Cagliari / Sardegna

Il caso Mani/7: Gianfranco Murtas risponde ai vostri post e ringrazia

Ancora con il Caso Mani?? E perché no? Non l’ho inventato io e nemmeno lo studioso Gianfranco Murtas che in una lunga intervista ha dato la sua lettura dei fatti e proposto alcune interessanti osservazioni che, ne siamo sicuri, stanno già tenendo banco nella comunità ecclesiale cagliaritana.

Il dibattito su questo blog è stato partecipato e, talvolta, aspro. Per questo ho chiesto a Gianfranco di rispondere alle sollecitazioni che sono giunte da voi lettori. Ecco le sue risposte.

Caro Vito,
mettiamola in confidenza. Sai che per me la tecnica del blog è novità assoluta. E dunque, fammi intanto confessare un sentimento: che è quello della “simpatia” istintiva, non filtrata da giudizi di merito sulle opinioni riversate, verso tutti coloro che sono intervenuti nel dibattito. Eccola la “community”: Mossad, Luigi Murtas, Franco Anedda, rosaria, Sardu, Italo Sgrò, Alessandra, Anonimo, Stefano, muttly, Angelo Pistis. E tu pure, che per tre volte ti sei infilato, portando a 51 gli affacci.

Aggiungo subito: “simpatia” nel senso etimologico e perfetto del termine come “comunanza di sentimenti”. E debbo chiarirlo perché sennò anche stavolta come l’8 novembre scorso non mancherà chi, per questo outing, mi accuserà addirittura di “blasfemia”.

C’è “simpatia” perché comunque condivisi sono l’intento e la passione, l’obiettivo della militanza. Avrei anche piacere di conoscere gli undici che hanno portato, sia pure per flash, il contributo dei loro valori e della loro esperienza di vita e spirituale, riversando anche la furia del temperamento, il che ha aumentato il tasso di umanità a un dibattito che però non mi è sembrato molto costruttivo nel contrasto dialettico delle opinioni che ho espresso riferendole tutte a fatti verificabili sol che si voglia, uscendo dal recinto della tifoseria.

In taluno degli interlocutori non c’è stata cordialità e neppure, forse, cortesia. Ma accolgo ogni rimbrotto, taluno anche divertente. Riporterei qui appresso, per un ripasso veloce dei toni, qualche passaggio. E, concludendo, fornirei – come credo doveroso – qualche breve risposta personale senza però ripetere quanto è già nell’intervista, che a rileggerla con occhi amici forse non meriterebbe né strali né cestino. Ma invece mi permetterò – e se la mano tesa non interessa, la si lasci pure cadere – qualche divagazione personale che però non mi sembra fuori luogo, ma anzi elemento ulteriore di chiarimento di un pensiero e di una azione.

Al festival delle carezze dunque: «una bella marmellata di luoghi comuni, pettegolezzi», «le parole di gfm alzano una nebbia», «studioso serio e stimato? ma la smettete di scappellarvi? a parte il fatto che è massone e per questo ci gode a mettere in cattiva luce la Chiesa e farla apparire un covo di vipere, ma stimato da chi?».

Ancora: «comincio a provare un profondo disgusto per l’argomentare allusivo e fumoso di gfm»,  «un mascariatore», «una presupponenza manifestamente ridicola», «l’apice nello sproloquio allusivo», «l’apice del parlare a vanvera», «l’apice dell’ignominia», «una sua visione della realtà totalmente avulsa dai fatti, fatti che lui si ingegna a rielaborare in maniera che possano essere compatibili con le sue asserzioni… illazioni totalmente infondate»,  «evidenzia di possedere una base culturale comune ai totalitarismi, l’obbligo di sottostare ad un pensiero unico, pure se poco intelligente».

E per sovrappiù: «sterile polemica basata sull’ignoranza non depone a favore della competenza di m: più va avanti l’intervista e più mi sembra che come “esperto di cose di Chiesa” sia scarsamente attendibile», «gli sproloqui di questa pagina», «molto scaltro g. a rigirare la frittata per dire che sono i suoi interlocutori a non portare argomenti. E i suoi dove sono? Io vedo solo un misto di Dan Brown, Grande Fratello e talk show… attendo ancora risposta, ma ho paura che tarderà ancora a lungo».

E con ironia e prima dello svarione: «a mio parere eri vicino pure al primo uomo controcorrente che la storia ricordi: un certo Caino, fratello di Abele il primo “papalino”», «tu vomiti su di loro (i ministri della Chiesa) critiche e accuse, incurante della loro fondatezza… per questo hai un ruolo nella conduzione del gregge: il Creatore saprà riconoscerti il giusto compenso», «m. confonde le parrocchie con le sedi del PD», «gfm non si vergogna nemmeno un poco a scrivere simili perfidie?».

Luigi Murtas ha contestato, già quasi all’inizio, i riferimenti, invero sobri, alla diocesi di don Tonino Bello. Potrei spiegare il loro perché. Che è da collocare nel benvenuto che, prima ancora che arrivasse a Cagliari, io porsi via mail all’arcivescovo, permettendomi – nella confidenza  che non mi nego mai neppure a chi non ho mai incontrato – di esternare opinioni e di motivarle. Infatti ci si impara a conoscere parlandosi, raccontandosi reciprocamente. E dunque ci fu uno scambio di quattro mail cordialissime, amichevoli direi, sul cui merito non mi parrebbe opportuno entrare adesso. Ma certo è che di don Tonino ci scrivemmo allora, da una parte e dall’altra, direi… programmaticamente. So che è stato avviato il processo per portare agli onori degli altari il nostro don Tonino come quell’altro grande a cui spesso mi riferisco, l’arcivescovo martire Oscar Arnulfo Romero. Sono sensibilità che nella archidiocesi condivido con altri, e per dire soltanto dei preti certo con don Cugusi, ma certissimamente con don Spettu e con don Cannavera. Insieme con i quali aggiungo, nelle speciali ispirazioni che noi sempre rinnoviamo anche per le letture che continuano, dom Helder Camara, per tre volte candidato al Nobel e grande amico di Paolo VI, del quale io ricordo sempre il libro-intervista “Conversioni di un vescovo” in cui egli dice press’a poco: sono entrato al Concilio che ero un bravo conservatore e uomo d’ordine, ne sono uscito trasformato e amante dei poveri, pronto a prendermi l’accusa di comunismo. E di quel libro bellissimo ricordo sempre anche le prime pagine in cui egli racconta la sua formazione e già anzi la sua infanzia e adolescenza, e l’educazione impartitagli in casa dal padre massone: e parla di questa massoneria umanistica, non ideologica, che si combinava benissimo, essendo un’altra cosa, non una religione ma una esperienza umanistica, proprio con la sequela che è propria dei credenti nel Gesù di Nazaret.           

Italo Sgrò mi accusa di “sparlare” della Chiesa perché massone. Credo bisognerebbe conoscere la storia delle persone, la loro formazione (sia quella spirituale che quella civile) e la loro militanza, se e quando militanza c’è o c’è stata, nell’associazionismo e giudicare, con i dati di fatto, se una tessera condiziona o addirittura irreggimenta la libertà di coscienza e quella pratica o se è questa, nutrita anche di molta sofferenza, ad indirizzare la militanza e a darle senso e sostanza. Da quasi trent’anni ho in tasca soltanto la tessera dell’Avis e quella dell’Aido, che mi bastano. Quando ho avuto la tessera politica, che avevo preso da adolescente (di formazione cattolico-liberale amante del risorgimento patrio sul versante mazziniano), ho votato sui documenti la gran parte delle volte in minoranza o anche in solitudine. Ma che m’importava? m’importavano l’idea grande e il progetto – con Gioberti io credo alla missione provvidenziale dell’Italia (che certo non può storicizzarsi con la masnada dei nostri governanti d’oggi!) –, non il tatticismo e meno ancora la bottega, e mai ho avuto  ambizioni di piegare a me quelli, per dirne una, che volevano si facesse alleanza con i radicali. Con i quali gli amori condivisi sono pochi: Giordano Bruno, arrostito vivo – al suo mito cagliaritano ho dedicato un libro presentato proprio a Sant’Eulalia molti anni fa! –, le battaglie contro la fame nel mondo. Al referendum sul divorzio, nel 1974, ho votato per il mantenimento di quella legge, che certo non serviva a me, che sono monaco. Al referendum sull’aborto, nel 1981, ho votato contro la proposta radicale e ho messo scheda bianca sul quesito abrogazionista depositato dal comitato: perché mi era e mi è chiaro che alla vita bisogna dire sempre sì, ma nella situazione concreta in cui si doveva scegliere un male minore (maggiore essendo il mercato clandestino) non si poteva rispondere con l’ideologia. E aggiungo che proprio nel concreto ho cercato di fare la parte che la coscienza mi dettava per la difesa della vita. Anche negli anni terribili del massacro dell’hiv. Anche allora, quando pur si temeva che dalle gravidanze venissero bambini malati. E ci sono questi fiori oggi, al mondo, e sono ormai adolescenti, e sono anche figli miei, figli di una parola e di un intervento diverso dalla pacca sulle spalle!

Circa la massoneria, bisognerebbe conoscerla. Ho avuto lunga corrispondenza con il paolino don Rosario Esposito, di recente scomparso, l’autore di “Le buone opere dei laicisti, anticlericali e framassoni”, che ha censito anche i beati venerati dalla Chiesa che avevano nutrito la loro umanità anche con la pratica della loggia. E in quanto a Cagliari posso segnalare, nel gran libro delle esperienze, una famiglia che qualche giudice minorile affidò ad una loggia: e non fu tanto l’occuparsi della salute della signora in viaggio periodico a Parigi per il suo cancro, o per il lavoro da recuperare per il capofamiglia che era stato nell’Arma, e neppure per le dotazioni materiali ai grandi e ai cinque piccoli, alle cure speciali per l’adolescente in pericolo “morale” incombente data la promiscuità ambientale, no fu soprattutto il prendersi i bambini a casa e far loro lezione e doposcuola, così per anni, ogni settimana e dentro la settimana, e tenerli a tavola e portarli in gita come figli aggiunti e cercati, non subiti…

Angelo Pistis mi accusa sostanzialmente di essere un miserabile, perché sarei solito diffamare chi è in vita per poi onorarlo da morto, e cita il caso di mgr Giuseppe Bonfiglioli. Scrive testualmente: «… è la sua specialità diffamare il vescovo in carica ed esaltare i predecessori. Volete la prova del nove? in quest’ultimo capitolo del codice da Vinci di Dan Brown… ehm  mi sono sbagliato, scusate, volevo dire in quest’ultima parte dell’intervista (il blogger ci ha promesso che è l’ultima, speriamo… ci risparmi ulteriori arzigogoli fantascientifici)… l’ineffabile gfm diversi anni fa pubblicò sull’US una serie di articolesse diffamatorie proprio verso quel santo vescovo che fu B. Il cliché era esattamente lo stesso usato nei confronti di Mani… pensate il sublime gf pensò bene di attaccare B proprio sul versante più improbabile, quello della povertà, pur sapendo…  a quale livello eroico B vivesse questa virtù. Ma per gfm B era un riccastro che nuotava nell’oro perché… in episcopio c’erano alcuni quadri di valore e sale di qualche pregio artistico, che evidentemente il Dan Brown di Stampace ascriveva autonomamente al patrimonio personale del vescovo. Questo è l’uomo gfm, il suo stile e la sua etica. Tanto per informare chi fosse tentato di calibrare il suo giudizio sulla base di queste fluviali interviste romanzate».

Spiacciono conclusioni così affrettate, peggio che ingenerose nell’esame dei fatti, anche se poi mi parrebbe normale – lo dico astraendo dal caso specifico – che fra viventi ci si parli e anche contesti, ma che poi la morte pacifichi e sposti su un altro piano il giudizio critico (storicizzandolo), anche perché mancherebbe l’interlocuzione e dunque la difesa della tesi opposta a quella dichiarata.

Ma l’osservazione di Pistis, questa sì veramente sgradevole perché investe una sfera che mi parrebbe intangibile, è impropria soprattutto nel merito. L’arcivescovo Bonfiglioli venne a Cagliari, da Siracusa, nel 1973 con il Vangelo in una mano e il Concilio nell’altra, così disse lui stesso. Io lo conobbi e frequentai in un cenacolo (chiamalo di spiritualità o lettura biblica e discussione) di amici per lo più insegnanti verso la metà degli anni ’70 e con lui ebbi anche corrispondenza (ricordo in particolare quella del 1978); ebbi l’onore di essere invitato (con pochissimi altri) nella sua cappella in episcopio per l’introduzione agli ordini sacri, insomma per l’avvio del cammino presbiterale del prof. Antonio Spanedda, da lui stesso poi ordinato nel 1979; condussi con lui una intervista molto cordiale, ma che da principio gli era parsa animata da qualche mia intenzione polemica, per la televisione (in cui portai anche lettura e commento del Vangelo settimanale): l’anno era il 1981, ho il nastro e Pistis può visionarlo ed ascoltarlo quando vuole, ed ho io memoria di mons. Bonfiglioli – distesosi ormai nella conversazione e compreso bene che ero amico e non nemico, e illustratore perfino della pinacoteca episcopale – che insistette perché allungassi, ma è chiaro che avevo tempi contingentati; mi dispiacqui che nel 1982, quando a lui e all’ausiliare e a tutti gli allora 123 parroci della archidiocesi inviai una comunicazione-invito per l’approntamento di un calendario di soste dell’autoemoteca davanti alle parrocchie, la domenica, a vantaggio dell’Avis e dei bambini e ragazzi talassemici (di cui pure m’ero occupato, e mi sono occupato, e mi occupo, in televisione e in privato), non fosse stato dato il riscontro che immaginavo; così come mi dispiacqui – ma non gliene feci mai colpa, poiché aveva le sue ragioni meritevoli comunque di rispetto – del no tranchant alla ordinazione presbiterale di un giovane chierico che fu poi il primo condannato (nel carcere di San Bartolomeo, un tempo destinato ai militari antifascisti) per l’obiezione di coscienza ad un servizio civile penalizzato e quindi scoraggiato rispetto al servizio militare: da lì venne infatti la riforma legislativa, ma qualche anticipatore ci deve pur essere a pagare un prezzo; a non considerare la partecipazione a non meno di cento celebrazioni da lui presiedute (e con quanta fatica in crescendo!), con mons. Bonfiglioli mi incontrai ancora – unitamente ad alcuni amici miei comunitari – nella casa delle vincenziane dove si era ritirato dopo le dimissioni dalla cattedra episcopale, e fu incontro importante, di cortesia, anzi di affetto, e per quanto la malattia glielo concesse, di memoria; lo onorai quando ci lasciò per il Paradiso e l’ho onorato – ricordando anche la sua prima visita cagliaritana nell’autunno 1963 (alla vigilia della seconda sessione del Concilio, nel nostro seminario, e dopo aver partecipato l’anno prima alle esequie sassaresi di mgr Saba) – su Chorus e nel libro che raccoglie quegli interventi. Mi è parso veramente ingeneroso ed infondato, da parte di Pistis, che non è entrato, né lo poteva, dentro i contenuti di umanità espansi nel tempo e nella varietà delle materie, e nutriti di sentimenti e dialoghi fra adulti, della mia relazione con l’arcivescovo Bonfiglioli, concludere nel modo spiccio e disinvolto che ha fissato nel file, insultando la verità dei fatti e più di tutto la memoria grata di un presule che ho amato, per quanto orientato su varie materie diversamente da me. Ma può anche essere che Pistis abbia avuto con l’arcivescovo di tanto solida cultura umanistica e letteraria (il che lo somigliava molto al suo successore immediato), un rapporto più intenso e profondo del mio. E io non mi metto in gara con lui, che certo saprà il suo.

Trattando di Sant’Elia, Franco Anedda è insorto come se esprimere una opinione – che confermo – sul degrado che la politica elemosiniera di chi sgoverna Cagliari ha imposto anche sul quartiere sociale che ho conosciuto con Franco Oliverio significasse per automatismo una mia partigianeria per il Partito Democratico. Pensiero modesto. Io non milito e neppure voto per il Partito Democratico. La logica della tifoserie – non giustificata neppure dalla vicinanza dello stadio al quartiere – ha portato, stavolta sì! allo sproloquio, mi spiace doverlo dire. Ma in una Italia che ha ministri come quelli che considerano il tricolore degno degli utilizzi igienici, ministri che considerano non della politica il compito della redistribuzione del reddito e della ricchezza, e soprattutto ha molti tifosi (cittadinanza leggera) che osannano i “novelli” De Gasperi (poco sapendo evidentemente di De Gasperi), Anedda è ampiamente perdonato.

Di Franco Anedda vorrei però contraddire anche la seguente osservazione che è del tutto infondata, e che dimostra – come la prova del nove suggerita da Pistis – la difesa di tesi aprioristiche oltreché non argomentate: «ricordo ancora una volta che tutto è partito dalla sostituzione di un parroco». Ma se è vero che la prima lettera-esposto ad alcune Congregazioni della Santa Sede circa alcuni aspetti del governo pastorale della archidiocesi è partita da Cagliari il 2 giugno (e preparata già quasi un mese prima) e la comunicazione a don Cugusi della sua rimozione è avvenuta mercoledì 14 luglio, Anedda avrebbe ragione soltanto se il calendario anziché avanzare retrocedesse. Non aggiungo polemica, ché ora sarebbe troppo facile.

Concludo. La mia visione di Chiesa è intimamente e pienamente comunionale. Ma io penso che si faccia comunione non quando ci si castra intellettualmente, quando si ha paura di analizzare i fatti e formarsi una opinione propria, ma quando si offre la critica come un contributo per avanzare insieme, non per indietreggiare od ostacolarsi. Chi comprese bene questa impostazione del cuore e della mente fu, per dire dei nostri presuli, ora è già un quarto di secolo, l’arcivescovo Canestri. Così, quindici anni dopo, anche l’arcivescovo Alberti. Hanno entrambi memoria di questo, con uno ce ne siamo scritti e detto anche in occasione del non remoto 90.mo compleanno!, con l’altro nelle frequenti telefonate o in occasione delle mie visite nuoresi. Sono entrambi buoni testimoni. Pistis e Anedda e anche Luigi Murtas e Sgrò possono informarsi dalle fonti.

Nel 1986 si era suicidato in carcere Aldo Scardella. Poteva la Chiesa, potevano gli uomini di Chiesa, limitarsi a dire messa a Buoncammino – dove mi fu impedito di entrare per lunghi anni, e dove fui ammesso soltanto quando mi invitò espressamente don Ottorino Alberti e nonostante i miei contrasti con il vecchio direttore e il maresciallo delle guardie – senza porsi il problema della violenta ingiustizia che era allora stata imposta, come anticipazione di una condanna impossibile, a un ragazzo costretto all’isolamento più assoluto per sei mesi? Era materia non da poco. L’arcivescovo Canestri mi invitò a casa sua, e parlammo. Così avvenne con don Ottorino, che volle insistentemente lo accompagnassi alla Collina dove compì una esperienza inaspettata che gli riempì mente e cuore per lungo tempo, tale fu la novità, per lui, dell’incontro foucauldiano da don Ettore e il convivio con i ragazzi. Esperienza che consiglio anche ai quattro miei scudisciatori. Eppure con don Ottorino le “bordate” non erano mancate, ora per conoscere il bilancio dell’8 per mille che non veniva rendicontato (nonostante si trattasse di denaro pubblico, della cittadinanza cioè), ora per difendere un prete di valore cui era negata la cattedra in facoltà, ora per almeno altre dieci questioni, fra le quali l’ecumenismo proposto in formule nuove non era certo l’ultimo.

Questa doppia dimensione della militanza civile e della sequela io la vivo personalmente, nella fallibilità dei passi ovviamente, e per me essa costituisce addirittura un rovello. Per questo anche mi sono compromesso con il “caso” di don Tonio Pittau. Spiace dunque che una certa rozzezza di tifoseria abbia dato spallate di incomprensione a tanta quotidiana fatica di cuore e di mente, ma anche d’azione. Oso confidare questo: dopo averli coinvolti nella relazione umana in cui entravano l’assistenza materiale, fisica o sociale, ma anche l’intrattenimento solidale nella fase della malattia, ho accompagnato a morte 400 – dico quattrocento – ragazzi e giovani uomini o donne, nella stagione della strage dell’aids. Un’esperienza che può anche far uscire di senno, ma che certo grava la propria umanità di pesi – i pesi della domanda esistenziale, sul senso della missione – che altri non hanno. Mi sono compenetrato nella disperazione o nella resa impotente dei colpiti fino all’ultimo, nel squasso delle famiglie, sovente mi è occorso di vegliare da solo, in attesa dei parenti, i cadaveri delle vite perdute, nella stanza dell’obitorio. Di fare le letture alle messe di esequie, di consolare e cercare consolazione. Giovani, erano allora per me fratelli minori, forse figli. Che ho anche onorato poi pubblicando quanto essi mi avevano fiduciariamente affidato per il “dopo”. E dunque io mi domando come può mai pensare, chi pure frequenta il tabernacolo (come certamente sono Angelo, Franco, Luigi ed Italo), ch’io possa trattare le materie della Chiesa con spirito volgare e d’odio? E d’altra parte, cari Angelo, Franco, Luigi ed Italo, come volete che io possa stare davanti alle vicende che mi sono note e che, non la Chiesa mater et magistra ma uomini in carne ed ossa (che con la Chiesa/lievito dovrebbero servire la pasta sociale) manovrano non da apostoli ma da controapostoli? E perché allora Benedetto XVI, in coerenza con quanto già disse al Colosseo in quel Venerdì Santo del 2005, sta con tanta insistenza invocando una certa bonifica del costume clericale?

Il caso del diacono cagliaritano impedito al sacerdozio chiama esattamente, a mio avviso, ad un atto di responsabilità. Come il caso della vendetta verso don Cugusi. Come gli strappi militareschi degli studenti dal territorio che essi dovranno servire da preti. Come la invereconda copulazione con il peggior potere politico.  Come la incetta di denaro pubblico e privato, con pesi non lievi per il pubblico e il privato. Potrei continuare, ma ormai sono stanco. Ho detto e fatto quel che la coscienza dettava. Ho capito che nessuno di quelli che hanno obiettato nulla sanno nel merito delle questioni, non hanno visto carte, non hanno avuto interlocuzioni informate, non conoscono neppure il contesto, né canonico né pastorale (e neppure civile!), in cui fatti e misfatti si sono compiuti. 

Grazie della ospitalità, abbracci,

Gianfranco Murtas

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21 Comments

  1. Angelo Pistis says:

    Sono trascorsi due anni dai fatti di Sant’Eulalia. E’ bellissimo pregare in questa chiesa così bella e finalmente restituita alla pastorale diocesana autentica, fedele, unita al Pastore. Noto tentativi da parte della Cricca di riappropriarsi del regno perduto mediante convegni e conferenze sistematicamente organizzati nel territorio della Parrocchia. Ma non ci riusciranno, ormai la bonifica è stata portata a termine e difficilmente ci sarà una ricaduta.

  2. E’ trascorsa una settimana invano: Murtas non ha risposto alle mia domande.

    Avrà il buon gusto di porre fine alla sua opera di diffamazione nei confronti di monsignor Mani oppure continuerà in altre sedi, dove non rischia il contraddittorio?

    Io comunque ripropongo le domande: magari qualcuno è in grado di rispondere al suo posto.

    Vito, gradirei il tuo parere sulla vicenda.

    “C’è mai stata nella storia della Chiesa sarda una simile contestazione nei confronti di un vescovo dentro una Chiesa? Se si con quali conseguenze?

    E’ mai avvenuto prima che un parroco abbia sobillato i fedeli contro il vescovo al quale aveva giurato obbedienza? Se si con quali conseguenze?

    Don Cugusi ha violato il segreto sulle comunicazioni che il vescovo gli aveva fatto mercoledì 14/7?
    Se lo ha fatto quale valutazione merita il suo comportamento?”

    Chi vuole rispondere?

    • Angelo Pistis says:

      No, la prego, non insista a chiedere risposte, perchè Gianfranco Murtas è persino capace di riversare altre trenta cartelle dove, invece di rispondere, ci informa di tutti i monsignori che ha incontrato nella sua vita e di come sono stati affabili e cortesi con lui e che quindi questo dimostra che lui sa le cose e gli altri no (chi si contenta…..)

  3. Italo Sgrò says:

    Eh, caro muttly, facile scaricare sugli altri le proprie confusioni, messi alle strette dalla controdeduzioni altrui si tenta di far apparire il contraddittore come uno sprovveduto. Ma la verità emerge, tranquillo, emerge sempre in tutto il suo splendore.
    Sono invece d’accordo invece sul metodo della tribolazione visto come conseguenza di eventi: il tribolato si santifica, il tribolatore si perverte. Chi siano i persecutori in questa vicenda è molto, molto chiaro.
    Quanto al militarismo, mi era sembrato che Lei avesse fatto un intervento totalmente adesivo rispetto alle tesi di Gianfranco Murtas, che comprendevano anche quell’aspetto, quindi anche qui mi limitavo ad applicare la proprietà transitiva. Ma se Lei ora, stimolato dalle mie osservazioni, si dissocia da quella parte di accuse, ne prendo atto e me ne rallegro.
    Ho ricontrollato i miei interventi e non mi pare di avere confuso le persone nè fatto minestroni di argomenti: ho notato invece alcune volte tali difetti nei suoi.
    Quanto al salvarsi, concordo sul fatto che di fronte a simili accusatori disinvolti quanto falsi c’è da temere e da invocare salvezza, ma il problema riguarda tutti, perchè a ognuno di noi potrebbe capitare di finire in simili grinfie.

  4. muttly says:

    @Italo Sgrò, ma si rende conto che quando scrive “Ho controllato, il mio intervento segue il suo,” (di un intero giorno) non può dire che io mi rivolgo lei e che sono io che faccio confusione ?
    Il metodo che indica sulle tribolazioni, è solo una conseguenza di eventi, non c’è molto da discutere.
    Dove legge che considero militarista Mani, non l’ho mai scritto.
    Lei confonde le persone e fa un minestrone con gli argomenti, applica concetti stralunati a frasi estratte da tutt’altro contesto.
    L’unica cosa che le posso dire è “Salvati fratello”.

  5. Italo Sgrò says:

    Ho controllato, il mio intervento segue il suo, quindi la confusione la fa lei.
    Quanto ai tribolatori la sequenza è stata la seguente: lei ha detto che se Mani è innocente verrà santificato dalla tribolazione e sarà premiato in cielo, io ho osservato che questo metodo (sparare a casaccio e poi se uno è colpevole sono bravo se invece è innocente lo faccio santo) è un metodo quanto meno discutibile e temibile e ho augurato a tutti di non trovarsi mai in simili grinfie, lei ha ribattuto che la santificazione dei tribolati è cosa comune nella vita dei santi, io ho a mia volta ribattuto che questo è vero è ovvio, ma che non si trova scritto da nessuna parte che i tribolatori (e cioè, ripeto, quelli che sparano a casaccio accettando il rischio di colpire un innocente) si santifichino pure loro, anzi commettono peccato grave. Anche qui tutto a posto, quindi.
    Il “sentire cattolico”, il “sentire cum ecclesia” esiste eccome e fa parte del patrimonio del cuore veramente cristiano. Non la tedio con citazioni, ma visto che Lei ama le vite dei santi, si ripassi almeno quella di Ignazio di Loyola, a meno che non lo consideri troppo militarista e autoritario come fa con mons. Mani.
    La proprietà transitiva si applica in matematica e anche in logica (si parla anche di sillogismi, ma forse per Lei anche Aristotele è troppo reazionario, meglio Sartre, come certi predicatori prediligono) e serve anche a smascherare elucubrazioni come le sue, unite a erronee letture dei precedenti nella loro sequenza temporale.
    La fantasiosità che mi rimprovera (e anche la rissosità) è quindi tutta in Lei, caro muttly, e – come direbbe altra lettrice di questo blog – forse Lei la scarica sugli altri per averla prima sperimentata in sè stesso.

  6. muttly says:

    @Italo Sgrò, scusi la precisazione ma se io scrivo una cosa e le scrive successivamente è fantasioso dire che mi rivolgo a lei, e questo il “causare risse” che le rimprovero.
    La frase esatta “La storia ci dovrebbe insegnare che per quanto amiamo la chiesa e i suoi rappresentanti dobbiamo sempre essere vigili, non fare gli avvocati a priori” è scritta prima di un suo intervento mi spiega come fa a scrivere che sono rivolti a lei, se sono scritti prima che lei intervenisse, vedo nel futuro forse ?
    Il sentire cattolico vista le differenti manifestazioni dello spirito non esiste proprio visto che esistono diversi carismi, ma il “sentire” proprio non esiste.
    Quanto alle tribolazioni dove ha letto che i tribolatori diventano santi ?
    La proprieta transitiva si applica in matematica, non nelle sue elucubrazioni che non stanno in piedi visto che si lamenta per qualcosa che qualcuno ha scritto prima che lei comparisse in questo thread.
    Mi dispiace ma ha delle interpretazioni troppo fantasiose.

  7. Italo Sgrò says:

    Ecco, altri candelotti fumogeni: l’inquisizione, l’integralismo islamico, il tipico strumentario ideologico della polemistica anticlericale quando si trova in difficoltà e a corto di argomenti reali. E se io, signora, le dicessi che i suoi toni e quelli della sua parte sono toni da purga staliniana e da giacobinismo fanatico? Mi direbbe forse che sono frasi fatte, luoghi comuni, magari avrebbe ragione, ma lo sarebbero tanto quanto i suoi.
    Quanto al “non risparmiare nulla”, ha notato come è generoso Gianfranco Murtas e anche chi è intervenuto ad adiuvandum verso mons. Mani e chi lo ha difeso? Vengono presentati come ladri, protettori di pedofili, despoti militaristi, avvocati d’ufficio non richiesti, etc etc etc etc.
    Beh, verrebbe da dire che per sentirsi “spiriti liberi e razionali” non bisogna proprio risparmiare nulla a chi ha l’unica colpa di esercitare il proprio ministero e di prendere decisioni di governo e anche a chi ha a cuore l’unità e la docilità al Pastore.
    Quanto alla dote della pacificazione, il Pastore ce l’ha eccome, ma se uno non vuole essere pacificato – come Gianfranco e gli altri della Marina – non c’è nulla da fare, proprio nulla.
    La Chiesa è la casa dei fedeli, lei pensava bene, e tra i fedeli mi pare rientri a pieno titolo anche l’Arcivescovo con le sue funzioni da esercitare, o ero io a sbagliarmi in questo caso?
    E quanto alle letture complete e competenti, cosa ci posso fare, signora, a me tali letture non sono apparse così complete, ma invece lacunose, fuorvianti, false e piene di vanità. Perchè considera questa difformità dal suo giudizio come segno di integralismo islamico. Ci pensi bene, signora, e traoverà nel suo ragionamento i sintomi inequivocabili dell’intolleranza e del fanatismo.

  8. maria grazia says:

    Caspitina, che toni da inquisizione.
    Certo che per essere dei buoni cristiani non si risparmia niente a chi prospetta una lettura diversa in merito ai comportamenti del “pastore” che in quanto tale dovrebbe essere dotato in misura cospicua della dote della pacificazione degli animi, di tutti i suoi fedeli, e non già di rottura con chi non si allinea con la propria opinione.
    Pensate che io avevo l’idea – ingenua forse – che la chiesa fosse la casa dei fedeli e non già dell’arcivescovo.
    Quanto poi alle accuse rivolte a chi propone una lettura completa di tutti gli eventi succedutisi negli ultimi anni – e che vivaddio può farlo con innegabile competenza – viene additato come disfattista, persona non degna e in malafede etc, fa emergere un clima di rottura e di guerra intellettuale/politico/religiosa che mi è capitato di trovare solo negli eventi legati al più becero integralismo islamico.

  9. Italo Sgrò says:

    Mio caro muttly, la ringrazio per l’invito a leggere la lettera agli Ebrei. L’invito è ovviamente reciproco, vista la facilità a giudicare mons. Mani che si è dimostrata in questo sito e l’ostinazione a diffondere infamie.
    Il giudizio di Dio lei l’aveva invocato, muttly, ma mi compiaccio che ci abbia riflettuto su e abbia capito che riguarderà ciascuno di noi.
    Dice che io causo risse, ma sono Gianfranco Murtas e gli altri sodali che le causano. Chi ha visto i filmati su you tube si è potuto rendere conto di chi sobilli le folle e provochi risse. Poi candidi candidi come animelle innocenti gli stessi mestatori gridano: “pace! pace!”. Che improntitudine!
    Quanto agli accostamenti di mons. Mani a vicende scabrose recenti li ha fatti Lei muttly, rilegga bene: ha accusato me di difendere Mani e con ciò, lei diece, io mi sarei comportato come quelli che difendevano i responsabili di certe malefatte. Se vige ancora la proprietà transitiva, se ne deduce che mons. Mani viene accostato a quei malfattori, e questa è una calunnia e una diffamazione, che dimostra che gli avvocati sono più che necessari.
    Quanto alla tribolazione dei santi colpiti da calunnie, è ovvio che sia così, le vite di quei santi le ho lette anche io, ma non ho letto da nessuna parte che si santifichino in quel modo anche gli autori delle persecuzioni e delle tribolazioni, che anzi – se vorranno salvarsi l’anima – dovranno pentirsi del mal fatto.
    Quanto al sentire cattolico, non posso che rimandarla anche io alle vite dei santi, che Lei ha suggerito a me di leggere, forse ha letto solo delle rapide sintesi.

  10. muttly says:

    @Italo Sgro, legga Ebrei 4:2, nessuno conosce il cuore altrui, perciò le si sta offrendo a difendere qualcosa di cui non sa e di cui non è stato chiamato a giudicare ne in male ne in bene.
    Non vedo dove io abbia invocato il giudizio di chiccesia, ho solo fatto notare che dopo tutta questa bolgia saranno i diretti interessati a vedersela con il loro principale che conosce i loro cuori, perciò non c’è proprio nulla da tremare.
    Atteggiamenti come il suo causano solo risse non pacificazione.
    Piuttosto al posto suo io tremerei per aver molto in malafede scritto che il Monsignore viene accostato ad altri avvenimenti che invece sono stati portati solo come esempio della necessità di essere sempre vigili.
    Per quanto riguarda quello che lei chiama “antifona”, se legge le vite di molti santi, troverà informazioni su questo tipo di tribolazioni sofferte da molti santi anche da parte di membri della chiesa stessa, quindi se vuole prendersela con qualcuno, può prendersela con chi decide che la strada della santità sia fatta di queste cose, come dice anche la bibbia niente di nuovo sotto il sole.
    Piuttosto il sano sentire cattolico cosa è, non ho mai letto nulla di ciò nella bibbia.

  11. Anonimo says:

    credo che in tutta questa vicenda del trasferimento ( e anche dietro a questi commenti) ci siano diversi livelli di lettura, non tutti intellegibili per chi non è ‘uomo di Chiesa’.
    Partiamo da un assunto: la Chiesa non è democratica. La Chiesa è gerarchica, chi sta sopra comanda, chi sta sotto obbedisce. Questo vale per tutti, dal Papa all’ultimo dei battezzati.
    Ma come in tutti i sistemi gerarchici occore molto tatto e intelligenza per essere un bravo comandante. e occorre molta umiltà e altrettanta fede per obbedire.
    Detto ciò, è ovvio che le gerarchie possono essere mitigate da una frequentazione, da una conoscenza da dei rapporti di reciproca stima, che porta comandante e comandato (o se preferite pastori e pecorelle) a raggiungere quella comunione di intenti, e di cuori, che sarebbe auspicabile in tutti i rapporti in cui ci sia una relazione gerarchica.
    L’attuale vescovo di Cagliari riunisce in se (caso straordinario) il doppio carisma gerarchico ecclesiale e militare, il che probabilmente gli rende molto difficile essere accanto (e non ‘sopra’) a chi deve comandare. E rende molto difficile chi è ‘sottoposto’ restare ‘sottomesso’ in francescana ‘perfetta letizia’.
    Detto ciò, il vescovo ha SEMPRE ragione. Nel ‘sistema-Chiesa’, sistema gerarchico, chi sta sopra ha sempre ragione; e un parroco che osi sfidare pubblicamente un Vescovo perde credibilità, confonde i suoi fedeli, scandalizza le sue pecorelle.
    Se poi le pecorelle non sono solo quelle del suo gregge, ma ce ne sono di ‘infiltrate’ da altre greggi il mix è pericolosissimo.
    Immaginate un pastore che voglia guidare il suo gregge in una direzione ma il proprio cane (in genere tutti i pastori hanno un cane aiutante) si diriga in un’altra. Se poi il gregge è composto di pecore ma anche di capre è ovvio che siamo all’anarchia totale!
    Quindi?
    quindi Mani aveva l’autorità, il diritto, e l’opportunità di trasferire Don Mario e se le motivazione del trasferimento non sono ‘solo’ quelle di un normale avvicendamento, ma ve ne siano anche di altre, bhe…poco cambia. Il credente, quello vero, sa che la responsabilità di chi ‘comanda’ è di fronte a Dio, non (tanto) agli uomini.
    Ha fatto male Don Mario a puntare i piedi? si, senza dubbio
    E’ stato prevaricato, punito, Don Mario con un trasferimento? forse si, probabilmente si, ma non cambia la sostanza. Don Mario sa, e DEVE trasmettere ai suoi fedeli, che è vana la speranza di una giustizia divina sulla terra. Nemmeno gli uomini di Chiesa sono giusti secondo Dio…sembra u paradosso ma così è. Se vi è stata ingiustizia S. Pietro ne chiederà conto a Mani. Ma San Pietro chiederà comunque conto di questo scandalo a Don Mario.
    La questione è davvero semplice: il Papa ha sempre ragione.
    Poi, tra gente di Chiesa si può discutere se sia opportuno o meno che un Vescovo si comporti con tale ‘tracotanza’, e nelle sagrestie, tra parroci e ‘fedelissimi’ fedeli se ne discute e tanto! Un Vescovo autoritarista più che autorevole non lascia indifferenti, specie dopo l’immobilismo asfittico del predecessore di Mani.
    Ma i discorsi di sagrestia dovrebbero restare in sagrestia, non essere portati sull’ambone, ne tantomeno tra le colonne di un blog (questa è la mia personale tiratina d’orecchi, sig Murtas).
    A meno che la situazione non sia tanto esplosiva da meritare un ‘pugno sul tavolo’…questa è la mia opinione…che i qualche maniera Don Cugusi non abbia usato il proprio caso personale per lanciare un messaggio al Vescovo, un messagio di soccorso…un SOS che dice a Mani: ascoltaci!siamo le tue pecorelle, ma ascoltaci!
    In conclusione, raffreddiamo tutti gli animi, conosciamo pregi e difetti di questo Vescovo e non rinunciamo alla nostra idea di Chiesa, di modo di stare nella Chiesa. Ma quando si viene richiamati all’ordine…tutti sull’attenti

  12. Italo Sgrò says:

    Chi prende le difese di mons. Mani ingiustamente calunniato e diffamato viene definito “avvocato non richiesto” e nei suo confronti, come in quelli di mons. Mani, viene invocato nientemeno che il giudizio di Dio. Allora mi chiedo se invece la pubblica accusa sostenuta in perfetto stile sovietico (con abbondanza di cortine fumogene per infarcire e celare la nullità degli argomenti) dall’autocostituosi pubblico ministero Gianfranco Murtas sia stata chiesta da qualcuno. Mi chiedo anche se si sia dimenticato da parte di qualcuno che il giudizio di Dio riguarderà ciascuno di noi e se non tremano le vene ai polsi a invocarlo contro qualcuno sentendosi tranquilli e sereni dopo aver sparso a piene mani infamie e calunnie che già sarebbero di per sè gravi e che lo sno ancora di più perchè rivolte al Pastore della diocesi con evidente pericolo di scandalo da parte dei più deboli.
    L’Arcivescovo viene allegramente equiparato ai protagonisti delle vicende di pedofilia in Irlanda e a nonmeglio identificati truffatori finanziari. Su quale base? Nessuna ovviamente, a parte questo singolare principio di etica che difficilmente si troverà nel catechismo: “Se Mons. Mani è stato accusato ingiustamente riceverà la ricompensa per questo tormento in cielo e sarà santificato, se non lo è ci sarà chi lo giudicherà”. Capito l’antifona? io sparo storie e storielle a casaccio, poi se azzecco sono bravo e il cattivo viene sbugiardato, se invece vado a colpire – come nel caso di specie – un innocente, non c’è problema, gli avrò inflitto una salutare penitenza che gli farà comunque bene per la sua santificazione. Complimenti all’insigne teologo moralista e auguriamoci tutti di non finire in simili atroci grinfie, mamma mia! A chi poi dice che questo spazio sta diventando terreno di scontro e luogo di violenza verbale, dico che ha ragione, ma la responsabilità è tutta di Gianfranco Murtas e di chi ne ha ospitato gli sproloqui infamanti: non ci si meravigli se altri intervengono a sostegno del sano sentire cattolico. Quanto alle cricche, chiunque abbia visto i filmatini generosamente ammanniti sul web è in grado di capire a chi ci si possa riferire. E tra l’altro di politici ed ex politici riciclati nelle sacrestie se ne sono visti parecchi anche in quelle circostanze dolorose per la Chiesa di Cagliari.

  13. muttly says:

    Avvocati non richiesti, critica vista come blasfemia o mancanza di rispetto all’abito anzichè al comportamento.
    Questi atteggiamenti di difesa a priori sono le stesse che hanno coperto le malefatte in Irlanda perchè chi denunciava erano visto come lanciatore di fango, la storia ha dimostrato il contrario.
    Una delle ultime beate (australiana se non erro) era stata scomunicata ed è morta in quello stato, dal proprio vescovo perchè aveva denunciato un atto di pedofilia interno alla chiesa, altri hanno utilizzato il vaticano per affari finanziari per riciclare denaro sporco.
    La storia ci dovrebbe insegnare che per quanto amiamo la chiesa e i suoi rappresentanti dobbiamo sempre essere vigili, non fare gli avvocati a priori, il male ha accesso ovunque e la strada per l’inferno è lastricata di buone intenzioni.
    Se Mons. Mani è stato accusato ingiustamente riceverà la ricompensa per questo tormento in cielo e sarà santificato, se non lo è ci sarà chi lo giudicherà. Tutto questo avviene senza che venga meno il rispetto quando spezza il pane e proclama la parola, che è l’unica cosa che giustifica il suo “lavoro”.

  14. Mossad says:

    ci rinuncio. anche questo spazio sta diventando rapidamente terreno di scontro fra fazioni. l’asprezza è nel linguaggio violento e nelle scelte lessicali di chi scrive. ad esempio, quando si scrive “la cricca di s. eulalia”. quale? quella dei politici che non si son mai visti lì ma che si sono recati in pompa magna e in modo “politico” alle celebrazioni successive e riparatrici dell’atto intollerabile di don cugusi?

  15. Angelo Pistis says:

    Grazie a lei, mons. Mani, per non aver rinunciato (sino a quando è stato decentemente possibile) ad ascoltare le ragioni di tutti con pazienza e affetto, anche con persone che hanno dimostrato tutta la loro slealtà, malevolenza e spirito di divisione: e l’ultimo lunghissimo attacco (sotto forma di risposta) di Gianfranco Murtas ne è la palese dimostrazione.
    Qualcuno ha ringraziato Gianfranco Murtas nientemeno che per la “rinuncia a ogni tipo di asprezza”. Io so che in certi ambienti si va avanti a forza di slogan e frasi fatte, ma penso che chiunque sappia leggere non abbia difficoltà ad accorgersi della quantità di infamie che Gianfranco Murtas (e prima di lui altri della cricca della Marina) hanno riversato sull’Arcivescovo e su chi ne prendeva giustamente le difese.
    Altra lettrice in tre righe ha utilizzato la parola “grande” per definire il Gianfranco: alla faccia della tifoseria! So che Gianfranco, intriso com’è di narcisismo e vanità intellettuale, sarà molto gratificato di questa bella lisciata, però che squallore! Sul fatto poi di avere o non avere la verità in tasca, mi pare che Gianfranco sia ben convinto di avercela: che poi di fatto la possieda è altro discorso.

  16. Il web è diverso dai media tradizionali in quanto bidirezionale: quando affermi qualcosa altri possono replicare e le loro parole hanno la stessa evidenza delle tue.

    Noto che continui a divagare con racconti di eventi passati descritti secondo la tua ottica.
    Fra i quali inserisci affermazioni che vorrebbero essere apodittiche ma non lo sono.

    Sfoggiare il tuo curriculum vitae non aggiunge valore alle tue affermazioni ma rende difficile tenerle a mente appesantendo la lettura.
    Ti faccio notare che quando hai scritto “Concludo…” mancavano ancora 56 righe di testo…

    Io comunque non mi arrendo e replico cercando d’essere sintetico.

    La simpatia, tra di noi, può essere positiva, la frase rivolta al Papa era derisoria ed in quanto tale blasfema.
    Tra noi ci possiamo pure deridere l’un l’altro, nei confronti di Alcuni Altri è opportuno serbare rispetto.

    Riguardo alla tifoseria sulla parrocchia di Sant’Elia: tu hai rimproverato a don Lai il mancato impegno nella educazione sociale in quanto a te interessava la sconfitta del PdL.
    Se poi non ti interessa la vittoria del PD comunque il succo del discorso non cambia.
    Non vedo dove starebbe la debolezza del mio pensiero né la tifoseria: io ho votato PD sia alle ultime regionali che alle provinciali, pur essendo tendenzialmente di destra.
    Sono un uomo libero che pensa liberamente e decide in conseguenza.

    Riguardo poi alla tua affermazione secondo la quale la mia sia una “difesa di tesi aprioristiche oltreché non argomentate” io ribadisco, confermo ed argomento ulteriormente: «tutto è partito dalla sostituzione di un parroco».

    La tua ironia sul calendario non ha alcun pregio, in quanto posso replicare facilmente che molto prima di quella “lettera-esposto ad alcune Congregazioni della Santa Sede” ci sono stati i contrasti, irrisolti da oltre dieci anni, con la Congregazione.
    Contrasti dei quali tu stesso hai parlato nella seconda puntata dell’intervista
    L’arcivescovo, con delicatezza, ha provato a spiegare ai contestatori che “non si ha grazia per tutti”: la presenza di don Mario era mal tollerata da parte della parrocchia, questo è un dato di fatto.
    Il cambio del parroco poteva servire a dare ristoro a quella parte e non era volta a sollevare la ribellione dei fans di don Cugusi.

    Riguardo a questa “ribellione”: tu, Murtas, racconti tante cose ma sugli eventi di questa estate eviti di esprimere una opinione quasi che non fossero degni di analisi.
    Per questo vorrei da te risposte non elusive alle seguenti domande:

    C’è mai stata nella storia della Chiesa sarda una simile contestazione nei confronti di un vescovo dentro una Chiesa? Se si con quali conseguenze?

    E’ mai avvenuto prima che un parroco abbia sobillato i fedeli contro il vescovo al quale aveva giurato obbedienza? Se si con quali conseguenze?

    Don Cugusi ha violato il segreto sulle comunicazioni che il vescovo gli aveva fatto mercoledì 14/7?
    Se lo ha fatto quale valutazione merita il suo comportamento?

    Ti prego di rispondere concretamente senza voli pindarici, ma se la tua amicizia con don Cugusi non ti consente di esprimere liberamente il tuo pensiero sii coerente e smetti di gettare fango verso il capo della nostra Diocesi.

    Altrimenti dimostri di essere un tifoso alla pari dei fans che hanno profanato un Luogo Sacro con urla e fischi.

    Il fango non è certamente materia più nobile.

  17. muttly says:

    Non pensavo che dietro l’intervista ci fosse una persona con questa storia !
    Mi sono fidato della serietà dell’ intervistatore e del fatto che non si possono descrivere così tante cose che possono essere smentite o che possono portare a conseguenze in altre sedi.
    Grazie di avermi dato la conferma che i cristiani ragionano con la loro testa e sanno discernere in base ad una parola viva.

    p.s. Vito mi toccherà portarti una sarfata per ringraziarti

  18. Mossad says:

    Grazie a te, Gianfranco, per la sincerità e la rinuncia a ogni tipo di asprezza in un dibattito già di per sé abbastanza duro.

  19. maria grazia lai says:

    Grande.
    Grazie, per vivere così intensamente e per essere un così grande esempio di umanità. Come sanno essere i grandi: senza mai la verità assoluta in tasca, pronto ad ascoltare, non a sentire, ad ascoltare qualsiasi voce, a favore e contraria.

  20. Angelo Pistis says:

    Sì, Gianfranco, sì, tanti abbracci anche a te, ciao, ciao.

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