Sardegna 2014. Photo Olliera
“Il presidente Pigliaru dovrebbe circondarsi di intellettuali” mi dice un amico. “E perché mai?”, gli rispondo io. “Se anche ne avesse qualcuno al suo fianco, niente ci assicura che verrebbe ascoltato”. “E’ vero”. Pausa. “Però a Soru gli sono serviti”, prosegue. “Gli hanno fatto da ombrello, lo hanno protetto in tante occasioni”. “E’ vero, però adesso la situazione è diversa”, ribatto.
Già, perché adesso è diverso?
Il mio post sul Trenino Verde (“Giunta Pigliaru e Trenino Verde: zero in comunicazione”) non è piaciuto ai nobili abitanti di viale Trento. L’ho capito leggendo quanto scritto dall’assessore Paolo Maninchedda sul suo blog (“Ma è poi così difficile non essere permalosi?”) ma anche da altri segnali trasversali che mi sono arrivati chiari e forti. Prendo atto e vado avanti. Anche perché non ho molta scelta. Io non sono un vedutista che dall’alto di un poggio dipinge con pennelli e tavolozza una gloriosa battaglia risorgimentale ma sono l’operatore che, con elmetto in testa, riprende lo sbarco in Normandia; anche io, mentre racconto quello che vedo, corro il rischio di essere colpito dal fuoco, amico e nemico. Anzi, colpito lo sono già stato, visto che avevo un posto fisso e come tanti sardi l’ho perso, e ora a 44 anni (di cui 21 di professione) faccio parte della schiera dei giornalisti a partita Iva, quelli da mille euro al mese o poco più messi assieme in modi sempre avventurosi e mai definitivi. In questa situazione di estrema difficoltà vorrei almeno poter mantenere la mia libertà di dire (mi sia concessa la licenza) quello che cazzo mi pare, combattendo con le mie armi la battaglia per cambiare il mondo.
Come i miei compagni di sbarco anch’io combatto per salvare la pelle e se qualche alto ufficiale si offende perché mi permetto di riprendere con la mia cinepresa alcuni momenti poco gloriosi che si vivono nel quartier generale, faccio notare che in prima linea e in trincea ci sono io e non loro. I generali di viale Trento combattono la nostra stessa guerra, ma non rischiano quanto noi, che peraltro dipendiamo dalle loro scelte.
Il mio ruolo è chiaro: “Nominare l’innominabile, additare le imposture, prendere posizioni, avviare discussioni, plasmare il mondo e impedire che si addormenti”. Gli altri intellettuali non so, non so cosa vorranno fare, ma è chiaro che i tempi sono cambiati.
Con Soru l’isola si ritrovava all’avanguardia della elaborazione politica italiana ed era riuscita a portare a sintesi almeno dieci anni di fecondo dibattito interno, mettendo assieme parti consistenti di società sarda che credevano nello stesso progetto. Il fallimento elettorale di quella esperienza ha immiserito il dibattito e fatto scemare le speranze nella politica. La sinistra non esiste più, e il paese è nelle mani di Matteo Renzi. Questo è il quadro odierno.
È chiaro poi che un progetto politico si sostiene per tre ordini di motivi. Il primo: perché, in una logica di contrapposizione, ci si impegna ad evitare il peggio. Ma in questo caso ci si limita alla campagna elettorale e poi si sta in disparte, anche perché centrodestra e centrosinistra appaiono sempre più simili; il secondo: perché si hanno interessi diretti. Consulenze, opportunità di lavoro, convenienze partitiche convincono molti intellettuali a mettersi acriticamente al servizio del potere (di maggioranza o di opposizione che sia). Il terzo: si crede nel progetto. La giunta Pigliaru ha un progetto?
Genericamente sì. Ma troppo genericamente. Quello che manca è un paradigma, cioè un solido modello teorico (cioè politico) di riferimento, e gli intellettuali se non hanno un paradigma non muovono un dito, e fanno bene. Questa giunta che cos’è? Cosa e chi rappresenta? Ora è solamente un centrosinistra abborracciato in cui il Pd è quello che è, la sinistra inesistente e i sovranisti impalpabili, con una giunta guidata da un presidente perbene ma dalla cultura politica ancora tutta da scoprire. Qual è l’idea guida di questo esecutivo?
Non si capisce, e ormai iniziano ad essere un po’ troppe le contraddizioni nelle quali Pigliaru è inciampato per poter essere sostenuto con convinzione, a partire da nomine assessoriali veramente scombinate: se volesse tener fede alla sua promessa di privilegiare le competenze piuttosto che le appartenenze, il presidente dovrebbe immediatamente rimandare almeno mezza giunta alle sue precedenti occupazioni e trovare nuovi assessori con almeno una delle due seguenti caratteristiche: qualità politica (cioè una rete vera di rapporti e conoscenze che li renda capaci di comprendere cosa sta succedendo realmente oggi in Sardegna), oppure una solida competenza nei settori di loro pertinenza assessoriale. Mezza giunta Pigliaru oggi non risponde ad alcuno di questi due criteri. Eppure è ancora lì: perché?
Questo non è un bel segnale per gli intellettuali. Anche perché questa regione si può salvare solo grazie ad un gioco di squadra in cui tutti possono fare qualcosa e si sentono protagonisti di un progetto di cui essere generosamente parte. Ma se Pigliaru pensa di cavarsela telecomandando gli incapaci anziché sostituirli con persone più valide, l’unico intellettuale che sarà incentivato a dare il suo sostegno alla causa è quello indicato dal punto due sopra indicato: quello che ambisce a consulenze, incarichi, assessorati, che mira a far fruttare complicità di comodo e di partito.
Insomma, senza un paradigma politico vero questa giunta sarà destinata ad avanzare da sola, circondata dai soliti aspiranti consulenti e dagli opportunisti di partito. Così al massimo le persone di buona volontà possono accordare all’esecutivo un appoggio esterno, che si tramuta in dura opposizione davanti a casi clamorosi come quello della Conservatoria delle Coste.
Sia chiaro: la giunta può fare e disfare quello che vuole, non ci sono ambiti o persone intoccabili, ma ha l’obbligo assoluto della coerenza. Se in campagna elettorale si era detto che la Conservatoria era un esempio virtuoso e che sarebbe stata potenziata ora non si può dire il contrario e indispettire l’opinione pubblica con una serie di azioni e dichiarazioni contraddittorie in cui l’unico elemento che emerge è l’assoluta confusione dell’assessore all’Ambiente.
“Conservatoria delle Coste, gli intellettuali contro il commissariamento” titola infatti oggi Sardinia Post. È un segnale, è evidente, di un malessere più vasto che aspetta solo altri episodi per manifestarsi. E gli episodi temo non mancheranno. Gli intellettuali, ad esempio, sono molti sensibili alle politiche culturali: la svolta annunciata dov’è?
Per cui caro Pigliaru, dai finalmente una forma politica alla tua azione, sostituisci gli assessori che non si sono mostrati adatti al ruolo e alla situazione, e crea un paradigma a cui gli intellettuali possano fare riferimento. Altrimenti, lentamente ma inesorabilmente, te li ritroverai tutti contro. Opportunisti a parte, è evidente: quelli, grazie a Dio, nella nostra nobile schiera non mancano mai.
Guardate mi sto convincendo che è tempo di tagliare teste.
oooooh Vito fai qualche nome di intellettuale sardo?…mi seu scimprendu pensendu pensendu chini poni essi ?
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Oh vito giusto così per chiarire quali sarebbero questi ciorbeddi fini? Seu tottu sa di scimprendi mi, ma no beni in conca nisciunu.
Ah! Gli intelletuali…Una marra bona …
Delibera approvata ieri dalla Giunta Pigliaru (fonte: L’UNIONE SARDA). Istituzione di un nuovo CARROZZONE formato da: 1 Presidente della Regione, 6 assessori regionali, 2 rappresentanti delle associazioni delle autonomie locali, 3 indicati dal Consiglio delle autonomie locali, 6 dalle organizzazioni economiche, 4 dai sindacati. Totale 22. Ah dimenticavo la denominazione del nuovo CARROZZONE: “Tavolo permanente per la semplificazione amministrativa”. La cosa più inquietante è il “permanente”.
Già permanente = inconcludente .