Alla fine, nonostante l’opposizione della Direzione Regionale del Ministero ai Beni Culturali, ieri il Consiglio comunale di Cagliari ha approvato una variante al progetto edilizio a Tuvixeddu proposta da Coimpresa. Per la società costruttrice si è trattato di un passo necessario, visto che la stessa Direzione aveva apposto un vincolo paesaggistico su un’area del colle nella quale Coimpresa voleva costruire i suoi palazzi. Uno spostamento di volumetrie sostanzialmente inutile: a Tuvixeddu infatti non si può più costruire.
Il voto di ieri rappresenta comunque una vergogna multipla: sia perché la variante non è mai stata neanche visionata dal Ministero (nonostante Coimpresa abbia falsamente dichiarato il contrario); sia perché è tutto tranne che “una variante non sostanziale” come si vuole far credere; sia perché ignora la recentissima sentenza del Consiglio di Stato secondo cui (a detta anche del Ministero e di tutte le sovrintendenze) a Tuvixeddu non si potrà più costruire nulla; sia perché arriva a pochi giorni dallo scioglimento naturale del Consiglio comunale, costringendo quindi un’assemblea, ormai di fatto delegittimata, a prendere decisioni così importanti per la città.
Quest’ultimo elemento non è di poco conto: ancora una volta l’amministrazione Floris concede una corsia sprint per progetti edilizi “amici”. Anche stavolta è successo tutto in pochi giorni. Volete la prova? Ringraziamo il lettore Stefano per avermela fornita.
Il 15 marzo la proposta di variante di Coimpresa viene protocollata. Il 16 la Commissione Edilizia esprime il parere (favorevole) di competenza. Nello stesso giorno il Responsabile Unico del Procedimento redige la sua relazione tecnica. Il 18 la Giunta Floris delibera di proporre al Consiglio Comunale di approvare la proposta di variante. Il 23 marzo il Consiglio comunale non esamina la delibera: a tutti i consiglieri è infatti arrivata la lettera della Direzione regionale che, di fatto, sconfessa il provvedimento voluto dalla Giunta Floris. Il via libera arriva comunque ieri, 29 marzo. Cubature enormi spostate in due settimane: un record di efficienza amministrativa, non c’è che dire.
Se delle pratiche urbanistiche delle amministrazioni di centrodestra non ci si può più stupire, quest’ultima vicenda racconta soprattutto l’arroganza di Gualtiero Cualbu. L’imprenditore gioca evidentemente più parti in commedia: con i politici che ha scelto come interlocutori piange miseria e si dice pronto a trattare con la Regione per transare, poi in realtà non si fa scrupolo di spingere la Giunta Floris e il Consiglio comunale (in una delle sue ultime sedute prima dello scioglimento) a deliberare un passaggio importantissimo per il futuro della sua lottizzazione. È sempre stato così: Gualtiero chiagn’ e fotte, beato lui.
Resta da capire perché Coimpresa voglia far credere a tutti che il progetto Tuvixeddu sia vivo e vegeto, quando invece dopo la sentenza del Consiglio di Stato può essere ritenuto morto e sepolto. Cui prodest?
In ogni caso, è evidente che i giudici amministrativi hanno rotto il giocattolo di Cualbu. Perché da decenni Coimpresa ha preso in ostaggio una necropoli cercando di utilizzarla come pedina di scambio. La parola d’ordine della società costruttrice (che prima di essere acquisita totalmente da Gualtiero Cualbu era della Impregilo del gruppo Fiat) è sempre stata molto semplice: “La necropoli sarà anche un bene culturale ma ricade su aree di nostra proprietà: per cui se volete fruirne, dovete farci costruire”.
A questo ricatto le amministrazioni comunali cagliaritane non si sono mai opposte, anzi: sia il sindaco Delogu che Floris hanno sempre avallato l’idea (connaturata al centrodestra) che l’alternativa al degrado fosse solo il mattone. Soprattutto Delogu; e questo per uscire da un pasticcio amministrativo che si era ritrovato, legato agli espropri e agli oneri di urbanizzazione della zona di via Castelli. Nel tanto contestato Accordo di Programma del 2000 Delogu concesse infatti volumetrie super a Tuvixeddu e a Tuvumannu proprio perché Coimpresa accettava di accollarsi i 40 miliardi di lire di allora che altrimenti l’amministrazione del capoluogo avrebbe dovuto sborsare di tasca ai privati espropriati.
Per questo motivo, quando nei lontani anni ’90 si iniziò a parlare di esproprio (ovviamente a prezzo di mercato, così come stabilito dalla Cassazione), il Comune di Cagliari reagiva inorridito. Perché l’obiettivo del Comune e di Cualbu è sempre stato uno e uno soltanto: costruire. Non tutelare un bene culturale, né fare profitti: solo costruire.
Se infatti lo avesse voluto, l’imprenditore avrebbe avuto mille possibilità per vendere le aree e realizzare un giusto guadagno senza posare nemmeno un mattone. Ma questo Cualbu in realtà non lo ha mai voluto, se non a parole.
All’ingegner Cualbu poi non è mai passato per la testa che una poderosa mobilitazione (partita dal basso ma anche qualificata: basti pensare alle prese di posizione del professor Lilliu, di Romagnino, delle associazioni di impegno culturale e civile) potesse nascondere delle ragioni. Cualbu non ha mai voluto sentire le ragioni di nessuno. Cualbu non si è fatto scrupolo di assumere la figlia dell’ex sovrintendente archeologico Santoni (mossa legittima, per carità) mentre il funzionario decideva delle sorti dell’area della necropoli; né ci ha pensato due volte a far tenere una conferenza stampa nel suo ufficio vendite al sindaco Floris. Fregandosene altamente degli appelli che da più di vent’anni arrivano dalle massime autorità culturali, Cualbu ha usato tutti i mezzi a sua disposizione per costruire: altro che imprenditore illuminato.
Coimpresa in questi anni ha recitato molte parti in commedia e ha dato l’impressione di governare gli atti amministrativi anziché esserne governata: a parte l’approvazione della variante, basti ricordare i colloqui intercettati tra l’ingegner Cualbu e il presidente della Commissione Urbanistica Massimiliano Tavolacci, ad esempio.
Per questo, oggi che la legge dice che i suoi terreni sono di fatto inedificabili, Cualbu non merita nessuna apertura di credito: perché mai ne ha offerta una quando aveva il coltello dalla parte del manico e la controparte di mostrava dialogante. So bene che Tuvixeddu è un conto e Tuvumannu un altro, ma a questo punto nessuno sconto: il vento è cambiato. Basta parlare di volumetrie: tanto a Tuvixeddu e dintorni (anche se Cualbu comicamente diffida tutti dal dirlo) non si può più costruire. Se vuole trattare, lo faccia partendo da posizioni che tengano conto dei nuovi rapporti di forza generati dalle sentenze. Ma non pretenda ancora di dire che l’Accordo di Programma (benché vigente) è da rispettare. E’ lui che ha radicalizzato lo scontro, e ora ne paga le conseguenze.
In ogni caso, chi si oppone allo scempio di Tuvixeddu non può più giocare in difesa perchè quella fase si è definitivamente chiusa con la sentenza del Consiglio di Stato. Ora bisogna immaginare una fine di questa vicenda.
A metà aprile arriverà a conclusione l’arbitrato chiesto da Coimpresa dopo il blocco all’Accordo di Programma. I ben informati dicono che dallo stop ai cantieri disposto dalla Regione (Soru presidente) Cualbu potrebbe guadagnare anche 15 milioni di euro (ma lui ne chiede molti di più). Tutto dipenderà dal peso che verrà dato alla sentenza del Consiglio di Stato. Dopodiché la situazione sarebbe sostanzialmente azzerata (anche se, è bene ripeterlo fino allo sfinimento, l’Accordo di Programma del 2000 è ancora vigente).
A quel punto che si fa? Tralasciando i tentativi (che ci saranno) da parte della Giunta Cappellacci di modificare il ppr e dunque di offrire una nuova possibilità al costruttore, qual è il piano? Perché se è vero che in una vasta area non si potrà costruire, è anche vero che tutta quell’area è e resta una proprietà privata di Coimpresa. La quale avrebbe tutto l’interesse a lasciarla in uno stato di degrado, esattamente come avviene da oltre vent’anni.
Quindi cosa facciamo? Gliela compriamo? E con quale valutazione? E chi paga? Il Comune, la Regione, il Ministero? Oppure proponiamo uno scambio con altre aree? E quali?
Ci abbiamo messo vent’anni a blindare il colle dal cemento: ora si tratta di immaginare un progetto che lo renda fruibile a tutti. Prima lo facciamo, meglio è. Perché la battaglia per Tuvixeddu è ancora lunga. E come ci ha insegnato questa storia, il vento potrebbe non essere sempre così favorevole.
Incredulo leggo alcuni passaggi dei vari testimoni di questa vicenda, quelli ospitati dal tuo blog.
Quante bugie, quanto perbenismo indignato ed improriamente esposto. Quanto livore verso qualcosa che avrebbe potuto accontentare tutti. Tutti.
Per motivi di lavoro, conosco benissimo l’operazione, in tutti i suoi risvolti. Conosco l’atteggiamento del pubblico e del privato. Conosco i punti di forza, che gli obiettivi della riqualificazione dei colli avrebbero potuto rappresentare.
Ci vorrebbero però occhi per guardare, orecchie per ascoltare e cervello per capire. Senza preconcetti. Tuvix non è nè di destra nè di sinistra. É. Ci vorrei portare i miei figli un giorno, e raccontargli come eravamo. Vorrei farlo assieme a tutti. Ma anche grazie alla valanga di bugie e di infamità che scaricate sull’operazione, capisco che la battaglia non finirà mai, perchè neanche Voi volete finirla. Non volete il bene della città, non otterrete la tutela dei beni di inestimabile valore. Alimentate solo l’odio e l’intolleranza verso chi non è con Voi, chi non la pensa come Voi.
Per chiunque volesse aprire un discorso costruttivo sul tema, e non su infondate crociate verso i mostri dell’edilizia, sono disposto a partecipare ad un’eventuale discussione: l’importante è parlare di idee, magari di fatti, ma non di persone…
Mi era sfuggita la ripresa dei commenti che mi riguardano.
Confermo ogni cosa detta.
Gli 80 milioni di euro discendono dal debito per l’esproprio dei terreni di via Castelli da parte del comune di Cagliari. Questi vennero tacitati in seguito alla firma dell’accordo.
Non trovo nei vostri commenti niente che entri veramente nel merito della questione, a parte i soliti insulti, anonimi, a chi non la pensa come voi.
Gentile Gregorini,
si informi, è scritto anche in una delle sentenze su Tuvix. Nel 2000 Cualbu, in fase di transazione e non di accordo di programma, è stato pagato dal Comune di Cagliari la bella cifra di 40 miliardi di lire e premiato, in fase di accordo di programma, con oltre 160.000 metri cubi. Questo è, come dice Lei, il merito vero.
E da qui partirà l’arbitrato
Gli ottanta milioni di cui lei parla non hanno nessun fondamento e riferimento legale, nessuno.
Spiace vedere tanta disinformazione, spiace davvero.
Spero che non lo consideri un insulto.
Cordiali saluti
Mi dispiace informarla che quanto da lei afferma E’ COMPLETAMENTE ERRATO, non siamo infatti assolutamente a conoscenza di un esborso di 40 miliardi di vecchie lire come lei afferma in favore di Cualbu, e ne sono a conoscenza in quanto diretto interessato nell’accordo di programma firmato e siglato da mia madre (Piera Sotgiu) come erede e proprietaria di aree su Tuvumannu.
I metri cubi che lei afferma essere un regalo a Cualbu sono in realtà il contropeso che fino ad oggi ha evitato al comune di risarcire gli espropri IRREGOLARI e CON ABUSO DI POTERE del comune stesso come da SENTENZA DEL CONSIGLIO DI STATO DEL 4 FEBBRAIO 1991 per l’edificazione della via Castelli su aree NON DI PROPRIETA’ DEL COMUNE, quindi la cifra HA UN FONDAMENTO LEGALE ( a meno che per lei le sentenze del consiglio di stato non siano di alcun valore)
La cifra era calcolata dallo stesso comune in 67 miliardi di vecchie lire al 1997, poi scesa in valore di 43 miliardi, transati con atto di rinuncia formale in data 27 febbraio 2001 presso il comune di Cagliari in cambio della cubatura su Tuvumannu ( già edificata dal comune con la via Castelli).
Attualmente Cualbu è titolare di 10/12 del colle di Tuvumannu, mentre le sorelle Sotgiu di 2 /12 del colle medesimo, infatti, Cualbu, con atti registrati e siglati presso il notaio Bassi di Cagliari nel settembre del 1991 ha acquisito 10 quote dei Sotgiu meno 2 che non gli sono state vendute subentrando anche nei diritti dell’esproprio per le parti che gli sono state vendute.
Allo stato attuale il comune di Cagliari è stato sollevato dal risarcimeto con l’accordo di programma del 2000 che, se venisse meno, riaprirebbe l’esecutività del risarcimento per esproprio irregolare della sentenza 4 febbraio 1991 del CDS con i relativi interessi more e sanzioni.
Ecco in breve spiegato perchè il comune di Cagliari in epoca Floris era dalla parte di Cualbu e dell’accordo di programma, perchè senza quell’accordo i Cagliaritani devono pagare gli errori del comune dei primi anni del 1980
Antonio Maria Dettori
Caro Vito,
il mio computer si rifiuta di aprire il sito segnalato da Gregorini. Magari ha ragione il mio computer che è molto intelligente. Però vorrei leggere cosa c’è scritto.
http://forumcivico.blog.tiscali.it/2011/04/01/tuvixeddu-la-necropoli-del-buon-senso/?doing_wp_cron
Il signor Gregorini insiste. Si rassegni anche lui e rispetti leggi e sentenze. Non sostenga l’illegalità, ossia il contrario delle sentenze.
Questo forum civico ha inventato che dobbiamo 80 milioni di euro a Coimpresa. Quanta fantasia. Complimenti, con queste approsimazioni, e sostituendosi al collegio arbitrale si fomentano fraitendimenti e radicalizzazioni.
Tuvixeddu e Tuvumannu sono inedificabili e i giudici del Consiglio di Stato (tra i quali il cagliaritano Manfredo Atzeni, conoscitore dei luoghi) non sono babbei creduloni.
I Giudici del Tar Sardegna sono stati smentiti e il forum civico non dice che si parla di due vincoli diversi: quello confermato dal Consiglio di Stato è lo stesso del ’97, mentre quello “bocciato” dal Tar e poi dal Consiglio di Stato è quello, più vasto, apposto nel 2007 dalla Commissione nominata da Soru.
E’ meglio che prima di scrivere falsità e inesattezze si studino attentamente gli atti.
Che confusione, gentile Gregorini, che confusione e che minestrone di errori e falsità che spero involontari.
Tanto è confusa la sua virulenta esposizione che non saprei da dove iniziare a risponderle.
La rimanderei ad una attenta lettura, con un avvocato esperto al suo fianco, della sentenza del Consiglio di Stato che non è di sinistra ma si permette di smentire Gregorini.
I fatti smentiscono le astruserie scritte dal forum poco civico poiché di civico nella difesa del bene dei singoli e nell’amnesia del bene comune c’è assai poco.
Un velo pietoso sulle massime del professor Marchi, autore del rovinoso progetto delle scale mobili in Castello. Modernista ritardatario, concepisce frasi da incidere sulla roccia.
No, non si può rispondere a questa astiosa presa di posizione perché non saprei da dove iniziare. Spero per Fantola che si guardi dagli amici.
Dovremmo dedicare lunghe paginate di blog e partire dagli inizi delle vicende del colle.
Gregorini, quel progetto che lei definisce “approvato” dalla Giunta Soru, quello di Gilles Clemènt, non è mai stato approvato. Scrive ancora una volta il falso. Inoltre, d’accordo che non aveva nessuna bellezza, che l’anfiteatro era brutto, che non era in armonia con i luoghi, possedeva però il pregio della assenza di cubature. Lo so che questo la delude, ma era un progetto che non prevedeva metri cubi, centinaia di appartamenti, una chiesetta, una strada a scorrimento veloce ecc. ecc. come il disastroso progetto di Coimpresa e del Comune.
Non fa un buon servizio all’ingegner Cualbu il quale difende i propri interessi personali che sembrano incomprensibilmente coincidere, signor Gregorini, con i suoi.
Guardi che così procura un danno a quelli che vuole sostenere impugnando uno spadone infuocato.
Sono d’accordo con chi le consiglia di documentarsi meglio.
Il legame tra la delibera del Comune (che non servirà a nulla perché illegittima) e la revisione imminente del Ppr (anch’essa, stae certi, illegittima) è evidente. La delibera diventerebbe esecutiva solo se il Ppr venisse sostanzialmente stravolto. Tanto stravolto da permettere tutto. Un’orgia edilizia che nessuno sopporterebbe più.
No, l’ingegner Cualbu non “chiagne e fotte”, “chiagne” soltanto e non faccio altre ipotesi meno educate. Non gli resta che piangere perché il collegio arbitrale sarà serio e ragionerà inevitabilmente sui fatti.
Altro che i 120 milioni di euro proposti dall’onorevole Maninchedda.
A presto.
grazie per il coraggio di informarci, continua così!!!
Grazie per la lucida analisi che hai fatto e grazie anche per le precisazioni di chi è intervenuto con evidente cognizione di causa. Ma a questo punto bisogna giocare la partita sino in fondo chiuderla in maniera definitiva sia a livello comunale che (soprattutto) regionale. Ho molta paura di quello che puo’ succedere con il nuovo PPR e delle politiche che in campo energetico questa giunta mostra di voler attuare, ho paura che P3 e codazzo di faccendieri siano solo la punta di un iceberg.
Anche per tutte queste ragioni è importantissimo schierarsi, alle elezioni comunali, con chi non fa sconti a Cualbu.
Non facciamo sconti a Cualbu, terminator, il distruttore della città.
Cacciamo tutti gli impresari, anzi, tutti gli imprenditori, usurai, sfruttatori della fede pubblica.
Bruciamo i Massoni e violentiamo i Medici.
Creiamo una città del bene comune, dove chi ha voglia di lavorare, lavora; chi non ha voglia, non fa un cazzo!
Godiamoci le nostre bellezze! W NOI! W Cagliari!
Ajho!!!!!!!!
che sono più o meno tutti. tutti tranne uno, mi pare. 😉
mi riferivo ai candidati a sindaco…
Pochi clienti su questo tema, Vito. Ci sarà un motivo!
Caro AMICO di Vito e di questo blog.
Perchè pensi che ci sia “un” motivo per i pochi commenti?
I motivi potrebbero essere molteplici. Uno potrebbe essere il fatto che l’argomento è complesso e non tutti abbiamo le conoscenze tecniche, oltreché il ricordo della cronistoria precisa degli eventi, per intervenire con competenza. Un altro potrebbe essere che in tanti siano d’accordo con l’articolo e non vogliano limitarsi a “cliccare sul mi piace”. Un altro ancora che i primi commenti coincidano in tutto o in parte col proprio pensiero e sembra inutile ripetere i concetti.
Sicuramente ci sono anche altri motivi. E, tra tutti questi, anche quello a cui hai pensato tu che, probabilmente, scaturisce da un tuo preciso giudizio sui fatti. Facendocelo conoscere magari ci aiuteresti a sviluppare l’argomento.
Gentile Stefano,
è vero, l’argomento Tuvixeddu è ostico e la ricostruzione dei fatti a partire dalla fine degli anni ’80 richiede un notevole sforzo. Anzi, la ricostruzione dovrebbe partire dai primi vincoli, quelli della Legge Rosadi del, mi pare, 1904.
Tuttavia è una vicenda talmente metaforica che rappresenta alla perfezione la città. Tuvix dimostra il nostro disprezzo per il patrimonio che possediamo (ce ne rendiamo conto solo se qualche “estraneo” ci fa notare l’importanza di ciò che possediamo e da soli, per un insopprimibile complesso di inferiorità e per un’oggettiva ignoranza, non ce ne accorgiamo). Dimostra un’arretratezza e una miseria culturale gravi che ci portano a riconoscere il primato dell’impresa su tutto. Dimostra molte altre cose di cui si potrebbe discutere a lungo.
Insomma, parlare di Tuvix significa parlare dell’intera povera isola della quale tutti proclamiamo la bellezza mentre la distruggiamo con una foga tragica.
Anche Cagliari è distrutta da una visione rozza e primitiva di “sviluppo”, dalla convinzione che lo “sviluppo” consista nel bere birra al Poetto, nel fare spettacoli illegali (sì, ora sarebbero illegali e l’Unione è ormai sostenitrice di tutto ciò che è illegale in tema di beni culturali) in un anfiteatro romano, convinti che l’anfiteatro debba conformarsi ai desideri di un abusivo della cultura (mi riferisco a Porcelli Maurizio) mentre siamo noi che dovremmo conformarci all’anfiteatro. E’ una follia.
Insomma, questo andrebbe detto a Fantola il quale è un rappresentante “ben educato” di questa visione della città, “ben educato” ma nella sostanza identico ai suoi predecessori.
Cordialità,
M.V.
Gentile Vito,
premetto di essere complessivamente d’accordo e di apprezzare molti passi del tuo scritto. Ma sono necessarie alcune precisazioni che spero non suonino saccenti.
Oltretutto “peggiorano” il ritratto che tu hai dipinto dell’ingegner Cualbu e alleviano un eventuale obbligo dell’Amministrazione regionale nel prossimo arbitrato.
In primo luogo tu scrivi che Cualbu si è “accollato” la spesa di 40 miliardi di lire.
Non è così e anzi è il contrario. I soldi, e tanti, sono entrati in tasca a Cualbu.
Nella transazione, Cualbu, negli anni ’80 divenuto padrone dei terreni a Tuvixeddu e Tuvumannu, si è ritrovato il Comune debitore nei suoi confronti.
E in quell’occasione Coimpresa ha stabilito che il debito fosse di 63 miliardi (cifra mai contestata dal Comune), dopo di che è stato stabilito che il Comune poteva risolvere quel debito pagando “solo” 43 miliardi all’ingegner Cualbu. Immediatamente dopo, in sede di Accordo di Programma, e consecutivamente, Cualbu ha ottenuto un premio di cubatura di circa 160.000 metri cubi (molti, moltissimi appartamenti).
Tutto questo è acclarato e avrà un peso nel giudizio.
Quindi Cualbu non si è”accollato” un bel nulla. Casomai è stato pagato due volte: una volta con 43 miliardi e. una seocnda volta con il premio di cubatura.
In una transazione, di norma, si arriva ad un ribasso dalle due parti. Qua ha vinto solo Cualbu.
In secondo luogo deve essere chiaro che la Regione (Soru regnante) ha receduto legittimamente (lo ha stabilito il Tribunale ricostruendo la vicenda) dal contratto rappresentato dall’accordo di programma. E quindi deve assai poco all’ingegner Cualbu, non certo le cifre astronomiche che per anni sono state enunciate senza nessun criterio.
In terzo luogo bisognerà davvero vedere cosa accadrà al momento dell’adozione del nuovo Ppr (momento assai vicino). Forse riprenderà l’inseguimento in tribunale. Ma tutto restrà fermo perché i ricorsi bloccheranno ogni altra possibilità.
Loro ci provano. E noi reagiamo.
Grazie in ogni caso per lo spazio dedicato in questo blog .
Avremo ancora a che fare con Cualbu, hai ragione.
Ma le proporzioni tra gli sfidanti si sono invertite. E ora Coimpresa, nonostante il furore giuridico, nonostante il Comune di Cagliari scandalosamente amico, nonostante la Regione amica, è diventata l’attore debole della vicenda.
E Massimo Fantola sbaglia a sostenere che siamo ancora oggi debitori di Cualbu. Ne avrà ampia dimostrazione.
Buon lavoro,
M.V.
Gregorini dice che il comune doveva pagare 80 miliardi di lire che quindi adesso sarebbero 80 milioni di euro. dice Gregorini.
dici bene, la “battaglia” di Tuvixeddu non è ancora finita. Cualbu – che ci definì “cancro” di questa Città – Fantola, Floris, supporters vari sappiano che c’è chi ha energie e voglia di combatterla fino in fondo.
Caro Vito giusto per aiutarti a completare la tua precisa analisi , l’obiettivo a cui tende Ing. C. non è costruire ma ottenere un cospicuo risarcimento, dal punto di vista imprenditoriale ineccepibile, fondamentlmente per due ragioni, primo ottiene un utile certo subito, senza dover costruire i palazzi e poi venderli con profitto incerto in un periodo di commercializzazione presunta di 5-7 anni, assumendo che sia capace di piazzare tutti quei metri quadri (vedasi Zuncheddu e le torri), secondo Cualbu non è Puddu non è mai stato un costruttore di palazzi, non lo sa fare così bene e dubito che abbia gli stessi margini di guadagno, le case sono costruite con un complesso sistema di appalti e subappalti, sa costruire Centri commerciali, ma è un settore diverso e con margini migliori, ed anche con il Thotel posso assicurarti che malgrado i benefici fiscali ottenuti ha cannato di gran lunga i costi previsti, sebbene la gestione vada meglio delle previsioni non riesce a coprire ancora tutti i costi. Inoltre non ha neanche i soldi per farlo, troppi progetti in piedi con un indebitamento di gruppo elevato. Inoltre il comune non puo’ rilasciare permessi di costruire in quanto deve ricevere un nulla osta per ogni nuova edificazione dal ministero, il quale si suppone mai rilascerà . Il primo intervento era costituito da 2 lotti H1 – E1 quattro palazzi ma solo di un lotto sono state rilascite le licenze (prima del blocco di Soru) e malgrado abbia piu volte fatto pressioni per ottenerle (dopo le sentenze provvisoriamente a lui favorevoli) i funzionari non hanno rischiato. Commento lungo! Sorry
Pero’ così come va reso pubblico il caso di buona sanità e non sempre e solo denunciato quello di mala, anche in questo caso dobbiamo dare merito alla giunta della “buona” amministrazione…tempi celerissimi nella presa di decisone…Finalmente, alla fine della legislatura possiamo dire che hanno acquisito la consapevolezza che a decidere tutti insieme si “guadagna” in termini di tempo e di accelerazione dei processi produttivi. Esperienza preziosa per Fantola….nel segno della continuità!!!!!!!!!!!!