Nei giorni scorsi è scomparso a Cagliari Raffaele Garzia. “Presidente di tutto”, lo aveva definito bene qualche anno fa Giorgio Melis. “Uomo di potere” per l’Unione Sarda, per la quale questa definizione equivale evidentemente ad un complimento. E uomo di potere (democristiano) Garzia lo è stato veramente, lasciando appena pochi anni fa, già ultra ottantenne, la carica di Presidente della Fiera, dopo essere stato (leggo sempre l’Unione Sarda) “consigliere comunale, due volte deputato. Padrone per trent’anni dell’associazione cagliaritana dei commercianti, ha governato da numero uno l’Ersat, la Camera di commercio e il Cis. In viale Diaz ha regnato per 16 anni, dal ’90 al 2006 ed è stato nei consorzi industriali di tutta la Sardegna”.
Ma l’attacco del “pezzo” che annuncia alla città la scomparsa di una figura così importante per il Novecento cittadino è un monumento alla disinformazione:
“Di una cosa, si vantava. «Mai ricevuto avvisi di garanzia». E per un uomo che ha gestito il potere per sessant’anni è un record. «Raccomandazioni sì, a centinaia, reati mai, non prestavo il fianco»”.
Forse è un record la sfrontatezza del giornale, che in questo articolo (http://www.unionesarda.it/Articoli/Articolo/203522) occulta e cancella la condanna a due anni e due mesi di reclusione (pena sospesa) per peculato, comminata a Garzia dal Tribunale di Cagliari poco più di un anno fa, a fine ottobre del 2009, per una vicenda legata ad un uso ritenuto illegale dei fondi Tfr dei dipendenti della Fiera.
Curioso che una redazione che si occupa di questa città non si ricordasse nemmeno vagamente di una vicenda giudiziaria così clamorosa: bastava fare una ricerca nel proprio archivio: http://edicola.unionesarda.it/Articolo.aspx?Data=20091027&Categ=0&Voce=1&IdArticolo=2393999
Non so se poi ci sia stato il processo d’appello (non penso, ma la cosa ai fini di questa riflessione è irrilevante), perché non è di Garzia che voglio parlare, sia chiaro. Il problema non è Garzia. Questa condanna non toglie e non aggiunge niente a quello che lui è stato, è solo un incidente di percorso in una lunghissima carriera politica che andrebbe valutata non certamente solo con il metro delle condanne o degli avvisi di garanzia mai ricevuti.
Qui il problema è il rapporto fra potere e informazione in Sardegna. Qualunque potere, non solo politico: accademico, economico, perfino letterario. Avere un po’ di potere mette al riparo dalle critiche che possono arrivare dai giornali e dalle tv.
Per questo, forse, gli uomini di potere mettono paura all’Unione Sarda anche da morti; o forse i colleghi di viale Regina Elena sono veramente degli smemorati. Ma a me questa vicenda conferma quanto ho capito da tempo: cioè che l’informazione italiana è forte con i deboli e debole con i forti. E l’Unione Sarda, in questo caso, non ha fatto eccezione.
Anche secondo me è solo sciatteria. O meglio, mi ricorda tanto quelle chiacchiere da funerale “era un così bravo ragazzo…”, “non ha mai fatto niente di male, e se l’ha fatto non l’ha fatto apposta…”, “in fondo era un buono…”
Subito a parlare di malafede.
Magari è solo un altro caso concalamato di sciatteria dell’Ugnone.
Caro Vito, ma i dibattiti sulla libertà di stampa non ti annoiavano?
Certo! Quelli impostati dagli altri però!! :-))
Toucheè!
mììììììììììì che ti fanno saltare in aria il pandino. Memoria corta???