando dico che l’identità, per me, non esiste, e dove esiste, la vedo come un limite.
E’ lo stesso limite che si produce quando si innalza un muro tra due persone: quando si parla di confini si alza un muro; quando si sventola una bandiera di fronte ad un’altra si sta alzando un muro. Tra la bandiera israeliana e quella palestinese, il muro lo hanno alzato di cemento armato.
C’è una frase di Vittorio Arrigoni che mi piace sempre ricordare:
“Restiamo umani è l’adagio con cui firmavo i miei pezzi per il manifesto e per il blog ed è un invito a ricordarsi della natura dell’uomo, io non credo nei confini nelle barriere, nelle bandiere. Credo che apparteniamo tutti, indipendentemente dalle latitudini e dalle longitudini, alla stessa famiglia che è la famiglia umana”
Spero di essere stato utile
Noi conosciamo noi stessi attraverso gli altri e gli altri attraverso noi stessi. L’identità non è qualcosa di negativo,a meno che non la si confonda con degenerazioni come quelle del nazionalismo fascista che prevaricava l’altro. Per capire gli altri e rispettarli non ti puoi resetare completamente, è meglio che ti confronti. Tu puoi comunicare (nel senso di rendere comune) agli altri te stesso e arricchirti di ciò che ti comunicano gli altri. Altrimenti si rischia di finire preda dell’ipocrisia. Non facciamo finta che gli zingari siano uguali a noi e poi nell’intimo pensiamo che li dobbiamo civilizzare. Gli zingari sono diversi. Non facciamo finta che gli zingari non rubino, semmai chiediamoci il perché. Diverso non ha un significato negativo. Più il prossimo è diverso, più è difficile confrontarsi, ma più c’è da imparare, da arricchirsi reciprocamente. Loro hanno da imparare da noi come noi ne abbiamo da loro e anche fra loro ci saranno quelli più saggi, quelli più aperti, quelli più retrivi e anche i razzisti. Una volta, molti anni fa, stavo accompagnando un giornalista giapponese a fotografare fenicotteri e mi sono addentrato con la macchina in mezzo a un canneto inesplorato intorno allo stagno di Cabras. Senza neanche rendermi conto mi son ritrovato in mezzo a un accampamento di zingari, come se gli fossi entrato con la macchina in salotto. In tre secondi gli uomini, tutti, mi si sono parati davanti e mi guardavano minacciosi. Mi stavo cagando in mano mentre il giapponese continuava a fotografarli. Allora con calma mi sono avvicinato a un ragazzo che avrà avuto la mi età e sembrava uno dei capi e gli ho spiegato sinceramente la situazione: “lui è un giapponese, lo sto accompagnando a fare fotografie, scusate l’invasione…” ” Ma lui lo sa che siamo nomadi?” “No, lui è convinto che siete pescatori” ” hahahahah… e ti paga per questo?” “Si” “Hahahahahah che colione!” Altre due battute, mentre gli altri zingari guardavano il giapponese, alcuni come se fosse un alieno, altri come se fosse un mentecatto, e via da quel canneto
Altro episodio. In questa epoca di precarietà o flessibilità che dir si voglia penso sia capitato a molti di doversi arrangiare a fare lavori “alternativi” per doversi pagare un mutuo o l’assicurazione della macchina etc. Io un periodo andavo a pesca. Ho imparato a pescare ben prima di laurearmi e me la cavo abbastanza. Parcheggiavo la macchina davanti alla spiaggia in un posto isolato, mi infilavo la muta, caricavo il fucile e uscivo dopo diverse ore con le prede da vendermi. Finché un giorno, dove parcheggiavo la macchina mi trovo gli zingari. Ora, pregiudizi a parte e contando che la chiave della macchina non te la puoi portare sott’acqua, ma la devi nascondere dietro una ruota, voi cosa avreste fatto? Io parcheggiavo il più lontano possibile, ma al ritorno dovevo per forza passare davanti agli zingari che un giorno mi fermarono per chiedermi cosa avessi preso. Io gli feci vedere quei pochi chili di polpi che avevo il giorno e gli spiegai che mi facevo la giornata così perché non c’era lavoro. Loro mi dissero che erano nomadi siciliani (credo Camminanti), si chiamavano Antonio e Giovanni e che loro la giornata se la facevano col rame, raccogliendo finocchietto selvatico e aggiustando cucine. Facevano la spola fra Torre Grande e Olbia con tutte le famiglie. “Ce li vendi i polpi?” “Non ho la bilancia” ” E dai,a occhio non lo sai fare?” Insomma, alla fine, fra un’insistenza e l’altra glieli vendetti a occhio, cinque o sei chili, trattandoli bene. Dopo di che, le volte successive mi portavo la bilancia in macchina. Contrattazioni a svenimento “..e dai, aggiungimene ‘na chilata…” ma alla fine erano miei clienti quasi fissi e mi dicevano: “parcheggia la macchina a fianco al camper, che non te la tocca nessuno, te la guardiamo noi” Mai toccata la macchina. Gente con la scusa di aggiustare le cucine ne hanno raggirata, ma a me la macchina non l’ha mai aperta nessuno.
Interessante constatazione: e facciamo che un gruppo di cacciatori “continentali” sia aggredito e derubato dei fucili in Barbagia (e se va bene finisce così, perché pare possa pure finir peggio). Allora questi possono rientrare a casa loro e dire dei sardi che sono tutti ladri (per non dire peggio). Tranne uno, illuminato come te, che dice: non facciamo finta che i sardi siano uguali a noi e poi nell’intimo pensiamo di doverli civilizzare. I sardi sono diversi. Non facciamo finta che i sardi non rubino (e magari facciano anche di peggio). Semmai chiediamoci perché.
Ecco, se senti in tutto questo qualcosa di fastidioso, una nota stonata, una intollerabile generalizzazione perché non è vero che tutti i sardi derubano i cacciatori continentali (e a volte fanno anche di peggio), capirai cosa c’è che stona nel ragionamento.
Gli esseri umani sono tutti uguali, c’è chi ruba e chi non lo fa, c’è chi è onesto e chi non lo è. Infatti la nostra Costituzione, quella italiana, pretende che la responsabilità sia individuale. Quindi non esiste “gli zingari ladri” come non esiste “i sardi coddapecore”, per dirla come l’amico Ainis. Senza escludere che ci siano singoli zingari ladri e che ci siano singoli sardi a cui piacciono le pecore. Il razzismo si combatte ad iniziare con l’igiene orale: nel senso del corretto parlare e pensare.
Uhmmmm….si, è meglio se mi metto in macchina una copia della Costituzione per la prossima volta che finisco in mezzo a un campo nomadi o a caccia con amici fighetti cagliaritani o continentali in qualche gola della Barbagia, così gli spiego che lo Stato ha sempre ragione…
E male non faresti in ogni caso. Ma purtroppo portarsi appresso la Costituzione non significa capire cosa ci sia scritto dentro, come purtroppo – e lo dico senza nessuna ironia – questa risposta fa supporre. Come vedi è semplice generalizzare, anche nei tuoi confronti.
Oh Sovjet, io dico che gli zingari hanno pari dignità, ma non faccio finta che siano uguali a noi. Abbiamo culture differenti. Loro sono minoranze etniche con la loro cultura e i loro codici non scritti. Può anche darsi che la nostra organizzazione sociale sia il non plus ultra e che l’ideale sia farli diventare come noi, ma renditi conto che anche fra loro ci sono quelli che pensano che la loro organizzazione sociale sia il non plus ultra e non hanno alcuna intenzione di darti ragione. Non possiamo ragionare semplicemente in termini di applicazione delle nostre leggi, ciò che crea problemi è la sovrapposizione di due culture e l’incomprensione. Gli zingari rubano, di brutto anche, ma se si derubassero fra loro come derubano i non zingari si sarebbero già estinti. Se io non ci avessi instaurato un minimo di rapporto, avrei trovato la macchina aperta, fidati. Quelli ti sfilano le mutande e neanche te ne accorgi, alla faccia della Costituzione e del principio della responsabilità individuale. Quindi non mi trovi d’accordo, né per i sardi, che sono più coddapecore degli altri per il semplice fatto che in Sardegna abbiamo sempre avuto più pecore che in tutta la penisola italiana e ne avremo coddate sicuramente di più; né per gli zingari, che hanno tante qualità, ma hanno imparato ad “arrangiarsi” da parecchio tempo. Questo è l’incipit della “Gitanilla” di Miguel De Cervantes, che è meglio astenersi dal giudicare perché son passati esattamente 400 anni e l’accusa di razzismo dovrebbe essere prescritta: “Parece que los gitanos y gitanas solamente nacieron en el mundo para ser ladrones: nacen de padres ladrones, críanse con ladrones, estudian para ladrones y, finalmente, salen con ser ladrones corrientes y molientes a todo ruedo; y la gana del hurtar y el hurtar son en ellos como accidentes inseparables, que no se quitan sino con la muerte.”
Bellissimo Ale! Hai colto il punto fondamentale… l’identita’ e’ una finzione, dannatamente seria. Il gioco si fa duro quando e’ politico. Anche l’identita’ e’ una costruzione culturale-politica. Grazie!
Qual è, secondo te, l’identità che non esiste?
Spero di riuscire a dare una risposta non banale, sicuramente sincera, al pari della lettera di Alessandra. Parto da una “situazione di vantaggio”, nel senso che mi occupo di accoglienza e quotidianamente metto alla prova la tenuta del mio non essere “razzista”: incontro tutti i giorni persone provenienti da tutte le parti del mondo, specie le più sfortunate. Sono persone con un passato “importante”, denso: con loro lavoro, condivido momenti di stanchezza, di crescita o semplicemente una pizza ed una birra!!!
Con lo studio, i viaggi, la lettura, gli incontri, ho imparato che si può scherzare anche sul colore della pelle con i miei amici colorati, ridere delle situazioni di imbarazzo e di confusione legate alla reciproca gestualità ed alla differente comunicazione non verbale. Ho imparato a difendere comunque le mie conquiste come donna, donna manager con un ruolo di responsabilità, anche nel confronto con culture in cui davvero questo non è ammissibile!
Penso che i tuoi figli, i nostri figli, debbano avere la fortuna di “conoscere”, debbono imparare ad osservare, ascoltare, chiedere, essere curiosi, andare oltre il “sentito dire”
I Rom sono, a mio modestissimo avviso, una sorta di “prova di tenuta” del nostro “non essere razzista”: ci hanno riempito la testa e l’immaginario di zingari che rubano i bambini (non solo il rame!), sono sporchi perchè “è nella loro cultura” e via dicendo.
E’ vero, in genere non profumano, si arrangiano come possono, a volte compiono azioni non propriamente legali……ma non credo sia una questione di cultura: è magari la conseguenza di decenni (forse secoli) di ghettizzazione e di auto-esclusione in una sorta di circolo infernale.
Ancora una volta solo la conoscenza reciproca ci può aiutare: ricorda sempre la giornata trascorsa con loro e replicala, assieme ai tuoi figli. Sarete, anche voi, da parte loro, oggetto di curiosità, diffidenza che potrebbe trasformarsi semplicemente in conoscenza e simpatia!
Non pagare per qualche mese l’affitto ai Rom o non accogliere chi insegue il miraggio di una vita migliore qui “da noi” non risolverebbe i “nostri” problemi: ben altre sono le responsabilità, politiche e della “nostra” società civile, che ci hanno condotto sin qui!
Reblogged this on Fabrizio Rodin and commented:
Per risultati durevoli occorre partire dalle azioni culturali