Viene prima l’uovo o la gallina? Viene prima l’impresa o il lavoratore? Ha più senso la realtà o gli schemi di interpretazione della realtà? Perché se il ministro Fornero e il direttore del Corriere della Sera Ferruccio De Bortoli leggessero l’Unione Sarda di oggi, avrebbero la risposta alle loro domande.
Si chiede De Bortoli stamattina nel suo editoriale “Una trincea ideologica”.
“I toni apocalittici di molti commenti sono inquietanti. Descrivono un Paese irreale. Tradiscono una visione novecentesca, ideologica e da lotta di classe, che non corrisponde più alla realtà della stragrande maggioranza dei luoghi di lavoro. Dipingono gli imprenditori (che hanno le loro colpe) come un branco di lupi assetati che non aspetta altro se non licenziare migliaia di dipendenti”.
Sul’Unione Sarda di oggi, Maria Francesca Chiappe racconta come undici dipendenti del Carrefour di Quartucciu e uno dell’Auchan di Pirri sono stati licenziati perché non hanno accettato la modifica dei turni part time nei supermercati. Scrive la giornalista nel suo articolo:
“Se fosse in vigore la riforma del ministro Fornero non potrebbero ricorrere al magistrato del lavoro”.
Pirri e Quartucciu: “il paese irreale”. Perché per De Bortoli la realtà invece è un’altra.
“Scrive Guido Viale su il manifesto: «I capi girano nei reparti e minacciano i delegati non allineati e gli operai che resistono all’intensificazione del lavoro annunciando: appena passa l’abolizione dell’articolo 18 siete fuori!». Davvero è questo il clima che si respira nelle fabbriche, al di là di qualche isolato episodio? O è una ripetizione logora di schemi mentali del passato, il tentativo di creare un solco ideologico, una trincea fra capitale e lavoro, la costruzione artificiosa di un nemico di classe?”.
Sì, questo è il clima, caro De Bortoli. E lo si respira da tempo, da quando tutta l’opinione pubblica italiana ha iniziato a santificare Marchionne, l’uomo che non sta risollevando la Fiat (leggetevi i dati) ma sta demolendo la cultura del lavoro in Italia.
Non è da oggi che le contraddizioni del mondo della produzione vengono imputate ai lavoratori e non agli imprenditori. L’operazione culturale è chiara, evidente. Ed agitare lo spauracchio del terrorismo, come fa De Bortoli (“in parti del sindacato e della sinistra la nostalgia per quegli anni di lotte operaie e studentesche è forte. La storia andrebbe riletta, anche per risparmiarci le code spiacevoli e le derive violente di cui dovremmo coltivare la memoria”) è vergognoso.
Dichiarare che il nemico rispolvera gli strumenti della lotta di classe è un vecchio trucco per negare la realtà, fatta di imprenditori che in questi decenni hanno avuto tutto dallo Stato, compresa la libertà di evadere le tasse. Ma in che paese vive De Bortoli?
Viene prima l’uovo o la gallina? Vengono prima le imprese o i lavoratori? Chi ha tradito l’Italia in questi anni dissennati? Le imprese o i lavoratori? Che cosa c’entra la lotta di classe con tutto questo? Niente.
Post Scriptum
Dalla prima pagina del Corriere di oggi. Articolo 18: il licenziamento potrà avvenire per motivi economici, attinenti all’attività produttiva e all’organizzazione del lavoro, senza possibilità di reintegro, salvo il caso che il lavoratore possa dimostrare davanti al giudice che si tratta di un licenziamento strumentale.
Sono veramente affascinato da questa discussione.
Mi rendo finalmente conto che le elaborazioni “scientifiche” ottocentesche hanno prodotto, più che modelli filosofici, culturali ed economici discutibili (e, infatti, discussi), una sedimentazione di valutazioni fideistiche poco inclini a farsi maneggiare.
Il socialismo “reale” (poi felicemente “imperiale”) ha avuto – per le note (si spera) ragioni – un momento di appannamento in concomitanza con l’ormai remoto crollo del muro di Berlino. Dico “remoto”, perchè avvenuto oltre vent’anni or sono: un tempo questo – notoriamente e deprecabilmente – in grado di consentire il pieno svolgimento del fascismo, con annessi e connessi.
Orbene, il sullodato “fascismo” sembra durato quanto il Sacro Romano Impero, mentre da Berlino in poi, sembra che nulla sia successo. Probabilmente, perchè non è successo nulla; almeno, nulla tale da far cambiare idea a chi – qualunque cosa accada – l’idea non la cambia.
In realtà, che piaccia o no, ci si rifugia in schemi datatissimi solo perchè non sappiamo fare a meno del caro muro, del fattore K, della guerra fredda, della amata Bomba e di tutte quelle cose che davano sicurezza e brividi come il sorriso vampiresco di Christopher Lee.
Il Cavaliere – per fortuna di tutti – ha fornito copertura al vuoto pneumatico del dibattito politico, interpretando con agilità e larghezza tutta la gamma delle parti in commedia. Il risultato è stato un teatrino che – da Brechtiano che poteva diventare – ha finito per rispedire tutti in platea, riservando la scena all’unico, solo, esclusivo mattatore.
Questo teatro barocco resta ancora in essere, con Toto, Peppino e la Malafemmena (fate voi) che fanno da supporto ad una sceneggiata logora e bolsa. E il pubblico? C’è che fischia, c’è chi applaude, naturalmente dopo aver guardato bene chi fischia, per non sbagliare.
Tanto per capirci: se a Ballarò si mescola il pubblico come le carte da gioco, e non si capisce chi siano i buoni, succede un casino.
Io aspetto il momento nel quale chi produce beni di prima necessita` si rendera` conto che il mondo e` nelle sue mani. E se chi produce si ribella davvero, tutti gli altri no si eusu a pappai is carronisi, Marchionne compreso.
Frugando qua e la sulla rete ho scoperto che quella secondo cui il meccanismo del reintegro sarebbe un’esclusiva italiana è una favoletta … il reintegro esiste anche in paesi che non ci potremmo neppure immaginare. Mi chiedo fino a quando penseranno di poterci prendere impunemente per i fondelli.
Sono entrato in possesso di un’intercettazione ambientale dove si sentono un imprenditore e un lavoratore che parlano fra di loro. Lo metto a disposizione.
I = Imprenditore
L = Lavoratore
I – Io sono un imprenditore. Faccio l’imprenditore per fare soldi.
L – Non è giusto. Tu devi fare l’imprenditore per distribuire lavoro e ricchezza tramite i posti di lavoro
I – Non hai capito: Io voglio fare soldi e faccio l’imprenditore solo per quello: Se faccio più soldi io vuol dire che la mia impresa sta andando forte e anche i miei lavoratori hanno maggiore sicurezza del posto di lavoro. Io posso offrire i posti di lavoro che mi servono per produrre nel modo e nella quantità che mi serve per fare soldi.
L – Sei un bastardo. Ma ricordati che tu devi garantire i posti di lavoro per sempre.
I – Ma tu sei pazzo. Io posso dare i posti di lavoro che mi servono in base a quello che il mercato mi chiede. Se devo produrre molto assumo molto, se gli ordinativi sono bassi io riduco il personale.
L – Tu sei un bastardo capitalista. Non puoi ridurre il numero di lavoratori. No pasaràn.
I – Vabbè. Se io non posso avere i lavoratori che mi servono a seconda del bisogno produttivo, allora non posso continuare. Io chiudo e me ne vado in Cina.
L – Ma non puoi mettere sul lastrico tutte queste famiglie…
I – Non hai capito: io non faccio l’imprenditore per dare lavoro alle famiglie, io faccio l’imprenditore per fare soldi con la mia impresa. Se l’impresa va bene allora do molto lavoro, se l’impresa va male ne offro di meno.
L – Non puoi licenziare i tuoi lavoratori. Sono a tempo indeterminato. Faremo uno sciopero generale e bloccheremo la nazione.
I – E ‘sti cazzi? Io chiudo e vado in Cina a fare soldi.
L – Ma non ci tieni alla tua nazione?
I – Non me ne frega un cazzo della nazione, io devo fare soldi. Se non me li fai fare qui, me ne vado in Cina, in India, in Malesia, ma anche in Romania o in Cecenia, se appena appena mi fanno fare soldi.
L – ma noi ti facciamo una legge che se delocalizzi paghi molte più tasse.
I – Ma io chiudo e apro in Cina con un’altra ragione sociale.
L – Ma noi tassiamo te che sei proprietario delle quote.
I – E allora intesto tutto a società anonime del Lussemburgo e delle Turk and Caicos.
L – E noi ti facciamo una legge che obbliga i paradisi fiscali alla trasparenza.
I – E io chiudo tutto e mi metto a vendere titoli tossici sulle borse di tutto il mondo.
L – Ma non puoi farlo: abbiamo le leggi che ci garantiscono dal 1973.
I – Mi dd’ara importai….. Ciao.
L – Domani apriamo la vertenza e siamo sotto la regione di via roma.
I – Statemi bene, io domani parto per Shangai via dubai con Emirates.
L – Come?
I – Poba!
L – Ok, prò resta a Shangai perché come torni ti facciamo provare un po’ di anni ’70…
I – Ah?
L – Poba!
O Sovjet, infatti mi pare che il problema sia proprio che i nostri “imprenditori italiani” (Ossimoro) siano tutti andati a Shangai e intendano rimanerci. Sei sicuro che sia questo un vantaggio per i lavoratori italiani?
Non è che gli imprenditori sono un tipo di minerale…intanto a Shangai ci va chi ha qualcosa da produrre a Shangai e che poi può rivendere qui. Io credo che questa cosa di Shangai sia una grande cazzata che funziona per una piccola parte di imprenditori. Mio padre fa l’imprenditorie in Sardegna dal 1975, ha avuto a che fare con la crisi, ma ha comtinuato a fare quello che doveva senza andare da nessuna parte. E senza incentivi pubblici aggiungo. Il problema è che devi avere un prodotto da vendere. Ma ripeto. Se ino vuole andare in Cina vada pure. Ma viva pure lì, perché chi ci va lo fa per massimizzare guadagni e profitti. Ci sta, è la finalità dell’imprenditore. La mia però è che chi abita la mia mazione contribuisca e se uno non contribuisce si leva dalle palle. Chi ci guadagna alla fine. Non lo so, non ho mai abitato a Shangai. Ma Cagliari mi piace…
@ Arrogalletc.etc. Ma davvero gli imprenditori sono tutti dei predatori nomadi, dei moderni Unni pronti a salire in groppa ai loro soldi alla ricerca di altri soldi? Quanti ne conosci davvero di persone che possono dire seriamente “Non me ne frega un cazzo della nazione, io devo fare soldi. Se non me li fai fare qui, me ne vado in Cina, in India, in Malesia, ma anche in Romania o in Cecenia, se appena appena mi fanno fare soldi.”?
Riesci ad immaginare un tipo simile? Pronto a trasferire non solo i suoi interessi ma a questo punto anche la vita tutta, la famiglia -si suppone- e tutto il resto a Shangai, e pazienza per le mamme ammalate e anziane, per i figli adolescenti: “io devo fare soldi”.
Ci sarebbero poi quelli che non “fanno soldi” con le produzioni, ma per esempio con le catene commerciali, e se i lavoratori sono senza soldi, i commercianti a chi vendono le loro merci?
Arrogalleminkesci -ottimo nick, te lo dice chi è provvisto di uno “assolutamente idiota”, dicono- inventa un imprenditore da barzelletta, con un “Lavoratore” assolutamente ignaro della vita e del minimo buonsenso.
“No pasaràn.”, dice la macchietta, presumibilmente con Kefiah al collo e armamentario no-tav e simili, come se i lavoratori -e anche i sindacalisti- non fossero “everyday people” come chiunque, e aggiunge:”Non puoi licenziare i tuoi lavoratori. Sono a tempo indeterminato. Faremo uno sciopero generale e bloccheremo la nazione.”
Evidentemente il “lavoratore” non legge i giornali, non ha mai sentito parlare della OMSA, o dello stabilimento FIAT di Termini Imerese, chiusi e liquidati, in barba a qualunque art. 18.
Eh già! Se un imprenditore -un padrone, a questo punto- decide di chiudere chiude come e quando vuole, e i licenziati vanno in mobilità, in cassa integrazione fintanto che lo stabilimento o la casa madre esistono, per un po’, poi basta.
L’art. 18 difende dai licenziamenti ILLEGITTIMI, non stabilisce l’adozione a vita del “Lavoratore”, psichicamente inferiore e bisognoso di direzione, da parte del -se va bene- paterno Imprenditore, un po’ padre e molto Padrone.
Lo schema descritto nel dialogo da fumetto immaginato da Arrogallecosìvia potrebbe riflettere l’idea di qualche imprenditore senza scrupoli – e ce ne sono molti, per esempio nel mercato internazionale della cocaina- ma assolutamente miope.
Ma diciamo anche che potrebbe esserci del vero, e per questo che serve la Politica: perché se è vero che ogni singolo imprenditore vorrebbe/dovrebbe pagare i lavoratori il meno possibile, è anche vero che i lavoratori sottopagati, come soggetto collettivo, non possono acquistare le merci prodotte da nessuno, e quindi se i lavoratori -che non hanno molti soldi ma sono tanti- sono alla fame neanche le industrie producono e vendono. Se le industrie si fermano i lavoratori vanno alla fame etc. etc.
Ecco perché un sindacato forte e lavoratori ben pagati sono alla base di ogni possibile ripresa economica, e infatti da quando questi fattori, di conflitto MA di sviluppo sono stati marginalizzati o messi sulla difensiva l’economia ha smesso di crescere, quando si sono invece promosse politiche di sviluppo e di redistribuzione -come durante il New Deal di Roosevelt- l’economia è cresciuta.
“un sindacato forte e lavoratori ben pagati sono alla base di ogni possibile ripresa economica”:
Qualcosa non torna: l’unica ripresa oggi è in Cina o in Brasile e non in Italia.
@Simplicius: Il tuo ragionamento non torna per il semplice fatto che Brasile o Cina -o India- non sono in “ripresa”, sono in costruzione e sviluppo.
In Brasile per esempio, i lavoratori hanno sindacati forti e SONO pagati bene o comunque meglio di prima, in rapporto al costo della vita su base locale.
In ogni caso i dati di possibile crescita di paesi con enormi risorse, popolazioni vaste e punti di partenza e sviluppo bassi non sono da paragonare a paesi sviluppati come l’Italia, che con 60 milioni di abitanti è stata superata solo di recente da Cina e India, che hanno popolazioni decine di volte più numerose.
L’ordine dei problemi e delle soluzioni è differente.
Santificare un Marchionne è come santificare un Brunetta: entrambi hanno prodotto gravi danni anzichè apportare miglioramenti, eppure è costume tutto iitaliano santificare chi preferisce il bastone alla carota. Nell’impiego pubblico non è diverso: le leggi neoliberiste imposte dalla maggioranza del padronato stabiliscono che chiunque si opponga – a un trasferimento, a un cambio di orario, a qualunque altra modifica unilitaerale del contratto – sia licenziabile. Per legge. E molto prima dell’attuale disputa sull’art. 18. Senza poi contare il selvaggio congelamento di stipendio che grava e graverà sino a tutto il 2014 se non oltre sempre sui dipendenti pubblici, i primi in Italia a perdere i diritti fondamentali. E si sa che chi è over 40 non ha di fatto alcuna possibilità di rifarsi una vita lavorativa! Perciò non dovrebbe stupire più di tanto il licenziamento delle 10 part-time del supermercato. Quanti lavoratori privati lanciavano risolini di scherno al pubblico dipendente, al quale erano stati appena congelati lo stipendio e fortemente limitata l’assistenza sanitaria per malattia? Quanti invece apertamente approvavano le politiche bastonatorie del nanu nazionale? In fondo – come già disse Licio Gelli – la prima mossa è spaccare il sindacato, poi tutto è possibile. I fatti dimostrano tristemente che aveva ragione! Adesso chi ci guiderà a riprenderci il maltolto da questi politicanti che hanno fatto del privilegio di casta un coltello da macellaio con il quale dilaniare i diritti, la dignità e la vita stessa di milioni di lavoratori? Chi ci proteggerà da questi nuovi affamati neo mercantilisti che fanno strada dividendo le categorie dei lavoratori e armandole l’una contro l’altra, in uno scontro fratricida che vede vincitori solo banchieri, padronacci da SUV, profittatori professionali e squadracce di voltagabbana con il sedere permanentemente ancorato alle poltrone della politica peggiore, fatta di compromessi e convenienze piuttosto che di verità e di ideali.
Se lo dice il Presidente Smuraglia, vuol dire che è così.
http://www.ilmanifesto.it/attualita/notizie/mricN/6864/
In quest’epoca di liberismo globalizzato la finanza ‘vale’ dodici volte l’economia reale.
Come è possibile accettare una cosa del genere? Possibile che l’idea che il ‘capitale’ serva solamente per fare altri soldi e non per diffondere benessere sia tranquillamente accettata da tutti?
Per chi si fosse perso la puntata di ‘Presa diretta’ di domenica scorsa:
http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-2d6c1d14-9219-426a-ae11-af3fe5908b01.html
In Portogallo hanno diligentemente messo in pratica tutti le politiche ‘consigliate’ dall’Europa, risultato: sono cresciuti i disoccupati, diminuiti i consumi e quindi il gettito fiscale e, di conseguenza, il debito pubblico è ulteriormente aumentato.
Adesso tocca a noi.
Furono i governi di centrosinistra a liberalizzare il mercato del lavoro abolendo i privilegi (garanzie e diritti) dei lavoratori e introducendo tutte quelle nuove forme contrattuali che hanno sì aumentato la flessibilità ma diffuso a dismisura il precariato e persino legalizzato il ‘caporalato’ (interinale).
Secondo me questa riforma del mercato del lavoro caratterizzata da una incomprensibile determinazione ad abolire l’articolo 18 delle legge 300 ‘Statuto dei Lavoratori’ del 1970 (come avranno fatto gli imprenditori in questi 40 anni?), è solo una ‘prova generale’ per capire fino a che punto ci si può spingere nell’introdurre politiche liberiste. Se nessuno reagisce e, dopo vent’anni di Berlusconismo che ha rincretinito tutti, la vedo dura, cosa ci aspetterà in futuro?
Per quanto serve … solidarietà ai lavoratori licenziati.
Perchè fare la spesa la domenica? Ma possibile che la gente non trovi niente di meglio da fare? Che tristezza!
“Ma in che paese vive De Bortoli?”
Vive in un paese che garantisce a chi è nella sua posizione lo status di milionario -e non ha nessuna importanza se sia “bravo” e quanto-. E non è un caso che questo status sia garantito a chi si fa alfiere degli interessi padronali.
Che ne sa De Bortoli di come vivono gli operai cassantegrati di Porto Vesme?
Che ne sa di come la sfangano gli insegnanti precari che hanno perso il posto?
Che ne sa di è costretto a vivere in casa coi genitori perché il lavoretti che fa non gli permetterebbero di sostenere un affitto? Di chi non si azzarda neanche a convivere col proprio compagno o compagna, perché non vuol chiedere una mancia mensile ai genitori (altro che Bamboccioni!)?
Lui vive in un paese in cui un sottosegretario Martone qualunque occupa posizioni di rilievo, fiero di vivere la propria posizione di privilegio come se fosse effetto di meriti speciali che invece non riguardano né gli “sfigati” studenti ultraventottenni né il popolaccio in genere
.
Vive nel paese che ha spostato in avanti l’età pensionabile a tutti, senza andare troppo per il sottile, che sottrae risorse e tutele al lavoro ma che si ferma intimidita davanti ai Tassisti, ai Notai -specialità praticamente solo italiana, questa- e alla Nobiltà Ereditaria dei Farmacisti.
E mentre sussistono vergogne internazionali come l’ereditarietà delle licenze delle Farmacie -sempre pochissime e accuratamente dosate per far sì che la scarsità crei cartello e posizioni dominanti in mercati bloccati- la vita, le attese e le condizioni attuali e future di milioni e milioni di persone viene pesantemente peggiorata.
E non certo da adesso. Se si volesse trovare un punto preciso che simboleggi l’inizio dell’onda che ha affondato i diritti del lavoro dovremmo tornare al decreto Craxi che il 14 febbraio del 1984 abolì la cosiddetta Scala Mobile, ovvero l’adeguamento periodico -quindi sempre in ritardo- delle retribuzioni dei lavoratori al tasso di inflazione, stimato secondo un “paniere” dettato dall’ISTAT.
Il referendum abrogativo venne promosso dal PCI di Berlinguer -nel frattempo scomparso- ma al dunque fu quasi apertamente boicottato dall’ala “migliorista” del PCI, con in testa Giorgio Napolitano e Luciano Lama -che non schierò la CGIL a favore della abrogazione, il 10/11 giugno del 1985-.
La DC e i Craxisti convinsero tantissimi elettori -anche se i voti per l’abrogazione furono oltre il 45%- a votare CONTRO i propri interessi, e da lì iniziò la deriva liberista che ad una ad una in questi anni ha continuato a sottrarre potere e valore al lavoro.
Ogni volta che ne hanno combinata una è stato “per il rilancio dell’occupazione, per l’economia, il PIL, per i mercati” o per qualunque altra scusa.
Ci troviamo ancora qui, con altre ricette liberiste e tecnocratiche. E abbiamo solo e sempre peggiorato.
L’art. 18 è una questione simbolica, più che concreta? Può darsi, ma di bandiere ne abbiamo ammainate TROPPE, di rinunce che ne hanno chiesto ed estorto TROPPE, e i privilegiati hanno innalzato il livello delle loro pretese e le diseguaglianze crescono.
L’articolo 18 non deve essere toccato, ma semmai le tutele devono essere estese.
Siamo o non siamo in una “Repubblica democratica, fondata sul lavoro”?
Sul Lavoro , non sui mercati. Sul Lavoro , non sul PIL. Sul Lavoro , non su “ce lo dice l’Europa”. Sul Lavoro non sulla proprietà -e non a caso Berlusconi, il “Liberale” vorrebbe modificare anche questi articoli della Costitizione “Comunista”…-
Difficile aggiungere qualcosa a questa disamina davvero completa. Se ho ben capito Neo ha qualche anno meno di me ma una magnifica memoria storica. Quella che forse è venuta meno quando, accettando il veto radicale su D’Alema, l’allora Unione scelse avventatamente di eleggere l’81 enne capo della nefasta corrente migliorista del PCI, poi del PD, dei DS e oggi del PD al Quirinale. Ci fosse stato Pertini, ma forse perfino Scalfaro, avrebbe distribuito ben altri altolà a berluscones e professorini.
Ben detto Vito e ben detto Neo, al quale mi permetto di fare solo un appunto: l’articolo 18 è questione di giustizia sociale, pura e semplice. Non facciamoci influenzare dalle enormi pressioni che la macchina della propaganda sta esercitando anche con l’impiego di tecniche di controllo mentale di massa. Bando alle mistificazioni allo scopo di rovesciare la verità, sport frequentato più che mai dal (s)governo Monti e accoliti. La “riforma” dell’articolo 18 è una bomba innescata non solo contro i lavoratori coinvolti, ma anche contro la pace sociale, incrementerà i conflitti e rienderà più difficili le nuove assunzioni, danneggerà il tessuto produttivo bloccando ulteriormente il nostro Paese. Sempre più indebolito potrà essere definitivamente dissanguato dai banchieri e finanzieri internazionali. Siamo una Repubblica fondata sul lavoro, non sui mercati, capricciosa e diffidente divinità impersonale, foglia di fico dei suddetti banchieri. Possiamo arrabbiarci contro il giornalista o intellettuale di turno che scrive castronerie, ma il coraggio di dire apertamente che il governo Monti va mandato a casa l’abbiamo? Dovremmo essere noi, tutti noi a pretendere con tutti i mezzi legali a disposizione che i tecnocrati si levino dai piedi. Tanto sappiamo che per loro la strada che farà l’Italia è già tracciata. Io un Europa così non la voglio.
Gentile Sovjet,
supponiamo d’essere d’accordo, anzi lo siamo: la riforma del mercato del lavoro serve a stabilizzare definitivamente una situazione di gestione oligarchica del potere e delle risorse (cioè pochi molto ricchi e molti molto poveri, come una repubblica delle banane).
Tra l’altro, e di questo nessun giornalista parla (ma neppure la politica) il piano di rientro del debito pubblico italiano concordato con la UE da Monti renderà impossibile la sopravvivenza di una seppur minima parvenza di stato sociale (i giornalisti ne parleranno quando sarà definitivamente smantellato? Mah: forse mai e comunque non DeBortoli!). Nel frattempo, la distribuzione anagrafica si sposta verso età sempre maggiori e avremo tanti vecchi e pochi giovani per pagare le pensioni (detto in senso lato, cioè per dare da mangiare a chi non potrà contribuire alla creazione di ricchezza).
Bene: poi che si fa? Continuiamo a dire che la maggioranza delle persone non è capace di guardarsi addosso e si è fatta fregare dalla TV? Che è colpa dei mezzi di informazione che non informano?
L’abbiamo detto per vent’anni e ci siamo tenuti il regime di Berlusconi, di cui Monti è l’ovvio corollario.
Perché il punto è che possiamo anche concordare sulla diagnosi ma poi ci manca il click (come diceva Manfredi in “Vedo nudo”) per la prognosi e dobbiamo comunque fare i conti con la politica.
Personalmente ho una vera ammirazione per l’estetica dei ragionamenti di Vendola (non lo dico con ironia, è persona capace di argomentare splendidamente, come lei del resto) ma poi sappiamo benissimo che non possiamo sperare che succeda come a Milano e la destra tiri fuori un candidato come Moratti alle prossime politiche. Così come neppure Vendola potrebbe ragionevolmente proporre di andare ad una crisi di governo adesso (posto che ci si vada con il PD che vota contro la proposta di legge Fornero, perché i numeri dicono altro).
La lotta di classe c’è e ci sono i vinti (le dò ragione) ma poi che facciamo: dobbiamo scegliere un’alleanza che includa la possibilità di mitigare questo sfacelo e sperare in meglio per un domani, oppure fare come Diliberto che è contento di stare eternamente all’opposizione tanto ha un posto all’Università?
Meglio far politica, come fa anche SEL che propone il bizzarro ordine del giorno sul restare italiani o meno assieme a IDV, Sardisti e UDC! Come dire che quando si annega non si ha paura di essere ridicoli aggrappandosi a una cacca di cane, che, beata lei, galleggia.
Quindi teniamoci questa riforma (tanto non c’è modo ci uscirne) e facciamo politica, possibilmente con una strategia in mente.
Se potessi vederne una mi farebbe piacere.
Cordialmente,
Meglio un soviet con pane per tutti che una banda di bottegai arraffatutto e i pensionati ridotti a chiedere la carità sotto un ponte.
Gentile Ainis,
su alcune cose mi pare si sia d’accordo, questa riforma ha matrice fortemente ideologica che, mi par di capire, a lei piace quanto a me. La sua sintesi la condivido con una precisazione: la situazione oligarchica già da tempo è bella che stabilizzata, piuttosto mi pare sia caduto anche l’ultimo velo di ipocrisia: oggi il padrone non ha bisogno di figuranti, ma ritiene di potersi presentare direttamente con la sua faccia, senza particolari camuffamenti. Evidenzia tutta la debolezza di questa nostra democrazia, non della sola sinistra, perché la democrazia dovrebbe essere valore trasversale.
Rispetto ai mezzi di informazione, ho letto abbastanza le cose che lei scrive per non dubitare del fatto che lei sa bene che essi più che infomare, formano. Formano le menti attraverso una “narrazione” del Paese (così usiamo anche una parola cara a Vendola) che perimetra ciò che è legito pensare e ciò che è “impensabile”.
Monti più che corollario del berlusconismo, è la faccia vera del potere che domina da oltre trent’anni a livello globale. Il berlusconismo ne era forse una sottospecie populista e clownesca, dipendente in modo eccessivo dalle alzate d’ingegno di un uomo dai troppi vizi, non adeguato a rappresentarlo e tanto meno a garantirlo: insomma stava come uno spettacolo di burlesque alla Philharmonie.
Che fare? Concordo sul fatto che il diritto di tribuna non serva, d’altra parte la scelta di uscire dal PRC per SEL nasce da questa stessa considerazione.
Perché possiamo concordare su ogni analisi, che alla fine dei conti non è più che guardare il cielo e dire “piove!”
Ma piove, cioè si manifestano tutti quegli eventi armosferici riguardo ai quali nulla possiamo se non ripararci sotto un ombrello, oppure qualcuno ci sta innaffiando con una pompa? Perché se non è evento naturale, ma atto consapevole, allora cambia tutto.
Noi oggi abbiamo un pensiero egemonico che ci dice che piove e nulla possiamo fare se non reagire adattandoci. In verità, inizia ad esserci un po’ di dibattito tra i metereologi. Per uscire dalla metafora, iniziano ad alzare la voce economisti che non concordano sulla diagnosi della crisi ancora meno sulla ricetta: che sarebbe mortale. Allora, mandare in crisi questo governo altro non sarebbe che impedire ad un medico di somministrare un veleno spacciato per farmaco al suo paziente.
Personalmente credo che tutto il polverone sull’art.18 sia sollevato ad arte: rispetto ad altri punti della riforma conta poco o nulla, è elemento su cui il governo può contrattare. Non può correre il riaschio di spaccare il PD (a meno che non siano degli idioti completi) e l’art.18 sarà il “ponte d’oro” attraverso chi mettere in rotta il nemico. Il PD avrà il contentino dell’art.18, che si appunterà come una medaglia, la CGIL – l’unica vera organizzazione di massa ad avere un minino di peso – potrà dirsi soddisfatta, perché la vittoria simbolica sarà ottenuta e il governo sarà libero di imporre tutte le misure di sostanza che vorrà.
Oppure si è deciso di far saltare il PD, Monti metterà la fiducia e allora lo si costringerà a spaccarsi. Perché se vota la riforma così com’è, è morto.
Mi sbaglierò, ma ho sempre pensato che che questo governo non sarebbe arrivato a scadenza naturale. Resta da vedere però se cade da destra o da sinistra. L’evento non sarà senza importanza rispetto alle prossime elezioni.
Che fare? Mi pare che rispetto al pensiero unico, in fin dei conti, non ci sia molta differenza fra le forze rappresentate in parlamento: è unico di nome e di fatto. Servirebbe un “contropensiero”. Seguo con un certo interesse la MMT, che almeno critica alla base l’approccio neoliberista (anche se reputo Paolo Barnard, che ne è alfiere in Italia, un po’ troppo sopra le righe) e qualche dubbio sulla genesi e sviluppo della crisi lo mette.
Per il resto, leggo con attenzione quanto scrive il Wuppertall Istitute nel suo “Futuro sostenibile”: recupero della vicinanza per una economia di prossimità, diritti umani e compatibilità ambientale come variabili indipendenti rispetto alla crescita economica, fine dell’idolatria del mercato, incapace di ridurre le diseguaglianze e di manternere lo sfruttamento delle risorse naturali ad un livello opportuno.
Insomma, molte cose che si possono fare e che si fanno in giro per il mondo e che unite in mosaico forse rendono un altro mondo possibile…
Giovedì prossimo, al mio circolo, inizieremo a parlare di Modern Money Theory. Sono importanti le alleanze, ma è importante anche abbattereil filo spinato che sempre più costringe il nostro pensiero.
Gentile Soviet,
nel mio commento non c’era niente di ironico (neppure l’aggrapparsi a stravaganti salvagente) e sono d’accordo con lei sulla diagnosi (salvo il “corollario”, ma è un dettaglio semantico).
«Servirebbe un “contropensiero”» «Sono importanti le alleanze, ma è importante anche abbattere il filo spinato che sempre più costringe il nostro pensiero.»
Ecco, sulla prognosi mi lasci qualche perplessità. Come le ho detto, apprezzo molto l’estetica della politica di SEL: appaga la mente, però continuo a non vedere una strategia (e spesso le tattiche mi lasciano perplesso).
Naturalmente potrebbe essere benissimo un mio limite, intendiamoci, e in ogni caso credo che non si possa non apprezzare chi si riunisce per parlare di MMT (o di altri argomenti interessanti).
Però, visto che tanto non ci legge nessuno, le dico una cosa in confidenza, la prego di non divulgare. Ho una cosa che mi gira in testa da un po’ e sarebbe questa: non è che mentre parliamo di MMT ci distraiamo un pochettino e ci ritroviamo Monti sul Colle e Passera a Palazzo Chigi?
Perché lei dice: «Sono importanti le alleanze, ma…» e io le rispondo: «Sarà importante parlare di MMT, ma…»
Che poi sarebbe come dire: facciamo politica ché tanto non c’è altro da fare e speriamo che ci sia, presto o tardi, una strategia praticabile.
Cordialmente,
PS – Sull’«informazione» non le dico nulla, altrimenti Biolchini mi banna per eccesso di logorrea!
Concordo, forse dobbiamo imparare a fischiare e, al contempo, legarci le scarpe o come si dice, cantare e portar croce.
Ma come ci raccomandano i principi del “time management” (lo so, sconterò il mio peccato in qualche girone infernale dedicato appositamente ai malati di manuali selfhelp!), una cosa non dobbiamo fare: tralasciare ciò che è importante per occuparsi in maniera esclusiva di ciò che è urgente. Non si avrebbe tempo di pensare per rincorrere l’emergenza. In fondo, a ben vedere, porre un’emergenza democratica dopo l’altra, con sparate sempre più grosse (a volte oltre il limite della provocazione) è stata la strategia preferita da Berlusconi. Il risultato è stato il governo dei tecnici, perché che avrebbe dovuto scalzarlo non aveva idea di come governare il Paese.
Gentile Ainis, a mio parere devono essere fatte emtrambe le cose, parlare di MMT – cioè di come affrontare anche dal punto di vista della teoria il pensiero oggi ancora egemonico – e al contempo costruire un’alternativa con quelli più vicini.
D’altra parte, che “In Francia i comunisti si alleano al partito socialdemocratico…In Svizzera sostengono i radicali…Fra i polacchi i comunisti sostengono il partito che fa di una rivoluzione agraria la condizione della liberazione nazionale…In Germania il partito comunista lotta, non appena la borghesia prende una posizione rivoluzionaria, assieme alla stessa borghesia…” non l’ho scritto certo io.
E chi sono io per contraddire l’approccio immaginato da Carletto?
Gentile Sovjet,
«…e al contempo costruire un’alternativa con quelli più vicini»
Ma chi, Maninchedda?
Ajò, non se la prenda che sto scherzando: se non possiamo essere ironici che altro ci resta?
🙂
Cordialmente,
Ma si figuri…d’altra parte, se mettiamo il segno di radice quadra alle parole del Marx del manifesto, l’alleanza può farsi pure con Maninchedda! 😀
Ecco, se volete dare un minimo di serietà al discorso sulla MMT liberatevi di Barnard, che proprio non si può sentire. Se condisce ogni volta i suoi discorsi con le minchiate sul complotto franco-tedesco, o americano o di non ben precisate elites che serietà pretende di avere?
E comunque quando leggo affermazioni come: Barnard:”Propone l’uso della moneta a deficit, spiegando che il deficit dello Stato non è un debito dei cittadini ma il contrario, è la ricchezza dei cittadini, è il denaro che lo Stato immette di più di quello che tassa, quindi ti tassa 10 e ti dà 20, arricchendo la cittadinanza”
A questo punto perché non tassa 0 e mette 10, 100, 1000? Tutti ricchi senza fare una mazza.
Barnard per me deve tornare a fare quello che sa fare meglio: il cardiochirurgo.
E non stare lì a fare pasticci con roba che conosce poco, altrimenti la finisce a fare come Grillo che un giorno spacca computer sul palco, poi svariona su signoraggio o sulle palle di plastica per lavare…
Tutto sommato, se è per sentire macchioris vari, c’è anche Sara Tommasi o quell’altro dello “stratigismosendimendale”…
E oltretutto Barnard (Christiaan) è morto!
Prova provata del fatto che avesse torto.
Davvero? Barnard è morto? Ma non sapevo neppure che stesse male! E come fa a scrivere? Boh! Cosa devo sentire, ne capita di ogni colore! Una al giorno! Tra un po’ magari dovrò sentire che Delogu e Arricca vendono a GiggiRivva!
IIH!!! Mai capiti!
Ma po’ s’ammore e’deus!
Lungi da me una difesa d’ufficio di Barnard, che in ogni caso la MMT l’ha studiata di certo più di me, di lei e di Neo e quindi credo possa parlarne quanto vuole. Ha il merito di aver portato in Italia gli economisti americani che hanno fondato la MMT in un meeting che ha messo insieme 2 mila persone ma che è passato del tutto inosservato perché la notizia non è stata seguita dai media. Cosa che depone a favore di Barnard. Ovviamente si può banalizzare quanto si vuole, ma a me interessa approfondire l’argomento e dal momento che di cose anitintuitive ce ne sono, potrebbe essere che anche la spesa a deficit positivo abbia le sue ragioni, posto che i paesi, Italia compresa, ha accumulato buona parte della ricchezza privata che oggi stiamo erodendo quando si spendeva a deficit. Per quanto riguarda le élite, io ci andrei più cauto nel liquidare tutto: la P2 era una élite che voleva sovvertire lo stato, il piano di rinascita democratico prevedeva 40 persone che prendessero sotto tutela tutta l’architettura istituzionale. Le aasociazioni d’élite mi pare che esistano e se si riuniscono in quattro per decidere le strategie politiche della Sardegna, non vdo perché non potrebbe succedere adaltri livelli di potere. Le destre americane fanno gran uso di fondazioni e think tank, questo non lo dice certo solo Barnard. Occhio, che a volte a voler sembrare troppo i saggi si finisce a fissare il dito…
Cioè, ma Lei crede veramente che l’euro sia una sorta di complotto franco-tedesco (nato intorno al 1942, quando francesi e tedeschi si scannavano) per impoverire i paesi del sud Europa e che quindi l’Italia sia in realtà uno Stato virtuosissimo che va male solo a causa delle ingerenze esterne? Perché è questo che dice Barnard ogni qual volta che fa le sue belle presentazioncine allarmistiche.
Queste semplificazioni secondo cui ci sono i cattivi che si divertono a sfruttare e impoverire i buoni, così per gusto, sono ricostruzioni di stampo fanatico e religioso che servono solo per autoassolversi dei propri fallimenti.
In tempo di crisi è molto comodo evitare di affrontare i problemi e dire che è tutto sbagliato e che si conosce un sistema nuovo che risolverà tutto. Oggi vanno di moda MMT e decrescita per esempio, che magari sparse qua e là dicono anche cose giuste, ma con la loro pretesa messianica di pretendere di voler far accogliere in toto i loro schemi alla fine risultano solo dei meri esercizi di stile.
Sovjet, ma certo che Barnard può parlare di quello che vuole -mi ricordo un suo struggente resoconto nel suo blog, in cui narrava la sua estrema tristezza nell’arrendersi alla tentazione dell’amore mercenario- ma che si debba poi prenderlo sul serio (su cosa, poi? L’amico Barnard è un tale vulcano di idee…) è un altro discorso.
Ma giustamente non parliamo solo del Dito, ché quello è saldamente piantato nelle nostre piaghe.
Qualsiasi teoria deve essere supportata da fatti o analisi sottoposte a una prova dei fatti, e io non so di economia abbastanza da valutare la fondatezza di questa o quella. Mi sentirei però di escludere, per l’ennesima volta, l’esistenza di qualche Spectre internazionale che decide dei destini del mondo in camere segrete.
Think tank e fondazioni varie ce ne sono, e sono tante e alcune sono influenti, ma probabilmente tutto quello che dovremmo sapere è proprio davanti ai nostri occhi.
La realtà basta e avanza.
Quanto alle duemila persone radunate, ne radunava di più -con rispetto parlando per una ex parlamentare della Repubblica- l’onorevole Ilona Staller, o anche la manifestazione recentissima della Destra di Sto’Race per non dire dei raduni magi9ci dei devoti di questo o quel veggente mariano. Il principio quantitativo, sempre importante in democrazia, non è di per sé bastante.
Gli imprenditori Italiani sono seri. Basti pensare alla Sardegna: sicuramente aziende come Tiscali non metteranno sulla strada i lavoratori. A breve sicuramente Soru dirà la sua e confermerà questa volontà.
A Sa Illetta possono dormire sonni tranquilli!
Qual è il paese reale? Quello di De Bortoli e delle tante testate giornalistiche che rispondono ad un padrone (e il Corriere della Sera ha sempre avuto padroni, palesi come sotto il fascismo e occulti, come negli anni della P2) o quella dei lavoratori che si vedono quotidianamente sottrarre reddito e diritti?
Lo scontro è tutto ideologico e si basa sull’applicazione di principi che hanno fallito ovunque e non funzioneranno neppure qui. È illusione, gioco di prestigio. Il mercato del lavoro italiano è dopo quelli anglosassoni è il più flessibile d’Europa. La leggenda del mercato del lavoro rigido nasce da un errore dell’OCSE, che scambio il TFR, che è retribuzione differita del lavoratore, con un meccanismo che rendeva più complicato il licenziamento. Questo creò il mito della rigidita del mercato del lavoro italiano. In Italia si licenzia eccome, dall’inizio della crisi a oggi si sono persi centinaia di migliaia posti di lavoro.
De Bortoli parla di trincea ideologica. Ma lavoratori e imprenditori hanno gli stessi interessi? Se, il dato è accertato e la fonte è la Banca dei regolamenti internazionali, in Italia in 25 anni, la quota di Pil attribuita al lavoro si è ridotta di 8 punti percentuali a favore di rendite e profitti – viene circa 6mila euro a lavoratore all’anno in meno di differenza tra il 1982 e il 2007 – questo come lo rubrichiamo, sotto la voce “nostalgia”? La verità è che la lotta di classe esiste, si è combattuta e ha vincitori e vinti. I vincitori sono quelli che pagano lo stipendio a De Bortoli, per quale ragione lui non dovrebbe dare il suo contributo alla causa?
Il problema non è lui, siamo noi che viviamo di stipendio, incapaci di capire anche quali sono i noi interessi egoistici e da quale parte stare!
“Descrivono un Paese irreale. Tradiscono una visione novecentesca, ideologica e da lotta di classe, che non corrisponde più alla realtà della stragrande maggioranza dei luoghi di lavoro”
…….
La tendenza a far passare come anacronistico ogni strenua difesa dei diritti acquisiti col tempo dei e dai lavoratori è veramente molto frequente, e labile la parte su cui far pendere il proprio pensiero…ma è questo il rischio che si sta correndo…anche a me è capitato di pensare e dire: ma cosa si vuol tutelare se il lavoro manca per noi e per dieci generazioni future?…meglio svecchiare e smuovere il tutto…però articoli come questo mettono in evidenza le cose da sostenere e da salvaguardare a denti stretti…è vero che si descrive un paese irreale, nostalgico da quarto stato…ma l’irrealtà della situazione lavoro Italia è stata creata da chi realmente ha finito di rosicchiare le ossa di questo paese e una volta gettato le ossa ai cani…vorrebbe strappargli anche quelle di bocca…
Bel pezzo Vito!
Stamattina, mentre lo accompagnavo a scuola, mio figlio mi ha chiesto cosa fosse “la nuova legge di Monti”. Gli ho spiegato dei licenziamenti facili e di come questi andassero ad intaccare tutta la sfera dei diritti dei lavoratori; perché se il lavoratore è ricattabile sulla stabilità del suo contratto giocoforza sarà più debole quando gli vengono proposti comportamenti che ledono i suoi diritti o ai quali, comunque, avrebbe potuto sottrarsi (sicurezza sul lavoro, straordinario, etc…). Mi ha detto: “ma allora Monti è come Berlusconi!”. Gli ho risposto di sì: non riesco più a fare troppi distinguo. Se lo capisce un bambino di prima elementare, perché Bersani no?
ps: ci sono dei forti tratti che rendono Quartucciu e Pirri, soprattutto Pirri, “paese irreale”
Compagni dire che Bersani non ha capito, non è corretto! Ha capito eccome tanto che al DUNQUE IL PD STA CON I LAVORATORI! Capisco l’affanno di Vendola (pensasse alla sua Puglia sempre più nel caos amministrativo!), le minchiate di Bertinotti Fausto (lo smemorato che ha fatto cadere il Governo Prodi), le gaffes di Diliberto Oliviero, ma come dice il compagno Pierluigi “L’ACQUA SCORRE VERSO IL BASSO, MICCA VERSO L’ALTO”!!!. Ha ragione mia Mamma che continua a dire: “QUALSIASI COSA O PERSONA, OGGI, CHE VUOLE SORPASSARE A SINISTRA IL PD, CI CONSEGNA DRITTI DRITTI TRA LE BRACCIA MORTIFERE DI BERLUSCONI SILVIO!”
Hasta la vista alla Fornero!
Bucca tua santa!
Staremo a vedere.
Quindi se ho capito bene non si può sorpassare a sinistra qualcosa che sta a destra pechè sennò si consegna il paese a Berlusconi?
Exactly! Proprio aicci, goi, gai, esti! Solo che penso sia sbagliato parlare della Riforma del Mercato del Lavoro come un qualcosa ad uso esclusivo della destra. Si può riformare anche guardando il tutto da sinistra, ed il Pd lo sta iniziando a fare!
ragionando nello specifico del fine rapporto di lavoro… non sarebbe più semplice se: mi licenzio e tu imprenditore mi dai il 70% di “liquidazione”.. mi mandi via e mi dai il 100%.. ed a prescindere se poi non stò lavorando mi prendo la disoccupazione con una durata max di 6mesi dove però devo fare un tot d’ore di corsi d’aggiornamento su sicurezza,primo soccorso etc?
molta meno burocrazia… molto meno lavoro nero ,molti meno problemi per tutti..
Questo richiederebbe una radicale revisione del sistema dei sussidi alla disoccupazione. Modello tedesco: i sussidi sono consistenti, tendenzialmente prossimi a uno stipendio medio, ma alla terza offerta di lavoro che rifiuti non lo percepisci più. Il sistema attuale lascia il lavoratore alla mercé dell’evoluzione di crisi aziendali spesso scritte dall’inizio, e il cui prolungamento serve solo a poter far scattare la cassa integrazione e la mobilità. Oltre tutto, dovendo pagare sussidi pesanti, sarebbe lo Stato in prima persona ad essere incentivato a promuovere serie politiche per l’occupazione, che significa detassare il lavoro, favorire la produzione nazionale, incentivare le imprese a investire in competenze (di giovani o “anziani” che siano) piuttosto che in precariato. Mica le minchiatine astratte della Fornero …
Questo è solo l’inizio, in Sardegna la modifica degli ammortizzatori sociali porterà fame e ancora più fame: vorrei vedere i lavoratori messi fuori, trovare un altro lavoro nei mesi previsti dalla nuova legge. Per molte persone è facile fare queste leggi e per molte altre approvarle con entusiasmo, basta vedere i loro redditi e le loro posizioni, sono tutti in una botte di ferro.
Posso dire una cosa banale, scontata, qualunquista e tutte le parole più brutte che vi vengono in mente?
Il problema principale è che molti italiani sono “italiani” net senso peggiore del termine… non è solo una questione di imprenditore/lavoratore… è un problema di profonda disonestà di fondo dell’italiano… con tutto che comunque è sempre meglio difendere il lavoratore che non l’imprenditore.
Per cui con un articolo 18 molto forte a favore del lavoratore si verificano situazioni paradossali di lavoratori che approfittando di questo non lavorano, non producono, abusano dei loro diritti… vedi per esempio lavoratori in malattia che nel frattempo lavorano da altre parti e una volta scoperti devo essere reintegrati nel vecchio posto di lavoro con tanto di indennizzo (ne abbiamo un esempio molto noto a cagliari, cercatevi i giornali… conosco bene la situazione… davvero una vergogna)
Dall’altra parte abbiamo imprenditori che (spinti dalla stessa disonestà di fondo) non vedono l’ora di avere uno strumento forte per manipolare e condizionare la forza lavoro con la minaccia di un licenziamento facile…
mentre all’estero (nord europa) un “articolo 18” più leggero porta davvero flessibilità, sono certo che qui porterà ulteriore schiavitù…
Perchè il profitto dell’imprenditore italiano va oltre la morale e dopo aver vissuto un’esperienza di lavoro all’estero mi sono convinto di questo.
Perchè all’estero tutti guadagnino di più, i titoli di studio vengono sempre riconosciuti, il nepotismo e le clientele nel mondo del lavoro siano estremamente marginali? perchè li se sei precario guadagni il 30% in più di uno stabile? e da noi no? è solo colpa dell’articolo 18?
non credo… la colpa è nella mentalità da padrone/schiavo o da profitto e solo profitto dei nostri imprenditori…
lavoro in una azienda dove il “padrone” non fa altro che minacciare i dipendenti di licenziamento… tutti dipendenti onestissimi, qualificati e laureati, con anni di lavoro alle spalle che lavorano per 1100 euro al mese mentre “il capo” si gode la sua bella collezione di auto d’epoca… ecco… io non ho nulla contro il fatto che chi ha i soldi se li goda come vuole… ma perchè il lavoratore qualificato deve guadagnare 1100 euro al mese…
e modificando l’articolo 18 sapete cosa succederà..? chi si aiutera? il lavoratore o un nuovo pezzo nella collezione di auto d’epoca?
in un paese “normale” si avrebbe una maggiore elasticità del mercato del lavoro, una più forte valenza in fase di contrattazione delle proprie competenze, un impegno maggiore dei lavoratori (se lavori guadagni e guadagni bene, se non lavori tanti saluti)…
in italia succederà questo: “o lavori a 900 euro al mese o ti caccio via a calci nel sedere alla prima che fai”
PS: scusate la visione catastrofica, ma è un periodo che per le questioni del lavoro e della possibilità di costruirsi un futuro in questa terra, non vedo proprio speranza…
Concordo con te. Hai detto cose banali, scontate qualunquiste e tutte le parole brutte che ti vengono in mente. Impostare tutto su presunte caratteristiche psicologiche degli italiani è una forma di razzismo all’incontrario. Ci sono dinamiche economiche, scelte di macroeconomia fatte ai massimi livelli, un visione del mondo. Tutte cose che poco Hannover che fare con la sempre sopravvalutata furbizia italica. Le leggi sono rispettate laddove le fanno rispettare. Poco c’entra che si sia italiani o svizzeri. E infatti gli svizzeri in Italia magari la carta per terra la buttano pure…
caro soviet… probabilmente hai ragione, ho scritto molto di getto perchè sono stanco… e sono ancora più stanco delle cose che vedo qui (in Italia e peggio in Sardegna) dopo che ho iniziato ad informarmi di più (grazie a Biolchini e non solo) e dopo che ho vissuto sulla mia pelle una realtà diversa (ho lavorato in l’Inghilterra per un anno e mezzo)… probabilmente hai ragione sul fatto che qui le leggi non si fanno rispettare e questo è il motivo per cui alla fine un italiano (imprenditore o lavoratore e non solo gli italiani) si senta in diritto di raggirarle o di abusarne quando serve (vedi l’articolo 18)… mi piacerebbe vedere un po più di onestà da parte di tutti e meno egoismo da parte degli imprenditori (quelli grossi ovvio, non il piccolo imprenditore che tira a campare)… perchè così qua in Italia non si va da nessuna parte… voglio costruirmi un presente qui (dico presente e non futuro perchè anche se sono giovane sono più vicino ai 40 che ai 30 ed ora è il momento che io mi viva il presente) ma non ci riesco…
ed ho paura che questa modifica all’articolo 18 se da un lato la posso trovare “un moderno strumento per rendere più dinamico il mercato del lavoro” dall’altro lo vedo “un antico strumento per permettere al mio capo di ricattarmi ancora di più e pagarmi ancora di meno…”
Vedi Tato, tu hai ragione. Hai ragione nell’auspicare e aspirare ad una società che permetta la possibilità per chi è giovane di progettare in percorso di vita. Cose semplici: comprarsi una casa, sposarsi se si incontra la persona giusta, magari avere dei figli a cui tramandare quello che si è appreso. Oggi questo in gran parte è precluso ad ampie fasce della popolazione, compresa quella della tua età, che vive il precariato in maniera più drammatica. Si può anche essere precari a 20anni, forse a 20anni neppure si pensa di essere precari perché si voce molto proiettati sul presente, superati i 30 si inizia a fare bilanci e se non si ha un minimo di stabilità o la speranza che prima o poi si arrivi alla stabilità diventa devastante. Ma questo è l’impatto che sulla nostra vita hanno scelte che sono fatte altrove rispetto alle quali è nostro dovere prendere consapevolezza. Io forse sono stato eccessivamente duro nel mio commento e me ne scuso, ma nel momento in cui attribuimao le cause della attuale situazione a comportamenti individuali inappropriati (che ci sono e devono essere anche cambiati) a mio parere facciamo un errore di valutazione che ci impedisce di capire dove sta esattamente il punto critico.
Io non so se noi possiamo fare realmente qualcosa per cambiare le cose (o meglio, per le mie convinzioni politiche, penso che sia possibile se si riesce a costruire una lotta collettiva), ma abbiamo il dovere di approssimarci sempre più a capirle.
Se in Italia non si rispettano le leggi non è perché l’italiano ne è incapace per DNA (ci sono italiani che sono morti, al pari di un Socrate, per rispettare e far rispettare le leggi!), ma perché a qualcuno fa comodo. Fa comodo avere il popolo terrorizzato, fa comodo che le persone si abbruttiscano con tv scadente e non abbiano strumenti di analisi della realtà, fa comodo che abbiano l’ultimo modello di telefonino o di tablet come orizzonte finale.
Io credo che il nostro dovere primo sia quello di rendere il posto in cui abitiamo migliore e possibilmente lasciarlo migliore di come l’abbiamo trovato. Va in questa direzione la riforma sul mercato del lavoro?
Dubbi che ho espresso sopra autorevolmente condivisi. Da più di un ministro dello stesso governo Monti.
http://www.ilriformista.it/stories/Prima%20pagina/425228/
Gli imprenditori italiani sono capacissimi di risollevare l’Italia.
Si infatti, uno che si è reinventato politico l’ha distrutta. O di legno, è proprio il caso di dire “di legno”, anzi proprio “de ghisciu”!
O Zunk, ma cosa sei, uno di quelli ai quali bisogna spiegare le barzellette? Gi’ sesi alluttu…….
mi chiedo come sia possibile che nel resto d’Europa c’è la possibilità di licenziare , succede, non succede, va così.. chi vuole rimanere in un luogo di lavoro dove il responsabile/titolare/imprenditore non ti vuole? Non si può creare un sistema dove sia lavoratori che imprenditori si stimano vicendevolmente? a prescindere che si possa esser licenziati o meno.. perchè il divorzio è tabù nel mondo del lavoro?
Personalmente credo che il licenziamento con remunerazione possa esser una soluzione, della motivazione non interessa.. che sia economica, strutturale, color di pelle, simpatia.. non mi vogliono? mi pagano e mi mandano via.. così almeno fine del mobbing, fine delle piccole vendette.. l’imprenditore si fà la sua squadra di lavoro, nel bene e nel male.. perchè simpatia non vuol dire che sappia lavorare ed allora anche gl’imprenditori , forse, saranno costretti ad abbassare i toni per star sul mercato.. sempre che non ci sia mamma Italia/regione a pagar loro tutte le spese…
Tralasci un piccolissimo problema: oggigiorno una volta che esci dal circuito del lavoro non è un gioco da ragazzi rientrarci, specialmente per chi ha esperienza. Le 27 mensilità offerte dall’arrogante presuntuosa Fornero potrebbero servire al cinquantenne magari licenziato perché osa fare il sindacalista ma con un pretesto economico per tirare avanti per quei 27 mesi, e poi attaccarsi al tram. C’è chi obietta che il risarcimento è pesante e specialmente le PMI ci penseranno due volte prima di licenziare a capocchia, ma per come è congegnata la riforma targata Fornero favorisce i padroni in sede di giudizio. Il che è incostituzionale e in contrasto con l’intera logica del processo del lavoro. Gli imprenditori italiani, salvo lodevoli eccezioni che specie nel campo delle piccole e medie imprese non sono poche, ci marciano da sempre tra corruzione, evasione fiscale, agganci politici e truffe varie: più che imprenditori sono autentici faccendieri.
È una riforma che dovrà passare in aula prima di essere approvata, quindi è bene che si apra un dibattito ampio nel paese.
Alcuni punti vanno nella giusta direzione: l’ASPI anche per i giovani, lo sgravio del cinquanta per cento per le assunzioni degli over cinquanta, l’incentivazione per il tempo indeterminato, il voucher baby sitter, la paternità obbligatoria e il fondo per chi è senza CIG.
Devo dire che, per essere un governo della destra finanziaria, non è tanto male.
Le storture di questo testo licenziato dal cdm dovranno essere limate dall’aula, per fortuna.
Detto questo, ricordiamoci che questo è il governo delle banche e della BCE. Cosa ci aspettavamo, che facessero Landini ministro del lavoro e Gino Strada alla sanità?
La sparata di incidere sui diritti di chi è già nel circuito del lavoro per favorire i giovani è da sempre tipica della demagogia di destra in tutte le sue declinazioni, dalla destra-destra che almeno si sa come combattere alla destra più insidiosa, quella “migliorista” a cui si può ascrivere anche la Fornero. E’ da quasi 30 anni che si propongono riforme in questa direzione, il risultato è che la disoccupazione giovanile è sempre rimasta altissima, salvo precariati e sfruttamenti vari. O vogliamo credere che fatta la legge non si troverà come sempre l’inganno? No grazie, non abbiamo scritto “giocondo” in fronte.
Sulla norma in tema di licenziamento economico riportata: onere della prova a carico del lavoratore, come dire bella fregatura. Il lavoratore dovrà sempre procurarsi l’avvocato cazzuto che riesca a impostare adeguatamente la difesa, e non è scontato, perché in giro è pieno di avvocati ciaputzi, magari più economici di altri, mentre i “principi del foro” giuslavoristi, anche di sinistra (sinistra quando conviene) tendono a difendere sempre le imprese e i “Padroni” perché ovviamente conviene. Paradossalmente ci sono invece diversi avvocati orientati a destra e centrodestra che preferiscono difendere i lavoratori, e lo fanno anche bene. Se si vuole fare qualcosa di serio, l’onere della prova che il licenziamento non è strumentale deve essere posto a carico del datore di lavoro, se passa questa porcheria, oltre ad essere a serio rischio di incostituzionalità, è un’infamia contro la quale si deve lottare in tutti i modi consentiti dalla legge.
Per il resto, condivido al 100%. De Bortoli farebbe spesso miglior figura a starsene zitto, idem con patate per i tanti cantori ancora esistenti di un’ideologia (abilmente travestitasi da scienza economica) fallimentare e fallita come il liberismo, purtroppo influenti anche a “sinistra”. Sempre che Ichino o perfino quell’arrogante presuntuosa della Fornero possano definirsi di sinistra …