Andiamo oltre. Quali altre critiche si è meritato l’arcivescovo di Cagliari?
«Sì, osservazioni critiche, ma come di chi dice “non capisco, spiegamelo”. Io ho sentito il peso degli addebiti mossi all’arcivescovo da un numero impressionante di persone che mi è occorso di incontrare, in ambienti i più diversi, luoghi sociali e territori. E il più frequente, sovente colorito con le penne della polemica e ripassato con la sferza del sarcasmo è stato quello dell’amore al potere e al denaro».
Partiamo dal potere.
«Se la politica e la religione sono entrambe chiamate al servizio del bene comune, ciascuna nel suo ambito – ma è bene che in talune circostanze, senza giustapposizioni, entrambe si dispongano alla collaborazione –, non per questo si può arrivare alla copula oscena, invereconda, a cui ci è stato dato di assistere. Con il Comune di Cagliari, quell’affitto dello stabile di via Logudoro, del quale l’assessore al Patrimonio ha detto in Consiglio che l’Amministrazione non aveva bisogno. L’arcivescovo lo ha affittato, e a prezzo salato, al Municipio, cioè alla comunità cagliaritana, a tutti noi, per un utilizzo non necessario, a detta dell’assessore competente. Poi c’è stato addirittura un processo per un sostanziale cambio d’uso, perché gli altri condomini avevano a suo tempo comprato con il vincolo reciproco di un utilizzo che non poteva essere quello degli uffici comunali, con l’inagibilità degli spazi condominiali… Cose modeste rispetto al Vangelo e all’universo mondo, è vero, ma da capire. D’altra parte, la condanna è venuta. Non so se poi sia stata appellata. Sta di fatto che la comunità civile di Cagliari, i contribuenti hanno pagato perché uno stabile della Curia fosse imprestato, a pagamento, al Comune senza necessità da parte del Comune».
Altro?
«Molto altro. Per restare alla politica, la commedia della presenza del presidente del Consiglio Berlusconi in occasione della visita papale ha veramente disturbato molti. S’era poi dimenticato di citare il presidente Soru, che aveva pagato le spese di quel viaggio – almeno un milione di euro –, ma il papa leggeva un discorso che altri gli avevano scritto e bisognava rilanciare col diffusore televisivo il nome di questo novello e risibile De Gasperi, cattolico e salesiano collezionista di ville miliardarie. Al ridicolo può non esserci fine, e qualche movimento alalà applaude anche questo. Povero don Giussani!».
E dopo pochi mesi ecco il contraccambio: vinte le elezioni regionali, un posto di assessore per la direttrice del Museo diocesano.
«Ottima scelta, soprattutto nel segno della trasparenza e della distinzione fra Stato e Chiesa, fra temporale e spirituale. Come fasciati da un elastico, torniamo di tanto in tanto là da dove eravamo partiti: alla copula di puro potere fra il Mussolini anticlericale e bestemmiatore e il cardinale Gasparri uomo di realpolitik».
Forza Italia, il Pdl come partito alleato della Chiesa sarda, si dice.
«Della Chiesa direi di no, di qualche vescovo è probabile o certo, come pure di molti cattolici elettori che furono prima elettori democristiani, e magari qualunquisti o – attualizzando i fatti storici, ma per dire della sensibilità politica – monarchici nel 1946. Il fascino delle bugie dette bene. Chi non ricorda il presidente del Consiglio fare il giro degli episcopi, e quando non trovava l’ordinario per farsi fotografare con lui – come a Nuoro, dato che lì il vescovo era andato via per urgenze opportune –, eccolo bussare alla casa degli emeriti… Me l’ha raccontato l’arcivescovo Alberti: “Però gli ho imposto di venire senza telecamere, e in salotto abbiamo chiacchierato, gli ho ricordato i capisaldi della dottrina sociale della Chiesa. Di cos’altro dovevamo parlare?”.
Ma a Tempio e a Sassari?
«La Nuova Sardegna ha pubblicato una fotografia del presule francescano tutto divertito per le gag del presidente miliardario, nella chiesa di Santa Maria di Betlem… Uno scempio logico, uno scempio della testa, non soltanto cagliaritano, quella volta. Ma tutto è partito da qui».
Comunque è la destra politica che batte nel cuore dei vescovi, non crede?
«Spero di no, almeno per la decenza. Ma quanti, anche nel clero o nel laicato conoscono il nome di Giovanni Minzoni, conoscono chi fosse Luigi Sturzo, o magari – citatissimo ma evitatissimo dal nostro arcivescovo – Giuseppe Dossetti. Se ripenso al rapporto fra papa Montini e Aldo Moro e poi alla copulazione fra questa o quella curia e certi esponenti della politica sarda inorridisco. Se penso che l’arcivescovo Mani viene dalla diocesi di padre Ernesto Balducci – Fiesole – trasecolo. L’elaborazione dell’“uomo planetario” da una parte, uno sgabello in più in prima fila per il presidente del Consiglio italiano o un assessorato per una collaboratrice dall’altra. Impossibile ogni commento».
Questo per il potere. E per il denaro?
«Il college di Sant’Efisio è costato un occhio della testa. Alcuni tecnici hanno visto qualcosa, qualche numero, i milioni di euro erogati dalle giunte regionali di vario orientamento, dal Consiglio comunale, e le hanno, queste erogazioni, frazionate per il numero degli appartamentini ottenuti nel college. Mi han detto, ma non ne ho le prove, che ogni minialloggio sia costato qualcosa come 200 milioni delle vecchie lire. Non so, non conosco i conti».
Sarebbe bello conoscerli, visto che la struttura è stata finanziata anche dalla Regione. E in ogni caso, gli iscritti sono pochissimi, quattro o cinque, lo ha dovuto ammettere la Curia stessa…
E per realizzare questa struttura di lusso, per mettere a reddito questo seminario minore riconvertito ad albergo, il salasso è stato universale: dalle casse pubbliche a quelle private».
Chi lo dice?
«Ma lo raccontano le parrocchie, i poveri parroci incontrati, seppure rapidamente, nella visita pastorale o magari durante i turni delle cresime. Ma davvero con la sofferenza economica e sociale che squassa la nostra città, la nostra diocesi, la Sardegna tutta, questo nostro presente, la Chiesa di Cagliari crede di dare testimonianza evangelica mettendo su un albergo a molte stelle? Perché non proporre una visita, stanza per stanza, del grande dominariu di San Michele a qualche maestranza, giovani o padri e madri di famiglia rimasti senza lavoro e più ancora senza prospettiva? Potranno bastare le parole di consolazione, mentre dall’altra si staccano assegni milionari dai fondi milionari ricevuti dalle casse pubbliche cui è conferito quanto appartiene a chi crede e anche a chi non crede? Veramente io penso che agli uomini di Chiesa sia mancata, e ancora manchi, una formazione politica che li abbia educati al senso dello Stato, al senso liberale dello Stato, dico dello Stato laico, aconfessionale nel vero, mentre oggi è aconfessionale soltanto perché certo giornalismo, certo intrattenimento, certa programmazione di radio o tv offrono a dosi abbondanti il prodotto della volgarità e della menzogna. Perché a pagare è la pubblicità, l’industria. E per i vescovi questo va bene. Mai una critica e una proposta».
Radio Press gioca tutti i giorni con le caricature vocali di Elio Turno Arthemalle, e monsignor Mani noi ce lo abbiamo tutti i giorni a Buongiorno Cagliari!
«Sì, gustosissime, e confesso che le battute messe in bocca a don Giuseppe, con le sue devozioni al “Profeta IBAN” e così via, i richiami ai baccanali, al paganesimo che ingioisce il cuore, sono battute, ovviamente tutte sul filo della ironia e del paradosso, che l’arcivescovo, che mi è simpatico per la sua parlata, per le aspirate e gli imperfetti di concisione, mi rimane più simpatico ancora, come un possibile amico con il quale partire per una vacanza. Perché poi è evidente che l’uomo è non soltanto simpatico, ma di cultura e di mille esperienze, dunque portatore di un potenziale umano notevole… La realtà del suo governo poi è tutto il contrario, con le cose sbagliate messe in fila una dietro l’altra… Voi a Buongiorno Cagliari gli fate dire sempre del suo amore al vile metallo, e la scena è luminosa, brilla come l’oro e l’argento… però poi a me capita, è capitato una infinità di volte, di incontrare amici di questa o quella parrocchia, di città e di paese, di incontrare amici parroci o sindaci di paese, che mi raccontano i salassi in occasione delle cresime: denaro, denaro, denaro».
Confermo questi racconti.
«E dunque quella che alla radio è soltanto una battuta, qui diventa l’imbarazzo di una povertà chiamata a corrispondere e non può, tante volte non può. Non vale qui dire i particolari: ma ancora pochi giorni fa mi ha confermato il sindaco di un centro di mille abitanti quel che alcune anziane, presenti quella mattina in chiesa, avevano udito e già mi avevano riferito: “Si accontenti, eccellenza, di questi duecento euro, non sono i cinquecento a cui ci eravamo impegnati, ma la nostra è una comunità povera di campagna…”. L’occasione era data da cinque o sei cresime da amministrare ai pochi ragazzini del paese. Ecco una regola che il recente sinodo avrebbe dovuto imporre: ogni servizio del vescovo è dato gratuitamente, perché gratuito era il servizio di amore, cioè relazionale e partecipativo, di Nostro Signore, gratuito quello reso alle comunità dagli apostoli che guadagnavano soltanto l’ospitalità».
D’altra parte, la diocesi non può contare sulla spartizione dell’8 per mille?
«Certo, e il bilancio – trattandosi alla fine di denaro pubblico – è rendicontato troppo per le brevi. Non ho visto le ultime assegnazioni, e certo tutto sarà speso per il meglio, ma credo che la cittadinanza avrebbe diritto di conoscere anche senza sollecitare… E a proposito di Chiesa e denaro mi raccontava nei giorni scorsi un amico industriale che tempo fa, in una diocesi X non lontana da noi, ci fu una specie di improvvisa convocazione fra gli imprenditori della provincia per un incontro urgente con il vescovo locale. Tutti pensarono a qualche messa a punto della dottrina sociale della Chiesa – chissà, il profitto, il rapporto fra etica ed economia… – e invece si trattava di firmare un assegno globale per gli arredi d’una area interparrocchiale tecnologica e multi service, magari un milione di euro!».
Addirittura??
(fine quinta parte/continua)
@Franco, la chiesa per secoli si è sempre sostenuta con le monetine (e ben altro) dato dai fedeli, si chiama provvidenza, altrimenti stiamo parlando di un partito qualsiasi che muove solo soldi e pedine.
Appunto, La Chiesa si è sostenuta grazie al “ben altro”.
Una avvincente discussione sulla povertà della Chiesa temo che ci porterebbe off-topic.
Lunedì ho visitato, con la famiglia, il Museo del Tesoro e l’Area archeologica di Sant’Eulalia: Don Cugusi ha realizzato tanto, grazie pure alla provvidenza ed al “ben altro”.
Ho provato ammirazione e gratitudine per quanto ha realizzato.
Ho pensato alla dedizione a queste sue opere che lo ha portato a ribellarsi per mantenerle “sue”.
Fa parte della natura umana l’attaccamento alle cose terrene, ma sappiamo bene d’essere chiamati ad altro.
Sto cercando di mettere la foto in modo da smentire assurde illazioni secondo le quali sarei l’avatar di mons. Mani, ma la cosa sembra assai complicata: Facebook è più semplice.
Li sono facilmente rintracciabile.
Faccio presente che il mancato saluto a Soru da parte del Papa non è stato né uno sgarbo né una dimenticanza, ma una questione di protocollo che prevede il saluto solo all’autorità civile più alta e alla più bassa: il presidente del Consiglio ed il sindaco.
Il Presidente della Regione è stato salutato dal Papa durante l’incontro con i giovani a Piazza Yenne, il Santo Padre lo ha pure ringraziato per quanto ha fatto per preparare la sua visita a Cagliari.
Continuare con una sterile polemica basata sull’ignoranza non depone a favore della competenza di Murtas: più va avanti l’intervista e più mi sembra che come “esperto di cose di Chiesa” sia scarsamente attendibile.
Dato poi che qui raggiunge l’apice del parlare a vanvera mi permetto di divagare pure io.
Dagli albori della civiltà gli uomini hanno eretto templi alla divinità, sottraendo risorse ad altre attività indispensabili per la loro esistenza.
Questo evidenzia che il Sacro è necessità per l’uomo come e più del mangiare.
Erigere templi e mantenerli richiede tuttoggi notevoli risorse: un uomo di Chiesa se ha responsabilità nella conduzione non solo delle anime ma pure della struttura Chiesa deve reperire risorse e ben amministrarle.
Monsignor Mani ha dimostrato di aver ben amministrato, gli sproloqui di questa pagina non hanno portato alcuna prova contraria se non illazioni.
Qualcuno pensa che la Chiesa possa sostenersi con le monetine date “generosamente” dai fedeli durante le funzioni religiose?