Leggiamo insieme cosa scrive l’Unione Sarda di oggi:
Anfiteatro, la Procura apre un’inchiesta
sui danni delle gradinate al monumento.
L’inchiesta avviata dopo l’invio di una relazione della sovrintendenza. Sequestrate delibere e relazioni sull’Anfiteatro romano.
Gli uomini del Corpo forestale si sono presentati ieri pomeriggio nell’ufficio del dirigente dell’edilizia pubblica Mario Mossa. Ed hanno sequestrato delibere, relazioni e ordinanze sull’Anfiteatro romano. È il primo effetto dell’inchiesta, per il momento contro ignoti, aperta del sostituto procuratore Daniele Caria: l’ipotesi di reato è danneggiamento, cui si aggiungerebbe una contravvenzione per l’inosservanza dell’ordinanza della sovrintendenza ai Beni archeologici che impone la rimozione delle tribune lignee. In sintesi: non avendo smontato le gradinate quando era previsto, sarebbe stato danneggiato il monumento.
Attenzione: l’inchiesta non punta a capire se il monumento sia stato danneggiato: il monumento è stato sicuramente danneggiato, come certifica la relazione dell’Istituto Superiore per la Conservazione e il Restauro.
La domanda che si pone la Procura è un’altra: per quali motivi non è stata osservata “l’ordinanza della sovrintendenza ai Beni archeologici che impone la rimozione delle tribune lignee”? Eh già, perché nell’ottobre del 2000 (anche se gli zelantissimi cronisti non ne vogliono proprio sapere) le sovrintendenze archeologica e paesaggistica chiesero al Comune di smontare tutto!
Furono due richieste “gemelle”: quella della sovrintendente ai Beni paesaggistici, Francesca Segni Pulvirenti, si trova anche nella pagina web del giornalista Sergio Frau (questo è il link, bisogna scorrere quasi fino alla fine per leggere il documento che è l’ultimo prima dei due ritagli stampa che chiudono la pagina).
La richiesta di smontaggio delle tribune da parte delle sovrintendenze fu impugnata davanti al Tar dal sindaco del comune di Cagliari, Mariano Delogu, ma il tribunale amministrativo con una sentenza del 2006 la considerò pienamente legittima. Il sindaco Emilio Floris però non fece nulla, se non promettere “un’altra estate di spettacoli poi smontiamo tutto”.
L’inchiesta è contro ignoti. Ma noi i nomi li conosciamo benissimo.
Detto questo: con tutte queste inchieste in corso, quale funzionario ministeriale o comunale firmerà mai qualunque atto che autorizza lo svolgimento di spettacoli estivi all’Anfiteatro romano di Cagliari? Mauro Pili, Giuseppe Farris, Maurizio Porcelli, Massimo Fantola, Massimo Palmas e compagnia cantante avranno ancora il coraggio di dire che quest’estate l’anfiteatro può essere ancora usato come luogo di spettacolo?
Insieme alle impalcature verranno rimossi a breve anche l’Assessore Lorrai (quello che ha calcolato come dell’anfitetaro resta solo il 26%), il Sindaco Floris (quello che ce l’ha con la Sovrintendenza che gli rovina i piani per Cagliari città mercato del Mediterraneo), l’Assessore Campus (quello del piano particolareggiato che cementa ogni angolino residuo). E tanti altri, iniziati con le impalcature, finiranno con la fine delle impalcature.
Oggi Michele Ruffi, scrive sull’Unione Sarda – meglio di “Tre uomini in barca” – che sulla questione delle gradinate da rimuovere all’anfiteatro il sovrintendente Minoja è inamovibile (forse voleva dire irremovibile). Volontario o no, è un umorismo di buon livello e speriamo che Ruffi continui a occuparsi della vicenda.
E titola che c’è una “fretta misteriosa” senza chiedersi se misteriosa, invece, non fosse la lentezza.
Professor Marchi, si moderi. Lo faccia per i suoi allievi. Per noi va bene così.
L’assessore comunale Lorrai ha detto: «L’Anfiteatro è in realtà una cava dove prima sorgeva una struttura per gli spettacoli di epoca romana. Secondo le nostre ricerche, esiste ancora solo il 26 per cento della costruzione originale».
Peccato che questa Giunta sia in scadenza e peccato che scada – ha proprio una data nella quale verrà rimosso- anche l’Assessore Lorrai.
Avrebbe potuto stabilire, per esempio, che se di una costruzione esiste solo il 28,5 % allora si può abbattere e che se ne sopravvive solo il 19,3% si può costruire sopra. Avrebbe potuto decidere che siccome l’anfiteatro era una cava allora doveva continuare a fornire pietra per costruire.
Poi dice “secondo le nostre ricerche”. Sarebbe bellissimo conoscere i ricercatori del Comune.
E’ davvero peccato che questa Giunta finisca qua il suo percorso.
Noi ignoranti credevamo che l’anfiteatro fosse un anfiteatro. E invece era una cava. Magari era una cava che è stata lavorata per farvi un anfiteatro. Ma allora come fa a sapere che ne resta il 26%. E poi, il 26% di che cosa?
E’ magnifico, magnifico.
Però rimarrà il ricordo incancellabile.
Sono stati dieci anni indimenticabili. Il Poetto distrutto, il progetto delle scale mobili in Castello, il progetto di cancellazione di Tuvixeddu, il progetto di distruzione di Palazzo Aymerich anziché un poco di verde, il progetto di cementificazione degli otto ettari di vuoti urbani, la nascita di innumerevoli supermercati, l’oscuramento di via Caboni, il progetto di fermare via Roma per anni e anni con il fine di fare un garage mezzo subacqueo, lo scalo per navi da crociera che vomitano turisti di un giorno (quelli che nessuno vuole più, salvo i nostri amministratori), i torrioni di Zuncheddu che fanno orrore… La lista è lunga e potrebbe continuare.
Ma ci mancheranno l’impegno e l’energia profusi a favore di due o tre costruttori che in due o tre giorni ottenevano permessi, varianti e nulla osta che altri aspettano due o tre anni. Ci mancherà il giusto disprezzo per gli ambientalisti fanatici che fermano lavori importanti (si dice strategici) per una stronzata di acquedotto romano di cui non c’è che il 5,7% e di cui abbiamo bisogno perché noi abbiamo le nostre belle tubazioni oppure per qualche tomba punica mentre abbiamo le nostre tombe moderne a San Michele. Ci mancherà quel tocco di provincialismo grazie al quale gli assessori e i consiglieri comunali andavano in qualche città e tornavano con idee folgoranti da ripetere a Cagliari per renderla moderna e appetibili ai turisti che se la devono mangiare con gli occhi.
Ho già nostalgia.
Sarebbe interessante sapere dal professor Marchi cos’è il “palco della ribalta”. Sul palco o alla ribalta, comunque sia, mi pare voglia salire lui.
Minoja non ha fatto altro che il suo dovere, sostenuto dalla sua referente, la dottoressa Maria Assunta Lorrai e dal suo predecessore Elio Garzillo.
Il fatto è che risulta di tutta evidenza che il professor Marchi appartiene a quella schiera di cittadini cagliaritani che ritengono i ruderi dei sassi, un’anfora romana un coccio e una tomba a pozzo un buco.
E’ interessato alla struttura, non a quello che c’è sotto.
E’ grottesca l’associazione che si è creata per la distruzione dell’anfiteatro. Ora allo studioso Mauro Pili, il quale proviene da una delle aree più devastate di tutta l’isola anche grazie alla sua opera, e al Presidente della Commissione Cultura, sostenitore di Marco carta e a sua volta cartino nonché esperto di Barbie, si aggiunge il professore di estimo Marchi che dimentica di estimare se stesso ed emette giudizi.
Arrogante e di modi poco urbani, dimentica, come gli altri della sua cordata, che l’anfiteatro è un monumento e si concentra sugli spalti di legno che lo nascondono alla vista.
Otterrà risposte commisurate alla sua arroganza nella giusta sede.
E’ vergognoso che tutti i beni archeologici della nostra città siano in mano a persone che li vogliono piegare ai propri interessi.
Tuvixeddu non gli ha insegnato niente.
Perderanno perché sostengono l’insostenibile e i monumenti sono molto più importanti di Pili e di Marchi.
Quanto alla Commissione Cultura basterà aspettare qualche mese.
Io so che l’anfiteatro è così perché ha avuto il Nulla Osta della soprintendenza al montaggio dell’allestimento.
Se c’è stato il nulla osta significa che la soprintendenza ha ritenuto che l’allestimento non provocasse danno alcuno all’archeologia. Diversamente lo avrebbe negato.
La vertenza in origine si è incentrata sull’obbligo di smontare la struttura a fine stagione. Il fine era solo quello di consentire una percezione dell’archeologia scevra da impalcature pur di pregio architettonico.
E’ evidente il fatto che lo smontaggio non avrebbe mai potuto aggiungere o togliere alcunché al rispetto dell’archeologia salvo implementare il rischio di produrre qualche danno. Montare e smontare significa operare in un cantiere ove nonostante le precauzioni una “sbrecciatura” di qualche preesistenza può accadere.
Ogni soprintendente nuovo che arriva mette in discussione ciò che il suo predecessore ha autorizzato.
Se ritiene di aver ragione ha una sola cosa da fare: denunciare il suo predecessore per danneggiamento di un bene storico-artistico. Ma così non avviene. E’ più semplice salire sul palco della ribalta.
Per quanto ne so io l’unico problema dell’Anfiteatro (come di tutti gli altri manufatti prodotti dall’uomo) è quello della manutenzione.
Le strutture in acciaio (guardate anche quelle dell’aeroporto di Elmas), le travi lamellari ed il legname in genere, necessitano della manutenzione ordinaria. Se questa non viene eseguita con puntuale cadenza si deve poi intervenire con una manutenzione che diventa straordinaria.
Chi mette in discussione la statica delle tribune sta ipotizzando che, analogamente a qualsiasi costruzione, dopo 20 – 30 anni di vita la struttura possa rischiare di crollare danneggiando il terreno su cui insiste.
Tale ipotesi (a meno di gravissimi vizi progettuali o costruttivi iniziali) è di una sciocchezza inaudita.
Se fosse vero il paventato rischio strutturale bisognerebbe denunciare per “tentata strage” tutte le commissioni provinciali che sino ad ora, collaudando la struttura, hanno reso possibili gli spettacoli.
Sono certo che la Facoltà di Ingegneria fornirà tutte le risposte adeguate, scientificamente fondate ed in grado di sgombrare il campo da illazioni azzardate, o peggio da preconcetti ideologici, che sono più adeguati ad una discussione da Bar dello Sport.
Altra cosa è l’opinione di chi vorrebbe l’anfiteatro mantenuto privo di qualsiasi sovrastruttura rispetto a chi ritiene che possa essere al contempo salvaguardato ed utilizzato per la sua funzione naturale: quella di produrre cultura (spettacoli).
Naturalmente tale ultima funzione affinché possa essere svolta in sicurezza richiede un allestimento quanto meno analogo a quello oggi esistente.
Ogni ipotesi di montaggio e smontaggio dell’allestimento non è economicamente sostenibile.
Sarebbe come chiedere a Milano, che realizzò l’Arcimboldi per restaurare la Scala, di smontare il primo perché ormai la Scala è tornata al suo antico splendore.
In sintesi Cagliari deve scegliere se vuole:
Avere un Anfiteatro produttivo e salvaguardato nella sua valenza archeologica;
Avere una Preesistenza archeologica, da visitare in quanto tale, e che non produce altra cultura ricchezza e qualità ambientale per la città e per chi la vive e la visita.
Tutte le altre discussioni servono solo all’abituale utilizzo del tempo da parte di chi non ha di meglio da fare.
come l’ex Assessore Marchi sa certamente, le autorizzazioni archeologiche erano e sono temporanee, per un allestimento amovibile, mentre le autorizzazioni paesaggistiche per strutture amovibili sono temporanee e hanno efficacia per 5 anni. La vigenza delle autorizzazioni è scaduta. Il resto sono solo chiacchiere. La struttura, la “legnaia” tanto cara agli amministratori comunali cagliaritani è abusiva.
Dev’essere rimossa. Punto e basta.
Giampaolo Marchi (progettista delle avveniristiche e, grazie al cielo, mai realizzate scale mobili che avrebbero sventrato Castello) scrive un’inesattezza di base sulla vicenda Anfiteatro.
E’ vero che il nulla osta della Sovrinendenza esiste. Ma dimentica di dire che, ammesso che se ne accetti la legittimità, valeva solo per cinque anni. Non c’è molto da dire.
Ha ragione sulle altre discussioni e sul non avere altro da fare. Questo vale sopratutto per l’onorevole Pili e Porcelli e Palmas e Puddu i quali discutono di ciò che è indiscutibilmente stabilito con il nulla osta e con la sentenza del Tar.
I tavolacci devono essere rimossi. Tutti.
Ha anche ragione, il professore, sulla follia di un’azione di smontaggio e smontaggio che sarebbe deleteria.
Il danno al monumento è derivato dal montaggio ed è proseguito con la persistenza della struttura. Smontarlo non provocherebbe nessun danno, oppure, se vuole il docente di estimo, provocherebbe un danno minimo e , in ogni caso, inferiore al mantenimento della struttura.
Ne deriva che il nulla osta non doveva essere concesso. D’alronde il professore sa che molti nulla osta sono stati rilasciati, come in questo caso, avventatamente.
Ma che queste perle di saggezza arrivino da chi ha avuto responsabilità amministrative non si può accettare.
Il professore è stato assessore all’urbanistica e avrebbe avuto tutto il tempo e i mezzi e le competenze per obiettare e intervenire.
Evidentemente lui era d’accordo per l’uso improprio del povero monumento bistrattato.
Chissà cosa intende con l’espressione “anfiteatro produttivo”.
E’, comunque la si consideri, un’espressione che promette male.
Quella struttura deve essere rimossa e il monumento, bellissimo, deve tornare ad essere un monumento visibile e guardabile.
Il destino dei monumenti è essere guardati, professor Marchi. Guardare è una delle attività più nobili e complesse che ci sia dato compiere.
Guardi anche lei e lasci stare i progetti.
E dimenticavo che quanto a sensibilità archeologica basterebbe verificare dove la Facoltà di Ingegneria (quella che secondo Marchi dovrebbe dare risposte a domande che nessuno per fortuna le pone) è costruita.
Basta vedere che l’ultimo cataplasma bianco di via Is Maglias è costruito su sepolture e in una foto si vede chiara uan camera funeraria nello scavo delle fondmenta. Basta veder come è stato trattato tutto il patrimonio sul quale la Facoltà sorge.
Un’ottimo insegnamento, ottimo. Questa sì che è pedagogia.
Lasci in pace i monumenti, i ritrovamenti archeologici, anfiteatri e necropoli.
“possa essere al contempo salvaguardato ed utilizzato per la sua funzione naturale: quella di produrre cultura (spettacoli)”
Si potrebbe obbiettare che un’area archeologica produce cultura soprattutto quando è nella condizione di essere conosciuta, visitata e compresa.
Vorrei poi far notare che il concetto di “funzione naturale dell’anfiteatro” è parecchio insidioso. Infatti la funzione per la quale era stato progettato era soprattutto quella di eseguire uccisioni cruente di esseri umani e animali davanti agli spettatori. Tutta la struttura era fatta per questo, con impianti complessi che ne facevano insieme un carcere, un luogo di tortura e un patibolo. Questa funzione, per cui era stato progettato l’anfitetro, è stata effettivamente svolta: lo spettacolo che per secoli è stato realizzato in proprio in quella arena (e proprio dove adesso si trovano le poltroncine) era costituito da tortura e assassinio.
Anche per questo (una forma di consapevolezza, rispetto e memoria per quelle vittime) si potrebbe riflettere sul fatto che gli spettacoli moderni potrebbero essere messi in scena in altri luoghi.
Il famoso storico e archeologo Mauro Pili non si stacca dai suoi libri. Però legge quelli sbagliati e bisogna che qualcuno gli spieghi che il monumento non è la gradinata di legno ma quello che sta sotto. Sì il monumento è quell’insieme di pietre bianche. Ed è necessario spiegarlo anche a Porcelli (Commissione Cultura), a Puddu (quello della scuola civica di musica) e a Palmas. Dopo le tre M ora ci toccano le quattro P. Ma ce ne liberiamo in fretta.
Porcelli, durante un sopralluogo a Tuvixeddu per valutare l’agibilità in caso di concerto necropolitano ha notato dei buchi in terra. Qualcuno gli ha detto che quelli erano i pozzi delle tombe puniche e allora ha chiesto agli uffici tecnici di tapparli perché sennò il concerto non avverrebbe in sicurezza. Prima di tutto la sicurezza, poi la cultura, ha detto. Invece Palmas e Puddu, che lo spettacolo ce l’hanno nel sangue, hanno proposto di vendere la birra alla spina nei sepolcri romani, visto che sono così spaziosi che si prestano alla mescita. Per la pipì, poi, c’è tanto spazio. Nella tomba di Caio Rubellio una bella grigliata sarebbe l’ideale. Si vive una volta solo, e bisogna divertirsi.
si stefano l’ho notato anche io! ma ricordo che nello spettacolo di Vito ed Elio questo aspetto era ampiamente commentato. Inutile aggiungere ulteriori aggettivi. Mi domando solo se non ci siano gli estremi per una notizia di reato.
Oggi Pili Mauro dice che la relazione di Minoja contiene gravi errori storici e distorce la verità. Lui, che nel discorso di insediamento della sua breve esperienza di Presidente della Giunta regionale aveva letto un discorso del Presidente della Lombardia. Lui che non se n’era accorto. Ora fa lo storico di Cagliari. Lui?
Nella pagina web di Frau sono interessanti anche le note della Soprintendenza Archeologica riportate.
È imbarazzante la reiterata richiesta dei fondi per la redazione del volume sull’Anfiteatro fatta da Santoni al Comune. Le note che rammentano agli amministratori comunali il progetto per il libro, vengono sempre inviate in concomitanza con quelle che, in sostanza, assentono i progetti per la costruzione degli spalti in legno. VERGOGNOSO.