Cess, mi piacciono troppo i questionari! Mi piace troppo che qualcuno mi chieda la mia opinione su qualunque cosa, figuriamoci sul tema “Specialità e Differenziazione in Sardegna”!
Perché questa ragazzi, questa è roba grossa, roba pesante, da intenditori! Si parla di identità, di lingua sarda, di paesaggio, di Zola e della Flotta sarda, di Soru e di Cappellacci, di autonomia e di indipendenza.
L’obiettivo, si legge, è di “capire che cosa pensano gli abitanti della Sardegna sui temi dell’identità culturale e della autonomia speciale. E’ una ricerca mai svolta prima, finanziata dalla Regione Sardegna con la legge 7/2007, che consentirà non solo all’Università, ma anche al mondo delle Istituzioni di avere un quadro reale di quali sono le Nostre opinioni sul presente e sul futuro della Sardegna”.
I dati verranno elaborati e resi pubblici al più presto. L’elaborazione, condotta dall’Università di Cagliari in collaborazione con quella di Edimburgo, prevede anche una comparazione con analoghi dati raccolti in Scozia.
Insomma, vi ho detto tutto tranne l’indirizzo internet.
Eccolo: http://www2.unica.it/isola/ls/index.php?sid=54512&lang=it
Vi consiglio vivamente di compilare il questionario perché sarete costretti a fare i conti con le vostre idee sulla Sardegna, a dirvi una volta per tutte come le pensate su argomenti che dominano da anni il dibattito dell’opinione pubblica e su cui magari avete le idee un po’ confuse.
io lo avevo scritto in tempi non sospetti che sta cosa della sardità è na mezza “strunzata”!
http://solofatica.blogspot.com/2011/09/essere-o-non-essere-sardi.html
Credo che la questione, in generale, si riferisca alla possibilità di identificare i parametri che concorrono a costituire il paradigma della “sardità”.
Una sardità da intendersi, per dirla alla Roland Barthes, come la “bouvardetpécuchetè”: qualcosa di indefinibile ma di enunciabile, un carattere, un profumo riconoscibile…
Nel caso della Scozia, la scozietà certamente c’è, ed è riconoscibile da tutti, non solo dagli scozzesi, anche per distinguersene.
Molti anni or sono, nel 1960, mio padre si fermò, con la fida millecento, moglie e figlio, in una piazzola per poche miglia in territorio scozzese, con l’idea di farsi un caffè con la Moka Express. A pochi metri (oops, mi correggo: yarde), un gentiluomo inglese, accanto alla sua Morris Minor, confezionava il suo tea, sempre sul solito focherello a pastiglie di Meta. Dopo un poco, più che la riservatezza potè la cordialità: il gent si avvicinò, e chiese di dove fossimo; ottenuta risposta, ci comunicò laconicamente, ma con l’aria di chi si sente solidale con qualcuno del quale condivide la condizione di viaggiatore all’estero: “I’m English”.
La potenza della “scozietà” aveva affratellato un italiano e un inglese. E ce ne voleva…
Sa Sardigna este Sardigna, ma este in Italia. E como chi este como este finzasa in Europa.
Isperande chi bi addurede.
si e’ sardi da capo carbonana all’isola che sta piu’ a nord della sardegna ,l’unica differenza che la maggior parte di voi si sente semplicemente italiano, e tanti altri come il sottoscrtitto solo sardo e basta senza se e senza ma.!!!!
dunque, io l’ho fatto, con un filo di perplessità….la domanda più bella è: “si può diventare sardi?” ….(?)
la ricerca, comunque la si pensi, è interessante più che per le domande per il modo in cui le pone: è vero che ci fa riflettere su alcuni luoghi comuni, e un pochino (involontariamente?) ne smonta altri. questo, ovviamente, detto da una che non ha il cognome sardo nè un albero genealogico “puro”, e, orrore, non parla neanche correntemente la lingua 🙂
Geppi@,non capisco perche i sardi dovrebbero essere diversi dagli altri.Essere sardi significa non necessariamente essere nati in sardegna,ma riconoscerne in qualche modo una sua specificità che rende gli abitanti peculiari.Non lo dico io, ma i libri di storia,di sociologia,di lingua,di costume,di gastronomia,di arte,che i sardi sono un popolo,non sta a me, a te o ad altri giudicare quanto sia corretto identificarsi con questa cultura.Cittadini del mondo,sardi,che per molti equivale a dire;danesi, slovacchi,scozzesi ecc,non necessariamente l’essere sardi esclude il sentirsi italiano.Negli USA i californiani prendono in giro quelli dell’ohio,in australia da sidney a perth l’inglese cambia notevolmente,in inghilterra tra gallesi,scozzesi,e altri, fanno a gara a chi è più Inglese.lo stesso dicasi tra bavaresi,sassoni, o brandemburghesi.In italia,si parla il friulano,il ladino,il tedesco in alto adige,il francese in valle d’aosta,e in tutte le regioni si parla un italiano diverso con molte differenze tra nord e sud,e molte sono le differenze culturali,che invece arricchiscono un paese,e tutti nella differenza si sentono italiani.In sardegna accade la stessa cosa,ci sono delle differenze nelle varie regioni dell’isola,linguistiche,( il sardo, a differenza di quello che molti pensano è uno,basta leggersi una grammatica sarda per capirlo ) culturali e comportamentali, questa è una ricchezza, come per tutti gli altri luoghi al mondo.Probabilmente tu come molti sardi provi vergogna a definirti sardo,ma non giudicare chi,non per vanto,non per scelta,non per spocchiosa balentia,si definisce,per identificazione culturale solo ed esclusivamnete sardo.
Ma sardo di dove?
Provate ad andare nel nuorese e dite che siete campidanesi…
provate ad andare a cagliari e dite che siete sassaresi…
ma de aundi sesi?
casteddaiu!!! tattaresu!!!! nugoresu!!!
ma per favore, dov’è tutta questa sbandierata sardità, ognuno guarda il suo orticello e sei sempre straniero in casa tua…
Esatto. Non esiste il sardo, esistono tanti sardi quanti sono i paesi della Sardegna.
Sui costumi, per esempio, quanti riconoscono la propria identità nel cosidetto ballo sardo o nel pane carasau o nella cultura-economia della pecora?
Io (bassissimo Sulcis) no di certo. Al limite nella cultura de su Tingioseddu.
Esistono i sardi in quanto abitanti della Sardegna. Poi uno può anche decidere di mettere in evidenza le differenze e sentirsi completamente diverso dal vicino di casa o dal fratello.
Non c’era l’opzione “secondo te tutta questa sardità è una fesseria storica e totalmente fuori dai tempi?”. La risposta, per me, è si. Essere sardi è bello perché siamo nati qua, in un posto baciato da dio che stiamo però contribuendo pesantemente a distruggere, perché qui ci sono i nostri genitori, la nostra squadra del cuore, i nostri amici e i nostri affetti. Ma abbiamo gli stessi identici difetti di tutti gli altri italiani, anzi spesso più accentuati, e alcuni pregi. Ma non sono dovuti al fatto che siamo sardi. Sono dovuti al fatto che viviamo in un isola piuttosto lontana dal continente. E la continuità territoriale, per uomini e merci, è probabilmente l’unico diritto per il quale mi sento di fare una differenziazione tra Sardegna e resto d’Italia… in termine di diritti.
mi ha fatto pensare
Chissà quanto sarà costata questa cazzata qui!
Per carità…..!
Non capisco tutto questo scandalo. Ci sono magari appunti metodologici da fare: 1. non si capisce quale sia il campione; 2. la rilevazione esclude tutti coloro che non usano internet 3. viene chiesto di indicarsi “sardo (o di altra regione). Siccome, intuitivamente, molti Sardi non amano definirsi come “regione” ma come “nazione”, si rischia così di indirizzare la loro risposta, o almeno di condizionarla, provocando ostilità e diffidenza in un gruppo importante di rispondenti.
Per il resto, mi sembra interessante e sono curioso di conoscere i risultati, anche perché, avendo lavorato alla ricerca sociolinguistica del 2006, sarei curioso di capire com’è cambiata la percezione di alcune cose.
Fatto e divulgato 🙂
L’ho fatto anche se ne ho le scatole piene di questa storia della sardità…ne ho le scatole piene della gente che si sente più o meno sarda a seconda del posto dove è nata… ne ho le scatole piene delle facce storte quando mi chiedono di dove sono.. di tutti i discorsi fatti a vanvera… del clima da far west… dell’ospitalità un tanto al chilo e il turista bisogna spennarlo… dell’aliga lasciata sempre più in giro in campagna e nelle piazzole di sosta ma noi odiamo i napoletani….degli abbracci quando sei in continente e gli sguardi truci quando sei a “casa”…. della divisa in orbace, l’ichnusa alle 10 del mattino e la tv del bar sintonizzata su canale5…
…scusate lo sfogo ma dopo che provi a mollare tutto e dopo che torni e decidi di restare te la senti nelle viscere quest’isola e non sopporto ne la classe dirigente che da sempre ne è ospite parassita ne tutte quelle persone che da pecore si comportano ma che di pecore non hanno le virtù—scusate-
Quoto.
Nella bacheca FB di uno dei massimi dirigenti indipendentisti, di area nuorese, stamattina era coraggiosamente riportata una frase che se non ricordo male viene da “Passavamo sulla terra leggeri” (un cult di quella parte, non sospetto di essere un testo colonialista itagliano, visto che va tanto di moda l’uso dei dispregiativi da parte di chi non si ricorda quanto era bello fino all’altro ieri sentirsi chiamare sardignoli, per non dire del resto). Ecco la citazione:
“Cantare, suonare, danzare, coltivare, raccogliere, mungere, intagliare, fondere, uccidere, morire, cantare, suonare, danzare era la nostra vita. Eravamo felici,
a parte la follia di ucciderci l’un l’altro per motivi irrilevanti”.
Da meditare: almeno per chi nella scatola mantiene un cervello con l’intenzione di metterlo in funzione quando capita.
Enrico hai pienamente ragione in tutto!!!
Beh! siamo in due a pensarla così!
Lo sfogo può essere compreso e da alcuni anche condiviso,senza dubbio il tuo anatema trova conferma nella realtà,non sempre,a meno che non si voglia far passare per consuetudine lo stereotipo di sardo che tu vuoi far passare.Non son d’accordo a ridurre questo discorso ad un risentimento verso ciò che non ci piace,dovremmo porci alcuni interrogativi seri su quello che stiamo diventando,soprattutto a livello sociale.Dal paesino alla città dal mio punto di vista vedo una società che non riesce ad essere più tale.Nei bar trovi l’ichnusa alle 10 del mattino ma anche tristi figuri che cercano la fortuna nei videopoker,futuri pazienti dei Serd.Nei Tabacchi i gratta e vinci son sparsi ovunque.In alcune vie periferiche,non tanto periferiche,di Cagliari trovi cumuli di siringhe,l’eroina sta riprendendo alla grande,nessuno ne parla.Le panchine fuori dalle case son vuote,nei rioni si perdono i contatti tra vicini,per non parlare dei grandi palazzi nei (non)luoghi anonimi.Le piazze son vuote e i social network pieni.Si va verso l’autocarcerazione.Dice Paul Virilio “come la mosca contro la finestra o il pesce nel suo recipiente,abbiamo raggiunto il punto-limite zero in cui tutte le distanze si annullano,in cui tutti gli intervalli di spazio e di tempo sono scomparsi,l’uno dopo l’altro nella desertificazione del mondo.Se tutto è qui,a portata di mano,a portata di voce,la carcerazione è al suo culmine.” Ancora non siamo arrivati a questo punto,ma presto ci arriveremo.Il discorso sull’identità e sulla riscoperta di ciò che ci accomuna può servirci a ricucire la collettività che si sta disgregando sempre più.Dobbiamo riniziare a parlare e guardarci in faccia e decidere cosa vogliamo.
Ps nella tua lista hai dimenticato di inserire il ragazzo col vellutino,la cintura gucci e la maglietta armani
condivido tutto, Enrico!!
APARTHEID, il gioco preferito della Lega.
Quelli della Lega, come Erode, hanno il terrore dei bambini che non siano di razza pura italiana. Strano, direte voi, visto che dell’Italia a loro non importa niente. Detestano il tricolore, giurano, da ministri, su una cosa chiamata Padania, parlano di secessione che vuol dire ex Yugoslavia. Anzi, più complicata e pericolosa la loro secessione, perché è impossibile. Dunque di che Italia parlano quei tre ex ministri (due inutili, ma uno era ministro dell’Interno, pensate il pericolo che l’Italia ha corso) quando rispondono con violenza e furore, ad una frase del Presidente della Repubblica?
Per capire bene, ricordiamo la frase: “È folle ed è anche assurdo che un bambino nato in Italia da genitori immigrati, che resta, vive, cresce studia in Italia, non sia italiano”.
La frase va ambientata tre volte. La prima, nel contesto di un Capo di Stato che enuncia un principio di buon senso e valore morale. Buon senso perché il bambino di cui stiamo parlando non ha altro Paese che quello in cui è nato, cresciuto, di cui parla la lingua (spesso la sola lingua), in cui è andato a scuola. Di valore morale perché dice che accoglienza e integrazione sono il solo percorso per i nuovi arrivati in un Paese civile. C’è naturalmente una opinione pubblica che riceve i messaggio. È una Italia che si è incattivita e che ha paura. Ma non dedica la sua paura agli immigrati e non ripone le sue speranze di salvezza nella Lega Nord. E in più tende a stare attenta a ciò che dice il presidente della Repubblica. Ma quando il messaggio raggiunge i destinatari, che hanno dedicato anni di devastazione alle leggi, ai regolamenti e alla burocrazia, pur di creare ostacoli a chi veniva per lavorare, e col proprio lavoro ha fatto funzionare in questi anni mezza Italia, dalla raccolta dei pomodori nel Sud alle migliaia di minifabbriche del Nord e specialmente del Nord Est detto “padano”, esplode furore, invettiva, minaccia.
Maroni, come ha sempre fatto mentre, da secessionista, era ministro chiave della Repubblica, ha cambiato la parola. Invece di “immigrato” lui ha fatto finta di avere capito “clandestino”. “Clandestino” è una parola cara alla Lega perché porta, con due passaggi, in prigione. Sembra un gioco da tavolo e invece è una trovata crudele, specialità di brave persone come Maroni, Calderoli, Borghezio. Si fa così. Di qua c’è la burocrazia che farà di tutto per rallentare, procrastinare, negare, rinviare il permesso anche se l’immigrato ha tutte le carte in regola e lavora. Te lo raccontano, umiliati, alcuni prefetti che dicono: “Lei non sa che cosa si adattano a fare certi colleghi per la carriera”. E infatti il prefetto Mosca di Roma, sotto il governo Bossi-Maroni-Berlusconi ha dovuto dimettersi perché ha rifiutato l’idea odiosa delle impronte digitali digitali ai bambini Rom.
Ma nel cosiddetto “pacchetto sicurezza” di Maroni la cui approvazione svergogna il Parlamento italiano, “clandestino” diventa reato. Il reato non dipende dal fare ma dall’essere, come in ogni serio regime razzista. E sei nelle mani di quei poliziotti o padroni (non tutti, e forse non tanti, per fortuna) che stanno al gioco sporco della Lega. Quando sei “clandestino” o vieni rimpatriato dove non sai, o vai in prigione o, altra variante barbara, ti rinchiudono nei centri di identificazione e di espulsione, dove nessuno ti identifica, dove l’ottanta per cento dei detenuti è in regola (lo certificano le periodiche visite di parlamentari radicali e Pd), dove ti tengono per un anno e mezzo senza assistenza legale o sanitaria e senza regole, sorvegliati da poliziotti e soldati che non hanno alcuna preparazione né alcun voglia di fare quel lavoro. Direte che è tutto assurdo.
Ma questo è il mondo della Lega finchè è durato, fondato sulla paura, sul rapporto inesistente tra sicurezza e immigrazione (nel Paese di ‘ndrangheta, mafia e camorra, dove ci sono due morti al giorno di attentati malavitosi a Roma), fondato sul sostegno non gratuito di Berlusconi, a cui i voti leghisti davano ossigeno, e che lui ricambiava dando via libera alla Italia dell’apartheid.
Quelli del mondo di Berlusconi si ricordano anche adesso del dovere di sostenere le barbare assurdità della Lega e il linguaggio deformato dei leghisti. “Napolitano adotta i clandestini” intitola Libero del 23 novembre, facendo subito uso truffaldino della parola “clandestino” come hanno imparato da Maroni, per vedere se si può spaventare qualcuno. “Non vorrei – suggerisce su Il Giornale l’astuto Calderoli – che fosse un cavallo di Troia per concedere il diritto di voto agli immigrati”. E crede di avere annunciato il colmo del colpo di mano, della indecenza, della paura.
Però attenti a ciò che ha da dire Cicchitto: “Se invece di economia vi occupate di diritti, noi potremmo difenderci con la nostra riforma della giustizia”. Conoscendo autori e intenzioni, la minaccia è chiara e malevola. Ma sentite La Russa, che un tempo usava il tricolore come sciarpa. “Questa è la strada per rompere subito e andare dritti alle elezioni”. Pensate: la minaccia inaccettabile sono bambini nati in Italia che diventano italiani. Diciamo che poche parole umane, chiare, quasi ovvie, hanno portato allo scoperto la vera natura del mondo berlusconiano, la vera natura della Lega, incompatibile con un normale livello di civiltà.
Furio Colombo
Il Fatto Quotidiano, 24 novembre 2011
OSSERVAZIONE e legittimo dubbio: COME FA UN BAMBINO O UN NEONATO nato in Italia ad essere clandestino?
A me sembra di capire che se a suo tempo in Italia si decise per lo “ius sanguinis” (è italiano il figlio di italiani) fu perché gli italiani erano un popolo di EMIGRANTI e si voleva che i loro figli mantenessero un legame con le loro radici, permettendo un eventuale ritorno.
Negli Stati Uniti, per esempio, invece, vige lo “ius solis” (è americano chi nasce negli States) perché quella è (era) terra di IMMIGRATI e quindi si stava costruendo un nuovo popolo.
Ora che l’Italia sta diventando a sua volta terra di immigrati mi sembra naturale e giusto che anche qui si passi allo ius solis.
E che negarlo sia miope.
Ambientare, ambientare…
Citava Umberto Eco, come frase ambigua: “gli operai devono stare al loro posto”.
Chi lo dice? quando?
“Se uno nasce in Italia, è italiano…”
Grazie.
E se uno nasce in Sardegna? e in Padania?
Ma poi, questi che nascono in Italia, lo sanno che “devono” essere Italiani, oltre che “cittadini italiani?”.
Gli italiani nati in America lo sanno benissimo, di essere Americani.
Magari qualche dubbio possono averlo i Dakota, o i Mohicani (etc.).
Umberto Eco si faceva soprattutto domande su QUALE fosse il posto degli operai:
a seconda di chi pronunciava la frase (e qui stava l’ambiguità) poteva essere in fabbrica a lavorare o al potere illuminati dal sol dell’avvenir …. 😉
Seguiamo il blog di Biolchini perché non ci interessa leggere Il Fatto Quotidiano!
Per una occasione in cui non si legge la parola berlusconi nell’articolo me la trovo a forza nei commenti!
Penso di essere sarda il giusto. Sono più orgogliosa di essere di origini barbaricine al 100% che non di essere sarda. La mia sardità la sento equivalente all’ essere cittadina taliana e Europea. Più che altro mi sento cittadina del mondo 🙂
no! basta con questa egemonia culturale dei barbaricini!
orgoglio campidanese!
più panadas e meno sebadas! (cit.)
😀 😀 😀
Giusto!
Più pardulas e meno casadinas!
Felice, ti seguo senza boh e senza però! Sardissimi cagliaritani, sia che i nostri antenati siano immigrati da lontano, sia che siano immigrati da vicino -poni caso, da Lunamtrona o da Seui- sia che vantino ascendenze casteddaie dai tempi dei Punici.
Siamo sardi quanto chiunque altro nell’isola. E forse anche di più.
a forasa Ospitone!
Anch’io sono barbaricino ma la penso diversamente da Monica,è per questa lotta tra campanili che ancora non esiste una Natzione Sarda e una Limba Sarda scritta,barbaricini o campidanesi siamo Sardi tutti allo stesso modo! FINTZAS A S’INDIPENDENTZIA!!
Sardinna no est Italia!
O piccioccusu
Guardate che Monica ha detto un’altra cosa: “La mia sardità la sento equivalente all’ essere cittadina Italiana e Europea. Più che altro mi sento cittadina del mondo”.
Io l’ho tradotta così: sono sarda, per la precisione Barbaricina, ma comunque Italiana, Europea e, appunto, cittadina del mondo. Ragazza saggia, precisa e consapevole, oseremo dire.
Itta c’intranta is campanilisi?
Non chi campanilista è de prusu calincunu de bosatrusu?
De bosu, insomma………..
sì, certo, hai ragione e anch’io avevo capito benissimo cosa intendeva Monica.
mi è scappata la battuta e poi da lì siamo finiti a parlare d’altro … 😉
Spero fosse chiaro che il mio commento era ironico e voleva proprio spezzare una lancia per l’unità dei sardi … 😉
Ma, fuor di battute scherzose, era anche per contestare per paradosso l’idea stessa dei “campanili”, grandi o piccoli che siano, e delle “piccole patrie”:
mi stanno benissimo i “piccoli popoli” (io stesso per metà mi sento valdostano e quindi appartenente ad un piccolo popolo per definizione) e il mantenimento e valorizzazione delle diverse identità culturali ma a mio parere questi devono tutti trovare forme di convivenza e di cooperazione che non possono essere basate su contrapposizioni sterili.
Vale sempre il: “Razza? Umana!” che ci affratella tutti.
E questo vale per campidanesi e barbaricini, sardi e valdostani, italiani e tedeschi, europei e cinesi, …
Sarà che ai tempi del liceo rimasi colpito dalla figura di Giuseppe Mazzini che, dopo aver lottato per l’unità d’Italia, se ne andò a Londra a fondare la Giovine Europa e fu antesignano e precursore di un’idea che mi sembra ancora una speranza per tutti noi europei (si tratta solo di trovarne delle forme condivisibili) …
Già, i questionari hanno uno strano fascino. Mi viene voglia di compilarlo anche se non sono sardo.
c’e’ chi si sente sardo per motivi culturali , e chi si sente piu’ semplicemente italiano, purtroppo non tutti riescono a capire questa grande differenza,
E’ un pacco di questionario!
L’ho fatto credendo che alla fine mi dicessero anche il risultato personale, tipo “sei sardo a gambali e berritta” e invece niente.
Per chi come me seguiva con passione il programma “TEST” di Emilio Fede e del Prof. Spaltro, è una vera delusione. 🙂
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L’ho fatto.
Da migrante immigrato in Sardegna, ma l’ho fatto.
Perché ormai, dopo 40 anni qui, mi sento sardo, almeno in parte.
E, pur sentendomi prima italiano che qualsiasi altra cosa e prima valdostano che sardo (ah, lo ius solis … ), mi sento sardo perché mia moglie è di qui, i miei figli sono nati in Sardegna, tutto sommato il campidanese lo capisco e lo parlicchio, i miei amici sono qui, questa è la mia casa.
Ciò detto, il questionario è piuttosto mal fatto, con domande tendenziose e decisamente sbilanciate a favore delle iniziative di Cappellacci e contro le opere di Soru.
Chissà se i risultati saranno attendibili …