Ecco la relazione del segretario regionale del Partito Democratico Silvio Lai, presentata questo pomeriggio alla direzione del Partito riunita questo pomeriggio ad Oristano per discutere soprattutto della sconfitta di Antonello Cabras alle primarie cagliaritane. Il testo è stato diffuso su Facebook e io ve lo ripropongo.
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Con l’assemblea di Roma il Pd rimette al centro dell’agenda l’Italia, la proposta programmatica, il progetto.
Le prossime elezioni politiche avranno le caratteristiche di un referendum costituzionale.
La vicenda Fiat è paradigmatica delle complessità della globalizzazione e delle sfide continue, difficilissime e complicate che ci troviamo di fronte, e in Sardegna le conosciamo bene, con tutte le crisi che hanno origine in quella trasformazione.
Ha ragione De Siervo a dire che non si da il nome del federalismo ad una cosa che è solo un nuovo sistema di tassazione municipale fatto perlopiù da trasferimenti chiamati in altro modo e da nuove imposte.
Per primo voglio chiedere scusa al Pd per come sono andate le primarie a Cagliari, lo chiedo io per la parte dei miei errori, ma con Cagliari termina un percorso in cui avevo creduto.
Cagliari è uno dei 5 capoluoghi di regione che andranno al voto a maggio con Torino, Milano, Bologna e Napoli ed era importante che il Partito Democratico in Sardegna giocasse ogni carta in suo possesso per contribuire alle potenzialità di un risultato positivo nazionale.
Ma forse abbiamo pensato che raggiungere quell’obiettivo, partendo dall’alto, dando la sensazione di un’imposizione o di una cosa artificiosa, fosse di per sè sufficiente per ottenere la mobilitazione e il consenso dei nostri elettori.
Per questo ci siamo spesi, insieme alla segreteria nazionale, su Cagliari con un unico obiettivo quello di supportare gli organismi dirigenti locali nella fase di scelta del candidato più competivo per battere il centrodestra.
C’è anche un atteggiamento che voglio registrare: la contraddizione tra la richiesta delle primarie sempre e comunque e l’aspettativa che a vincerle sia sempre e per forza il Pd.
Ha ragione Parisi quando mi segnala che se si fanno le primarie andrebbe evitata la possibilità di presentare candidati a nome dei partiti politici ma solo attraverso le firme in modo che ognuno rappresenti e impegni i propri sottoscrittori non le singole forze politiche.
Le primarie le ha vinte Massimo Zedda: è lui il nostro candidato sindaco per la città di Cagliari.
Voltare pagina è l’espressione che più corrisponde alla mia idea di reazione di fronte ad una vicenda che va descritta con un linguaggio di verità senza cedere alla tentazione di assolverci l’uno con l’altro ma dicendo gli errori fatti per non rifarli più per dimostrare di voler essere comunità e non solo somma di tribù, che è il rischio del piano inclinato che stiamo percorrendo.
Il mio pensiero è che non ci sia una sola spiegazione ma più concause ma che vadano escluse quelle del complotto e del disegno di qualcuno.
Per me resta sullo sfondo molto evidente e chiara la domanda sulla rappresentatività, non credo alla sola distrazione, anche se questo è successo anche se l’unità ha consentito che chi avesse ruolo a Cagliari e nel territorio prendesse l’impegno sottogamba.
Se però prendiamo per buona questa ipotesi significa che il nostro elettorato di Cagliari (e non solo) è solo un elettorato che deve essere mobilitato a livello personale ovvero che niente che rappresenti l’opinione pubblica è stata sollecitata dalla nostra proposta e dal nostro lavoro.
Diventa evidente che rischiamo di trasmettere l’idea di un Pd confederale, di una somma di tribù di cui tutti facciamo parte che non solo rischia di prevalere ma di annullare ogni idea di partito, di comunità, di progetto d’insieme.
Soprattutto rischia di farci percepire come una somma di interessi e non come una forza portatrice di novità e di sostanziale alternativa, è facile essere considerati uguali agli altri, litigiosi e divisi, incapaci di essere impegnati per un livello più elevato di bene comune.
E se la risposta è onesta dobbiamo dirci che siamo di fronte ad un punto di non ritorno che richiede una svolta, un cambio, altrimenti i prossimi appuntamenti già vinti per gli errori dell’avversario possono tradursi in sconfitte cocenti e inaspettate.
Lo dico perché in un bilancio di questi mesi di partito in Sardegna dobbiamo valutare con attenzione anche come siamo percepiti in qualità di forza di opposizione e di alternativa.
Sbaglia chi pensa tra noi che sia scontato il meccanismo di alternanza e sia un dato acquisito la vittoria alle regionali pensando sin d’ora alla competizione interna per il vertice.
Lo dico perché non va data per scontata la superiorità del centrosinistra sul centrodestra né sotto il profilo morale né sotto quello politico. Lo dico perché la debolezza di Cappellacci non può essere battuta da una debolezza del centrosinistra.
Lo dico perché rischiamo di gestire con formidabile leggerezza alcune partite essenziali nei quali avremmo dovuto mettere al primo posto l’interesse del Pd e del centrosinistra.
Lo dico perché molti di noi dicono e scrivono e fanno più per criticare e indebolire il gruppo dirigente esteso piuttosto che pensare alla competizione con le destre.
Lo dico infine, perché il risultato delle ultime amministrative nonostante la vittoria in 6 province su 8, ci ha visto ancora sotto il centrodestra e non aumenta la nostra capacità di attrazione ne il risultato di Cagliari né se il partito è bloccato dal correntismo o se si esasperano le divisioni di fronte alle scelte, facendole prevalere sulla sfida collettiva.
Non basta l’unità se non scegliamo la terapia giusta per la patologia.
Occorre che siamo coscienti che ci sono troppe differenze non portate a sintesi che rendono inutile ogni tentativo di rappresentare il partito, differenze che sono poco permeabili ad una riduzione univoca più per percorsi individuali che per il bene comune della sfida collettiva.
Cornice delle alleanze, regole nel partito e agenda politica: questi sono i nodi non rinviabili.
Può darsi che in questi mesi la capacità di guida del partito non sia stata adeguata alle sfide, la valutazione è di questo organismo prima di tutto e della assemblea.
A me pare in ogni caso che non ci possa esimere da affrontare compiutamente questi nodi che abbiamo davanti altrimenti forse il Pd ci sarà comunque ma saremo più innocui e inefficaci per la battaglia nel Paese, quella che riguarda il futuro di noi tutti.
Silvio Lai
Segretario regionale del Pd
eya o Stafano! era un intervanto a braccio e si è fatto prendere la mano…
scedadeddu sirviolai!
😉
E’ prenu de concausas!
Stringi, stringi? Si sta ancora parlando del lavoro che doveva essere fatto, e non è stato fatto, dopo le elezioni regionali.
E chi doveva promuovere l’analisi e la sintesi? Il segretario. Che non lo ha fatto. Insieme ad altri, invece, ha pensato alla candidatura di Cabras come un surrogato che colmasse il deficit.
E continua ad attaccare il partito di Cagliari anche dopo aver ammesso di averlo scavalcato in questa decisione.
Non so se sia conveniente, a pochi mesi dalle elezioni, che il segretario Lai si dimetta. Sicuramente sarebbe la cosa più giusta.
ps. cosa significa questa frase: “Ma forse abbiamo pensato che raggiungere quell’obiettivo, partendo dall’alto, dando la sensazione di un’imposizione o di una cosa artificiosa, fosse di per sè sufficiente per ottenere la mobilitazione e il consenso dei nostri elettori.”
E’ una trascrizione errata tua, Vito? O l’intervento di Lai era “a braccio” e non si è accorto dell’assurdità di quello che ha detto?
Esti scetti che Silvio Lai esti issu puru concausa. O Concausa!
Questa è la scaletta. L’intervento, a braccio, è durato 40 minuti.