Cagliari / Sardegna

Ci scrivono: “Al Businco di Cagliari mancano infermieri, hanno chiuso la Weekly Therapy e non posso fare la chemioterapia. Perché?”

Sempre più spesso mi giungono segnalazioni di casi difficili dal mondo della sanità a Cagliari, più in particolare da quello dell’oncologia. Sono situazioni limite alle quali si cerca di porre rimedio ricorrendo a reti di amicizie che possano superare lo sconcerto e la paura dalla quale si viene aggrediti. La situazione è difficile, ma soprattutto mi sembra che stia degenerando, nel silenzio più totale.

 ***

Sono una paziente dell’Ospedale Businco di Cagliari che da circa un anno è costretta a fare, una settimana sì e una no, la chemioterapia che per poter essere efficace deve essere fatta continuativamente e non saltuariamente come vorrebbero farmi fare i dirigenti dell’Ospedale: perché?

Ho capito che la situazione è molto grave. Avrei dovuto fare la chemio ai primi di dicembre ma il reparto ora è chiuso, mi hanno detto che mi chiameranno appena lo riapriranno.

D’estate (a luglio e ad agosto) di quest’anno hanno anche chiuso un’ala (l’ala D del quarto piano), perché dovevano mandare in ferie gli infermieri già spremuti all’eccesso.

Perché i signori Dirigenti “fregandosene” dei numerosi pazienti che come me fanno la terapia salvavita, hanno pensato bene di chiudere il reparto della Weekly Therapy del quarto piano per mancanza di personale, in quanto non hanno rinnovato il contratto di assunzione a un certo numero di infermieri.

In quel reparto si sta bene in quanto, a differenza di altri, si sente meno la sofferenza e il paziente affronta la malattia con più serenità e pazienza, confortata soprattutto dagli angeli del reparto che sono: l’oncologo dottor Tedde, tutto il personale infermieristico, OSS e volontari compresi che con professionalità, amore e tanta umanità alleviano il nostro dolore, sia fisico che morale.

Sicuramente i dirigenti lamenteranno la mancanza di fondi necessari per rinnovo del contratto di assunzione al personale, ma se questa è la motivazione mi è difficile capire con quale criterio sono stati spesi circa 450 mila euro per “abbellire” l’ingresso, la facciata e altro in occasione della visita del Prof. Veronesi, avvenuta qualche mese fa, e non si trovano i fondi per il rinnovo del contratto del personale di un reparto di vitale importanza per i numerosi pazienti che lo frequentano!

E meno male che all’I.E.O. di Milano, alcuni mesi fa mi è stato detto di affidarmi con fiducia all’Ospedale Oncologico di Cagliari in quanto un centro di “eccellenza”. Alla faccia dell’eccellenza se poi chiudono i reparti creando disagi ai pazienti!!! Forse l’eccellenza è riferita esclusivamente a tutte quelle persone che giornalmente si prodigano per la salute dei pazienti.

Faccio appello a tutte le persone che possono intervenire per sbloccare questa situazione.

Lettera firmata

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7 Comments

  1. anonimo says:

    quanto costa la mammografia,da voi?…si deve togliere gli oggeti di oro,per eseguire la mammografia?…grazie!

  2. Sicuramente i dirigenti lamenteranno la mancanza di fondi necessari per rinnovo del contratto di assunzione al personale, ma se questa è la motivazione mi è difficile capire con quale criterio sono stati spesi circa 450 mila euro per “abbellire” l’ingresso, la facciata e altro in occasione della visita del Prof. Veronesi, avvenuta qualche mese fa, e non si trovano i fondi per il rinnovo del contratto del personale di un reparto di vitale importanza per i numerosi pazienti che lo frequentano!

  3. IL BUSINCO RISPONDE E CHIEDE SCUSA!!

    Risposta alla lettera “al Businco di Cagliari mancano gli infermieri e hanno chiuso la week hospital”.

    La lettera di denuncia sulla chiusura della Oncologia medica week hospital del Presidio ospedaliero Businco, è stata per la Direzione aziendale motivo di enorme dispiacere. Le scuse sono d’obbligo ma certo da sole non bastano. Non ci sono giustificazioni plausibili per chi decide di chiudere seppur temporaneamente un servizio e rimandare le terapie dei pazienti oncologici.
    Noi stessi non ne eravamo a conoscenza e siamo rimasti increduli nell’apprenderlo dal giornale.

    La prima cosa importante da dire è che da ieri (lunedì 12 dicembre) la situazione è tornata alla piena normalità, il reparto è stato riaperto e tutti i pazienti hanno avuto la terapia, segno evidente che i problemi che hanno portato alla chiusura erano del tutto superabili con un po’ di impegno e buona volontà.
    Non vi è mai stata né vi è per il futuro l’intenzione di risparmiare sull’assistenza e sulla pelle dei pazienti: al contrario il Businco da qualche tempo è oggetto di profondi cambiamenti strutturali, organizzativi, gestionali. Molti reparti sono stati ristrutturati e dotati di nuove attrezzature e tecnologie, vengono monitorate con grande attenzione le esigenze di personale medico, infermieristico e di assistenza al fine di garantire qualità del servizio e in alcuni casi l’abbattimento delle liste di attesa. Forse non tutto può essere “colto” dal cittadino in tempo reale, anche perché comunicarlo è difficile.
    Resta più impresso certamente il rifacimento della Hall, non certo realizzato per l’arrivo del Prof. Veronesi ma per una doverosa, necessaria e dignitosa accoglienza alle migliaia di pazienti che ogni giorno arrivano in ospedale.

    Riteniamo che i pazienti debbano continuare ad affidarsi con fiducia alle professionalità che operano all’interno dell’Ospedale Businco con la garanzia che queste vengono sostenute e dotate di tutti gli strumenti organizzativi e operativi per lavorare nelle migliori condizioni.

    • Stefano reloaded says:

      Vanno benissimo le scuse e ancora di più la riapertura del reparto.
      Ma è possibile che la Direzione (sanitaria o amministrativa non si capisce dallo scritto) non sia stata messa a conoscenza della situazione dal responsabile del servizio e che sia venuta a saperlo dalla lettura dei giornali? E in quale maniera è organizzato questo ospedale?

  4. http://img687.imageshack.us/img687/4965/morte1a.jpg
    Il cancro non rappresenta soltanto una delle principali cause di morte, ma una evenienza molto più probabile, nel corso della vita, di quanto siamo capaci di immaginare.
    http://img97.imageshack.us/img97/2638/tabellarischiocumulativ.gif
    Secondo questa tabella, un individuo su 22 è destinato a sviluppare un cancro al polmone (dato che riteniamo fortemente sottostimato), una donna su 8 alla mammella, una persona su 18 al colon retto, ecc. Il 50% della popolazione, prima o poi dovrà fare i conti con un tumore maligno e la sua sequela di sofferenze, capaci di sconvolgerne l’esistenza, più e meglio che a porle fine.

    Allo stato dell’arte, numerose sono le strategie di approccio alla patologia neoplastica: chirurgia convenzionale o meno, radioterapia, terapia medica. La chemioterapia, in qualche caso terapia d’elezione, interviene sempre quando le altre linee di intervento non possono essere considerate risolutive e quasi sempre le affianca e segue, nell’ottica di eradicare il tessuto eteroplasico residuo. Quando tutte le alternative di cura (nel senso di guarigione) si rivelano inefficaci, resta l’ultima spiaggia, in una ottica palliativa, che cerca non solo di prolungare l’esistenza, ma soprattutto di alleviarne le sofferenze per rendere dignità al vivere, sostenendone una qualità accettabile.

    Se, su 65 milioni di persone, il 50%, (32,5 milioni) svilupperà un cancro nel corso della vita, considerando una esistenza media di 80 anni, stimiamo 406.250 nuovi malati l’anno. Una media di 20.312 nuove diagnosi annue per ogni regione italiana.

    Lunedì 5 dicembre 2012, la direzione dell’spedale Oncologico di Cagliari, ha deciso, per carenza del personale addetto all’assistenza infermieristica e di base, di chiudere la Week Therapy ospitata al 4° piano dal reparto di Oncologia Medica, che riduce la sua consistenza da 48 a 32 posti letto, perdendone 16, corrispondenti al 33% delle sue potenzialità a pieno regime.

    Come immediata conseguenza, le terapia salvavita dispensata dalla struttura, la cui razionalità si basa in pari misura, sul principio farmacologico attivo e sui modi e i tempi di somministrazione del medesimo, viene a perdere qualsiasi fondamento logico, divenendo totalmente aleatoria la possibilità di intraprendere o mantenere un piano terapeutico coerente che, a fronte di effetti tossici certi, possa confidare in corrispondenti potenziali benefici.

    Voci di corridoio lasciano intendere che quanto accaduto, a poco tempo dall’insediamento del nuovo Direttore Sanitario proveniente dal Brotzu, consegua alla mancanza di 4 I.P. per garantire l’erogazione di quei livelli essenziali di assistenza dovuti per legge. Insomma, non si riusciva a coprire i turni. E’ stata chiusa un’ala del presidio fino a nuovo ordine e il personale infermieristico, divenuto stavolta in eccesso, non ha avuto difficoltà ad essere assorbito da altri servizi parimenti in perenne carenza di operatori. La loro retribuzione, di certo non costituirà un inutile spreco. Si può dire altrettanto dei medici il cui impegno si vede privato di 16 posti letto?

    Naturalmente, i pazienti non sono stati informati per tempo, affinché avessero la possibilità di provvedere alla propria sorte presso altri centri o in altro modo. Non sono stati ritenuti degni neanche di un si salvi chi può. Per la maggior parte di loro non c’è comunque più niente da fare, e allora, perché tribolare tanto per cercare di mantenerne in vita almeno una stupida, inutile speranza?

    Nonostante ci risultano graduatorie in corso di efficacia per I.P. con incarichi a T.D. e agenzie interinali (in particolare una) molto attive in provincia di Cagliari (e non solo), non è stato ritenuto opportuno provvedere all’immediato rimpiazzo delle figure carenti. Visto lo squilibrio tra I.P. e O.S.S. a favore dei primi,si sarebbe potuto ridistribuire gli I.P. e affiancarli con un adeguato numero di O.S.S., conseguendo un relativo risparmio di spesa. Non si è ritenuto opportuno fare nemmeno questo, ad onta della graduatoria di idonei efficace anche per le assunzioni a T.I. Quando si è assolto (in misura insufficiente al turn over pensionistico) si è evitato di scorrere le graduatorie, producendo una ulteriore reale contrazione del personale dedicato all’assistenza di base, fino alle conseguenze che oggi sono sotto gli occhi di tutti.

    La mancanza di 4 uomini ha abortito le speranze di un minimo di 64 malati (16*4settimane). Questi lavoratori non sono sostituibili dalla tecnologia, almeno finché i pazienti non confezioneranno i propri escrementi in pratici TetraPak e non si sposteranno fra i vari servizi col teletrasporto.

    Se in un periodo di vacche magre non possiamo stupirci di cose di questo genere, non ci capacitiamo comunque di constatare l’esistenza di figure professionali sopravvissute indenni a qualsiasi progresso tecnologico e/o dissesto finanziario. Mi riferisco al personale delle Direzioni Sanitarie che, nonostante le razionalizzazioni di spesa e l’introduzione dell’informatica a supporto della propria attività di controllo e direzione è rimasto numericamente immutato (se non aumentato). Si dice che all’Oncologico esistano 5 vicedirettori sanitari. Rinunciando a una sola indennità di questo tipo, quanti operatori di base si potrebbero assumere? Qualcuno potrebbe smentire questo fatto prima che mi venga un colica biliare?

    Per saperne di più sulla gioiosa gestione della sanità in sardegna:
    http://www.scribd.com/doc/72818655/Vite-in-Ostaggio-l-industria-della-morte-civile
    o
    http://www.operatorisociosanitarisardi.it/e-books/free-ebook-vite-in-ostaggio/

    VITE IN OSTAGGIO L’industria della morte civile 2011 | Pdf | 449 pag | 43,5 Mb
    Archivio zip (con allegati multimediali) | 84,16 Mb

  5. Casu Axedu says:

    Ho conosciuto il dottor Tedde tantissimi anni fa. la situazione, com epotete capire, non era delle più allegre ma grazie a questo bravissimo medico e gran bella persona siamo riusciti, io e la mia famiglia, ad ottenere per mia mamma cure rigorose e rispettose accompagnate da una passione per il proprio lavoro fuori dal comune. Così come la sensibilità. Non è poco e lo ricorderò per quanto vivrò.

  6. Pingback: Pochi infermieri non ci fanno la terapia

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