Ricevo questa lettera e la pubblico non senza capire che le affermazioni riportate sono forti. Chi l’ha scritta ha chiesto di rimanere anonimo (ma io so chi è), così come ho potuto verificare che le sue posizioni sono condivise da molti altri lavoratori. Tiscali ha 900 dipendenti, aprire un dibattito pubblico sul suo futuro è quanto mai opportuno. Perché Tiscali non deve morire.
***
Gentile Vito,
Le scrivo in merito alla situazione che si è venuta a creare nell’azienda Tiscali, diventata ormai insostenibile per i dipendenti. Questo non solo per la situazione finanziaria della società ma soprattutto per il comportamento delirante e vessatorio da parte dell’amministratore delegato, in spregio al rispetto delle persone, della loro professionalità e dei diritti dei lavoratori. Oltre che in violazione di leggi e accordi sindacali.
Mi sono deciso a scriverLe dopo l’ennesima giornata in cui ho visto colleghi che per tanti anni hanno fatto il loro dovere e che, contro ogni logica aziendale, vengono “invitati” a lasciare l’azienda o subire il ricatto di essere ricollocati in settori considerati punitivi, e assolutamente lontani dalla loro professionalità.
Da novembre siamo in contratto di solidarietà. Questo significa lavorare meno tutti per conservare tutti il lavoro. Ma a oggi l’azienda non ha un piano industriale, non si capisce quali siano le prospettive e neppure se e quali effettivi benefici la solidarietà stia apportando. L’AD continua a mettere in atto veri e propri comportamenti anti sindacali con l’intento di indurre le persone a andare via e in questo modo salvare la faccia (“io non licenzio”), utilizza la solidarietà (cioè soldi pubblici) a suo uso e consumo, spreca risorse in attività che non hanno alcun fondamento strategico.
Infatti, com’è possibile oggi pensare di sfidare Skype e Google per giunta senza avere le risorse necessarie e senza adeguata progettazione e pianificazione? Progettazione e pianificazione che per l’AD equivalgono a burocrazia.
In questa situazione i sindacati indugiano, si limitano a scrivere semplici comunicati interni ai quali l’azienda risponde col silenzio.
Forse i sindacati sono timorosi delle conseguenze che l’eventuale denuncia del mancato rispetto dell’accordo di solidarietà avrebbe sull’intera azienda. Cioè, la revoca della solidarietà stessa e il conseguente ricorso a altri ammortizzatori sociali ben più impattanti come la CIG, se non a licenziamenti (che l’AD avrebbe voluto già mettere in atto).
Chi, come me, aveva iniziato a lavorare in Tiscali con passione e entusiasmo ha ormai maturato la consapevolezza che l’azienda sia finita sotto tutti gli aspetti. Come può immaginare la preoccupazione è forte vista la situazione generale.
Paradossalmente, l’unica salvezza sarebbe che l’attuale azionista di riferimento venda e subentri una proprietà più capace e in grado di gestire con criterio un’azienda di oltre 900 dipendenti, non come se si trattasse del negozietto sotto casa. Nonostante tutto, l’azienda ha infrastrutture e professionalità tali che se gestite adeguatamente le permetterebbero di guardare avanti.
Ovviamente l’eventuale chiusura, anche solo parziale, dell’azienda avrebbe un impatto sociale devastante per la Sardegna. Anche perché i professionisti che vi lavorano, pur essendo di alto livello, sarebbero costretti a cercare un lavoro fuori dall’isola se non dall’Italia. Tuttavia credo che il mondo debba sapere cosa e perché sta accadendo, e le responsabilità del management Tiscali – più volte ribadita anche dai sindacati – con l’AD in testa che ha una visione ottocentesca dell’azienda: “Io sono il capo e decido io”.
Nessun dialogo, nessun confronto, mancanza di comunicazione e trasparenza… oltre che assenza di capacità imprenditoriale, della benché minima strategia…
Cordiali saluti
Lettera firmata
E un politico che altro c’è da aggiungere?? Sono stato cliente tiscali… mai e mai più e nemmeno a gratis.In ogni caso tutti questi delle telecomunicazioni sono fascia protettissima… un po’ come le assicurazioni e similari
possibile che noi lavoratori non riusciamo ad unirci per cacciare le teste di legno inutili nella società .sono sopravvissuto per 15 mesi con telefono e adsl tiscali poi tento di passare ad altro operatore con una solerzia ineccepibile nonostante bolletta appena pagata anticipatamente.15 giorni senza adsl vi ricontatto e inutile dirvi come sono stato trattato, iniziate col curare chi contribuisce al vostro lavoro.poi provate di mettervi insieme tra di voi e rilevate la società con calci nel culo a chi non si adegua.dal mio punto di vista il futuro puo essere questo.ovvero chi lavora incassa via le teste di legno ne basta una pregiata senza tarli.
Bartolomeo salvatore
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per come tratta i clienti e per come si muove sul mercato è un bene che sparisco dall’universo economico e lo auspico di tutto cuore
Solo chi conosce la società perchè ci ha lavorato può comprendere che razza di oscenità sia lo sperpero di risorse umane e denaro. Ci potrebbe essere un indotto molto consistente per tutta l’isola. Invece si preferisce come al solito tagliare la testa ai dipendenti più bassi nella catena, e far gonfiare le tasche a troppi, inutili e dannosi “dirigenti”.
Ma come è facile, sparare sul comandante. quando la barca va alla deriva…..qualcuno dimentica che marinai e capitano sono sulla stessa barca con rispettive responsabilità, e chi sale sulla barca dei sindacati fa la fine dei dipendenti che non hanno futuro…. forse qualcuno dimentica che il mondo occidentale e caduto in una spirale che ci vorranno 20 anni. e ora di guardare nuovi mercati come la pastorizia, l’agricoltura e il turismo…..c’e molto da fare Forzzzzzzaaaaaa ….. rimboccatevi le maniche i tempi stanno per cambiare, franco battiato
Non è solo Tiscali che va male.E’ tutto il sistema industriale italiano che sta pagando la crisi economica dell’occidente e non solo.Ormai in Italia sono solo mosche bianche le aziende che vantano utili ,che mantengono i livelli occupativi e non ricorrono alla cassa integrazione.C’è una lotta economica globale sempre più agguerrita e feroce per la conquista di nuovi mercati.Il nostro sistema paga le indecisioni della politica nel difendere il nostro patrimonio industriale .Con l’accordo sul commercio mondiale siglato anni fa dall’Italia,si sono aperte le porte a prodotti stranieri,che per il basso costo della manodopera,hanno causato la crisi e la chiusura di tante aziende .E non è finita.Il ricavato della vendita di questi prodotti,non rimane da noi per essere reinvestito,ma và all’estero(impoverendoci sempre di più) ricapitalizzando aziende straniere,che poi fanno shooping di nostre industrie o aziende in crisi.Potrei fare tantissimi nomi di aziende o industrie vendute a società straniere.Ultima in ordine di tempo la ”Ducati”e fra poco la Richard-Ginori (spero non succeda).La politica non fà le cose adeguate per correggere questo meccanismo di ”mercato?”,che ci impoverisce sempre più.Eppure basterebbe fare una cosa semplicissima perchè i capitali ,il lavoro e le industrie restino quì in Italia.Basterebbe che noi italiani acquistassimo prodotti italiani.Se acquistassimo scarpe,abiti,profumi ,automobili,calze,lavatrici,televisori,detersivi,alimentari bevande, mobili ecc,ecc,italiani,e non cinesi,tedeschi,ecc,avremmo meno aziende che chiudono,più lavoro e meno cassa integrazione, e di conseguenza ,meno tasse per tutti .E in più daremo un futuro lavoro alle giovani generazioni.
Tutto va male ma…tante volte la crisi non c’entra nulla! Molte volte dipende dalle capacità imprenditoriali del titolare dell’impresa, che nella testimonianza del dipendente di Tiscali appaiono in modo trasparente. Quando invece di pensare a come migliorare la propria azienda tenendo conto delle peculiarità, delle caratteristiche della stessa, e ci si vuole imbarcare su strade non adatte al suo settore, o ci si diletta di politica e si dimentica della propria responsabilità, agendo senza ascoltare le maestranze ma usando il classico: il padrone sono io e qui comando io, l’unica prospettiva è il fallimento dlel’impresa.
Ciao a tutti, sono una collega di FASTWEB (fino a giugno) anche la mia azienda, se pur in utile, ha deciso di esternalizzare circa 700 dipendendi, ci sentiamo delusi e traditi dalla azienda a cui abbiamo dato il cuore…ma non e’ stato possibile bloccare la cessazione…da pochi giorni e’ stato firmato l’accordo sindacati/fastweb e dal 1 luglio saremo tutti visiant, dall’accordo sembrerebbe che lavoreremo alle stesse condizioni x 7 anni …ma come sono riusciti oggi a far valere un contratto a tempo indeterminato carta straccia..la nostra paura e che faranno la stessa cosa con l’ accordo. speriamo bene x noi e per voi.
Pingback: Soru: “Non vendo Tiscali, ed ecco come la rilancerò”. I sindacati: “Bene i conti, ma lo spin off non ci piace e il contratto di solidarietà non va snaturato” « vitobiolchini
Ho passato qualche anno della mia vita in Tiscali.
Ho conosciuto decine di persone con grandissima capacità e professionalità.
Ho conosciuto dipendenti di questa azienda che guadagnano stipendi miseri e che sono dei geni. Ne ho conosciuto degli altri che guagnano 3/4 mila euro al mese e sono Braccia Rubate all’Agricoltura.
Tiscali è una azienda che al suo interno ha professionalità altissime, ma non sono valorizzate. È una azienda dove non esiste la meritocrazia e dove i dirigenti che sbagliano (e fanno perdere milioni di euro) rimangono al loro posto mentre gli impiegati vengono trattati da fannulloni.
Ma soprattutto è una azienda quotata in borsa. Come si può gestire una azienda quotata in borsa come se fosse la bottega sotto casa senza che nessun ente di controllo intervenga?
non badate al blog linkato, non esiste più da anni 🙂
Pingback: Tiscali, si svegliano i sindacati! “L’azienda è in balia degli eventi, è gestita in maniera casareccia, fa figli e figliastri e gioca col fuoco dei contratti di solidarietà” « vitobiolchini
Per vostra informazione http://slctiscali.wordpress.com/2012/05/04/figli-e-figliastri-comunicato-unitario/
Il comunicato è stato cancellato dalle RSU all’indomani dell’incontro con l’Azienda. Mah.
Caro collega Anonimo,
mi dispiace tantissimo vedere questo possibile dibattito sul futuro di Tiscali trasformarsi in una discussione sulla liceità o meno di criticare Soru.
Bene ha fatto Vito ad estrapolare dalla lettera ed utilizzare come titolo quelli che sono davvero i nodi della questione, ma questo non è bastato ad arrestare la deriva da tifoseria dei commenti.
Parte della colpa è forse anche tua, lasciami passare questa critica, perché diverse delle cose che hai scritto sono adatte ad un discorso tra colleghi e vengono fraintese da chi è esterno, ma la colpa è anche di chi deve per forza di cosa credere che si parli dell’ex presidente della regione in quanto politico.
Non è così, non stiamo parlando di politica.
Qui si parla di un imprenditore a capo di una azienda che ha vissuto momenti di enorme successo ma che si trova ora a vivere una crisi importante da cui fatica ad uscire.
Si parla di un modello aziendale che un tempo funzionava ma che ora ha difficoltà ad essere profittevole nello scenario delle telecomunicazioni attuale.
Si parla di sindacati troppo ossequiosi e che “urlano sottovoce” timorosi di fare uno sgarbo al politico, mettendo in secondo piano gli interessi di coloro che dovrebbero tutelare.
Si parla e si dovrebbe parlare di queste e di tante altre cose, non del fatto che Soru sia simpatico o meno o di quanto ci piace come politico.
Firmato: un dipendente di Tiscali che lavora ancora con una enorme passione ed è preoccupato per il proprio futuro.
Credo che il lavoratore/ice che ha scritto questa lettera chiedendo l’anonimato abbia il diritto di esprimere una critica, ma questo penso vada fatto in maniera costruttiva! Il tono usato denota da parte sua solo un fastidio personale nei confronti di Renato Soru il quale entrando in politica ha per alcuni anni lasciato il timone dell’azienda. La politica credo ne abbia giovato, ma meno giovamento ha tratto la conduzione dell’azienda che aldilà di ciò, ha comunque incontrato un momento di crisi che ha riguardato l’economia mondiale.” L’azienda che da lavoro a 900 persone penso debba essere considerata con orgoglio dalla nostra terra e non denigrata attaccando chi rappresenta l’azienda, l’ha fondata, condotta e ancora oggi saldamente e con orgoglio mantiene la sua posizione al fine di evitare speculazioni e disoccupazione….Perchè il lavoratore non decide spontaneamente di lasciare l’azienda dentro la quale dice di trovarsi a disagio usando queste parole:
“comportamento delirante e vessatorio, violazione di leggi e accordi sindacali, persone “invitati” a lasciare l’azienda o subire il ricatto di essere ricollocati in settori considerati punitivi,… etc.,”
Penso che queste parole che emanano solo odio e disprezzo meriterebbero di non essere commentate, ma è ancora più sicuro che chi le scrive non dovrebbe ricoprire il ruolo che ha e per coerenza con quanto afferma dovrebbe lasciare il posto a chi, forse ha più voglia di lavorare e conosce i sacrifici senza riempirsi la bocca di parole demagogiche e infondate! Saluti
Non credo si tratti di un attacco personale al Soru politico. Ma una domanda sorge spontanea, come giustamente Vito Biolchini ha scritto nel titolo: I SINDACATI DOVE SONO?
Ma veramente qualcuno crede che un azienda quotata in borsa con l’AD fortemente esposto politicamente avesse necessità di questa messa in piazza?
Ma veramente chi ha scritto quella lettera pensava di fare il bene di Tiscali?
Ma veramente lamentarsi di un AD che anzichè incassare il più possibile, smembrando Tiscali, cerca in ogni modo, con i suoi modi ovviamente, di aiutarla a superare la crisi tenuto conto dello sconquasso delle economie di scala attuali (grandi che stanno fagocitando tutto puntando su grandi campagne pubblicitarie a scapito della qualità) può avere senso?
Ma veramente si è convinti che la massa di diplomati che lavora in Tiscali da una vita sapendo fare solo una cosa curata gelosamente (direi alla sarda) nel proprio orticello e refrattaria ad ogni nuova sfida che presuma studio e dedizione su nuove tecnologie, se l’azienda passasse ad una “major” non prenderebbe due calci nel culo?
Ma veramente si crede che il problema di Tiscali sia il tentativo di ripercorrere la strada dell’innovazione tecnologica con si e no il 2% dei dipendenti impegnati a sfidare tali colossi?
Tiscali ha bisogno in primis dei suoi dipendenti, ha bisogno che tutti diano il massimo (anche proponendo strategie – e l’azienda aveva chiesto ai suoi dipendenti di farsi avanti), senza queste “sante inquisizioni” pubbliche, che hanno poco di utile e molto di viscerale.
Il posto di lavoro va difeso prima di tutto con il lavoro stesso, con la qualità di quello che si fa, con qualche sacrificio in più ora che è richiesto. Io da Sardo mi sento offeso quando qualcuno dice che Tiscali funziona male, perchè vorrei che rappresentasse le nostre capacità e non le nostre consuete divisioni ed incapacità. 900 dipendenti devono garantire un servizio eccellente a mezzo milione di clienti, e se così non è, prima di tutto il problema va ricercato proprio tra i dipendenti (tutti i dipendendti, ognuno per il suo, senza facili scarica barile).
My 2 cent.
Concordo con Mongili parlare di terrore aziendale mi sembra esagerato. Io ho lavorato in call center outbound con contratti a progetto dove dovevi raggiungere medie di vendita elevate altrimenti ti sbattevano fuori senza neanche salutarti.
Ci sarebbe molto da dire e credo che questa discussione sia un pezzo di antropologia e di psicologia sociale da conservare. Voglio fare solo un appunto sulle vostre considerazioni al riguardo dell’Anonimo: qui voi siete tutti anonimi, siete così pavidi e tronfi da non aver notato neanche questo. Poi ovviamente si sa nella gran parte dei casi chi siate. E’ chiaro che Sovjet dice qui quello che SEL lato Uras non può dire ecc. ecc. Invece tutti li a dire che in Tiscali vige il terrore. Ma fatemi il piacere. No baleis duus soddus.
Gentile Mongili,
lei davvero non perde occasione. Tutto ciò che si nota dalle sue parole è una sostanziale ignoranza riguardo i rapporti di lavoro in un’azienda (determinata da fatto che lei non sa cosa sia un’azienda!).
Riguardo il «terrore» dentro Tiscali, lei è l’unico a vederlo (e non stupisce!).
Sull’anonimato ha ragione: siamo tutti anonimi, soprattutto lei!
Cordialmente,
Caro il mio anonimo che non hai un lavoro e sparli a vanvera di chi ha il lavoro, ma rischia di perderlo e di chi siede in Regione e commenta su questo blog (mi sembra di capire che parlassi di Vito): vedi, caro, io un lavoro non ce l’ho ma mica me la prendo con chi lavora e rischia il licenziamento o con chi siede in Regione, se, come penso, si tratta di persone che quel lavoro se lo sono sudato onestamente. Se poi parlavi di Vito, sulla cui onestà e impegno metto la mano sul fuoco, magari prova a darti da fare come lui, poi ne riparliamo.
PS: per la cronaca sono laureato in Lettere Classiche e tanti anni fa avrei potuto decidere di fare il giornalista, ne avevo tra l’altro tutte le possibilità, anche economiche, ma se non ho fatto questa scelta la responsabilità è solo ed esclusivamente mia: mentre Vito, che certo non viene da una famiglia abbiente, l’ha fatta e perseguita con tenacia e serietà ed è perciò solo da ammirare; e anche da emulare, aggiungo.
Carlo forse ti sbagli. Vito, in questo blog, non commenta, posta. Commentano i suoi ospiti, come me e come te. L’anonimo qui sotto non ce l’ha con lui ma con altri. E’ vero e lo sanno tutti che Vito ha lavorato in regione (per due anni, credo) ma alla sanità che è in via roma. Vito, credo, un posto calduccio dove stare non ce l’ha essendosi licenziato da radiopress. Al contrario di chi lavora alla regione da tempo, in piazza giovanni dove c’è l’assessorato al lavoro e all’ultimo piano c’è l’assessore. Secondo me l’anonimo ce l’ha proprio con qualche ex capo di gabinetto dell’assessore al lavoro, assunto in regione non per concorso ma dopo aver passato le selezioni all’agenzia del lavoro ed essere inquadrato negli organici regionali grazie a una leggina. Uno che predica bene ma razzola non benissimo.
Ho un grande rispetto per l’azienda in cui lavoro, per il suo fondatore e ciò che ha fatto nonché per la professionalità di tutti i colleghi. Ma proprio per questo rispetto ho scritto la lettera. Per aprire una riflessione sulla situazione di Tiscali in questo momento. Portare il discorso sul piano personale non serve a nessuno. E non è importante l’identità di chi ha scritto la lettera. Infine, non pensate che un’azienda sia anche di chi ci lavora? E sulla possibilità che si possa fare impresa dialogando con sindacati e lavoratori leggete l’intervista sul Corriere a Del Vecchio, fondatore di Luxottica > “La mia azienda alla fine dell’anno si ritrova circa 700 milioni di euro da investire. Andrea Guerra che è il mio amministratore ogni volta che deve spendere cifre superiori a 1 milione di euro, informa ogni singolo membro del consiglio e manda copia a ogni importante azionista. Pretende di avere delle risposte e pretende che si discuta del suo investimento perché vuole sapere l’opinione di tutti, compreso il collegio sindacale interno e il rappresentante sindacale dei lavoratori dipendenti. Perché l’azienda è anche loro. Il loro posto dipende dalle scelte di chi dirige. Ogni decisione presa viene valutata collettivamente. Se si rischia, lo sanno tutti, l’hanno accettato. Non esistono mai sorprese. Questa è la strada. Non ne esistono altre. O si fa così, o si chiude tutti quanti, baracca e burattini”.
Gentile signor Anonimo, il suo rispetto passa per epiteti quali “delirante”, “utilizzo di soldi pubblici a suo uso e consumo”, ecc. Diciamo che l’anonimato più che da eventuali rappresaglie (anche perché avete un sindacato, per vostra fortuna, che ha difeso pure la collega in infortunio ma in televendita) la protegge dalla querela di diffamazione. Il vero problema è che Soru delirante lo è stato quando contro il buonsenso di un investitore di libero mercato (da sardo testardo che rimane di guardia al barile di benzina e da politico che non vuole passare per quello che licenzia) ha tenuto un’azienda, un’attività e un organico sovradimensionati per come sta andando il mondo ora. Non è colpa di nessuno. E’ così. Io tra chi decide da solo di tirare avanti il più possibile e chi concorda collettivamente di chiudere o cedere ai tagliatori di teste, preferisco il primo. Ma non sono fortunato come lei.
Gentile Anonimo, secondo me guardi troppi cartoni animati! Ma ti sembra che l’Italia sia una Democrazia Economica compiuta? Non è nemmeno accennata come vuol far credere il proprietario di Luxottica. Gli imprenditori illuminati si possono contare sulle dita di una mano. Tu hai la fortuna di lavorare con uno di loro: Renato Soru!
Reblogged this on Il Sanlurese – Pagina Ufficiale.
Non conosco assolutamente lo stato dell’azienda in questione però vorrei fare una critica tecnica. Avevo la mail con tiscali ma sono stato costretto a passare a gmail perché con tiscali aprire le pagine della propria posta, scaricare documenti, fare ricerca di una vecchia mail è un lavoro lento ed estenuante, sopratutto poi per chi come me è obbligato per lavoro ad un uso intenso della posta elettronica.
Io non penso che google abbia più successo di tiscali perché è google, ma semplicemente perché, almeno nel caso delle mail, da un servizio migliore. E vorrei avere una risposta da qualche dipendente tiscali, magari un tecnico, sul perché un’azienda con 900 dipendenti non riesce a rendere veloce e pratico l’uso della sua posta elettronica.
Forse dipende dalla macchina o dal sistema operativo. Io non ho mai avuto problemi con tiscali. Sulla mail di Tim un bel giorno mi è sparito tutto lo storico delle mail inviate e ricevute dal 2001. Nessuna spiegazione. Nessuna risposta alle mie richieste.
Non penso, fa così su tutti i pc che uso (una decina!). La velocità di gmail non è minimamente paragonabile.
A me g mail sullo smartphone va malissimo. Tiscali e yahoo sono ok.
Anch’io vorrei esser vessato da tiscali. Ogni 27 del mese vorrei che mi arrivasse un bello schiaffo morale sul mio conto corrente vedendomi accreditato uno stipendio. Io un lavoro non ce l’ho e leggere tutti questi fighetti assunti, che pagano regolarmente le loro bollette e mandano i loro figli a scuola e si comprano il giornale in edicola e non lo scroccano al bar; li metterei al mio posto per vedere l’effetto che fa. Cambierei volentieri anche con quel teorico di sinistra a pancia piena che dal calduccio del posto in regione commenta su questo blog e sputa quotidianamente sentenze teorizzando le magnifiche sorti progressive del comune, in attesa di riattovagliarsi in regione, memore di quanto fosse comoda la sua poltroncina in pelle di scroto dei cassintegrati del sulcis che gli arredava la stanza, all’ultimo piano del palazzo in piazza giovanni.
E quindi? Tutti zitti e a 90 gradi perchè c’è qualcuno che un lavoro non ce l’ha? Con tutto rispetto, ovviamente, per chi un lavoro non ce l’ha ed è cosa grave.
Qui c’è un dipendente Tiscali che rischia, come tanti altri, di ritrovarsi senza quel lavoro e di doversi rivendere fuori da qui, nemmeno in Italia, perchè l’Azienda è allo sbando, senza una vera guida e un piano industriale condiviso. E i sindacati latitano.
Un dipendente che ha avuto il coraggio, seppur rimanendo anonimo – e a mia avviso ne ha tutte le ragioni – di dire come stanno le cose e di dirlo pubblicamente, visto e considerato che qua fuori ben pochi sanno come va la vita li dentro. Dato che ti permetti di parlare di fighetti, sappi che lì ci sono padri e madri di famiglia che tirano la cinghia a fine mese. (Non sto parlando dei dirigenti, pagati profumatamente per dire sempre di si).
Ah, per inciso: mandare i figli a scuola è un diritto, l’ignoranza rende schiavi e ci si fa in quattro per preservarli dagli attacchi continui alla cultura. Ma questa è un’altra storia.
Magari non tutti zitti, ma con più rispetto per un azienda che comunque 1000 posti li ha garantiti per anni. Anche quando non servivani, se è vero cone si dice qui che va tutto male.
Il lavoro interinale è un altro scandalo di cui si parla poco nei giornali. Io l’hanno scorso ho lavorato per assistenza Enel energia con un contratto rinnovato ogni mese poi Tanti Saluti. Come me anche mia sorella per telecom . Vi sembra normale?
Si chiamano contratti interAnali, e sono il parto di 10 anni di follie berlusconiane e di capitalismo da rapina, l’uno fallito a novembre 2011 e l’altro nel 2008.
AGGIORNAMENTI
Un altro dipendente Tiscali, Roberto Senes, risponde alla lettera del suo collega, offrendo ai lettori un altro punto di vista.
http://vitobiolchini.wordpress.com/2012/04/29/ma-un-altro-dipendente-tiscali-ci-scrive-e-dice-chi-critica-lazienda-spesso-non-ha-termini-di-paragone-non-siamo-allo-sbando-non-facciamoci-del-male-da-soli/
È interessante notare che fra i dipendenti, chi “offre un punto di vista” positivo su Tiscali firma tranquillamente; chi ne ha uno critico preferisce restare anonimo …
Questo certo non significa che uno abbia torto e l’altro ragione (che possono avere entrambi torto o entrambi ragione perché la realtà è sempre più complessa di come ce la immaginiamo e siamo in grado di raccontarla).
Ma potrebbe essere un punto di riflessione, perché questa soggezione assoluta nei confronti di Renato Soru è stato anche un tratto, a mio avviso non positivo, della sua avventura amministrativa.
Caro Sovjet, la tua riflessione è interessante. Ma ti posso assicurare che Roberto Senes è assolutamente lontano dall’avere alcuna “soggezione assoluta nei confronti di Renato Soru”. Ma proprio per niente.
Sovjet è normale: chi è dentro ed è scontento, solitamente, non si espone totalmente. Chi difende l’azienda invece cerca di farsi bello. Poi, magari, il tipo che critica si è inventato tutto per innescare una forma di protesta e quello che scrive nome e cognome racconta esclusivamente quello che vive.
Complimenti e a presto!
Si, ma Sovjet è sensibile solo a certe campane. Poi ci ha pure spiegato come si fa un piano industriale. Quindi pure lui sa fare 1000 posti di lavoro e tenerli per qualche lustro. Attendiamo la chiamata, io mi candido.
Pingback: Ma un altro dipendente Tiscali ci scrive e dice: “Chi critica l’azienda spesso non ha termini di paragone. Non siamo allo sbando, non facciamoci del male da soli” « vitobiolchini
Cari ragazzi, Tiscali è l’unica azienda sarda, che vi ricordo ha più dipendenti dell’Alcoa e Euroalluminia messe insieme, che ha cercato di risolvere il problema occupazione senza ricorrere a manifestazioni in piazza Colonna e senza ricorrere ad aiuti pubblici. Facile inviare una lettera e dire che manca un piano industriale. La crisi è planetaria e Tiscali, piú di altre aziende, è soggetta alle dinamiche negative dei mercati internazionali. Cercate invece di fare quadrato, analizzate i problemi nel concreto, siate realisti e non fate demagogia. Tiscali oggi ha bisogno al massimo di 300 dipendenti. Le competenze che l’azienda non può più assorbire, si mettano in gioco e creino piccole aziende di servizi ad alto valore tecnologico che aiutino il mondo imprenditoriale sardo a sviluppare cultura di impresa 2.0. C’è fame di queste cose. Come a suo tempo, Tiscali vi ha trasmesso conoscenza e ne ha da voi ricevuto, ora è il momento di rischiare qualcosa direttamente , mettendo a disposizione le proprie conoscenze. Dovete capire che non vi salverà nessun piano industriale, nessun buon acquirente. Vi salverete da voi stessi se avete buone idee da mettere sul mercato e passione per realizzare buone idee nell’ottica del bene comune. Tiscali è in una parabola discendente, ma non per questo va stigmatizzata e accusata da tutti. A far questo ci pensano già altri…..
Il posto fisso è finito. Vedrete che anche lo Stato, la Regione, le asl, a breve ricorreranno a formule simili alla CIG.
Portate rispetto per la vostra azienda e pretendetene altrettando, ma abbiate intuito nel capire quando è arrivato il momento di imboccare altre strade. Si possono fare tante cose buone e nuove. Chiedetelo ai quei ragazzi di Sardex……
Certamente Tiscali paga anche la crisi generale, ma questa non può essere una scusa per non avere un piano industriale. Nei limiti in cui oggi un’azienda può programmare, appunto. In una situazione di forte crisi ciò che si poteva fare era anzitutto cercare di conservare la base clienti, quella che storicamente porta i soldi per pagare gli stipendi. Sembrerebbe invece che l’azienda stia abbandonando proprio il suo business storico. La base clienti diminuisce sempre più a causa dei disservizi e a nulla vale spostare le persone al telefono se i problemi non vengono risolti a monte. Insomma, l’attenzione verso il cliente poteva e doveva essere un’azione da mettere in campo proprio per salvare l’azienda (o cercare di farlo). Quanto a sfidare sul loro campo colossi monopolisti come Google è pura utopia se non si hanno risorse da investire e non si gestiscono adeguatamente le poche che si hanno.
Nella lettera si dice esattamente quello che ha scritto qualcun altro in commento: e cioè che l’AD di Tiscali faccia veramente (sottolineo veramente) il suo mestiere di imprenditore e lasci che i dipendenti facciano il loro lavoro come hanno sempre dimostrato di saperlo fare.
Ripeto il mio concetto. Io lavoro in un call center con un contratto a progetto senza diritti. Mentre altre società di telecomunicazioni non sarde prendono contributi per assumere disoccupati (a loro discrezione). Chiedo agli esperti di economia se questo ha un senso di fronte alla crisi dell’unica azienda sarda operante nel settore da più di 10 anni
Ma quando fa il padrone è espressione del peggior Berlusconismo. Beate voi, vergini tiscaliane. Beate voi.
Concordo Aramis! In poco meno di due mesi il mio stipendio si è ridotto di circa 3-400 euro. Ho accettato perchè c’è crisi, così per senso di responsabilità, perchè da buon economista son convinto che la mia azienda (che ha un piano industriale in progress) se così non fa, non andrà avanti. A Tiscali comanda lui, ma non licenzierà. Non accetto la supponenza che si usa contro Renato Soru od il tentativo di ridicolizzare il suo operato prima politico e poi da manager. Non l’accetto perchè conosco il settore delle telecomunicazioni dove nessuno (a parte i colossi multinazionali) riesce più a salvarsi. Tiscali è una realtà importante per la nostra Isola dove sono maturare tantissime professionalità in questi anni. Non possiamo certamente dire che ha benificiato dell’aiuto dell’amministrazione pubblica e dello Stato. Anzi tutto il contrario. In Italia quando una “cricca” vuole comprare qualcosa a strancu barattu, inizia in questo modo: ridicolizzando il proprietario e creando false aspettative ai lavoratori. Resisti Renato, perchè l’alternativa sono altri 900 licenziamenti da aggiungere agli altri 9000 dall’inizio dell’anno ad oggi in Sardegna!
Soru stà pagando anche per colpe non sue.
La crisi del mercato delle telecomunicazioni dev’essere affrontata in modo diverso dalla regione e dai sindacati .Più trasparenza nell’utilizzo degli incentivi regionali e maggior controllo nell’attività dei call center outsourcing.
Soru paga per colpe non sue.
Ma stai scherzando. Quando è tornato in azienda ha detto che non aveva idea di cosa fosse successo per arrivare al punto di rottura. E’ una balla colossale. Chi è rimasto a dirigere Tiscali erano suoi tirapiedi che hanno pensato solamente a cercare di vedere baracca e burattini e basta. E poi, essendoci in mezzo mezzo parentado, compreso il fratello, non sapeva nulla? ma per favore.
Tu Anonimo mì sà che hai le idee un tantino confuse! Ora a Renato, proprietario di Tiscali (e ti sottolineo proprietario) fai una colpa l’aver assunto il fratello ed i propri parenti? Ma stai scherzando vero???? Ti devi semmai scandalizzare quando i parenti vengono accozzati ed assunti da chi ammininstra o lavora in una pubblica amministrazione! E tavolta senza concorso e senza merito. Ma dove vivi?????
Le vergini si sono svegliate. Quelle che son state mute per anni quando l’azienda è stata sotto attacco dei Berlusconi e dei Zuncheddu per motivi politici. Mai una difesa da parte dei lavoratori, mai un appello, mai un sentirla come cosa anche loro. Contava solo il 27 del mese. Ora qualcuno si sveglia. È proprio vero che non avete mai visto fumu ‘e maccarronisi. Nella mia azienda il padrone fa il padrone delle ferriere, anche se più del 50% dei soldi della ditta sono contributi pubblici, iscriversi al sindacato è vietato, pensare è proibito, e se pensi troppo ti fanno il diserbante. Il bello è che è un padrone cresciuto a Questione morale, Pci e Berlinguer. Ma quando fa il padron
Francamente non capisco l’obiettivo di una lettera come questa.
Denuncia lo stato di crisi di Tiscali, ma lo si sapeva già, c’è un contratto di solidarietà per questo.
Dice che non c’è un piano industriale, ma in questo periodo di crisi economica generale in tante altre realtà che lo hanno c’è scritto di ridurre pesantemente il personale e delocalizzare la produzione. E’ un piano così che si vuole ?
Dice che non bisogna sfidare Skype e Google. A parte che i concorrenti per l’ADSL e fonia non sono questi ma si chiamano Telecom, Wind Infostrada, Fastweb ecc., ma se si vogliono trovare nuove strade nel mondo web se non sfidi Skype, Google e ora Facebook, chi si pensa di dover sfidare ? o si pensa che ci siano spazi ancora non coperti da giganti ?
Si spera in una vendita ad un “proprietà più capace” dimenticando che ciò che Tiscali è stata dipende dalla capacità imprenditoriale della stessa proprietà e di gran parte del management che oggi si ritiene incapace.
Si critica una visione ottocentesca dell’azienda basata sul “Il capo sono io e decido io”, ma perchè ne esiste un’altra ? ma perchè Steve Jobs pensava diversamente ?
Si pensa che una diversa proprietà possa avere una visione più “moderna” del tipo “Il capo sono io e decidete voi!” ?
Non mi pare che le recenti vicissitudini dei comparti industriali della Sardegna facciano sperane in aiuti da aziende che vengono da fuori.
Quindi teniamoci ben stretta Tiscali e chi ha idee le tiri fuori e le realizzi piuttosto che progettarle e pianificarle.
Bene, si critica l’affermazione contenuta nella lettera secondo me senza conoscere bene Tiscali. La parte sullo sfidare Google e Skype fa riferimento al progetto “Wi-Phone”, ora diventato “Indoona”. Un progetto che, quando uscì, era abbastanza interessante. Non lo spiego tecnicamente ma, per come ho letto la lettera qui pubblicata, mi sembra che il riferimento possa essere interpretato in questo modo: non si può puntare tutto su Indoona, perché l’azienda ha un bagaglio di competenze maturate in molti anni nel settore ADSL-Fonia. 🙂
Quanti qua dentro usano “Indoona” o hanno una sim Tiscali-Mobile?
Gentile Anonimo (quello che ha scritto la lettera),
Premessa:
1) Ha fatto benissimo a non firmare (le aziende sono aziende, non oratori, e anche – o soprattutto? – negli oratori è meglio restare anonimi, se si deve criticare)
2) Mi spiace tantissimo che Tiscali vada male (ma quando mai è andata bene?, questo è il punto dolente); la crisi di Tiscali sarà, ahimè, un’altra brutta botta all’occupazione isolana, anche in questo caso nel silenzio dei politici (che si incazzano con Soru se stanno dall’altra parte o lo tollerano se conviene, ma si sbattono allegramente le palle di Tiscali vista come industria); sfortunatamente (e non dovrebbe stupire) proprio Soru ha dimostrato (da imprenditore «prestato alla politica») una curiosa carenza nell’indirizzare le politiche industriali regionali (che ha fatto per il bacino del Sulcis, a parte sottoscrivere anche lui la scelta suicida di regalare quattrini pubblici all’ALCOA per continuare una produzione in perdita? E a porto Torres? A Ottana, tra un calzificio e l’altro, per la serie: Ma che caLzo vuoi? Dove sta una proposta politica «targata Soru» di indirizzo industriale?)
Nel merito del problema.
Qualcuno ricorda la quotazione in borsa di Tiscali? L’entusiasmo? L’impossibilità di trovare azioni da acquistare?
Lo stesso qualcuno vorrebbe cortesemente confrontare i valori di emissione delle azioni con i valori attuali?
Come ho già detto per ALCOA, le aziende aprono e chiudono dopo un ciclo vitale che dipende dalla capacità di rinnovarsi e dalle oggettive condizioni di mercato. Tiscali, in particolare, non poteva durare più a lungo perché, se anche avesse ancora un senso, non lo avrebbe in Sardegna. Spiace dirlo, ma la società ha esaurito la funzione per la quale era stata costituita.
Non è colpa di Soru (o non particolarmente), né sussiste il problema della mancanza di un piano industriale; al massimo sarebbe simpatico domandarsi che fine abbiano fatto i soldi degli investitori che hanno comprato le azioni convinti di acquistare francobolli rari e si ritrovano in mano uno strappo di carta igienica (non ancora usata, ma ci stiamo arrivando).
Sulla pretesa che all’interno di un’azienda ci debba essere «dialogo, […] confronto, […] comunicazione e trasparenza…» preferisco non innescare una polemica, però, se si accetta l’esistenza dell’iniziativa privata, i lavoratori accettano un contratto di lavoro regolato dalla legge. Se lo si viola (da entrambe le parti) si fa decidere a un tribunale, mentre il resto sono pie illusioni, anche se spiace dirlo (ma è meglio tenerlo presente).
«assenza di capacità imprenditoriale, della benché minima strategia…»
Su questo, al contrario, mi sento di dare torto ad Anonimo: se ritiene di essere in grado di condurre una realtà complessa come Tiscali, provi a fare ciò che ha fatto Soru: diventi imprenditore, altrimenti stiamo facendo chiacchiere da bar equivalenti alla formazione dell’Italia ai prossimi europei di calcio.
Quanto alla pretesa di barattare posti di lavoro a tempo indeterminato con contributi pubblici (Carlo 76, beato lui quant’è giovane!), temo che in troppi non si rendano conto di cosa sia una realtà industriale: la pretesa di «comprare» posti di lavoro «sicuri» sovvenzionando un’iniziativa privata è una colossale sciocchezza. Le industrie lavorano dentro un mercato e sopravvivono finche sono capaci di rimanerci, poi si chiude. Punto. Se tutti coloro che continuano a menarla con la storia degli imprenditori «ladri» che arrivano in Sardegna a rubarci i soldi studiassero un niente di economia e i meccanismi di sovvenzione pubblica (come fa correttamente notare Sovjet) non sarebbe tempo perso e si troverebbero meno sciocchezze in giro per i blog e i forum di discussione.
Una nota bizzarra per stemperare la tristezza, anzi due:
1) Mi piacerebbe che un indipendentista dicesse cosa ne pensa di un «sardo» imprenditore che ha lavorato in Sardegna, parla sardo, si veste come un balente (o come pensa che un balente dovrebbe vestirsi) e sta andando a puttane anche lui: vuoi vedere che parlare in sardo non significa necessariamente essere geni enciclopedici? O non sarò che Soru parla campidanese e non vale?
2) Soru non sarà un gran politico (secondo me è mediocre, brilla solamente di fronte al nulla della destra, ma non è un gran complimento: per essere migliori di un Cappellacci ci vuole poco; chiamiamo il Trota?) ma quando sceglie i nomi delle aziende è una frana: come si fa ad essere orgogliosi di Tiscali, un buco nel terreno dove, secondo la vulgata popolare (falsa) i sardi si sarebbero rintanati per resistere agli invasori? C’è da essere orgoglioNi di fare le talpe? E che di re di SharDNA, a puttane pure lei con una ragione sociale che farebbe contenti Goebbels, Borghezio e Heydrich, passando per Himmler?
Cordialmente,
Sig. Biolchini sembrerebbe che prima di pubblicare la lettera abbia soppesato implicazioni e che quasi l’abbia fatto a fin di bene. Mi unisco al commento di carlo76. Come si fà oggi a sparare su Tiscali in Sardegna .. ma varrebbe in tutto il mondo. Questa azienda, di cui bisognerebbe andare orgogliosi, da lavoro, come ha segnalato lei, a 900 persone. Se la sognano di notte a Palermo o a Bari e anche a Genova o Firenze. La sfido a trovare un azienda sarda, fondata da sardi, con un organico di 900 persone. Le dico che non nè trova nemmeno da 500 dipendenti e forse nemmeno da 250. Tutte le critiche son leggittime -con i dovuti limiti – ma non scorgo tutto questo bene nell’aprire un dibattito su Tiscali semplicemente sulla base di una lettera di questo genere.
10, 100, 1000 tiscali … anche in difficoltà
Una domanda. Il fatto che sia fondata da sardi dovrebbe metterla al sicuro davanti alla crisi?
Dovrebbe obbligare la Regione a finanziarla e a dare commesse e consulenze perchè “azienda sarda”?
Io non sono esattamente un liberista, ma vorrei capire come si concilia questo wannabe-sardismo con leggi e norme che vanno decisamente altrove. Mi spiego meglio: se un’azienda fondata da non-sardi si dimostrasse più competitiva per la Regione, non vedo il motivo di assegnare comunque la commessa all’azienda fondata da sardi.
E qundi? cosa dovremmo fare, stare zitti?
Se se ne parla è proprio perchè Tiscali è una realtà importante e dà lavoro a 900 dipendenti.
non voglio difendere nessuno, ma c’e’ crisi per tutti , e per quasi tutte le aziende e per renato soru no ?
http://www.youtube.com/watch?v=QBo300G7DTM
Mauro e ZORRO, la situazione in Tiscali è esattamente come l’ha descritta chi ha mandato la lettera a Biolchini. E vi assicuro, come farò io, che ha fatto benissimo a non firmarsi.
È inutile, quando c’è Soru di mezzo non esiste economia, non esiste programmazione, non esiste gestione d’impresa. C’è la lettera di un lavoratore (che è meglio resti anonimo, che siamo esattamente al medioevo!) che segnala una criticità in una importante impresa sarda, non un’impresa che produce casumarzu, ma un’impresa della new economy pura e il problema è che così si attacca Soru? La presenza o meno di un piano industriale non ha alcuna relazione con la crisi, perché si riferisce all’attività di programmazione e non alla performance economica. Senza un piano industriale serio non si va avanti né con la crisi, né senza la crisi. Se si gestisce male un’azienda si chiude, che ci sia la crisi o no. Con la crisi molto prima e quindi serve un piano industriale ancora più articolato e una gestione megliore che in tempi buoni. Tiscali è mal gestitita? Ha un piano industriale insufficiente? Io non lo so, questo è quello che dice il lavoratore che scrive che queste criticità le vede da dentro (quindi si suppone con informazioni più precise di chi le vede da fuori). Se si hanno informazioni contrarie le si espongano, ma questa cosa che ogni volta si deve sollevare la guardia repubblicana di Soru è ridicola.
Per quanto riguarda gli interventi della Regione, non è che la regione è un signore che va in giro, apre il portafogli e dà soldi ai passanti a sua discrezione. Ci sono procedure che devono essere rispettate per il riconoscimento di risorse, di sono bandi per l’assegnazione di commesse, anche per i call center. Se poi si ritiene che queste assegnazioni non siano regolari, si fa ricorso e si denuncia. Che viviamo in un sistema dove la pubblica amministrazione deve rispettare leggi e regole e non può fare (e meno male!) tutto quello che vuole lo sappiamo o no?
La regione dovrebbe concedere sussidi cambio di assunzioni a tempo indeterminato. A prescindere dal colore politico altrimenti siamo sempre punto a capo. La colpa però è anche dei sindacati che pur di avere consenso (tessere quindi soldi) fanno finta di non vedere le porcate degli imprenditori. Come mai i sindacati non hanno mai denunciato dall’inizio lo scandalo di Liori e Vol 2 ? . Forse faceva comodo a qualcuno tanto i clienti sempre da telecom devono tornare?
Ci vuole più serietà da parte di tutti!
Solo una domanda: i sindacati non “fanno tessere”, ma deleghe. Cioè il lavoratore compila una delega e finanzia il sindacato con una percentuale del suo stipendio. Nel mio caso, per esempio, 1% del mio stipendio. Quindi capirai anche tu che non c’è relazione tra “porcherie dei sindacati” e consenso che permette di fare tessere… Ma almeno l’ABC, cazzo!
Soru avrà le sue colpe ma in un momento di crisi sarebbe più logico sostenere le aziende sarde. Io lavoro mondo dei call center con contratti a progetto per chè i tiolari non hanno soldi per stabilizzare nessuno. Contemporaneamente la Regione finanzia una società torinese che usa fondi pubblici sfruttando interinali con la compiacenza dei sindacati.
In un periodo di crisi come questa, mi fatte conoscere una azienda (degna di questo nome) che abbia sul tavolo un valido piano industriale? La Regione che pur di danneggiare una azienda come Tiscali compra servizi e consulenze in Continente, dove mai si è vista? Avete la memoria corta e forse avete dimenticato il bellissimo servizio televisivo di Gasparri che sputtanava Soru davanti a Sa Illetta, decantandone le lodi e di fatto attaccando Tiscali. Non ricordo nessuna levata di scudi a riguardo da parte di chicchessia. E’ un miracolo che questo cristiano si regga ancora in piedi e gli si vuol persino chiedere di vendere “a strancu barattu” ciò che con i suoi soldi e fatica dei lavoratori è stato creato dal nulla? Ma po prexeri mì!
ragazzi che accanimento, se la passano propio male in tiscali! ovviamente lo dico in tono ironico e polemico, ma anche con grande rispetto di chi ha firmato (celatamente) la lettera. però vorrei avviare un ragionamento: ma credete che nelle altre aziende funzioni diversamente, il disagio di un periodo di crisi è comprensibile, accettabile e va di sicuro dichiarato, ma vista da fuori tiscali a me sembra un’azienda che sta tentando il tutto per tutto per restare a galla, per salvare se stessa e i posti di lavoro…non è così? se non è così, beh, allora sono molto bravi quelli che ci lavorano, perchè la sensazione è proprio quella. qualche disagio nella vita quotidiana fa parte del periodo e va gestito come tale senza perdere di vista l’obiettivo finale di un’azienda che sta evidentemente passando un brutto quarto d’ora e che sta cercando di lasciarselo alle spalle…boh, questa almeno è la mia esperienza, pochi vizi nel rapporto con l’azienda, tanta professionalità e soprattutto fuori le palle. per esempio, sarebbe stato bello che la lettera fosse firmata, e per favore non ditemi che l’autore ha paura di rappresaglie…roba da medioevo con i mezzi di oggi! mi sembra molto ben scritta, e chi lo ha fatto non se ne dovrebbe vergognare e non dovrebbe nascondersi: mi viene difficile pensare che un’azienda come tiscali possa non accettare un simile dialogo…mi sbaglierò, ma firmare col proprio nome tali lecite (le denunce lo sono sempre) esternazioni è un atto dovuto, di gran coraggio, ma dovuto! di chi si dovrebbe avere paura…?
Ci sarebbe da menzionare anche il ricorso massiccio a consulenze esterne e nuove assunzioni di parenti diretti e figli di amici degli amici ne corso degli ultimi mesi. In assenza di un piano industriale ben definito è difficile capire, anche per i sindacati, che fanno buon viso a cattivo gioco, se siano davvero indispensabili in questo momento di crisi. Perchè Tiscali è in crisi, giusto? (o almeno è quello che hanno detto, quando l’Azienda ha ripiegato sugli ammortizzatori sociali…).
Nuove assunzioni? Beh in periodo di crisi possiamo solo essere contenti, no?
Spero vivamente che almeno qualcuna di quelle assunzioni sia toccata agli oltre duecento interinali mandati via a fine 2010 da un mese all’altro dopo anni si “servizio” sulle linee, problem solving e quant’altro. Alcuni arrivati al 35° mese, altri reduci da precedenti “interruzioni di contratto” perché la casa madre tolse le commesse, altri con contratti rinnovati di mese in mese.
Perché questo succedeva in Tiscali, ed era la norma. Se si apre il discorso “interinali” non la si finisce più.
Secondo Milano Finanza (notizia del 26/03) Soru sarebbe intenzionato a cedere il suo pacchetto azionario.
“…la quota del 17,8% del fondatore dell’Isp sardo, Renato Soru, sarebbe in vendita e vi sarebbe interesse da parte di imprenditori sardi guidati da Alberto Scanu, vicepresidente di Confindustria Sardegna.
Il negoziato si è però interrotto in quanto Intesa Sanpaolo avrebbe chiesto un’iniezione di capitale di 10 milioni di euro ai nuovi soci per accettare la rinegoziazione. In mancanza di nuovi soci, Tiscali, avvierà ulteriori severi tagli di personale.”
fonte:
http://www.milanofinanza.it/news/dettaglio_news.asp?id=201203261558239360&chkAgenzie=TMFI&sez=news&testo=tiscali&titolo=TI%20Media%20e%20Tiscali%20in%20balia%20della%20speculazione
Non sono un fan di Soru però mii chiedo perchè la Regione finanzia con fondi regionali (legge 407) la Comdata (sede legale a torino) è non sostiene Tiscali un azienda che in Sardegna ha creato posti di lavoro dal nulla
Caro Vito Biolchini, no as scrittu nudda po sa die de sa Sardigna..!!!!!! ita bregungia…..perou dexinas de articulos po su 25 de abrili…..animo e mucha suerte!!!!
Lo so, lo sto facendo ora! Abbiate pietà di me! 🙂
Sa Die lo festeggio questo pomeriggio a Solarussa, mi sto anche preparando l’intervento