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In ricordo di Antonio Romagnino, l’intellettuale di Cagliari. Il suo insegnamento: amare la città, studiare la città, raccontarla ai giovani. Il suo sorriso ci mancherà

Ogni città ha il suo intellettuale: il nostro era Antonio Romagnino. Perché lui Cagliari l’ha studiata e amata in maniera speciale. Non era un accademico, e questo (in anni in cui solo l’università si piccava dare patenti di qualità) lo aveva reso inviso ad una certa intellettualità “impegnata”. La sinistra non gli perdonava di non essere “organico”, la destra di non avere idee di destra. Eppoi era un divulgatore, condivideva il suo sapere con tutti, si “abbassava” al livello delle persone normali. Era un intellettuale ma non era un uomo di potere. Peccato mortale.

Antonio Romagnino era dunque un intellettuale speciale. Unico in una città ancora molto provinciale, dove l’appartenenza contava più delle idee.

Ma lui stava dalla parte della democrazia. Uno dei suoi meriti è stato quello di portare in città una ventata nuova, capace com’è stato di rapportarsi ai cittadini e alla loro forma più spontanea di organizzazione: l’associazione. Romagnino amava le associazioni e i comitati, consapevole com’era che soltanto una cittadinanza consapevole e in grado di portare davanti all’opinione pubblica le istanze più disinteressate, poteva far crescere la città. Oggi tutti si riuniscono e chiedono di essere ascoltati, ma vi assicuro che venti-venticinque anni fa a Cagliari non c’era tutta questa attenzione verso le istanze espresse fuori dalle sedi canoniche. Romagnino era fuori dai giochi, ma con i cittadini. Sempre.

In questo la sua esperienza americana (catturato durante la seconda guerra mondiale, passò molti mesi in un campo di prigionia negli Stati Uniti) lo segnò moltissimo e fu per lui una vera scuola di democrazia.

Ecco, Antonio Romagnino era un democratico vero, sincero. Un uomo libero che credeva nella capacità dell’opinione pubblica di modificare le scelte fatte dalla politica. E infatti fu sempre in prima linea nelle battaglie di impegno civile, padre nobile di un movimento attento alla salvaguardia dell’ambiente e dei beni monumentali cittadini (fu il primo presidente di Italia Nostra in città) che in molti volevano liquidare. Ma Romagnino non si poteva liquidare con facilità, anzi.

A metà degli anni ’90 , quando crebbe e si organizzò un vasto movimento a difesa della necropoli di Tuvixeddu, Romagnino c’era. La sua presenza non passava certo inosservata ed era una spina nel fianco di quella borghesia al potere che lui aveva conosciuto e che aveva per decenni educato nelle aule del Liceo Dettori, di cui fu insegnante.

Il vecchio professore (che avrebbe potuto fare carriera e non la fece) bacchettava i suoi ex allievi, che invece la carriera l’avevano voluta fare a tutti i costi, anche a costo di rovinare la città. Così, mentre la borghesia cagliaritana si buttava senza pudore tra le braccia di Berlusconi, Romagnino rimaneva e rimase sempre fedele ai suoi valori di una democrazia autenticamente liberale. Solo e controcorrente, perché quella borghesia che lui aveva contribuire a formare, spesso e volentieri lo tradiva.

Lui invece amava Cagliari, e la difendeva. Quando la città si ritrovò nel 2000 con l’Anfiteatro romano deturpato da un’orribile gradinata il legno, il primo a lanciare l’allarme fu lui dalle colonne dell’Unione Sarda.

Quello del Terrapieno era il suo giornale. Amato e odiato, immagino. Ma lui non voleva perdere il contatto con la gente, e il giornale credo che soltanto in virtù della sua autorevolezza ne tollerasse gli articoli e le prese di posizione che andavano in direzione ostinata e contraria rispetto alla linea.

Romagnino era l’intellettuale di Cagliari, ma non solo perché era nato in città. In una regione in cui l’accademia sassarese fortemente intrisa di politica da una parte e la tradizione letteraria nuorese dall’altra polarizzavano il dibattito culturale relegando ai margini il capoluogo, Romagnino ricordava l’importanza della cultura urbana, il suo ruolo di motore di sviluppo. Cagliari era dunque raccontata con rimandi ai grandi intellettuali europei che avevano studiato il fenomeno urbano, e questo arricchiva lo sguardo su una realtà che ancora faticava a capire le sue potenzialità.

Poi c’era l’amore. Antonio Romagnino amava Cagliari. E questo amore lo ha trasmesso a tanti.

Le sue pagine resteranno, le sue “passeggiate cagliaritane” saranno un esempio, così come il suo insegnamento: amare la città, studiare la città, raccontarla ai giovani. Ma Antonio Romagnino aveva una cosa speciale che gli intellettuali spesso non hanno: il sorriso. Un sorriso che stemperava ogni polemica, che chiudeva ogni conversazione, che apriva al dialogo e al confronto con le persone con le quali, fino a qualche momento prima, magari ci si era confrontati duramente. Quel sorriso ci mancherà e lo porteremo con noi e dentro di noi tutta la vita.

Antonio Romagnino ci ha lasciati venerdì all’età di 94 anni.

Grazie Antonio, Cagliari ti è riconoscente.

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10 Comments

  1. Giuseppe says:

    Non ho mai conosciuto personalmente il prof. Romagnino, ma ne ho sempre apprezzato la passione per la sua città fuori dalle stanze del potere.
    Un esempio di come si può fare cultura per il gusto di servire la propria comunità in maniera gratuita e disinteressata.

    Grazie per la sua testimonianza

  2. Alessio Deiana says:

    Il Professore parlava della città con occhi innamorati. Ci ha insegnato a voler bene ad ogni pietra, ad amare la luce, i colori, le vedute infinite aperte sul mare e le strade contorte, anche quelle buie, strette e accoglienti, come un abbraccio.
    Io ora so, che passeggiando in silenzio, avrò accanto un compagno di strada in più.
    Buon viaggio Professore. E grazie.

  3. DA CAGLIARITANO POSSO SOLO DIRE GRAZIE AD ANTONIO ROMAGNINO, PER QUELLO CHE HA FATTO E SCRITTO SULLA NOSTRA CITTA’,E INVIDIO CHI LO HA CONOSCIUTO DI PERSONA.

  4. Fabrizio Zanotti says:

    Solo per dire che da oggi c’è un nuovo lettore da Bergamo. Bravo Vito, forza Sardenya.
    Fabrizio

  5. grazie vito per le tue parole ispirate da affetto vero; hai sintetizzato perfettamente l’uomo e lo studioso; mi permetto dire che a lui questo pezzo sarebbe piaciuto.
    Fabio

  6. a Cagliari e a noi cagliaritani ha donato molto senza chiedere mai nulla, la sua competenza e la sua passione rimangono con noi (http://gruppodinterventogiuridicoweb.wordpress.com/2011/11/12/in-ricordo-di-antonio-romagnino/).
    Stefano Deliperi

  7. Aldo Vanini says:

    L’ho incontrato l’ultima volta sull’autobus 10. Non ero stato suo allievo, ma era sempre affettuoso, sempre con una parola gentile, con un complimento sincero. Un uomo semplice e appassionato. Un intellettuale di altri tempi, che anteponeva umanità e comprensione alla precisione pedante e senza anima. Politicamente un autentico liberale, nel senso più bello, moderno, tollerante, di un aggettivo che é stato ormai svillaneggiato ma di cui si sente la necessità nel modo in cui Antonio Romagnino lo viveva.
    Un saluto da un amico molto più giovane, a cui mai aveva fatto pesare l’autorevolezza degli anni…

  8. Franco Masala says:

    Orgoglioso di essere stato suo allievo al Dettori e con Lui nei lunghi anni di militanza in Italia Nostra, ricordo il Professore con tutto l’affetto e tutta la gratitudine che Gli devo.
    Sit tibi terra levis, Magister.

  9. La guida della città di Cagliari del Canonico Spano, Forma Karalis di Dionigi Scano, la Città del Sole, l’Elefante sulla Torre e I giorni della Laguna di Francesco Alziator e i libri di Antonio Romagnino sono la memoria storica di Cagliari. Scritti che non dovrebbero mai mancare nella libreria di ogni cagliaritano che si rispetti. E che andrebbero letti e riletti sino a consumarli. Che perdita, ragazzi.

    • Antonio, oltre che coetaneo di mio padre, era stato suo compagno di scuola negli anni venti.
      Spesso ricordavamo, anche fra di noi, quei tempi lontani.
      Malgrado la differenza d’età, Antonio era per me come un fratello, magari maggiore, ma senza alcuna pretesa paternalistica.
      Era stato così quando, quarantanni or sono, mi fece iscrivere ad Italia Nostra e scrivere per la stessa rivista, era stato così quando ci siamo ritrovati nello stesso Rotary: amici. E basta.
      Credo che questa sia stata la cifra della sua dimensione morale: l’essere capace di dire, di spiegare, di imporre perfino le cose in cui credeva, senza mai salire di un gradino ma – se mai – avvicinandosi di un passo.
      Addio, amico mio.

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